Gian Piero de Bellis
Poliarchia : saggi sullo statismo
(2003 - 2014)
Chiesismo / Statismo
I pilastri e i veleni del Chiesismo
I pilastri e i veleni dello Statismo
Presentazione (^)
Il termine religione deriva dal latino re-ligo e significa
con-giungere. Questo termine designava, ad esempio, le comunità di monaci
e monache che si sono costituite durante il Medio Evo in ordini religiosi
(e cioè in religioni), erigendo conventi, dappertutto in Europa.
Il con-giungere, in quanto associare-unire, può avere luogo a due livelli
differenti:
- trascendente : l’essere umano e Dio
- immanente : l’essere umano e un altro essere umano.
In relazione al tipo di congiungimento e alle entità coinvolte, arriviamo a distinguere tra:
- una religione spirituale che si manifesta come fede in una entità trascendente (Dio)
- una religione secolare che si manifesta come credenza in una entità immanente (ad es. l’umanità, la nazione, lo stato).
Entrambi questi tipi e forme del congiungere, quella spirituale e quella secolare, hanno dato vita, nel corso della storia, a istituzioni di cui le più rilevanti, e anche quelle correnti, sono:
- la Chiesa. Il termine Chiesa (nella lingua degli anglo-sassoni cirice, circe; nel tedesco moderno, Kirche; in lingua svedese, Kyrka) è l’appellativo utilizzato nei linguaggi dei Teutoni per rendere la parola greca ekklesia (ecclesia). (Catholic Encyclopedia, The Church).
- lo Stato. Il termine stato, e le parole analoghe in altre lingue europee (state in inglese, Estado in spagnolo, état in francese, Staat in tedesco), deriva dal Latino status, che significa “condizione” o “status” (rango).
Lo scopo e la funzione di queste entità sono stati quelli di organizzare
l’associazione, e cioè la promozione e attuazione della idea di unire e
amministrare tutti coloro che, per accadimento, scelta personale o imposizione
esterna, si ritrovavano uniti per vari motivi (nascita, vicinanza, tradizione,
interesse, ecc.).
Data la comunanza degli scopi pratici, pur in presenza di concezioni e
finalità ultime differenti (spirituale, secolare), le somiglianze tra le
due organizzazioni sono state considerevoli.
Ciò era dovuto anche al fatto che tutti gli esseri umani condividono
certi tratti comuni. Per questo, tutti coloro che presiedono ad una istituzione
dominante, presentano notevoli affinità negli atteggiamenti e nei comportamenti.
Al tempo stesso, quando grandi organizzazioni perseguono lo stesso obiettivo
di unire le persone e amministrarle, i contrasti tra di loro sono inevitabili
e ricorrenti.
Essi appaiono anche sotto forma di concezioni rivali che tendono a giustificare
la supremazia di un potere sull’altro.
Qui sono esaminate le concezioni e i comportamenti delle entità che le
hanno elaborate ed espresse, e cioè:
- il Chiesismo in quanto concezione che sostiene la supremazia della Chiesa;
- lo Statismo in quanto concezione che sostiene la supremazia dello Stato.
La breve rassegna storica e analisi sintetica di queste realtà ha lo scopo di mostrare che:
- parteggiare per una o per l’altra concezione o entità non libera l’essere umano da un potere dominante;
- liberare l’essere umano da un potere dominante è stato ed è possibile solo con una trasformazione radicale nelle concezioni riguardanti queste entità e le loro relative pratiche.
Gli inizi del Chiesismo (^)
Nel lontano passato, ai tempi delle città-stato greche e dell’antica Roma,
non vi era separazione tra una religione trascendente ed una immanente.
Come messo in luce da Fustel de Colanges con riferimento alla città antica:
“La cité avait été fondée sur une religion et constituée comme une Église.” “La religion qui avait enfanté l'État, et l'État qui entretenait la religion, se soutenaient l'un l'autre et ne faisaient qu'un; ces deux puissances associées et confondues formaient une puissance presque surhumaine à laquelle l'âme et le corps étaient également asservis.” [“La città era fondata su una religione e costituita come una Chiesa.” “La Religione che aveva fatto nascere lo Stato, e lo Stato che manteneva la religione, si sostenevano l’un l’altro ed erano una sola cosa; queste due potenze associate e mescolate tra di loro formavano una potenza quasi sovraumana alla quale sia l’anima che il corpo erano ugualmente asserviti.”] (La cité antique, libro III, capitolo XVIII, 1864)
Al tempo della Roma imperiale, le popolazioni dell’impero si sentivano
unite, non solo per via dell’autorità di Roma, ma anche grazie al fatto
che a tutti era concessa la cittadinanza romana attraverso un processo
noto sotto il nome di romanizzazione. Esso rappresentava uno degli strumenti
di maggior successo nell’opera di integrazione dei diversi gruppi culturali
sotto il controllo di Roma.
Per quanto riguarda l’aspetto della religione trascendente, i Romani in
genere acconsentivano al fatto che venissero praticati molti culti, posto
che essi non fossero ostili al potere imperiale o di disturbo all’ordine
e alla pubblica moralità (come, ad esempio, i Baccanali, che il Senato
cercò di porre sotto controllo nel 186 a.C.).
La conservazione dei culti e delle divinità delle popolazioni annesse,
e non la loro soppressione, mirava a promuovere la stabilità ed evitare
la protesta sociale. Molti di questi culti erano ispirati e promossi dallo
stesso potere politico, a Roma e nelle province. Essi erano caratterizzati
dal fatto di essere:
- Politeisti, cioè si faceva affidamento a molti Dei, ognuno dei quali assolveva una funzione specifica e sovrintendeva ad un settore o una attività specifici;
- Ritualisti, cioè basati su cerimonie altamente formali (sacrifici, offerte, processioni, metodi di divinazione);
- Opportunisti, cioè utilitari, nel senso che i riti avevano come obiettivo il conseguimento di specifici risultati o l’adempimento di una specifica promessa.
L’apparizione di una concezione di vita, ispirata dalla figura e dal messaggio
di Gesù Cristo e diffusa dai suoi discepoli e seguaci, in particolar modo
Paolo di Tarso, ha rappresentato una rottura radicale con tutte le esperienze
precedenti, trascendenti e immanenti.
Le caratteristiche che differenziavano il Cristianesimo dagli altri culti
consistevano nell’essere:
- Monoteista : “Non avrai altro Dio all’infuori di me” (Esodo 20:3). “Non c’è che un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Non esiste che un solo Dio e Padre di tutti, il quale è al di sopra di tutti, opera in tutti ed è in tutti.” (Lettera di Paolo agli Efesini, 4:5-6)
- Spiritualista : “Il mio regno non è di questo mondo.” (Giovanni, 18:36)
- Universalista : “Non c’è dunque più né giudeo né greco, né schiavo né libero, né uomo né donna, perché tutti siete un uno in Cristo Gesù.” (Lettera di Paolo ai Galati, 3:28).
Queste innovazioni vivificanti trovarono un terreno fertile in un tempo in cui l’impero stava attraversando un declino terminale. Secondo Edward Gibbon (The Decline and Fall of the Roman Empire, 1776 – Capitolo XV), le ragioni principali del potere di attrazione e dell’ampia diffusione della fede Cristiana sono stati:
- la pratica di una rigida virtù”;
- lo zelo del proselitismo : “c’è un forte motivo di credere che prima del regno di Diocleziano e di Costantino la fede di Cristo sia stata predicata in ogni provincia e in tutte le grandi città dell’impero”;
- la formazione di una rete di chiese locali con “assemblee provinciali che comunicavano tra di loro e approvavano le rispettive decisioni” di modo che “la chiesa cattolica ben presto assunse la forma e acquisì la forza di una grande repubblica federata.”
Il termine “cattolico” deriva dal Greco “katolikos ” che significa universale; è stato usato per la prima volta all’inizio del secondo secolo e caratterizza l’aspetto del congiungere e associare le persone in una assemblea comunitaria (ecclesia) al di là di qualsiasi differenza di cultura, razza, condizione sociale.
Ad ogni modo, mentre il messaggio era indirizzato a tutti, il fatto che
i Cristiani vivessero in una sorta di società parallela, con proprie norme
morali e luoghi di sepoltura dei morti, il rifiuto di partecipare alle
cerimonie ufficiali di culto e di riconoscere nell’imperatore una figura
divina da venerare, furono, per alcuni imperatori e per la gente comune,
motivi sufficienti per attaccare e perseguitare questa minoranza religiosa.
Ne è prova evidente di ciò il fatto che i primi trenta Pontefici a Roma
furono tutti martirizzati.
Inizialmente, le persecuzioni (sotto Nerone, Domiziano, Traiano) erano
un fatto locale, di portata limitata. Esse furono succedute, a partire
dal terzo secolo, da interventi repressivi più ampi e sistematici sotto
Decio (editto del 250), Valeriano (provvedimenti presi nel 257 e 258) e
soprattutto sotto Diocleziano che iniziò una persecuzione generale contro
i cristiani nell’anno 303.
Nelle parole di Tertulliano (c.160 – c. 220)
“essi [coloro che cospirano nell’odio] attribuiscono ai cristiani la causa di tutte le calamità e di tutti i misfatti del mondo. Se il Tevere straripa, se il Nilo non bagna i campi fertilizzandoli, se il cielo si ferma, se la terra trema, se la carestia o la pestilenza invadono il paese, il grido è uno solo, ‘Date i cristiani in pasto ai leoni’.” (Apologia dei cristiani, capitolo XL)
E tuttavia, ciò non fermò la diffusione del Cristianesimo che attrasse
non solo i poveri e i miserabili ma anche individui che appartenevano alle
alte sfere della società romana.
Fu anche in ragione del fatto che le persecuzioni non arrestarono il richiamo
del Cristianesimo e l’ascesa della Chiesa Cattolica, che il figlio di Diocleziano,
Costantino, assumendo il potere imperiale nel 306, fece cessare qualsiasi
atto di repressione e permise ai cristiani di professare liberamente la
propria fede.
Nell’anno 313, Costantino (che controllava la parte occidentale dell’Impero Romano) e Licinio (che controllava i Balcani) si incontrarono a Milano e convennero di trattare i cristiani con benevolenza e di estendere questa benevolenza a tutte le comunità religiose:
“Noi, Costantino e Licinio, Imperatori, essendoci incontrati in pace a Milano … abbiamo concesso sia ai cristiani che a tutte le altre professioni di fede la libera potestà di seguire la religione che ognuno desidera professare …” (Editto di Milano, 313, da Lactantius, De Mortibus Persecutorum).
Costantino era stato avvicinato alla cristianità da sua madre Elena, e in punto di morte acconsentì di essere battezzato. Sembra che considerasse i suoi successi militari collegati alla sua accettazione della Cristianità e quindi favorì lo sviluppo e la prosperità della Chiesa. Si interessò anche alla soluzione delle controversie che sorsero all’interno della Chiesa e a questo scopo riunì il Concilio di Nicea (325) in cui talune questioni furono risolte e alcune decisioni furono prese concernenti l’organizzazione del clero e la data della celebrazione della Pasqua.
Al tempo di Costantino, il favore che i pagani avevano goduto in passato presso il potere (ad esempio le risorse per la manutenzione dei templi) scomparve. Nel frattempo, “Costantino concesse alla Chiesa un privilegio dopo l’altro. Già a partire dal 313 la Chiesa ottenne l’immunità per gli ecclesiastici, inclusa l’esenzione dalle tasse e da vincoli di servizi, come pure dallo svolgere obbligatoriamente compiti statali. La Chiesa inoltre ottenne il diritto di ereditare beni, e Costantino inoltre pose il giorno della domenica sotto la protezione dello Stato.” (Catholic Encyclopedia, Constantine the Great)
E così il terreno era pronto perché l’imperatore Teodosio I dichiarasse, nell’anno 380, che vi era una sola fede e che solo le assemblee dei Cristiani Cattolici dovevano ricevere il nome di Chiesa. Tutte le altre professioni di fede “dovevano essere punite non solo con la condanna Divina ma anche attraverso misure da noi promosse che saranno decise tramite divina ispirazione.” (Editto di Tessalonica, 380)
L’ascesa del Chiesismo (^)
L’ascensione della Chiesa Cattolica ad una posizione di supremazia in
relazione alle altre espressioni religiose significò che, nel corso di
vari secoli (e cioè dall’Editto di Tessalonica nel 380, alla affermazione
della tolleranza religiosa a partire dal 17° secolo) anche questa nuova
religione trascendente si trovò intrecciata con il potere secolare.
Queste due entità, e cioè la Chiesa e l’Impero, sostenendosi e opponendosi
l’un l’altra a seconda dei casi, sono rimaste per secoli i protagonisti
istituzionali principali sulla scena della storia.
Per un lungo periodo di tempo, la religione spirituale e la Chiesa Cattolica
hanno giocato un ruolo molto importante, anche se sempre subordinato a
un potere secolare per quanto riguardava la protezione.
Dopo la morte di Teodosio (395), l’Impero fu diviso tra i suoi due figli,
Arcadio a oriente (Costantinopoli) e Onorio a occidente (Roma). Questa
partizione produrrà, nel corso del tempo, una evoluzione differente nell’ambito
delle relazioni tra Chiesa e Stato all’interno delle due aree. Detto in
maniera sintetica avremo:
- a Oriente l’istituzione di una Chiesa di Stato (Hans, Küng, 1999) in cui l’imperatore agiva non solo come protettore della ecclesia ma anche come supervisore della dottrina corretta (ortodossia) e come elettore del personale ecclesiastico, in particolare il patriarca di Costantinopoli, che era nominato o almeno confermato da lui.
- a Occidente lo sviluppo di uno Stato Cristiano (Hans, Küng, 1999) in cui il Papa divenne sempre più distaccato dal potere imperiale e dal patriarca di Costantinopoli, e alla ricerca di una nuova entità secolare a cui conferire il potere di proteggere la Cristianità e su cui esercitare la sua autorità morale.
Queste strade separate culmineranno, nell’anno 1045, nella scomunica reciproca
di Roma e Costantinopoli sulla base di differenze teologiche e della pretesa
di supremazia dell’una sull’altra.
In Occidente, gli Imperatori e l’apparato militare e amministrativo avevano
mostrato la loro assoluta inefficacia quando erano stati confrontati con
gli attacchi dei guerrieri e dei popoli del Centro e Nord Europa. Queste
popolazioni erano occasionalmente federate con l’Impero ma anche, assai
spesso, scontente della loro situazione e alla ricerca di nuove risorse.
Per questo, una serie di invasioni ebbe luogo in Italia, Gallia, Spagna,
che portarono anche al sacco di Roma da parte dei Visigoti di Alarico (410)
e dei Vandali di Genserico (455).
Alla fine, l’ultimo imperatore dell’Impero Romano di Occidente, Romolo
Augustolo, fu deposto nel 476 da Odoacre, un soldato Germano e un capo
militare, che divenne re d’Italia (476-493).
A seguito di tutti questi sconvolgimenti, il Papa di Roma emerse
come il difensore della pace e, attraverso il suo messaggio spirituale,
anche come il confortatore delle sventure. Infatti, a Papa Leone I (440-461)
è attribuito il merito di aver persuaso Attila, il capo degli Unni, a rinunciare
all’invasione dell’Italia (425). Qualunque sia la verità riguardo a questo
episodio, il fatto è che la fama del Papa crebbe. Egli riuscì a intercedere
anche con Genserico durante il secondo sacco di Roma per far sì che “la
città non fosse sconvolta e che le vite dei suoi abitanti fossero risparmiate.”
(Catholic Encyclopedia, Pope St. Leo I).
Papa Leone I fu anche uno strenuo sostenitore dell’unità della Chiesa e
del primato del vescovo di Roma. In una lettera (lettera 14) ad Attanasio,
vescovo di Tessalonica, scrisse che “la cura della Chiesa universale dovrebbe
convergere verso l’unico seggio di Pietro e nulla, in alcuna parte del
mondo, dovrebbe essere separato dal suo Capo.” (Catholic Enciclopedia, Papa
Leone ad Attanasio vescovo di Tessalonica).
Dopo vari secoli in cui poteri diversi si succedettero nel dominio di
alcune parti dell’Italia e dell’Impero d’Occidente (Visigoti, Vandali,
Unni, Ostrogoti, l’imperatore bizantino Giusiniano I, i Longobardi), alla
fine emerse un nuovo potere che avrebbe svolto (direttamente o indirettamente)
un ruolo significativo nello sviluppo della Chiesa e del Chiesismo : i
Franchi.
Clovis I (c. 466 – 511) riunì le tribù dei Franchi e divenne il loro re
intorno al 481- 482 fino al 511. L’espansione della Cristianità e della
Chiesa di Roma ricevettero una spinta considerevole quando il re si convertì
al cristianesimo. Vi furono vari motivi per questa conversione: le pressioni
esercitate da sua moglie Clotilde già convertita al cristianesimo, il voto
fatto in occasione di una battaglia vittoriosa, la sua amicizia con il
vescovo di Reims, il futuro San Remigio, la presenza di elementi clericali
potenti all’interno della popolazione.
Secondo Hans Küng (1999) esistevano alcuni elementi che hanno marcato la formazione di un nuovo paradigma caratterizzato dalla affermazione della Chiesa Cattolica Romana nell’Europa Occidentale. Tra di essi l’autore elenca i seguenti:
- la caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476) che introdusse un vuoto di potere e di prestigio che, nel corso del tempo, sarebbe stato riempito dai Papi e dalla Chiesa;
- il battesimo di re Clovis (498 o 499) che estese la Cristianità all’interno di un vasto dominio europeo e dotò la Chiesa di un nuovo protettore che sarebbe stato generoso di risorse (ad esempio, con la costruzione di molti edifici di culto);
- l’arrivo sulla scena di Maometto (c. 570 – c. 632) che nell’anno 622, operando dalla città di Medina, redasse la Carta di Medina che mirava a porre fine alle lotte tra le varie tribù e comunità religiose arabe. Alla fine, egli prese il controllo della Mecca e unificò la penisola arabica sotto un’unica autorità religiosa.
Il vuoto di potere in Occidente e l’arrivo di un nuovo potere (l’Islam musulmano) in Oriente, percepito come una minaccia, contribuirono quindi all’ascesa del Papato e della Chiesa Cattolica come protettore spirituale universale delle genti. Al tempo stesso, il Papa aveva, a sua volta, bisogno di un protettore secolare della Cristianità che sostituisse l’Imperatore Romano d’Oriente, e la scelta cadde sulla dinastia Carolingia che era, a quei tempi, il potere più importante in Europa.
Già nel 739, il Papa Gregorio III aveva inviato ambasciatori presso Carlo Martello (c. 688 – 741), l’esponente carolingio che, come Maggiordomo di Palazzo era, di fatto, il capo dei Franchi, chiedendogli di intervenire contro il re dei Longobardi Liutprando che stava minacciando Roma. In quella occasione, Papa Gregorio affermò che era disposto a rinunciare al suo voto di fedeltà all’Impero d’Oriente per porsi sotto la protezione dei Franchi. Sebbene la richiesta non ebbe esiti positivi, le basi erano state poste per la formazione di un sostegno reciproco tra i Carolingi e il Papato. Già con il figlio di Carlo Martello, Pipino il Breve (c. 714 – 768) assistiamo alla formazione di una intesa che portò alla proclamazione di Pipino come re dei Franchi con l’approvazione e la benedizione del Papa Zacaria.
Il punto culminante di questo processo ebbe luogo il giorno di Natale dell’anno 800, durante la funzione religiosa nella Basilica di San Pietro a Roma, quando Carlo Magno (il figlio di Pipino) si inginocchiò all’altare per pregare e il Papa Leone III mise sul suo capo la corona proclamandolo Imperator Romanorum (Imperatore dei Romani). Per Carlo Magno si trattava di un titolo prestigioso che lo elevava al massimo livello possibile in Occidente, per quanto riguardava il potere temporale. Per il Papa Leone si trattava non solo di dichiarare e confermare la dinastia carolingia nel suo ruolo di protettore della Chiesa ma anche di offrire un segno visibile che ribadisse la supremazia del vescovo di Roma e quella del potere spirituale sul potere secolare, concedendo (o, secondo i casi, ritirando) l'autorità imperiale.
Il predominio del Chiesismo (^)
L’incoronazione di Carlo Magno da parte di Papa Leone III sancì il passaggio verso la piena affermazione della Chiesa in Occidente. I passi principali di questo cammino verso la supremazia furono:
- L’accettazione politica. Costantino accolse e favorì la religione cristiana all’interno dell’Impero; Teodosio la pose come religione ufficiale dell’Impero e iniziò a combattere pagani ed eretici; Giustiniano I (c. 482 – 565) divenne il difensore dell’ortodossia, colui che soppresse le altre fedi e distrusse il paganesimo. In questa fase la Chiesa stava ascendendo ad una posizione di supremazia rispetto agli altri culti ma era ancora l’Imperatore che, nel nome di Cristo Creatore, prendeva le decisioni in materia di religione, ad eccezione degli aspetti già regolati da dogmi.
- L’elaborazione teorica. In Occidente, la debolezza del potere imperiale contribuì, sulla base del pensiero di Sant’Agostino, allo sviluppo della Città Celeste (la Città di Dio) distinta e superiore alla città terrestre (la città dell’uomo). Le idee e gli scritti di Sant’Agostino permisero di giustificare non solo il primato della Chiesa su qualsiasi altro potere, ma anche il fatto che ogni altro potere secolare dovesse porsi come strumento al servizio della Chiesa per la soppressione dei dissidenti e degli eretici. Per alcuni “Agostino fu il genio oscuro della Cristianità Imperiale, l’ideologo della alleanza Chiesa-Stato, e l’artefice della mentalità medioevale.” (Paul Johnson, 1976).
- L’attuazione pratica. Una delle finalità dei Papi cattolici fu quella di costruire una base territoriale che avrebbe permesso di disporre di una certa forza materiale e di uno spazio di sicurezza a fronte di altre potenze territoriali. Da questa prospettiva dobbiamo comprendere le richieste dei Papi e la concessione da parte dei re Carolingi di territori che sarebbero diventati gli Stati Pontifici e che sarebbero rimasti sotto il governo del Papa fino al 1870. Questa pretesa territoriale si concretizzò nel 756 con la Donazione di Pipino, confermata e ampliata nel 774 da suo figlio Carlo Magno. Per giustificare la rivendicazione di possedimenti territoriali, il Papa Leone IX, nel 1054, avrebbe fatto riferimento, in una lettera a Michele Cerulario, Patriarca di Costantinopoli, a un documento, la Donazione di Costantino, che, in epoca posteriore (1439-1440), il prete cattolico Lorenzo Valla dimostrò essere un falso. Secondo quel documento Costantino avrebbe trasferito ai Papi l’autorità su Roma e sulla parte occidentale dell’Impero.
Durante tutti quei secoli, e almeno fino ai tempi del papato di Gregorio
VII (1073-1085), il dominio della Chiesa non va affatto visto come supremo.
Gli imperatori bizantini e i re carolingi intervennero entrambi in questioni
di dottrina e nella elezione del personale ecclesiastico. Questo ha fatto
affermare ad uno studioso di storia della Chiesa che, a quel tempo “né
in Occidente né in Oriente troviamo tracce di un primato della giurisdizione
papale.” (Hans Küng, 1999). E uno storico ha rilevato che “la fusione tra
potere temporale e spirituale era di gran lunga più profonda nello stato
carolingio di quanto non fosse nei regni dei barbari convertiti al cristianesimo,
o persino nell’Impero bizantino.” (Christopher Dawson, 1950). Infatti,
sotto i Carolingi, il “vescovo, come pure il conte, era eletto e posto
sotto il controllo dell’imperatore e agiva con il conte come rappresentante
congiunto dell’autorità imperiale.” (Christopher Dawson, 1950).
Quella a cui assistiamo, comunque, è una pretesa crescente di superiorità morale dei Papi su qualsiasi potere secolare esistente. Questa pretesa è considerata generalmente valida per il fatto che, almeno in Occidente, una legittimazione divina della sovranità del re era vista, dalla maggior parte delle persone, come necessaria al fine di accettare e rispettare un governante secolare. In altre parole, invece di una conclamata origine divina del re (discendente dagli dei pagani), una persona diventava re per grazia di Dio (Gratia Dei rex) attraverso il suo rappresentante sulla terra, il Romano Pontifex (Hans Küng, 1999).
Occorre peraltro aggiungere che la pretesa di una superiorità morale della Chiesa e dei suoi Papi era, in molti casi, ben giustificata. Infatti il Papato godeva di un’aura riflessa di stima in virtù delle azioni spirituali e delle attività benevole di molti uomini e donne di chiesa (vescovi, abati, monaci, preti, badesse, suore, diaconi e semplici fedeli), alcuni dei quali saranno in seguito dichiarati santi. Ad ogni modo, gli aspetti puramente morali e caritatevoli non sarebbero stati sufficienti per affermare il predominio della Chiesa se essa, attraverso le sue varie componenti, non avesse posseduto e mostrato una superiorità generale nei seguenti aspetti:
- Cultura. Come sottolineato precedentemente, dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, “la Chiesa cattolica, erede della cultura e dell’organizzazione dei tempi antichi, è l’unico potere culturale che sopravvive in Occidente.” (Hans Küng, 1999). Attraverso i vescovi nelle città e i monaci nei conventi, la Chiesa riuscì a preservare e a trasmettere testi e artefatti culturali attraverso i secoli. “Le scuole monastiche, le biblioteche e gli scriptoria divennero i veicoli principali di una più elevata cultura intellettuale nell’Europa Occidentale.” (Christopher Dawson, 1950).
- Economia. Le persone attratte dal messaggio cristiano, allorché si riunivano in piccole comunità (monasteri), sono state anche capaci di trasformare economicamente l’ambiente rurale, dissodando nuove terre o riportando a coltura terreni abbandonati. “Al suo apogeo, l’ordine dei Benedettini poteva gloriarsi di avere dato vita a 37.000 monasteri.” (Thomas E. Woods jr., 2005). La regola di San Benedetto, Ora et Labora, indicava che tutti questi monasteri erano anche centri di produzione e “collegi rurali” per l’intera regione in cui essi erano situati. (in Thomas E. Woods jr., 2005).
- Organizzazione. La Chiesa, facendo affidamento su un personale istruito e su una crescente quantità di risorse, attraverso i doni e la riscossione di pagamenti, fu anche in grado di istituire una amministrazione centrale interna (la Curia) modellata, in un certo qual modo, sulla vecchia amministrazione imperiale. Essa sarà, a sua volta, copiata dai governanti dei futuri stati nazionali. Al tempo stesso, i vescovi-conti stavano diventando, a partire dai tempi dell’imperatore Ottone I (936 – 973) “la figura centrale nell’amministrazione dell’Impero” (Christopher Dawson, 1950) stabilendo una stretta alleanza tra il Papato e l’Impero.
Secondo alcuni studiosi “la ragione principale del successo della Chiesa
consisteva nel fatto che essa non era ancorata in alcun contesto particolare
di tipo razziale, geografico, sociale o politico.” (Paul Johnson, 1976).
Questo permetteva una predicazione e un proselitismo universali che si
attuò in varie parti d’Europa (Spagna, Germania, Irlanda, Inghilterra,
Polonia, ecc.).
Il successo conseguito nel convertire le persone arrivò a un punto tale
che la vecchia aspirazione di Gelasio I (Papa dal 492 al 496) di una Chiesa
indipendente da e superiore a qualsiasi potere imperiale tornò di nuovo
in primo piano.
E trovò espressione attraverso l’azione di un monaco benedettino, Ildebrando
di Sovana (c. 1020 – 1085) che fu eletto al soglio Pontificio nell’anno
1073 e assunse il nome di Gregorio VII (1073-1085).
A quei tempi, l’invadenza dell’Imperatore nell’eleggere i vescovi e addirittura
nel controllare l’elezione e la destituzione dei Papi, aveva raggiunto
un punto tale che, per arrestare tale pratica, nel 1059 si tenne a Roma
un Sinodo, presieduto da Papa Nicola II. In quella occasione si approvò
la decisione che solo al collegio dei cardinali spettava il compito di
eleggere il Papa. In questo modo, sia l’aristocrazia Romana che l’Imperatore
Tedesco erano esclusi dall’immischiarsi negli affari ecclesiastici al più
alto livello.
Uno dei primi atti di Papa Gregorio VII fu la formulazione di un programma
(il Dictatus Papae, 1075) che, in 27 tesi, ribadiva l’autorità
del Papa al di sopra di ogni potere esistente sulla terra, il primato del
Papa sull’intero clero e l’infallibilità della Chiesa Cattolica.
Il passaggio più importante per affermare l’autonomia e la supremazia generale della Chiesa consisteva nell’escludere l’Imperatore Tedesco dall’elezione dei vescovi. Il conseguimento di questo obiettivo portò a quello che è divenuto noto come il Conflitto per le Investiture. Il conflitto oppose il Papa Gregorio VII all’imperatore Enrico IV che si rifiutò di cedere quella che egli considerava una prerogativa imperiale e fu per questo scomunicato dal Papa (1076). A quel punto, avvertendo che correva il rischio di perdere ogni legittimità agli occhi dei baroni e del popolo, e quindi ogni influenza e potere, l’Imperatore decise di sottomettersi al Papa e andò a Canossa (1077) a chiedere il perdono.
Il Conflitto delle Investiture trovò poi risoluzione con il Concordato
di Worms (1122) tra l’imperatore Enrico V e il Papa Callisto II, allorché
la concessione di autorità e di simboli spirituali alla gerarchia ecclesiastica
fu tolta all’Imperatore e riservata solo al Papa. All’Imperatore fu riconosciuto
il potere di investire il vescovo con l’autorità secolare ma non con quella
spirituale (“anello e bastone pastorale”).
Gregorio VII non riuscì nel suo obiettivo di garantire la supremazia della
Chiesa in quanto l’Imperatore Enrico IV cercò poi nuovamente di affermare
il suo potere in tali materie, fino al punto da eleggere e installare un
anti-Papa. Ad ogni modo, i cambiamenti verso una più elevata moralità e
autonomia della Chiesa introdotti da Ildebrando di Sovana, prima come consigliere
di Papa Nicola II (1059-1061) e poi come Papa Gregorio VII, la cosiddetta
Riforma Gregoriana, sopravvissero e portarono all’apogeo del Papato.
Il Papa Innocenzo III (1198-1216) è colui che ha espresso nella maniera più chiara questa idea e questa aspirazione della superiorità del potere spirituale rispetto a qualsiasi potere secolare. In una Lettera al prefetto Acerbius e ai nobili di Toscana (1198) egli affermò: “Proprio come il fondatore dell’universo ha posto due grandi luci nel firmamento dei cieli, … così Egli ha posto due grandi dignità nel firmamento della Comunità Universale … la più grande per governare durante il giorno le anime, e la più piccola per governare di notte i corpi. Queste dignità sono quella papale e quella reale. Ora, proprio come la luna deriva la sua luce dal sole ed è in effetti di livello inferiore in quantità e qualità, in posizione e in potere, così anche il potere reale deriva lo splendore della sua dignità dall’autorità pontificia.” (si veda: Sidney Z. Ehler and John B. Morrall, eds., 1954).
Sotto Papa Innocenzo III “Roma è l’indiscussa fonte delle linee
guida dell’Europa” e “Innocenzo III è davvero il padrone del mondo – non
nel senso di un dominio assoluto, ma in quanto arbitro e supremo sovrano.”
(Hans Küng, 1999).
Ciò nondimeno, la lotta tra il Papato e l’Impero, che portò alla separazione
tra l’autorità ecclesiastica e il potere secolare, finì per indebolire
entrambi e per porre le basi per l’emergere, nel corso del tempo, di nuovi
attori: gli stati territoriali sovrani. (Hendrik Spruyt, 1994).
Gli inizi dello Statismo (^)
Il “pontificato trionfale [di Innocenzo III] segna non solo un apogeo
[per il papato] ma anche un punto di svolta.” (Hans Küng, 1999).
I segni di questa trasformazione erano già manifesti all’inizio del millennio
e si accentuarono con il passare del tempo. Essi erano:
- La centralizzazione: la Chiesa come ecclesia (assemblea comunitaria) fu rimpiazzata in maniera crescente dalla Chiesa come gerarchia che aveva al vertice una figura, il Papa, a cui totale obbedienza era dovuta in quanto egli era il rappresentante di Dio sulla terra. La Curia Romana divenne l’organismo che attuava questa centralizzazione gerarchica, in una maniera che sarà imitata dai futuri stati territoriali.
- La burocratizzazione: la Curia divenne “in primo luogo una organizzazione legale, con oltre un centinaio di esperti al suo servizio a partire dal tredicesimo secolo, a cui si aggiungono altri dottori in legge che si occupavano di curare gli interessi di re, principi e delle alte gerarchie ecclesiastiche.” (Paul Johnson, 1976). Questo era il tempo in cui la legge era più importante della teologia come sottolineato da Roger Bacon nel suo Opus Tertium (1267): “Un apprezzamento maggiore è riservato nella Chiesa di Dio a un giurista esperto di affari civili … che non a qualsiasi dottore in teologia, e il primo avanza più rapidamente verso alte posizioni ecclesiastiche.”
- La clericalizzazione: la differenziazione tra clero e laici, che era praticamente inesistente agli albori della Chiesa, divenne una realtà effettiva. Il conflitto tra il Papa e l’Imperatore aveva portato alla (necessaria e inevitabile) separazione tra il personale ecclesiastico e l’apparato secolare (si veda Hendrik Spruyt, 1994). Al tempo stesso questo contribuì alla formazione di un clero che, in molti casi, si sarebbe staccato dalle comunità dei fedeli e le avrebbe dominate alleandosi con i governanti secolari.
- La militarizzazione: la formazione degli Stati Pontifici richiedeva la protezione del territorio attraverso un proprio esercito o la necessità di allearsi con governanti secolari al fine di proteggere quei territori attraverso i loro eserciti. Inoltre alcuni settori e alcune figure della Chiesa divennero sempre più attivi nella lotta contro tutti coloro che avevano idee differenti (chiamati “eretici”) e fedi differenti (gli Ebrei, i Musulmani) e promossero contro di essi l’uso della forza. Questo in aperta violazione con il messaggio di Gesù Cristo e addirittura contro le prescrizioni dottrinali di Papa Innocenzo III (si veda ad esempio il Decreto del 1199 sugli Ebrei: “Noi decretiamo che nessun cristiano usi la violenza per costringere gli Ebrei ad accettare il battesimo.”)
Sviluppando questi aspetti, la Chiesa spirituale e universale perdette sempre più i caratteri di spiritualità e di universalità e divenne un altro potere secolare e territoriale. Uno tra i tanti. Questo processo di trasformazione raggiunse il suo apice durante il Rinascimento, quando i Papi non furono altro che “semplici principi Italiani” (Hans Küng, 1999) coinvolti in intrighi politici, che si interessavano meno del Evangilium secundum Marcum (Vangelo secondo Marco) e maggiormente del Evangilium secundum Marcam (Vangelo secondo il marco – cioè la moneta).
In un certo qual modo, le origini dello Statismo vanno individuate proprio nella Chiesa e in alcune politiche promosse dalla Chiesa. Uno dei punti di avvio dello Statismo può essere individuato nella esortazione a dar vita ad una Crociata che aveva come scopo dichiarato la liberazione di Gerusalemme e del Santo Sepolcro dalla presenza dei Turchi Selgiuchidi, una popolazione musulmana che aveva occupato Gerusalemme nel 1076 e aveva chiuso la strada verso Oriente a pellegrini e mercanti.
Per cui, quando nel 1095 il Papa Urbano II lanciò da Clermont in Avergna (Francia) un appello per una Crociata, in risposta ad una richiesta pressante di aiuto contro i Turchi da parte dell’Imperatore Bizantino (Cristiano Ortodosso), molti elementi erano presenti per l’inizio di una avventura fuori del comune. Infatti, sotto l’impulso e la giustificazione di aspirazioni spirituali (pregare davanti al Santo Sepolcro) la prima Crociata offrì il pretesto e la spinta per perseguire ogni sorta di interesse politico, militare, commerciale (a re, baroni, commercianti, imprenditori, ecc.) e avventure personali (a coloro che volevano fuggire via da creditori assillanti, giudici impietosi, genitori autoritari, mogli asfissianti, padroni sfruttatori, e quant’altro ancora). E tutto ciò con l’incoraggiamento e la benedizione della Santa Chiesa Cattolica.
Alla fine, gli interessi espansionistici e commerciali rimpiazzarono
del tutto qualsiasi traccia di fervore e di ardore cristiani. “Gli uomini
della Quarta Crociata (1200-1204) [quella dominata da Venezia] non raggiunsero
nemmeno la Terra Santa” (Henry Treece, 1962) e concentrarono le loro energie
a bruciare e saccheggiare Costantinopoli (1204). E questo, come al solito,
“sotto la pretesa vuota e sempre perfidamente ingannevole di promuovere
gli interessi della Cristianità.” (Henry Treece, 1962).
Il risultato fu, invece, un avvelenamento totale dei rapporti tra le Chiese
(d’Oriente e d’Occidente) che sarebbe durato per secoli.
Le Crociate offrirono anche l’opportunità al re dei Franchi di apparire come il Rex Christianissimus, consacrato da Dio, e gli instillarono anche un senso di superiorità che lo porterà ad opporsi, a tempo debito, alla volontà del Papa. L’occasione si presentò quando il Papa Bonifacio VIII promulgò la Bolla Clericis Laicos (1296) in cui riaffermava che solo il Papa era autorizzato a tassare il clero. Questa prescrizione fu fatta al fine di evitare che il clero fosse tassato per finanziare la guerra tra i re di Francia (Filippo IV) e di Inghilterra (Edward I) nella loro disputa sul Ducato di Aquitania.
Ma entrambi i re reagirono alla Bolla con misure politiche ed economiche
che danneggiarono gli interessi del Papato (ad es. espropriando proprietà
terriere della Chiesa, vietando il trasferimento di metalli preziosi e
quindi prosciugando il flusso di monete verso la Santa Sede).
Per cui il Papa dovette fare un passo indietro e la Bolla fu praticamente
revocata e rimpiazzata da una nuova Bolla (Etsi de statu, 1297),
più accomodante, che acconsentiva alla tassazione del clero in caso di
situazioni di emergenza.
In Francia il re ricevette il sostegno dei vescovi, dei nobili e della
gente comune su cui egli esercitava un controllo diretto. Fu l’inizio della
formazione di una base di potere a livello nazionale, che avrà sempre più
successo, rispetto alle pretese universali del papato. Infatti, Filippo
IV, contro la volontà del Papa, sostenuta da precedenti accordi (Concordato
di Worms, 1122), continuava a eleggere e a destituire vescovi e a porre
le fondamenta per una chiesa Gallica obbediente al potere secolare.
Per far cessare questa pratica, il Papa dapprima mandò al re un avvertimento
(Lettera Ausculta fili, 1301) e poi lo scomunicò (Bolla Unam
Sanctam, 1302) a causa della sua insolenza e ingerenza in quelle
che erano questioni della Chiesa e della sua autonomia di decisione.
La Bolla riaffermò la supremazia dell’autorità spirituale sul potere
secolare nella maniera più vigorosa possibile. E tuttavia, il clima era
cambiato a tal punto che il potere secolare poteva ora imbarcarsi in
azioni che erano impensabili nel secolo precedente. Per cui, è appropriato
affermare che “il pontificato [di Bonifacio VIII] segna nella storia
il declino del potere e della gloria del papato nel Medio Evo.” (Catholic
Encyclopedia, Boniface
VIII).
Infatti, avvenne che, per rappresaglia, il re mandò il suo ministro, Guillaume de Nogaret, il quale, a capo di una banda di avventurieri e di nemici del Papa, giunse nel villaggio di Anagni (Lazio) dove il Papa risiedeva a quel tempo. Il Papa soffrì una umiliazione e un maltrattamento nella sua persona che culminò nel famoso “schiaffo di Anagni”. L’uccisione del Papa fu anche suggerita da uno degli alleati di Nogaret, Sciarpa Colonna, ma il piano prevedeva di prenderlo prigioniero e di condurlo in Francia. La situazione però volse al peggio per Guillaume de Nogaret e la sua banda quando il popolo di Anagni insorse contro la cattura del Papa e Nogaret fu costretto a battere precipitosamente in ritirata. Il Papa morì un mese dopo (11 Ottobre 1303) probabilmente come conseguenza del trauma fisico e psicologico dell’avvenimento.
Il re Filippo IV, con le sue varie decisioni ed azioni, può essere a ragione visto come uno dei maggiori distruttori del Chiesismo e fondatori dello Statismo. Sotto Filippo IV, la spinta assillante a rastrellare risorse, che sarebbe diventata una costante degli stati moderni, appare in maniera molto evidente. Essa portò allo sfruttamento intensivo di vasti settori del suo stesso popolo. Tra i suoi molteplici atti sulla strada verso lo Statismo e il dominio dello stato abbiamo:
- l’incarcerazione e l’espulsione degli Ebrei e l’esproprio delle loro proprietà (Luglio 1306);
- il disconoscimento dei suoi debiti nei confronti di ricchi vescovi e di mercanti e banchieri Lombardi, questi ultimi espulsi dalla Francia e le loro proprietà confiscate;
- l’imposizione di tributi al clero francese pari alla metà del loro reddito annuale;
- la soppressione e lo sterminio dei Cavalieri Templari, un Ordine militare e commerciale cristiano che era straordinariamente ricco e verso il quale il re era notevolmente indebitato. Nel 1307, in Francia, molti membri dell’Ordine furono arrestati, torturati e bruciati sul rogo.
Filippo IV fu anche responsabile di due grandi svilimenti che, da allora in poi, devono essere attribuiti a quasi tutti i governanti statali, e che sono intrinseci alla pratica dello Statismo:
- lo svilimento della moneta: nell’anno 1306 le unità di conio francesi (livres, sous e deniers) avevano perso due terzi del loro valore. Tumulti scoppiarono a Parigi e Filippo fu costretto a trovare rifugio presso i Cavalieri Templari, gli stessi che, di lì a poco, avrebbe sradicato e sterminato;
- lo svilimento della Chiesa: dopo la morte di Bonifacio VIII (1303) iniziò un periodo di dominio sulla Chiesa da parte dello stato francese che va sotto il nome di Papato Avignonese (1309-1378) o “Cattività Babilonese.” Si tratta di una sorta di controllo stretto su sette Papi, tutti francesi, che erano o marionette della corona francese (come Clemente V che fu una pedina nelle mani di Filippo IV in occasione della persecuzione dei Cavalieri Templari) o erano in misura notevole sotto la sua influenza.
Il quattordicesimo secolo rappresentò quindi un punto di svolta non solo per la trasformazione della gerarchia della Chiesa in uno Stato secolare, ma anche per la nascita degli Stati secolari (Francia, Inghilterra) che, a tempo debito, assumeranno il ruolo (morale, culturale, amministrativo) svolto in passato dalla Chiesa.
Petrarca, che passò molti anni ad Avignone e nei dintorni, espresse in una lettera ad un amico le sue impressioni fortemente negative sulla vita alla corte di Papi:
“Invece della santa solitudine, troviamo una moltitudine scellerata e una schiera di pessimi servitori; invece della sobrietà, banchetti licenziosi; invece di pii pellegrinaggi, ozio disumano e osceno; invece dei piedi nudi degli apostoli, il passaggio di briganti con i loro bianchi destrieri, i cavalli ornati con oro, coperti d’oro, con i morsi oro, e infine ben presto ferrati con ferri d’oro, se il Padrone non mette un freno a questa lussuria sfrenata.” (Epystole sine nomine, V, 1340-1353).
Se il re di Francia Filippo IV è stato il promotore materiale del dominio dello stato nazionale e quindi dello Statismo, le munizioni teoretiche sono state fornite da una serie di pensatori e scrittori che sono emersi dal tredicesimo al sedicesimo secolo: Marsilio da Padova (1275-1342); Guglielmo di Ockham (1280-1349); Niccolò Machiavelli (1469-1527), Jean Bodin (1530-1596).
Marsilio da Padova nel suo Defensor Pacis (1324) scritto assieme a Jean de Jandun, canonico di Senlis (Francia Settentrionale), intendeva mostrare come l’Imperatore fosse indipendente dal Papa e non necessitasse di alcuna conferma del suo potere da parte di una autorità esterna. L’atteggiamento generale di Marsilio consisteva nel “tenere a freno le incursioni dell’autorità spirituale nelle questioni che riguardavano la comunità autonoma.” (George Sabine, 1951). Partendo da quella preoccupazione, egli elaborò una visione che confinava la Chiesa ad occuparsi solo di questioni spirituali e, quanto al resto, poneva il clero sotto la giurisdizione del potere statale. Il Papa era soggetto alle decisioni dei concili ecumenici generali e la Chiesa, nel suo complesso, era vincolata dalle leggi e dall’autorità della comunità. “La comunità elegge il prete parrocchiale e controlla il clero nell’adempimento dei suoi doveri; in altre parole – la comunità tutta o lo stato è tutto, mentre la Chiesa ha un ruolo del tutto subordinato. Non può emettere norme, giudizi, possedere, vendere o acquistare beni senza autorizzazione; è in una condizione di perenne minorità.” (Catholic Encyclopedia, Marsilio da Padova).
Mentre Marsilio, partendo da una critica radicale delle pretese del Papa
arrivò ad assegnare alla comunità civile (rappresentata dallo stato secolare)
e all’Imperatore poteri quasi assoluti, Guglielmo di Ockham, un frate francescano
educato a Oxford e a Parigi, era interessato a problematiche più spirituali.
Per cui la sua critica al Papa era rivolta ai suoi abusi, mentre riconosceva
l’autorità della Chiesa in questioni spirituali e auspicava un ritorno
alla semplicità e povertà del messaggio originario.
Guglielmo di Ockham “si pose a favore dell’antica distinzione e indipendenza
tra autorità spirituali e temporali” (George Sabine, 1951) che sarà fatta
propria da pensatori liberali in una epoca successiva. E tuttavia, il modo
in cui essa sarà attuata in seguito risulterà come una subordinazione de
facto dello spirituale al potere secolare, se si tiene conto della
continua estensione della sfera di controllo di quest’ultimo rispetto al
primo.
La Chiesa, indebolita dall’assoggettamento a un governante temporale (durante il Papato Avignonese, 1309-1378) e a interessi temporali (ricchezze e potere) fu allora ulteriormente scossa da lotte intestine che avrebbero portato di lì a poco (1409) al fatto che tre individui pretendevano di essere Papi nello stesso tempo (il cosiddetto Scisma di Occidente dal 1378 al 1417). Dopo il Concilio di Costanza (1414) tutti e tre i pretendenti furono allontanati e nel 1417 l’assemblea dei cardinali scelse il nuovo Papa che prese il nome di Martino V.
Ma ulteriori fatti e atti negativi avrebbero caratterizzato la Chiesa durante il quindicesimo secolo. Uno di essi fu il permesso di istituire l’Inquisizione Spagnola concesso ai “Cattolicissimi” Isabella I di Castiglia e Ferdinando II d’Aragona. Nel 1478, il Papa Sisto IV, dopo alcune esitazioni e parecchie pressioni esterne, promulgò la Bolla Papale Exigit Sinceras Devotionis Affectus attraverso la quale il Tribunale dell’Inquisizione era istituito in Castiglia e successivamente esteso a tutta la Spagna. Per mezzo della Inquisizione Spagnola il re e la regina riuscirono ad eliminare e ad espropriare le proprietà di Ebrei e Musulmani e a fondare il loro stato nazionale, come chiaramente e causticamente messo in luce da Machiavelli :
“servendosi sempre della religione … cacciando e spogliando el suo regno de' Marrani” (Niccolò Machiavelli, Il Principe, XXI, 1513).
Nel suo insieme, la Chiesa, in quanto Stati Pontifici, era ora divenuta un principato italiano e i Papi, la maggior parte italiani, non erano altro che principi di una corte italiana. La religione spirituale era stata sostituita da interessi di potere, con i Papi che, in quanto principi territoriali, miravano al controllo politico della penisola italica. L’esponente di maggior spicco di questa fase fu il Papa Alessandro VI (1492-1503) di cui Machiavelli scrisse: “di tutti i pontefici che sono stati mai, mostrò quanto uno papa e con il danaio e con le forze si posseva prevalere.” (Niccolò Machiavelli, Il Principe, XI, 1513).
Suo figlio, Cesare Borgia, fu preso da Machiavelli come l’epitome di quello che un principe dovrebbe essere. Per cui è appropriato affermare che la Chiesa di quei tempi, dopo aver abbandonato il messaggio spirituale di amore e carità, non era altro che un potere secolare. In quanto tale, stava preparando e mostrando la strada allo Statismo, che si sarebbe imposto una volta che il nuovo potere, lo Stato, fosse stato pronto per il compito.
E tuttavia, la Chiesa era ancora considerata, in Occidente, un potere universale, con all’interno molte correnti di pensiero e di azione che erano ancora fedeli al messaggio originario. Ma questo sarebbe cambiato all’inizio del secolo XVI con la rottura tra i Cattolici romani e i Protestanti riformati. Questo ulteriore indebolimento della Chiesa segnerà l’ascesa degli stati come un nuovo potere e dello Statismo come una nuova religione per i secoli a venire.
L’ascesa dello Statismo (^)
La lotta contro il Papa, condotta prima dall’Imperatore e poi dai re
di Francia e d’Inghilterra, preparò il terreno per lo svincolamento dei
poteri secolari dalla autorità esterna della Chiesa.
Il fatto che la
Chiesa:
- fosse caduta, durante il periodo Avignonese, sotto la tutela di un padrone temporale specifico, il re di Francia;
- fosse, in seguito, diventata uno stato territoriale, più interessato a finalità politiche ed economiche che non spirituali,
incoraggiò i poteri temporali e alcuni soggetti ecclesiali a fare obiezione
a questa situazione e, in ultima istanza, a staccarsi dal controllo e dall’approvazione
di Roma.
La Chiesa di Roma era vista come un potere straniero, una entità intrusiva
e sfruttatrice, in un tempo in cui l’idea di nazione stava prendendo piede.
In Germania, la vendita delle indulgenze (per la ricostruzione della Basilica di san Pietro in Roma), in cui il frate domenicano Johann Tetzel svolse il ruolo del venditore itinerante, fu la scintilla che spinse Martin Lutero a scrivere una lettera di protesta al suo vescovo, Alberto di Mainz (31 Ottobre 1517). In una delle novantacinque tesi contenute in quella lettera, Martin Lutero chiedeva: “Perché il papa, la cui ricchezza è ora più grande di quella del ricchissimo Crasso, costruisce la basilica di San Pietro con il denaro dei poveri invece che con il suo proprio denaro.” (Tesi 86) (Roland H. Bainton, 1956)
La vendita delle indulgenze fu uno dei segni principali della degenerazione della Chiesa e di alcune parti della gerarchia in Europa. Il bisogno di una riforma morale era avvertito, a quei tempi, da molti settori del mondo cristiano. Per cui, quando nel gennaio del 1518 le Tesi furono tradotte dal latino in tedesco e furono stampate (la stampa era stata introdotta in Europa intorno al 1450), esse circolarono ampiamente in Germania e in altre regioni d’Europa.
La reazione del Papa (Leone X), attraverso i suoi inviati, oscillò tra
la conciliazione e la repressione, con la minaccia di arresto e di messa
al rogo se Lutero non avesse ritrattato le sue affermazioni.
Martin Lutero, a sua volta, bollò il Papa di Anti-Cristo e questo portò
alla sua scomunica nel 1520. Durante la dieta di Worms, Lutero fu dichiarato
un fuorilegge, i suoi scritti furono proibiti e fu richiesto il suo arresto.
A quel punto, Federico III, l’elettore di Sassonia, lo pose sotto la sua
protezione. Fu questo l’inizio di una svolta conservativa nelle posizioni
del riformatore protestante. Il favore incontrato da Lutero presso la popolazione
con i suoi scritti e le sue prediche era collegato al fatto che egli era
visto come l’oppositore del comportamento dissoluto del clero romano. Adesso,
distaccandosi interamente da Roma, Lutero divenne “o fu spinto a diventare
un portavoce della nazione tedesca.” (Lewis W. Spitz, 1985) rappresentata
dai suoi esponenti di maggior peso, i principi tedeschi.
Martin Lutero si pose dalla loro parte durante la repressione della ribellione
dei contadini (1524-25), proclamando che le autorità erano nominate da
Dio e non dovevano essere contrastate (governanti per diritto divino).
I principi formarono nel 1531 la Lega di Smalcalda che promosse il Luteranesimo
nei loro territori e raccolse vantaggi economici dalla rottura con la Chiesa
Cattolica. In sostanza, la Lega “perfezionò il legame tra la riforma luterana
e il potere politico.” (Hans Küng, 1999).
Infatti, “tutti i governanti, Protestanti inclusi, ereditarono dall’Impero
Romano Cristiano la concezione che uno stato non può prosperare senza il
supporto della religione. Solo una religione può essere vera e quella religione
deve essere sostenuta dallo Stato.” (Roland H. Bainton, 1956). Ancor meglio
se si tratta di una religione di stato, dove lo stato è la guida e il protettore
dei fedeli e del clero.
Con la diffusione del Luteranesimo e di altre Chiese riformate abbiamo
proprio ciò: l’arrivo sulla scena di una chiesa nazionale basata sullo
stato.
“Al tempo di Lutero la Chiesa … cercò rifugio sotto le ali dello Stato.
Essa prese a prestito dallo Stato gli elementi essenziali della sua organizzazione
spirituale e amministrativa e perciò … divenne un annesso o un dipartimento
o un reparto dello Stato.” (Adolf Keller, 1936).
In Inghilterra, il re Enrico VIII riuscì a farsi proclamare “l’unico
Capo Supremo sulla terra della Chiesa d’Inghilterra” (Atto di Supremazia,
1534).
In Svezia, “l’introduzione del Luteranesimo fu connesso con la spinta verso
l’indipendenza nazionale dalla Danimarca intorno agli anni 1521 – 1523.”
(Lewis W. Spitz, 1985). Tutto ciò non rappresenta nulla di nuovo in quanto
il re Ferdinando e la regina Isabella di Spagna avevano già usato la religione
cattolica per promuovere la formazione del loro stato nazionale.
La posizione di condanna da parte di Martin Lutero nei confronti degli
Anabattisti e degli Ebrei era la logica conseguenza della sua adesione
ad una religione in sintonia con il potere statale. Egli trovava aborrente
la posizione dei cosiddetti Anabattisti (come venivano chiamati dai loro
oppositori) che mettevano in discussione il diritto del governante politico
di imporre alla popolazione il suo volere in materia di religione.
Per quanto riguarda gli Ebrei, Lutero consigliava:
“Innanzitutto, di bruciare le loro sinagoghe o scuole e di coprire con la melma tutto ciò che non è consumato dal fuoco, di modo che nessuno vedrà mai nuovamente una loro pietra o scaglia.”
“Poi, … che anche le loro case siano rase al suolo e distrutte.”
“In terzo luogo, … che tutti i libri di preghiere e gli scritti del Talmud, attraverso i quali sono insegnate l’idolatria, le menzogne, le bestemmie e le credenze blasfeme, siano a loro confiscati.”
“In quarto luogo, … che ai loro Rabbi sia d’ora in poi vietato di insegnare sotto pena di essere uccisi e squartati.”
“In quinto luogo, … che i salvacondotti sulle strade principali siano aboliti del tutto per gli Ebrei.”
“In sesto luogo, … che sia proibito ad essi il prestito a usura, e che tutto il denaro e i tesori in argento e oro siano a loro requisiti e custoditi in un luogo sicuro.” (Martin Luther, 1543).
Sembra quindi appropriato affermare che la Riforma Protestante ha sostenuto
e rafforzato lo “stato autoritario e il potere dei principi” e che, per
mezzo di essa “il principe locale divenne alla fine una sorta di papa nel
suo territorio.” (Hans Küng, 1999).
Tutto ciò trovò conferma attraverso la stipulazione della Pace di Augsburg
(1555) tra l’imperatore Carlo V e la Lega Smalcalda dei principi luterani,
che pose fine alla lotta tra Cattolici e Luterani e segnò in maniera ufficiale
la divisione tra Cristiani in quello che era ancora il Sacro Romano Impero.
Attraverso la formula “cuius regio, eius religio” si sanzionò
il fatto che la religione del governante prevaleva sulla libera scelta
dell’individuo. Fu quello un passaggio importante verso la generale preminenza
giuridica del potere secolare, “una affermazione suprema del potere civile.”
(Walter Lippmann, 1929).
Anabattisti come Menno Simons (1496-1561) nei
Paesi Bassi non apprezzarono affatto la cosa e dichiararono:
“Dove mai le Sacre Scritture insegnano che nel Regno di Cristo e nella Chiesa, la coscienza e la fede … devono essere regolate e dominate con la violenza, il dispotismo e la spada del magistrato?” (Harold S. Bender, 1955).
Eppure, questo era il nuovo stato delle cose a venire e ognuno doveva adattarsi ad esso o soffrirne le conseguenze.
In Inghilterra, come già accennato in precedenza, Enrico VIII prese a
pretesto il rifiuto del Papa Clemente VII di dissolvere il suo matrimonio
con Caterina d’Aragona (la figlia minore di Ferdinando e di Isabella) per
stabilire la sua propria Chiesa (1531).
Il rifiuto da parte del Papa era anche conseguenza del fatto che il Papa
era, a quei tempi, come un ostaggio del nipote di Caterina, l’imperatore
Carlo V. Solo alcuni anni prima le truppe imperiali di Carlo V, fuori controllo
perché non erano state pagate, avevano fatto razzia nella città del Papa
in quello che divenne noto come il sacco di Roma (1527). Il Papa aveva
dovuto trovare rifugio in Castel Sant’Angelo e l’autorità e il prestigio
del Papa erano andati in frantumi. Egli era stato costretto a pagare un
riscatto di 400mila ducati e a consentire alla cessione di Parma, Piacenza,
Civitavecchia e Modena al Sacro Romano Impero (sebbene solo Modena poté
essere in realtà occupata), mentre Venezia occupava Cervia e Ravenna, e
Sigismondo Malatesta catturava, almeno per un certo periodo, Rimini. In
sostanza, i territori degli Stati Pontifici erano oggetto di spartizione.
Fu in presenza di questa situazione che Enrico VIII ruppe con Roma e
diede avvio a un processo che sarà conosciuto sotto il nome di Scisma Anglicano
(English Reformation).
Anche in questo caso, motivazioni politiche (essere indipendenti da Roma)
si mescolarono con ragioni economiche (appropriarsi delle ricchezze della
Chiesa) e diedero come prodotto finale la nascita di una Chiesa nazionale
Anglicana. Le radici di questo cambiamento possono essere tracciate a una
data molto anteriore, quando i cavalieri del re Enrico II erano entrati
nella Cattedrale di Canterbury ed avevano assassinato l’arcivescovo Thomas
Becket (1170) durante il conflitto che opponeva il re al Papa riguardo
ai diritti e alle prerogative della Chiesa.
Ora, un altro Thomas, il lord cancelliere Thomas More, si oppose alle manovre
politiche del re, e cioè alla separazione dalla Chiesa Cattolica e alla
formazione di una Chiesa d’Inghilterra con il re quale capo supremo. Per
questa ragione, dopo aver lasciato il cancellierato, Thomas More fu accusato
di alto tradimento, imprigionato nella Torre di Londra e condannato alla
decapitazione (6 Luglio 1535).
Come capo supremo della Chiesa d’Inghilterra, il re aveva campo libero
in materia di appropriazioni economiche. Per consolidare finanziariamente
il suo potere, egli introdusse una serie di misure legali e amministrative
attraverso le quali dissolse i monasteri, i priorati, i conventi e le abbazie
e trasferì le terre e i redditi allo Stato, cioè alla Corona. Egli ordinò
anche l’uccisione di vari abati, come l’abate di Glastonbury Abbey, Richard
Whiting, che aveva a quei tempi ottanta anni. “Nonostante ciò, egli fu
trascinato su una sorta di slitta in cima ad una collina la cui vista dava
sulla Abbazia, un tempo meravigliosa, che ora giaceva parzialmente in rovina,
e quando ‘egli non seppe più rivelare dove fosse l’oro e l’argento della
congregazione’ fu dapprima impiccato e poi squartato.” (John L. Stoddard,
1921).
Il Primo (1536) e il Secondo (1539) Atto di Soppressione delle Congregazioni
Religiose mise a disposizione del re una ricchezza che è difficile valutare
esattamente. Una indicazione approssimativa dell’ammontare è ricavabile
tenendo conto del fatto che “il reddito totale netto degli ordini religiosi
era stato valutato nel 1535 dai commissari per la decima ad una cifra di
poco superiore alle £136.000, ma, per via di omissioni e sottostime nel
rilevamento, la cifra vera era probabilmente più prossima alle £175.000
o circa tre quarti del reddito della Corona in quello stesso periodo.”
(G. W. O. Woodward. 1966).
In Francia, l’ascesa dello stato a un ruolo di primo piano è segnata dall’arrivo sul trono di Enrico IV (1589-1610). Un Protestante (Ugonotto) re di Navarra, egli mostrò con la sua conversione al Cattolicesimo, fatta per superare l’opposizione a che diventasse re di Francia (Paris vaut bien une messe), che la religione spirituale e le dispute teologiche non dovrebbero essere un ostacolo all’esercizio del potere e all’armonia sociale. Enrico IV è anche ricordato come il promotore dell’editto di Nantes (1598) che, consentendo agli Ugonotti (i Protestanti Calvinisti Francesi) una certa libertà di culto, mise fine alle lotte di religione e ai massacri che avevano avuto luogo in Francia durante il sedicesimo secolo. Quegli scontri, apparentemente motivati da questioni di fede, erano in realtà lotte violente di fazione tra la Casa dei Borboni e la Casa di Guisa al fine di conseguire ciò che vi è dietro ogni guerra: il monopolio del potere.
E precisamente a causa di questa finalità, cioè l’aspirazione costante a monopolizzare il potere, l’Editto di Nantes non poté durare a lungo. La maggioranza cattolica, per ragioni politiche, nutriva risentimenti verso la minoranza protestante e fece circolare l’accusa che essa costituiva uno stato all’interno dello stato. (Carl J. Burkhardt, 1935). Per cui, dopo l’assassinio di Enrico IV da parte di un fanatico che rimproverava al re di avere mancato al suo dovere di proteggere la fede cattolica, la tolleranza verso i protestanti si fece sempre più debole. Essa svanì infine sotto Luigi XIV che promulgò l’Editto di Fontainebleau (1685) che revocò l’Editto di Nantes e dichiarò la pratica del protestantismo un crimine da perseguire.
Il vero motivo dietro tutto ciò consisteva nella formazione di una uniformità culturale assoluta tra i soggetti del re in vista di quella che sarà poi chiamata, nei secoli successivi, l’identità nazionale. L’omogeneizzazione della fede e la centralizzazione del potere erano considerate condizioni necessarie e indispensabili per l’affermazione dello stato francese e, di conseguenza, del potere assoluto del suo re.
Il compito di installare lo stato nazionale come una entità superiore
fu svolto in Francia durante il diciassettesimo secolo e fu realizzato
da due personalità che avrebbero giocato un ruolo decisivo. Ciò che è apparentemente
paradossale è il fatto che entrambe appartenevano alle alte sfere della
gerarchia della Chiesa Cattolica: il Cardinal Richelieu e il Cardinal Mazarin.
Infatti, mentre Enrico IV aveva accettato di diventare cattolico e di assistere
a messe dei cattolici per conseguire il potere dello stato, i cardinali
cattolici Richelieu e Mazarin erano disposti a celebrare ogni sorta di
messa politica per la gloria del re e per il potere dello stato. In tutti
questi casi la religione spirituale era un semplice pretesto per il raggiungimento
e il dispiegamento del potere.
Richelieu è stato il più chiaro esponente di una Chiesa nazionale che
operava per la formazione di uno stato nazionale. Come capo di una Chiesa
nazionale, egli è stato un nemico implacabile di tutti gli eretici, vale
a dire di tutti coloro che non professavano il suo stesso credo, e quindi,
di tutti i possibili dissidenti e disturbatori del potere del re. Per questo
motivo smantellò la fortezza degli Ugonotti a La Rochelle e schiacciò qualsiasi
possibile opposizione al re da parte dell’aristocrazia terriera.
Come promotore dello stato nazionale, egli era pronto ad allearsi con qualsiasi
sovrano (protestante o musulmano) per indebolire quello che era visto
in Europa come il difensore della fede cattolica, la Casa d’Asburgo, e
con essa, porre fine all’egemonia della Spagna. E tutto il tempo Richelieu
si preoccupò di mettere in chiaro, innanzitutto al suo re, Luigi XIII,
che “egli è al servizio del re e non al servizio del Papa.” (Carl J. Burkhardt,
1935)
Infatti, “… nessuno poté essere più zelante dello stesso Richelieu nel
difendere lo ‘stato’ contro la chiesa di Roma – al punto che egli è stato
spesso visto come il vero fondatore dello stato.” (Martin van Creveld,
1999)
L’obiettivo generale era di costruire un forte Stato Nazionale Francese
nel quale la fede cattolica fosse solo il collante culturale che giustificava
e consolidava la sottomissione del popolo al potere centrale del re e del
suo stato.
Questo avvenne durante il regno di Luigi XIV sotto la supervisione iniziale
del Cardinal Mazarin (1602-1661). Come ministro principale (1643-1661)
egli accrebbe il potere del re indebolendo l’aristocrazia e scalzando il
Parlamento. Durante la sua reggenza, Mazarin preparò il terreno perché
l’assolutismo del Re Sole emergesse e si dispiegasse pienamente. Assolutismo
significa che un potere domina tutto e tutti. Questo obiettivo si condensò
nella formula : un roi, une foi, une loi. Il Cardinal Mazarin
fu anche la mente che orchestrò i termini degli accordi noti sotto il nome
di Trattati di Westphalia (1648), che ridisegnarono la carta d’Europa dopo
la Guerra dei Trenta Anni e sanzionarono ufficialmente l’esistenza dello
stato territoriale pienamente sovrano.
L’assolutismo statale si manifestò in una serie di atti che marcarono il
regno di Luigi XIV: dalla conversione forzata e dalla persecuzione degli
Ugonotti, all’ambizione di diventare il nuovo padrone dell’Europa attraverso
continue guerre (contro i Paesi Bassi, l’Austria, la Spagna).
E tuttavia, non fu l’assolutismo reale che, alla fine, avrebbe installato
lo Stato come il potere e il punto di riferimento accettato e indiscusso
nella vita delle persone.
L’assolutismo infatti indebolì lo Stato attizzando conflitti interni e,
in taluni casi, impoverendo la società attraverso la partenza degli ingegni
più dinamici e vivaci. Ad esempio, 250.000 Ugonotti lasciarono la Francia
dopo la cancellazione dell’Editto di Nantes e contribuirono, con le loro
capacità e conoscenze, al progresso di altre società.
Il predominio finale dello Statismo è stato, in larga misura, la conseguenza
diretta e indiretta dell’emergere di una corrente di pensiero a cui è stato
dato il nome di Illuminismo e che si opponeva a molti dogmi del passato.
A ciò si aggiunge il fatto che la formazione e la diffusione del metodo
scientifico nella ricerca avrebbe portato allo sviluppo di strumenti tecnici
che accrebbero in maniera assai consistente la produzione materiale.
Tutto questo avrebbe alla fine distrutto il paradigma medioevale basato
sulla Chiesa e sulla religione spirituale e avrebbe portato al predominio
dello stato e della religione secolare.
C’è stato un punto di svolta visibile in cui questa trasformazione notevole,
preparata nel corso dei secoli, è apparsa a tutti.
Nel Giugno 1870 furono introdotte due modifiche dottrinali che proclamavano:
la superiorità giuridica del Papa su ogni Chiesa nazionale e su ogni soggetto
cristiano; e il dogma della infallibilità del Papa in materia di magistero
di fede. Due mesi più tardi, nel Settembre del 1870, i bersaglieri entrarono
a Roma attraverso la breccia di Porta Pia e annessero la città allo Stato
Italiano, confinando il Papa a una piccola enclave, la Città del Vaticano.
Quindi, mentre il Papa era ancora immerso nell’idea del primato e della
infallibilità, egli veniva ridotto ad essere una sorta di recluso, una
figura impotente il cui potere temporale era praticamente nullo e la cui
autorità spirituale era molto indebolita e messa notevolmente in questione.
In quel momento, ogni traccia di Chiesismo era stata cancellata del tutto.
Il predominio dello Statismo (^)
L’ascesa dello Statismo è stato un processo che ha impiegato secoli prima
di realizzarsi compiutamente. Un passaggio importante di questo processo
è stato rappresentato dalla Rivoluzione Francese a cui dobbiamo aggiungere
due altre rivoluzioni, quella Russa e quella Fascista, che hanno portato
al completo predominio dello Statismo.
La Rivoluzione Francese è stata, assieme ad altre concause, il risultato
- della bancarotta dello stato parassitario al cui vertice vi era il re, con la sua corte di aristocratici e alto clero;
- della diffusione di nuove idee (Illuminismo) e l’arrivo di nuovi protagonisti (la borghesia commerciale e gli esponenti delle cosiddette libere professioni).
Lo scontro tra queste due realtà ha prodotto risultati contraddittori
che potrebbero essere caratterizzati semplicemente come nuove libertà e
nuove servitù.
Il blocco al cambiamento sociale rappresentato dai poteri tradizionali
(l’aristocrazia come il primo stato e l’alto clero come il secondo stato)
fu sormontato, all’inizio della Rivoluzione, dal terzo stato che si costituì
dapprima in Assemblea Nazionale e poi in Assemblea Nazionale Costituente,
la quale, il 26 Agosto 1789, approvò la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo
e del Cittadino.
I principi della Rivoluzione, che saranno condensati nella formula Liberté
– Egalité – Fraternité, erano basati, almeno nella fase iniziale della
rivoluzione su:
- l’idea della razionalità come motore conduttore della storia, contro tradizioni e costumi oscurantisti;
- l’individuo, e cioè ogni essere umano visto su un piano di uguaglianza con tutti, con la fine di ogni privilegio di nascita e di status;
- il popolo visto come una comunità legata da vincoli fraterni di associazione.
Tuttavia, ben presto questi tre aspetti furono corrotti e degenerarono a tal punto che un nuovo dispotismo, basato su una nuova Chiesa (lo Stato) e su una nuova religione (lo Statismo) iniziò a insinuarsi. Infatti accadde che:
- La razionalità divenne un Dio e si promosse il Culto della Dea Ragione come sostituto del Dio della Cristianità. Facendo riferimento a questa nuova Divinità era poi permessa qualsiasi nefandezza in vista del conseguimento di un preteso benessere per la razza umana.
- L’individuo divenne un atomo sociale, un suddito statale soggetto allo Stato onnipotente. Infatti, tutti i gruppi locali, le comunità e le associazioni volontarie erano stati sciolti in quanto espressioni e rimasugli dell’Ancien Régime.
- Il popolo divenne la nazione e, come tale, esso doveva essere rappresentato dallo Stato Nazionale e agire attraverso di esso.
Chiunque si opponeva a questo schema e questa realtà doveva essere trattato come un nemico del Peuple e della Patrie ed eliminato con tutti i mezzi disponibili (imprigionato, ghigliottinato, esiliato).
Quindi, la Rivoluzione, che doveva poggiare le sue fondamenta su idee illuminate e di progresso, imprigionò e ghigliottinò tra gli altri, poeti come André Chénier e Jean-Antoine Roucher; donne emancipate come Madame Roland e Olympe de Gouges; scienziati come Jean Sylvain Bailly, astronomo e matematico, e Antoine Lavoisier, chimico. In riferimento a Lavoisier, sembra che un certo Jean-Baptiste Cofinhal, presidente del Tribunale Rivoluzionario, abbia dichiarato: "la révolution n'a pas besoin de savants" [la rivoluzione non ha bisogno di scienziati]. E Pierre Gaspard Chaumette, procuratore di Parigi, qualificò Olympe de Gouges come una donna impudente perché “institua des sociétés de femmes et abandonna les soins du ménage pour se mêler de la République” [istituì società femminili e, abbandonò le cure della casa, per immischiarsi nelle faccende della Repubblica].
Queste affermazioni, da parte di alti esponenti della Rivoluzione, gettano
prospettive inquietanti su un movimento che doveva essere anti-oscurantista
e progressista.
In complesso, nello spazio di alcuni mesi (1793-1794) 17.000 cittadini
furono condannati a morte secondo i documenti ufficiali, ma una cifra più
veritiera è quella di 45.000 vittime, se si includono coloro che sono stati
uccisi senza processo. (si veda: La Terreur). La maggioranza di
questi (85%) apparteneva al Terzo Stato, vale a dire alla popolazione comune
a vantaggio della quale si supponeva che agissero i capi della Rivoluzione.
Oltre a ciò, molti esponenti e partecipanti alla Rivoluzione mostrarono
ancora una volta il loro atteggiamento e comportamento intollerante quando:
- soppressero qualsiasi movimento popolare (ad es. la Vandea) che intendeva ribellarsi agli ordini emessi dallo stato centrale;
- espropriarono la Chiesa delle sue proprietà e condannarono il clero indipendente (quello non asservito al nuovo regime) alla sottomissione o all’esilio.
Riguardo a quest’ultimo aspetto, è corretto affermare che “la rivoluzione
non era diretta, inizialmente, contro la Chiesa” (Hans Küng, 1999) e questo
perché la maggioranza degli uomini di Chiesa, soprattutto nelle campagne
e nei piccoli comuni, appartenevano al basso clero che era favorevole ai
principi di libertà, uguaglianza e fratellanza della Rivoluzione. Infatti,
il testo che espose le ragioni del Terzo Stato e che le portò all’attenzione
di tutti fu scritto dall’Abate Sieyès (Qu’est-ce-que le tiers-état,
1789). Tuttavia, ben presto la nuova Assemblea Nazionale votò provvedimenti
che miravano ad indebolire fortemente la Chiesa e a promuovere gli interessi
dello Stato e dei suoi associati. Secondo uno storico contemporaneo “le
radici della decristianizzazione sono da ricercarsi non tanto nella azione
della chiesa quanto nel carattere sempre più religioso della stessa Rivoluzione,
e nel fatto che il Cattolicesimo arrivò ad essere vista come una fede concorrente
e, per certi aspetti, incompatibile.” (Hugh McLeod, 1981).
A seguito di provvedimenti presi dall’Assemblea Nazionale:
- le proprietà della Chiesa furono dichiarate proprietà della Nazione e furono messe all’asta (1789);
- i conventi e gli ordini religiosi furono soppressi (1790);
- la Chiesa Cattolica fu riorganizzata sulle linee dettate dalla struttura dello Stato e fu cosituita una sorta di Chiesa Nazionale con l’elezione generale dei curati. Gli appartenenti al clero che si rifiutarono di sottostare alla Costituzione Civile del Clero (1790) furono espulsi dalla Francia. Di conseguenza, quarantamila religiosi furono costretti a partire (Karl Heussi e Eric Peter, 1967);
- il Contado Venassino e il suo centro maggiore, Avignone, che era un territorio Papale, furono annessi alla Francia nel 1791 con un decreto dell’Assemblea Nazionale Costituente.
La Rivoluzione Francese può essere vista come uno spartiacque. Da quel
momento in poi la religione politica e la persecuzione politica hanno completamente
rimpiazzato le violenze settarie del passato in cui la Chiesa era coinvolta
(direttamente o indirettamente) e lo stato era il suo braccio secolare.
Adesso lo Stato era totalmente in posizione di controllo, dall’inizio alla
fine, per quanto riguarda qualsiasi massacro, in nome della nazione e del
popolo, senza che fosse necessario fare riferimento ad una qualsiasi autorità
esterna.
Uno dei tanti esempi di questa furia persecutoria è ciò che avvenne a Parigi
dal 2 al 6 Settembre 1792 quando più di mille persone, cosiddette contro-rivoluzionarie,
vennero massacrate, di cui 191 ecclesiastici, come sfogo alla notizia della
presa di Verdun da parte delle truppe prussiane. Una illustrazione ancora
più chiara della strategia di annientamento messa in atto dallo Stato è
la Guerra della Vandea (1793-1796) nella quale i poteri dello stato commisero
tali atrocità, e su una scala talmente grande, che uno storico dei giorni
nostri l’ha qualificata come “un genocidio Francese.” (Reynald Secher).
Gli eventi della Vandea, in cui una popolazione prevalentemente Cattolica
fu sterminata dallo Stato Nazionale (il numero delle persone massacrate
o uccise durante gli scontri varia tra 120mila e oltre 200mila), rappresenta
uno dei primi e più atroci esempi di quello che una religione secolare
dei tempi moderni può compiere in termini di sterminio.
Dopo questi episodi, la Chiesa Cattolica in Francia fu sotto il dominio dello Stato Francese. Per cui, nessuno dovrebbe essere stato sorpreso del fatto che, nel 1798, truppe Francesi al comando del generale Louis-Alexandre Berthier invasero la città di Roma e presero il Papa Pio VI come prigioniero e lo condussero a Valence (dipartimento della Drôme) dove morì sei settimane dopo.
Una via di uscita da questo duro trattamento e scontro con la Chiesa
fu trovata nel periodo post-rivoluzionario quando lo Stato, nella persona
di Napoleone Bonaparte, giudicò conveniente portare i Cattolici dalla sua
parte e utilizzare la Chiesa come sostegno alla sua religione secolare
di stato. Per cui, nel 1801 un Concordato fu sottoscritto tra Napoleone
e il Papa Pio VII attraverso il quale la Chiesa recuperava una certa indipendenza,
seppure rimanendo in una posizione subordinata allo Stato (i vescovi era
ancora nominati dal governo francese, le proprietà restavano confiscate,
il clero doveva ancora giurare fedeltà allo Stato).
Tuttavia, questo era il prezzo da pagare per sopravvivere e andare avanti:
una pallida sembianza di autonomia a patto che la Chiesa agisse come il
principale sostenitore dello Stato.
Durante il corso del diciannovesimo secolo gli Stati Europei hanno esteso
continuamente la loro area di influenza e di azione nel nome della sovranità
popolare, del nazionalismo e del socialismo.
La concezione socialista, come è stata elaborata specialmente da Marx ed
Engels in Inghilterra, durante la Rivoluzione Industriale, si è propagata
in un tempo in cui la Chiesa, soprattutto nell’Europa Continentale, era
il pilastro servile che giustificava la Restaurazione statale. Questo fu
il motivo per il quale, per molti pensatori socialisti, la Chiesa venne
ad essere associata con l’oscurantismo e l’assolutismo. Il Manifesto dei
Comunisti (1848) inizia con una frase che mette nello stesso fascio “il
Papa e lo Zar, Metternich e Guizot, i Radicali Francesi e le spie della
Polizia Tedesca” visti come i Poteri della vecchia Europa che hanno stipulato
una Santa Alleanza al fine di continuare ad opprimere e a reprimere i popoli.
In questo scenario, l’anticlericalismo è stato uno dei segni distintivi
del pensiero e della pratica socialisti. Meno comprensibile, se non addirittura
del tutto inconcepibile, è il fatto che il socialismo divenne l’ideologia
che ha giustificato l’attribuzione allo Stato di un vasto potere autoritario.
Per Marx ed Engels, infatti, “il potere esecutivo dello stato moderno non
è altro che il comitato d’affari dell’intera borghesia.” (Karl Marx e Friedrich
Engels, 1848). Nella loro concezione, lo sviluppo del modo di produzione
capitalistico avrebbe portato inevitabilmente alla concentrazione economica
e questa, a sua volta, avrebbe prodotto la centralizzazione politica statale.
L’assunzione del controllo sullo stato da parte dei lavoratori sarebbe
stato quindi il passaggio necessario verso il rapido deperimento dello
Stato stesso, in un movimento progressivo che sarebbe stato quasi automatico.
Infatti, i capitalisti avrebbero sviluppato i mezzi e la quantità della
produzione a tal punto che lo stato, come controllore e regolatore di essa,
sarebbe ben presto diventato, e anche apparso, del tutto inutile. Allora,
“la Società, che riorganizzerà la produzione sulla base di una libera e
paritaria associazione dei produttori, relegherà l’intera macchina dello
stato là dove essa appartiene: nel museo delle antichità, accanto al telaio
a mano e all’ascia di bronzo.” (Friedrich Engels, 1884).
Tuttavia, le cose non andarono in quel senso. Una diversa versione del socialismo prevalse, ispirata da un uomo politico tedesco, Ferdinand Lassalle, che vide nello Stato il demiurgo indispensabile per l’emancipazione della classe operaia. Questo obiettivo era per lui come un dovere religioso. Come rimarcato da uno storico moderno: “Le riunioni promosse da Lassalle assunsero il carattere che si trova allorché si fonda una nuova fede. Lassalle stesso scrisse: ‘Ho avuto l’impressione costante che la stessa dinamica doveva essersi prodotta quando si era istituita una nuova religione’.” (George L. Mosse, 1975). Questa visione segnò gli atteggiamenti e le azioni politiche del più forte partito socialista d’Europa, il Partito Social-Democratico Tedesco, fondato nel 1875.
Il fascino del Socialismo di Stato ricevette una spinta incredibile quando una presunta rivoluzione socialista scoppiò nella Russia zarista (1917), guidata da una figura, Ilic Ulianovic Lenin, che professava di fare riferimento a Marx ed Engels nel suo pensiero e nelle sue azioni. Ma le condizioni sociali ed economiche contemplate da Marx ed Engels per lo sviluppo del socialismo erano semplicemente inesistenti nella Russia di quei tempi. Per cui si pensò che esse dovessero essere generate dall’unico potere esistente di un certo peso: lo Stato. Nel luglio del 1917 Lenin scriveva: “qualsiasi stato rappresenta una forza speciale per il soffocamento delle classi oppresse. Di conseguenza, ogni stato è non-libero e non-popolare.” (Lenin, 1917). Alcuni mesi più tardi, dopo essersi impadronito del potere statale, Lenin, con un colpo di astuzia politica, iniziò a presentare lo stato onnipotente e la sua ideologia, lo Statismo, come socialismo o come la strada migliore verso il socialismo.
In realtà, siamo in presenza di una replica orientale della Rivoluzione Francese. Alla pari del re francese, anche lo Zar fu giustiziato. Come nella Rivoluzione Francese, avvocati (come Lenin) e propagandisti (come Trotsky e Stalin) furono i veri protagonisti. Il Terrore, durante la Rivoluzione francese, fu uguagliato e superato dal regno di terrore istituito dalla Cheka sotto Stalin e Trotsky. Anche in questo caso la cosiddetta rivoluzione dei lavoratori dovette essere salvata da attacchi provenienti dall’esterno, il che moltiplicò gli atti repressivi all’interno. E, come era accaduto in Francia, le proprietà della Chiesa furono espropriate e i preti subirono attacchi.
Nel complesso, era come ripercorrere i passi di un tragico cammino già
intrapreso in passato. La sola differenza consisteva nel fatto che, data
la non-esistenza della borghesia, una nuova classe doveva essere generata
sotto forma di una immensa burocrazia statale.
Per fare in modo che il popolo accettasse questa rivoluzione e seguisse
i suoi capi, una sorta di Messianismo doveva essere introdotto in ogni
atto di propaganda. Lenin assunse il ruolo di sacerdote massimo della rivoluzione,
un ruolo che conserverà anche dopo la sua morte. Come sottolineato da un
teologo in una sua conferenza (1936) “il Leninismo è una religione secolare
camuffata” che promette e assicura “la venuta della società senza classi,
il ‘Paradiso sulla terra’ come Lenin affermò già nel 1905 – una nuova Chiesa
di credenti atei, che smascherava la vecchia Chiesa Cristiana e la spogliava
delle sue campane, dei suoi tesori, delle sue cattedrali e dei suoi servitori.”
(Adol Keller, 1936). Il segno più visibile del carattere sacrale del Leninismo
è il Mausoleo di Lenin, dove il corpo del “profeta” il “Santo Vladimiro
della Rivoluzione d’Ottobre” (Michael Burleigh, 2006) è preservato e presentato
al rispetto e alla venerazione dei fedeli. Lo stesso culto circonderà Mao-Tse-Tung,
la cui salma sarà imbalsamata e conservata in uno speciale mausoleo eretto
al centro della piazza Tienanmen a Pechino (1977).
Il discorso pronunciato da Stalin alla morte di Lenin è pieno di promesse votive come quelle fatte da un credente ad un essere trascendente:
“Lasciando questa terra, il compagno Lenin ci ha intimati di tenere alto e preservare la purezza del grande titolo di membro del partito. Noi ti promettiamo che ci atterremo alle tue ingiunzioni con onore!”
“Lasciando questa terra, il compagno Lenin ci ha intimati di preservare e rafforzare la dittatura del proletariato. Noi ti promettiamo, compagno Lenin, che non ci sottrarremo ad alcuno sforzo per attenerci, anche in questo caso, alle tue ingiunzioni, con onore!” (Joseph Stalin, 1924)
E via di questo passo.
Solo se consideriamo il Bolscevismo (Leninismo e Stalinismo) come una religione
politica intrisa di messianismo possiamo spiegare non solo l’ammontare
incredibile di sofferenze imposte per l’attuazione del “paradiso promesso”,
ma anche la forza e la perseveranza nell’accettarle.
Il Partito Comunista era considerato dai credenti una entità a tal punto
infallibile e immortale che persino un intelletto del calibro di Nikolai
Bukharin, processato per ordine di Stalin sulla base di accuse inventate,
non poté fare a meno di ammettere di essere “politicamente responsabile
per l’insieme dei crimini commessi dal blocco di Destra e dei Trotskisti.”
In altre parole, egli ammise (falsamente) il terribile peccato di avere
introdotto uno scisma politico all’interno del sacro corpo del Partito
Comunista e che per questo “meritava la punizione più severa.” (N. I. Bukharin,
1938).
Quindi, attraverso la Rivoluzione Russa, “il Partito Comunista assume le sembianze di una nuova Chiesa” (Gustav A. Wetter, 1958) e lo Stato Sovietico appare come il nuovo Demiurgo. Era quindi del tutto conseguente che i Bolscevichi volessero cancellare la vecchia Chiesa e qualsiasi traccia di un Dio spirituale dalla vita delle persone, di modo che si concentrassero esclusivamente nell’obbedienza allo stato e nel culto della produzione materiale.”La materia qui appare come un nuovo assoluto, una nuova divinità che sostituisce il Dio-Creatore trascendente, e in quanto tale incapace di tollerare qualsiasi altra divinità al suo fianco.” (Gustav A. Wetter, 1958).
In una lettera a Gorki (1926) Lenin scrisse: “Qualsiasi idea religiosa, qualsiasi idea di un qualsiasi Dio, persino il vagheggiare questa idea, costituisce una bassezza indicibile, la più insidiosa infezione.” (Adolf Keller, 1936). Per questa ragione, l’educazione all’ateismo doveva iniziare in giovane età. Il “Manuale del Capo dei Giovani Pionieri” dell’Unione Sovietica affermava che “ogni Pioniere doveva allestire a casa un angolo ateista con immagini, poesie e detti contro la religione, in contrasto con l’angolo in cui si tenevano le icone della tradizione cristiana russa.” (Wikipedia, Young Pioneer Organization of the Soviet Union).
A questo atteggiamento si applica molto bene una affermazione che troviamo
in una Conferenza tenuta da William James a Edinburgo: “Egli non crede
in Dio e questo non-Dio egli lo venera.” (The Varieties of Religious Experience,
The Gifford Lectures, 1901-1902)
In sostanza, l’ateismo era parte costituente della religione secolare di
stato dell’Unione Sovietica, in opposizione alla religione spirituale della
Chiesa Ortodossa.
La causa immediata di questo contrasto e disprezzo per la religione spirituale
e quindi per la Chiesa Ortodossa, era il legame che sussisteva in passato
tra quella Chiesa e lo Zarismo e il suo appoggio all’autocrazia in cambio
di condizioni privilegiate. (Adolf Keller, 1936).
Tuttavia, una ragione ancora più forte e profonda era rappresentata dal
fatto che una nuova religione materialistica non poteva trionfare senza
prima aver cancellato la vecchia religione. A tal fine, le proprietà della
Chiesa furono espropriate (decreti del 26 Ottobre 1917 e del 23 Gennaio
1918); i monasteri furono chiusi e convertiti ad usi secolari; i preti
furono torturati, inviati in campi di lavoro, rinchiusi in prigioni per
malati mentali o semplicemente giustiziati; i credenti furono vessati in
ogni modo; l’ateismo e il materialismo furono propagandati nelle scuole
e nella società tutta.
L’obiettivo di eliminare la Chiesa e la religione spirituale era presente
anche in un’altra rivoluzione il cui obiettivo finale era, ancora una volta,
il porre al suo posto lo Stato e la sua religione secolare. Facciamo qui
riferimento al Fascismo.
La rivoluzione Fascista, e le altre rivoluzioni politiche che ad essa si
ispirarono e che andarono anche oltre di essa, come è il caso del Nazional
Socialismo, rappresentano l’apogeo dello Statismo.
Infatti, i protagonisti della Rivoluzione Francese, mentre erigevano l’apparato
dello stato moderno, erano animati dall’idea della società civile; e gli
artefici della Rivoluzione Russa, mentre rafforzavano al massimo il potere
dello stato totalitario, presentavano ancora l’obiettivo finale di una
società senza classi e senza stato. Solo la rivoluzione Fascista ha avuto
come suo ideale, dall’inizio alla fine, la glorificazione e il dominio
dello Stato in ogni aspetto della vita degli individui.
Il filosofo Giovanni Gentile nella sua Dottrina del Fascismo (1932)
affermò in maniera molto chiara che “per il fascista, tutto è nello Stato,
e nulla di umano o spirituale esiste, e tanto meno ha valore, fuori dello
Stato.”
L’antica formula del Chiesismo, extra ecclesiam, nulla salus (fuori
della Chiesa non vi è salvezza) è stata preservata dai sostenitori dello
Statismo totalitario semplicemente rimpiazzando la Chiesa spirituale con
lo Stato, la nuova Chiesa secolare. Con il Fascismo e con il Nazional Socialismo
assistiamo, nella maniera più evidente, alla formazione di una religione
politica secolare da parte di nuovi alti sacerdoti, Mussolini e Hitler.
In Italia, Mussolini convinse il popolo che egli era l’uomo inviato dalla
Provvidenza a risolvere tutti i problemi degli italiani. Un professore
francese venuto a Bologna in occasione di un congresso scientifico, rimase
del tutto esterrefatto nello scoprire che “i muri della città erano completamente
coperti con dei manifesti” con la scritta “Dio ce l’ha dato; guai
a chi lo tocca!” e che “la foto del Duce era in mostra in tutte le vetrine
dei negozi.” (Rudolf Rocker, 1937).
Nella Germania di Hitler, simboli e cerimonie erano copiati in maniera
servile dalla religione spirituale, con una aggiunta ulteriore di misticismo.
Il risultato, rimarcato da un giornalista prima ancora che Hitler accedesse
al potere, era che “quanto a grado di venerazione, Hitler lascia il Papa
di gran lunga alle sue spalle.” (Rudolf Rocker, 1937).
Hitler copiò persino l’architettura delle chiese. “I municipi di Hitler,
che sovente egli stesso disegnò, presero la forma di chiese con le torri
più alte di quelle di qualsiasi chiesa in città.” (George L. Mosse, 1975).
La differenza tra il “socialismo” Russo e il “nazional socialismo” Tedesco,
in relazione alla Chiesa e alla religione spirituale, fu acutamente caratterizzata
da un giornalista inglese verso la fine degli anni trenta: “Lenin vorrebbe
distruggere l’altare o almeno promuovere il suo sfacelo. Hitler vorrebbe
conservare l’altare sostituendo la Croce di Cristo con la Svastica.” (F.
A. Voigt, 1938).
La strategia per attuare la nuova religione secolare è abbastanza simile per il fascismo italiano e il nazional socialismo tedesco. In entrambi i casi troviamo i seguenti passaggi tattici:
- Attenuazione. Nella prima fase, i nuovi regimi hanno cercato di preparare il loro accesso al potere ammorbidendo le loro istanze anti-clericali (fascismo) o addirittura presentandosi come paladini della Cristianità (nazional socialismo). Ed erano pronti a compromessi per ottenere il supporto dei partiti cattolici (o di alcuni settori) e di talune figure (ad es. Fritz von Papen in Germania).
- Conciliazione. In una seconda fase, la Chiesa è stata attirata verso la stipula di Concordati (Italia, 1929; Germania, 1933) che cercavano di limitare la Chiesa ad un ruolo esclusivamente spirituale, lasciando il monopolio dell’azione politica come campo esclusivo del partito al potere (dissoluzione del Partito Popolare in Italia, Novembre 1926 ; dissoluzione del Partito cattolico di Centro in Germania, Luglio 1933).
- Soppressione. Infine, una volta che il regime si era fermamente installato al potere, e aveva realizzato che il sentimento spirituale era ancora presente in larghi strati della popolazione, fu deciso di sopprimere le organizzazioni cattoliche, come avvenne in Italia con lo scioglimento dell’Azione Cattolica nel Maggio del 1931 e in Germania con la soppressione della Gioventù Cattolica nell’Aprile del 1934, a cui fece seguito l’assassinio di figure di rilievo del mondo cattolico tedesco nei mesi di Giugno-Luglio 1934 (come il capo dell’Azione Cattolica, il direttore dell’Associazione Sportiva dei Giovani Cattolici e l’editore del Settimanale Cattolico di Monaco).
Con il Fascismo e il Nazional Socialismo occupati a installare lo Stato come la nuova Chiesa, assistiamo all’incompatibilità totale non solo tra lo Statismo (dominante) e il Chiesismo (defunto) ma anche tra lo Statismo e ogni altra possibile tendenza spirituale e civile. In due encicliche (Non abbiamo bisogno, 1931; Mit brennender Sorge, 1937) il Papa Pio XI fece sentire la sua voce in maniera forte, nei limiti imposti da una condizione di impotenza e dal timore di ulteriori repressioni nei confronti dei cattolici.
In riferimento al Fascismo, egli condannò l’intento di
“monopolizzare interamente la gioventù, dalla primissima fanciullezza fino all’età adulta, a tutto ed esclusivo vantaggio di un partito, di un regime, sulla base di una ideologia che dichiaratamente si risolve in una vera e propria statolatria pagana” (Pio XI, 1931)
Il termine “Statolatria” era stato già utilizzato in passato in un opuscolo pubblicato a Parigi nel 1848 nel quale l’autore, l’abate Antoine Martinet, denunciava le mire di tutti gli uomini politici condensate nella formula: “Omnipotence de l’État.” [Onnipotenza dello Stato] e metteva a nudo
“le cult de l’État, divinité abstraite, aussi insaisissable dans son essence qu'insatiable dans ses appétits.” [il culto dello Stato, divinità astratta, così impercettibile nella sua essenza come insaziabile nei suoi appetiti] (Antoine Martinet, 1848).
Per quanto riguarda il Nazional Socialismo, il Papa doveva essere ancora più cauto dato il fatto che si trattava di un regime ancora più repressivo e fanatico. Ciononostante, non poté fare a meno di denunciare nella sua enciclica: “chi distacca la razza, il popolo o lo Stato da questa scala di valori terreni, elevandoli a suprema norma di tutto, anche dei valori religiosi e li divinizza con culto idolatrico …” (1937). E ribadì il messaggio che non vi è un Dio Nazionale o una Religione Nazionale (con riferimento al tentativo di istituire una Chiesa Nazionale Tedesca sottomessa al regime) perché il messaggio di Dio è universale: “Questo Dio ha dato i suoi comandamenti in maniera sovrana: comandamenti indipendenti da tempo e spazio, da regione e razza. Come il sole di Dio splende indistintamente su tutto il genere umano, così la sua legge non conosce privilegi né eccezioni.” E “quelle leggi umane, che sono in contrasto insolubile col diritto naturale, sono affette da vizio originale, non sanabile né con le costrizioni né con lo spiegamento di forza esterna.” (Pio XI, 1937)
Nonostante ciò le persecuzioni continuarono e si intensificarono, e non solo contro gli Ebrei che erano il bersaglio principale. Nel 1940, alcune sezioni del campo di concentramento di Dachau erano destinate al clero. Su un totale di 2720 ecclesiastici di cui si ha un registro come prigionieri a Dachau, la stragrande maggioranza e cioè 2579 (il 94%) erano Cattolici. (Wikipedia, Persecution of the Catholic Church in Germany).
Con i regimi totalitari della prima metà del ventesimo secolo, sbocco
ultimo della continua espansione della sfera di intervento dello Stato
a partire dalla Rivoluzione Francese e attraverso l’impulso dato soprattutto
dalla Prima Guerra Mondiale, raggiungiamo l’apice del dominio statale e
dello Statismo.
È adesso necessario ricapitolare brevemente i punti di forza (pilastri)
e le tragiche manchevolezze (veleni) del Chiesismo e dello Statismo per
vedere come possiamo andare al di là di essi e al di là di qualsiasi potere
totalitario monopolistico.
I pilastri e i veleni del Chiesismo (^)
L’istituzione di una Chiesa come la Chiesa Cattolica e il suo dominio,
nel mondo occidentale, nel corso di parecchi secoli, furono dovuti ad
aspetti che sono profondamente attraenti sia a persone molto semplici
che a individui estremamente coltivati.
Questi aspetti possono essere qualificati ed elencati come:
- Universalismo. In una lettera ai Cristiani di Smirne scritta nel 107 da Ignazio di Antiochia, vediamo utilizzato, probabilmente per la prima volta, il termine Cattolico che significa verso/per (kata) il tutto (holos). La Chiesa Cattolica è per tutti e il suo messaggio è universale, cioè rivolto a tutti.
- Comunitarismo. La Chiesa è cresciuta diffondendo il suo messaggio basato sull’unità e sulla carità e dando vita a comunità i cui membri cercavano di basare la loro vita sulla pratica dell’amore.
- Filantropismo. L’amore reciproco trovò espressione nell’aiuto reciproco all’interno della comunità e in azioni caritatevoli verso tutti coloro che erano nel bisogno.
Un nobile messaggio e una testimonianza vivente di quel messaggio ebbero
il potere di attrarre verso i primi gruppi di cristiani un numero crescente
di individui.
Quindi, nel corso del tempo, sulla base di questi pilastri teorici e pratici,
nacque una Chiesa universale.
I motivi della sua penetrazione nelle diverse società e della sua
permanenza attraverso i tempi sono dovuti anche a due tratti molto importanti:
- Superiorità Culturale
- Duttilità Pratica.
Superiorità Culturale
È un dato di fatto indiscutibile che, nel corso di molti secoli, la Chiesa
attrasse le persone più istruite e più energiche e fu l’organizzazione
che seppe meglio promuovere la coltivazione e lo sviluppo delle personalità
individuali. Per questo motivo, i poteri temporali si affidavano
ad uomini di Chiesa per amministrare i loro affari.
L’espansione degli orizzonti mentali e materiali, dopo la caduta dell’Impero
Romano, fu opera di molti individui che, animati da un fuoco spirituale,
si unirono ed eressero monasteri ed abbazie. Essi, non solo operarono per
preservare gli scritti di antiche civiltà (Greca, Latina) ma gettarono
anche le basi per una nuova civiltà.
La Chiesa, attraverso diaconi, canonici, preti, abati, vescovi, e semplici
fedeli, promosse varie sfere di attività teoretica e pratica che costituiscono
segni della sua superiorità culturale nel corso di molti secoli:
- Scienza. L’idea di un Dio razionale che ha creato il mondo a sua immagine, e quindi sulla base di regole di razionalità, costituì una spinta potente verso la ricerca di Dio in questo mondo e, di conseguenza, per lo sviluppo della ricerca scientifica. Nelle sue Lowell Lectures (1925), Alfred Withehead, dopo essersi chiesto da dove venisse l’atteggiamento scientifico, avanzò l’idea che “esso debba provenire dall’insistenza medioevale sulla razionalità di Dio, concepito come avente l’energia personale di Yahweh (Jahvè) unita alla razionalità di un filosofo greco.” Questa è l’impostazione mentale che ha spinto Isaac Newton a redigere i suoi Principia e che ha animato molti scienziati, dall’astronomo Copernico (1473-1543), un canonico, attraverso Gregor Mendel (1822-1884) un frate Agostiniano che è considerato il padre della moderna genetica, fino a Padre Roger Boscovich (1711-1787), un erudito gesuita che è stato definito da Harold Hartley, un membro della Royal Society, “una delle massime figure intellettuali di tutti i tempi.” (Thomas E. Woods jr, 2005).
- Tecnologia. I monasteri medioevali promossi dagli uomini di Chiesa dappertutto in Europa, erano non solo centri per la preservazione e trasmissione della cultura, ma anche per la produzione materiale, utilizzando congegni tecnologici che erano andati in disuso (ad esempio, il mulino ad acqua). Al tempo della sua massima espansione, l’ordine Benedettino poteva contare su 37.000 monasteri (Thomas E. Woods jr, 2005) e “dobbiamo a San Benedetto il fatto che i monasteri furono centri di cultori pratici della scienza agricola, come pure di santi, di artisti e di eruditi.” (Alfred North Whitehead, 1925). I Benedettini attribuivano molta importanza al lavoro manuale e sono stati tra i più attivi nel dissodare nuovi terreni. Il lavoro nei campi e la passione nello sperimentare portarono un monaco Benedettino, Dom Perignon della Abbazia di Saint-Pierre d’Hautvillers, a contribuire allo sviluppo di nuovi metodi di fermentazione del vino. L’ordine Cistercense, che sorse da un gruppo di Benedettini del villaggio di Cistercium (Citeaux), introdusse innovazioni nello sviluppo di tecniche di ingegneria idraulica e metallurgia.
- Filosofia. La filosofia era tenuta in alta considerazione e praticata da molti uomini di Chiesa. Tra questi, Roberto Grosseteste e il suo allievo Roger Bacon (Francescani), Albertus Magnus (Domenicano), Tommaso d’Aquino (Domenicano), William di Ockham (Francescano) e l’umanista Desiderius Erasmus. Alcune università europee (ad es. Parigi) nacquero da scuole legate ad una cattedrale o ad un monastero che erano state istituite per la formazione del clero, come voluto e promosso da Papa Gregorio VII. In altri casi, il clero svolse un ruolo importante, ad esempio ad Oxford, dove, dalla metà del tredicesimo secolo, i membri di molti ordini religiosi (Domenicani, Francescani, Carmelitani, Agostiniani) aprirono residenze per studenti.
- Legge. La Chiesa Cattolica, attraverso le voci di alcuni suoi membri, fu di valido aiuto nel far sì che la legge naturale costituisse la base di ogni legge prodotta dall’essere umano; ciò significa “il derivare da quella parte della legge eterna che è la legge naturale le fondamenta di un sistema razionale di legge positiva.” (Harold J. Berman, 1959). Nell’America Latina, il frate Domenicano Antonio de Montesinos (circa 1475-1540), e poi un altro frate Domenicano, Bartolomé de las Casas (1474 o 1484-1566), condannarono vigorosamente gli abusi dei conquistatori Spagnoli contro le popolazioni locali. Il Domenicano Francisco de Vitoria, e altri teologi “difesero la dottrina che tutti gli uomini hanno un uguale diritto alla libertà; sulla base della libertà naturale, essi proclamarono il diritto di ciascuno alla vita, alla propria coltivazione personale, e alla proprietà.” (in Thomas E. Woods jr, 2005). In linea generale, possiamo accreditare il messaggio della Chiesa del fatto di aver ribadito il valore del singolo essere umano (la persona) contro l’invasione da parte di qualsiasi potere. Questo aspetto era considerato talmente importante che alcuni teologi (Tommaso d’Aquino, Francisco Suarez, Juan Mariana) affermarono che era legittimo ribellarsi contro i governanti che non rispettavano la legge naturale, giustificando la loro cacciata o soppressione.
- Economia. Molti uomini di Chiesa appaiono agli albori del pensiero economico. Joseph Schumpeter nella sua History of Economic Analysis (1954) fece riferimento a Sant’Antonino, vescovo di Firenze (1389-1459) come “forse il primo uomo a cui è possibile assegnare una visione comprensiva del processo economico in tutti i suoi aspetti principali.” (Joseph Schumpeter, 1954). E, con riferimento agli Scolastici del sedicesimo secolo (come il gesuita Luis Molina), Schumpeter scrisse che “è all’interno del loro sistema di teologia morale e diritto che la scienza economica raggiunse una sua esistenza propria anche se non separata, e sono loro che giunsero più vicini di qualsiasi altro gruppo ad essere stati i ‘fondatori’ della economia scientifica.” Poi è sufficiente menzionare i nomi dell’abate di Condillac (1715-1780) e dell’abate Ferdinando Galiani (1728-1787) per mostrare l’importanza degli uomini di chiesa nel porre le basi della scienza economica.
- Arte e Architettura. Il campo in cui la Chiesa ha svolto un ruolo grandioso e altamente visibile nella società è stato la promozione dell’arte e degli artisti. L’arte cristiana iniziò con gli affreschi nelle catacombe romane, al tempo in cui i cristiani erano perseguitati, e continuò con la costruzione di basiliche, statue, e di tutti gli ornamenti che accompagnano le opere architettoniche. In tutta Europa i Cistercensi eccelsero nella costruzione di abbazie. In Francia, si costruirono cattedrali che spinsero la verticalità a nuove altezze, suggerendo una ascensione fisica verso Dio. Ma il periodo di maggior splendore fu il cosiddetto Rinascimento, in cui pittori, scultori, architetti, erano al servizio della Chiesa per abbellire città e luoghi di culto. Questo è il periodo nel quale Brunelleschi (1377-1466) costruì il Duomo di Santa Maria del Fiore a Firenze e Michelangelo (1475-1564) dipinse la Cappella Sistina a Roma.
Duttilità Pratica
Per durare cosi a lungo e per dominare così tante sfere della vita, la
Chiesa doveva possedere, oltre ad una autorità (spirituale e culturale)
superiore, anche una incredibile flessibilità e adattabilità alle circostanze.
Questa duttilità pratica contribuì alla sua sopravvivenza ma fu anche
la causa principale della sua caduta da una situazione di grazia.
Infatti, nei casi ricorrenti in cui l’autorità morale non era sufficiente
a proteggere la Chiesa dagli assalti dei poteri secolari, una strategia
di sopravvivenza fu posta in essere, sulla base dei tempi e delle situazioni.
Questa strategia contemplava varie possibilità:
- Trovare un protettore imperiale: questo avvenne, con alterne vicende, durante la lunga fase iniziale del Chiesismo, quando la Chiesa, da perseguitata, si trovò sotto la protezione degli Imperatori Romani. In seguito, la dinastia Carolingia (Carlo Magno) e gli Imperatori medioevali del Sacro Romano Impero furono i protettori della Chiesa, in una situazione in cui clero e laicato erano variamente mescolati.
- Diventare un potere territoriale: questa è stata la situazione della Chiesa durante il Rinascimento, quando i Papi controllavano l’Italia centrale (Stati Pontifici) e iniziarono a comportarsi come i governanti di un regno, con la loro magnifica corte e i favori concessi ai componenti della famiglia (nepotismo). Lo splendore artistico non poteva dissimulare la corruzione o arrestare il conseguente declino e spaccatura della Chiesa (scisma protestante).
- Giustificare i sovrani nazionali: questa fase arrivò con l’emergere degli stati nazionali e ai Papi fu ingiunto di approvare le decisioni prese dai sovrani o rischiare uno scisma (Christopher Hollis, 1949). Questo fu il caso, ad esempio, della formazione della Chiesa Anglicana e sarebbe potuto essere il caso di una indipendente Chiesa Gallica. Da questo momento in poi l’autorità della Chiesa non riuscì più a prevalere sui poteri temporali.
- Allearsi ai governanti dinastici: con l’arrivo e il consolidamento degli stati nazionali e l’affermazione di ideologie secolari (liberalismo, socialismo, positivismo) come prodotto dell’Illuminismo e delle rivoluzioni politiche e industriali, la Chiesa si trovò culturalmente emarginata e socialmente sotto attacco. Alla fine, a seguito del Congresso di Vienna (1814-1815), essa ritenne conveniente associarsi ai governanti secolari stringendo alleanze tra i troni restaurati e un altare traballante.
- Convivere con i regimi totalitari: nell’età delle ideologie nazionalistiche e dei regimi totalitari, la Chiesa si è vista costretta a sottoscrivere accordi con i poteri statali sotto forma di concordati. In altre parole, ha dovuto sottomettersi a loro e addirittura apparire come se li favorisse o rimanere in silenzio, invece di predicare il suo messaggio evangelico. E questo solo per sopravvivere.
Le ultime due fasi sono identificabili con il periodo della Restaurazione
Europea (1815-1914) e della lunga Guerra civile Europea (1914-1945).
Durante il periodo della Restaurazione in Europa, la Chiesa, tranne alcune
eccezioni come ad esempio Papa Leone XIII, rispose ai progressi della scienza
e alle aspirazioni di emancipazione sociale, alleandosi con poteri reazionari
o condannando istanze di progresso. Un esempio fu il rifiuto verso talune
correnti di idee come il Modernismo e il Cattolicesimo Liberale. Queste
concezioni, mentre preservavano il nucleo del messaggio Cristiano, cercavano,
al tempo stesso, di abbandonare gli aspetti oscurantisti e obsoleti della
dottrina della Chiesa che erano del tutto in contrasto con il progresso
dei tempi.
A questo riguardo Lord Acton notò che i difensori del Cattolicesimo
“hanno generato il sospetto che la Chiesa, nel suo zelo volto a prevenire
l’errore, reprima quella libertà intellettuale che è essenziale per il
progresso della verità.” (Lord Acton, 1864).
Un altro studioso scrisse che “i Papi hanno accettato con prontezza disastrosa
la dottrina che ogni cambiamento è in sé stesso un passo verso il Giacobinismo
e l’ateismo.” (Christopher Hollis, 1949).
E più la Chiesa era sottoposta agli attacchi dei liberali e dei socialisti, più essa rispondeva attaccando qualsiasi aspetto che sentiva associato al liberalismo o al socialismo; anche idee legate alla libertà (libero arbitrio) e alla uguaglianza degli individui sulla base della loro comune natura umana, idee che erano bagaglio integrante della dottrina Cattolica. Per cui si era testimoni di situazioni paradossali come nel caso di Gregorio XVI, uno dei Papi più conservatori di tutti i tempi, che scrisse una enciclica che condannava la schiavitù, mentre alcune menti progressiste e liberali, come Thomas Jefferson in America, la sostenevano e la praticavano.
Il conservatorismo e l’oscurantismo della Chiesa degli ultimi secoli
è stato promosso anche da figure la cui spiritualità religiosa era del
tutto carente. Come il massone Joseph de Maistre (1753-1821) che è stato
qualificato come “totalmente irreligioso alla base” (Christopher Hollis,
1949) e l’agnostico Charles Maurras (1868-1952) che era un sostenitore
fervente di una religione nazionale che nulla aveva a che vedere con una
Chiesa Cattolica universale.
Queste sono state probabilmente le ragioni principali per le quali l’autorità
spirituale della Chiesa è stata rimpiazzata dal dominio secolare dello
Stato.
I pilastri e i veleni dello Statismo (^)
L’ascesa e l’affermazione dello Stato hanno richiesto l’emancipazione di questa entità secolare dalla dipendenza culturale a una organizzazione, come la Chiesa, dotata di idee più raffinate e attraenti. In altre parole, era necessario elaborare una concezione del tutto autonoma e altamente convincente, lo Statismo, perché lo Stato fosse visto come un nuovo punto di riferimento nella vita degli individui e delle masse.
Questo è ciò che fecero pensatori come Marsilio, Machiavelli, Bodin, Hobbes
e molti altri. In quasi tutti gli scrittori, lo sviluppo delle idee a favore
di un potere sovrano secolare derivò principalmente dal disordine delle
guerre: quelle tra i sostenitori del Papa (Guelfi) e coloro che erano a
favore dell’Imperatore (Ghibellini); tra i governanti dei diversi principati
nella penisola italica; tra i partigiani di differenti rami (Cattolici,
Luterani, Calvinisti) della stessa religione cristiana; tra i re di stati
differenti (Francia, Inghilterra, Spagna).
Per questo motivo, tutti quei pensatori, in modi diversi e con accenti
differenti, contemplavano un forte potere centrale che ponesse sotto controllo
la violenza e assicurasse la sicurezza. In particolare per Hobbes, il garantire
la sicurezza era il compito fondamentale di una entità, il Leviatano, a
cui ognuno doveva sottostare per la propria personale sopravvivenza. E
in assenza del quale, tutti sarebbero rimasti in una condizione di “continua
paura e pericolo di morte violenta, e l’esistenza sarebbe stata solitaria,
povera, ripugnante, brutale e corta.” (Leviatano, Capitolo XIII,
1651).
Ad ogni modo, questa idea di un forte potere assoluto non era nulla di nuovo e di moderno. Per l’effettiva ascesa ad una posizione di dominio, teorica e pratica, dello stato moderno, dobbiamo fare riferimento a tre sviluppi storici che costituiranno i pilastri dello Statismo:
- L’emergere del nazionalismo. Il nazionalismo è stato un fenomeno di natura spirituale e secolare. Chiese nazionali e uomini di Chiesa marcati dall’idea di nazione sono rintracciabili alla base dello Statismo, al pari dei sovrani nazionali e degli eroi nazionali. Infatti, in Francia, il cardinal Richelieu e il cardinal Mazarin hanno svolto un ruolo, nell’attuazione dello Statismo, più importante di molti re e uomini di stato. Come sottolineato da uno storico : “Bene o male che sia, essi [Richelieu e Mazarin] agirono come levatrici per la nascita dello stato moderno.” (Carl J. Friedrich, 1952). È degno di nota, ad esempio, il fatto che il colpo di stato di Napoleone Bonaparte (18 Brumaio 1799) vide il coinvolgimento attivo di Sieyès, membro del Direttorio, Fouché, ministro della Polizia, e Talleyrand, ministro degli Esteri, tutti appartenenti in precedenza al clero. (Hans Küng, 1999). A un certo punto della storia, la religione particolare dello Stato nazionale, prese il posto della religione universale della Chiesa Cattolica (vedi Carlton Hayes, 1926). E a ciò fece seguito l’imposizione di una sovranità nazionale monopolistica a cui fu associata una mono-cultura nazionale identitaria.
- L’avanzata del laicismo. In presenza di una Chiesa che aveva esaurito la sua superiorità culturale ed era sotto attacco da molte parti (Protestanti, Millenaristi, Positivisti), l’Illuminismo fu la scintilla che diede il via ad una fioritura dello spirito critico e mise fine alla egemonia culturale della Chiesa. Tutte le aree del pensiero in cui uomini di Chiesa avevano eccelso furono sottratte alla loro influenza dal momento che, in generale, la Chiesa non promuoveva più il progresso culturale ma difendeva l’oscurantismo stagnante. E una figura come Voltaire, pur educato in un collegio dei Gesuiti, divenne, per reazione, un formidabile critico del soffocamento culturale perpetrato dalla Chiesa.
- L’arrivo dell’industrialismo. La libertà di ricerca personale promossa dall’Illuminismo diede i suoi frutti con una serie di scoperte scientifiche (in fisica, chimica, matematica, ecc.) che prepararono la strada alla introduzione di congegni tecnologici che, a loro volta, resero possibile lo sviluppo e la diffusione delle industrie. Senza l’industrialismo, e il conseguente crescente livello di produttività, lo stato moderno, con il suo vasto apparato burocratico che interviene (controllando e regolando) in ogni settore della vita, non sarebbe potuto esistere.
In breve, il declino culturale della Chiesa, e i successivi eccessi delle
Chiese (Cattolica e Protestante) nella loro lotta per la sopravvivenza
e la prevalenza, rese inevitabile il desiderio di un ambiente culturale
non soffocante. Questa aspirazione, sorretta dalla invenzione della stampa
che rese la circolazione delle idee più rapida e più agevole, portò, tra
le altre cose, all’Illuminismo. L’Illuminismo (con le successive ideologie
del liberalismo e del socialismo) offrì le idee e l’Industrialismo produsse
i mezzi per andare oltre la Chiesa e il Chiesismo e per l’affermazione
dello Stato moderno e dello Statismo.
Lo Statismo, almeno inizialmente, fu una ideologia progressista nella misura
in cui riuscì a:
- Superare il particolarismo. I retaggi del feudalesimo, con molti signori locali che imponevano la loro volontà e le loro esazioni su produttori (contadini, artigiani) e mercanti, furono aboliti quando il governante nazionale prese il sopravvento su un territorio molto vasto ed eliminò molte restrizioni al commercio interno. Per fare solo un esempio, “Sul fiume Reno vi era un posto per la riscossione del dazio ogni 10 miglia, e sulla Loira ogni 5 miglia. Nel 1650 vi erano 58 stazioni per la riscossione del dazio sul fiume Elba.” (Herber Heaton, 1937). Tutto ciò sarebbe alla fine scomparso, ad esempio, nell’Europa Centrale con lo Zollverein (Unione Doganiera) che fu uno dei passaggi più importanti verso la formazione di uno Stato Tedesco e di una Nazione Tedesca.
- Promuovere l’egualitarismo. Lo Stato moderno, nato dalla Rivoluzione Francese, lottò contro i privilegi derivanti dalla nascita e affermò l’uguaglianza di tutti gli esseri umani davanti alla legge dello stato, promulgata e amministrata dallo stato centrale. Questa aspirazione all’uguaglianza giuridica si tradusse poi nel sostenere la sovranità popolare che diede vita alla democrazia rappresentativa. Il diritto di votare e di essere eletti fu progressivamente esteso a tutti i cittadini adulti e rappresentò una delle più importanti cause per la diffusione dello Statismo.
- Favorire il cosmopolitismo. I rappresentanti più progressisti dello stato moderno, ad esempio, i liberali, sostennero il cosmopolitismo e l’abolizione delle barriere alla circolazione delle persone, delle idee e dei prodotti. Tutto ciò rispondeva anche alle esigenze della più avanzata economia di quei tempi, l’economia Inglese, e ad una prospettiva generale di progresso e di amicizia tra i popoli, di cui il trattato di libero commercio, sottoscritto nel 1860 tra la Francia e il Regno Unito, fu un chiaro segnale.
Alcuni di questi aspetti erano già stati promossi in epoche precedenti
(ad esempio, la fratellanza universale sostenuta dagli Stoici) o erano
parte del messaggio della religione spirituale e della condotta della Chiesa,
come ad esempio l’uguale dignità di ogni essere umano senza distinzione
di razza (si veda l’enciclica Sicut Dudum, 1435, di Papa Eugenio
IV contro la schiavitù delle popolazioni nere delle Isole Canarie).
Ad ogni modo, questi principi furono sostenuti dagli esponenti dello statismo
progressista, in una maniera più convincente, almeno da un punto di vista
emotivo, e furono meglio propagandati attraverso la formula liberté,
égalité, fraternité, che divenne la sintesi più popolare delle promesse
della nuova età dello statismo.
Sfortunatamente, non appena il messaggio fu formulato e diffuso dappertutto in Europa, già le prime falle iniziarono ad apparire sotto forma di:
- Nuove restrizioni. Le limitazioni feudali al commercio e all’industria riapparvero, con riferimento adesso ad un’area più vasta sotto il controllo dei governanti nazionali (macro-feudalesimo). Ogni Stato, incluso il Regno Unito in una fase posteriore, iniziò a reintrodurre misure di protezione commerciale e di dirigismo industriale. Oltre a ciò, si misero in atto divieti alla formazione di sindacati e si repressero le agitazioni dei lavoratori. Queste misure erano richieste principalmente da uomini d’affari nazionali che volevano un mercato interno ritagliato sulle loro esigenze e una classe operaia docile, sottomessa ai loro voleri.
- Nuovi privilegi. I privilegi feudali del passato furono sostituiti da nuovi privilegi sotto forma di licenze, brevetti, quote, sovvenzioni, ecc. Non vi era nulla di nuovo in tutto ciò se non il fatto che i privilegi erano adesso indirizzati verso la borghesia commerciale e industriale che aveva fatto fortuna, alleata allo stato nazionale, invece che alla decadente aristocrazia e al clero arretrato, entrambi venuti meno nei favori concessi dal potere statale.
- Nuove oppressioni. Lo stato moderno, nato dalle guerre, le cosiddette guerre di religione, o le guerre di indipendenza, continuò a fare la guerra, all’interno, per imporre la sua propria religione di stato, contro dissidenti politici, minoranze culturali, eretici ideologici, ecc. ed esternamente, contro entità statali deboli o inesistenti, in Africa e in Asia (imperialismo), annettendo territori e sfruttando risorse.
In sostanza, più si consolidava il potere dello stato, più cresceva la sua sicurezza arrogante, e i governanti statali si ritenevano in diritto di imporre a tutti coloro che vivevano all’interno di un certo territorio il loro credo e la loro volontà. Come sottolineato da uno studioso contemporaneo: “In passato era possibile per lo Stato considerare molti aspetti come questioni di spettanza esclusiva di Dio e della Chiesa. Il nuovo Stato non poteva riconoscere tali limiti. Precedentemente le persone vivevano in gruppi. Una persona doveva appartenere ad alcuni gruppi, e poteva appartenere a parecchi gruppi contemporaneamente. Adesso c’era un unico quadro di riferimento per tutte le attività: la nazione.” (J. L. Talmon, 1952).
In questa nazionalizzazione delle masse, i governanti politici furono
assistiti dalla ricca comunità degli affari che sostituiva la Chiesa come
nuova alleata per la promozione e propagazione della nuova religione temporale.
Questa religione secolare presentava quasi le stesse deformazioni e gli
stessi eccessi della religione spirituale quando quest’ultima aveva lo
stesso potere monopolistico di manipolare e obbligare gli individui. Solo
le entità di venerazione e di oppressione erano cambiate. La venerazione
era adesso indirizzata verso tre realtà secolari a cui era attribuita una
essenza materiale sacra. Esse erano:
- L’uomo come super-uomo. La crescita delle conoscenze nelle scienze biologiche e nelle scienze della materia, che si verificò nel corso del 19° secolo, portò alcuni filosofi, come Ludwig Feuerbach, ad innalzare l’umanità come il nuovo Dio e a ridurre al tempo stesso l’essere umano alle sue funzioni vegetali essenziali. Feuerbach formulò la sua nuova concezione attuando una serie di sostituzioni: “al posto della religione e della Chiesa c’è adesso la politica; al posto del cielo la terra, al posto della preghiera il lavoro; al posto dell’inferno la miseria materiale, al posto dei Cristiani, l’uomo.” (in Hans Küng, 1978). Eravamo quindi solo a un passo dall’affermazione che “Dio è morto.” (Friedrich Nietzsche, 1882). Il culto dell’umanità è stato il passaggio verso il culto delle masse che avrebbe caratterizzato la prima metà del 20° secolo.
- La nazione come comunità suprema. L’umanità vista da taluni come il nuovo Dio era, in realtà, composta da individui ridotti ad atomi sociali e poi aggregati a formare masse nazionali. L’unità sociale essenziale, se non unica, divenne la nazione, cioè una collettività che si supponeva unita da legami culturali e materiali comuni (territorio, lingua, costumi, leggi, ecc.). Quando questi legami comuni erano o non esistenti o non univoci, essi erano inventati (ad es. tradizioni e commemorazioni nazionali) o ridotti all’unità attraverso la soppressione dei modi di vita delle minoranze. Una lingua nazionale ufficiale divenne la premessa per una cultura nazionale ufficiale e per leggi nazionali che avrebbero omogeneizzato, disciplinato e controllato la massa di persone che vivevano all’interno di specifici confini territoriali, fissati e controllati dallo stato nazionale.
- Lo stato come società perfetta. Le società civili, ridotte, dall’intervento delle persone al potere, ad essere composte da atomi individuali e masse nazionali, hanno finito per essere dominate da una entità chiamata Lo Stato. Lo Stato moderno è stato il prodotto del pensiero di Rousseau (il “contratto sociale” imposto) e di Hegel (“l’idea etica” imposta). Per l’individuo era imperativo il fatto di conformarsi alla “volontà generale” (Jean-Jacques Rousseau, 1762) che si supponeva prendere forma attraverso le leggi dello stato, come affermato dagli estensori della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino del 1789 : “La legge è l’espressione della volontà generale”. Per questo motivo “lo stato possiede diritti supremi contro l’individuo, il cui dovere supremo è quello di essere membro dello stato” (Friedrich Hegel, 1821). Per Hegel, lo stato è “assolutamente razionale” e “fu all’interno dello stato che la libertà di pensiero e la scienza ebbero la loro origine” (Friedrich Hegel, 1821). Ne conseguiva quindi, per Hegel, che “il sacrificio personale a vantaggio … dello stato … è un dovere universale” (Friedrich Hegel, 1821). Non c’è quindi da stupirsi che Max Stirner abbia scritto, alcuni anni dopo, con intenti di critica sarcastica: “Solo nel nostro essere assieme come Nazione o Stato noi siamo degli esseri umani.” (Max Stirner, 1845).
Tutto ciò, a tempo debito, portò i capi politici, e le masse degli atomi individuali che essi hanno manipolato e dominato, alla:
- Esaltazione dello Stato. Per Hegel “lo stato è la realizzazione dell’idea etica” ed “è solo come uno dei suoi membri che l’individuo stesso ha una individualità oggettiva genuina, e una vita etica.” (Friedrich Hegel, 1821). Nella prima metà del ventesimo secolo queste posizioni teoriche diventeranno realtà attraverso Benito Mussolini e il suo movimento fascista. Come è stato espresso molto chiaramente nella Dottrina del Fascismo “Per il fascismo lo stato è un assoluto, davanti al quale individui e gruppi sono il relativo.” (Benito Mussolini, Enciclopedia Italiana, 1932). E per il filosofo Giovanni Gentile "Antiindividualistica, la concezione fascista è per lo Stato; ed è per l'individuo in quanto esso coincide con lo Stato, coscienza e volontà universale dell'uomo nella sua esistenza storica." (Giovanni Gentile, Enciclopedia Italiana, 1932).
- Espansione dello Stato. Sulla base della filosofia di Hegel, l’economista e uomo politico Adolph Wagner formulò nel 1893 quella che sarà conosciuta come la legge di Wagner della crescita delle spese statali e della sfera statale di intervento. Lo stato era, a quei tempi, presentato da alcuni e visto da molti come il risolutore universale dei problemi. Anche quando la religione spirituale era stata dominante, si supponeva che Dio lasciasse all’individuo una responsabilità abbastanza larga nella gestione della sua vita, come risulta chiaro dalla formula classica del “libero arbitrio” e persino nell’espressione popolare, “aiutati che Dio t’aiuta”. Invece, il governante statale, presentandosi come l’ultimo e il migliore di tutti i filantropi, “vorrebbe essere il motore primo nella vita degli altri. Egli non può ammettere né l’ordine divino né l’ordine naturale, attraverso i quali gli esseri umani hanno il potere di aiutare sé stessi. Il filantropo si pone risolutamente al posto di Dio.” (Isabel Paterson, 1943).
Non tutti si sono lasciati incantare da questo approccio a favore dello stato. Un pensatore come Herbert Spencer rigettò apertamente questa “grande superstizione politica” attraverso la quale lo stato veniva installato al potere con il trucco magico di rimpiazzare il diritto divino dei re con il diritto divino dei parlamenti (Herbert Spencer, 1884). Inoltre, mentre il potere del re non era mai così assoluto come si pretendeva e ogni sovrano era sempre vincolato al rispetto delle leggi di natura date da Dio a tutti gli esseri umani, i Parlamenti potevano produrre le loro proprie leggi positive ed avevano quindi un potere più ampio ed arbitrario. Al punto che, come recita il detto, essendo “vox populi, vox Dei” (la voce del popolo è la voce di Dio), i rappresentanti del popolo erano come i rappresentanti di Dio sulla terra e quindi potevano dettare qualsiasi tipo di legge.
L’assolutismo statale era quindi di ritorno in una maniera ancora più pervasiva e costrittiva del passato. Come sottolineato da un autore moderno:
“Uno stato è assoluto secondo il mio modo di vedere quando si arroga il diritto di monopolizzare l’uso della forza all’interno di una comunità, di fare la guerra e la pace, di arruolare soldati, di tassare, di assegnare ed espropriare proprietà, di definire quello che è un crimine, di punire chi non obbedisce agli ordini, di controllare l’educazione delle persone, di introdurre leggi concernenti la famiglia, di regolare le abitudini degli individui e di censurare le opinioni. Lo Stato moderno si attribuisce tutti questi poteri e, sotto il profilo teorico, non sussiste alcuna differenza concreta nell’ampiezza di questa pretesa tra comunisti, fascisti e fautori della democrazia.” (Walter Lippmann, 1929).
Verso la fine del diciannovesimo e l’inizio del ventesimo secolo, e soprattutto, dopo lo scoppio della Prima Guerra Mondiale (“il suicidio dell’Europa civilizzata” come la definì il Papa Benedetto XV), i governanti e i burocrati statali hanno concentrato nelle loro mani un potere talmente grande che la loro ideologia, lo Statismo, potrebbe essere benissimo qualificata come Stateismo, e ciò la dottrina che predica e impone l’adorazione del Dio Stato.
Max Stirner ha sintetizzato molto bene questo nuovo atteggiamento mentale e comportamentale delle masse:
“L'idea dello Stato penetrò in tutti i cuori e destò l'entusiasmo; servire lui, il nuovo Dio terrestre, divenne un nuovo culto. Sorgeva l'èra politica per eccellenza. Servire lo Stato e la Nazione divenne il più sublime degli ideali, l'interesse dello Stato il supremo interesse, il servizio allo Stato (al quale si può partecipare senza essere impiegati dello Stato), il più grande degli onori.” (Max Stirner, 1845).
Come siamo arrivati a ciò? In altre parole, come è stato possibile rimpiazzare
una religione spirituale, seppure macchiata, nella sua attuazione, da molti
difetti, con una religione secolare che è stata presentata (e imposta)
come una nuova miracolosa risposta ai travagli dell’essere umano?
Possiamo indicare un duplice processo:
- La distruzione della ricchezza temporale e del ruolo spirituale della Chiesa.
- L’appropriazione della ricchezza temporale e del potere culturale della Chiesa.
La distruzione della ricchezza temporale e del ruolo spirituale della
Chiesa
Nel corso del diciannovesimo secolo (prendendo l’avvio dalla Rivoluzione
Francese alla fine del diciottesimo secolo) si posero le fondamenta teoriche
e pratiche dello Statismo. Ma è durante il ventesimo secolo, e più in particolare
dopo la Prima Guerra Mondiale, che lo Stato e la sua ideologia hanno dominato
la vita delle persone. Le conseguenze di questo dominio, come tratteggiato
in precedenza, sono state tragiche per la Chiesa e per la Cristianità.
I casi più noti, durante quel secolo, della distruzione sistematica della
ricchezza temporale e del ruolo spirituale della Chiesa, sono stati:
- in Germania, il Kulturkampf (1871-1891), la lotta culturale combattuta da conservatori e liberali sotto Bismarck, aveva come obiettivo la scomparsa della autonomia della Chiesa Cattolica Romana. “Verso la fine degli anni 1870, quando il Kulturkampf era al suo apice, metà dell’episcopato cattolico prussiano era in carcere o in esilio, un quarto delle parrocchie non aveva un suo sacerdote, e 1800 preti erano o in prigione o fuori del paese. Circa la metà dei monaci e delle monache aveva lasciato la Prussia, e un terzo dei monasteri erano chiusi. Migliaia di laici, osservanti della religione cattolica, furono sottoposti a processo e condannati alla prigione per avere aiutato dei preti a eludere queste nuove leggi punitive.” (Richard J. Helmstadter, 1997).
- In Francia, il periodo tra la fine del 19° e l’inizio del 20° secolo fu caratterizzato da una serie di leggi che miravano a criminalizzare le attività della Chiesa Cattolica e a porla “hors la loi” [fuorilegge] (Jean Sévillia, 2006). Sotto il governo di Emile Combes, a partire dal 1902, l’anticlericalismo divenne, de facto, dottrina di stato. Questo ha portato alla chiusura di quasi 3000 scuole cattoliche (estate 1902) e alla interdizione di più di 400 congregazioni religiose. In seguito, 2500 scuole cattoliche sarebbero state soppresse durante l’estate del 1904 e la proprietà delle congregazioni, dapprima sequestrate (1904) furono poi date alle municipalità (1908). Nel suo insieme, tra il 1901 e il 1904, 30.000 tra monaci e suore furono costretti all’esilio e 14.000 scuole cattoliche furono chiuse. (Jean Sévillia, 2006). Il Papa Pio X non poté fare altro che levare la sua voce contro queste persecuzioni nella sua enciclica Une fois encore (1907).
- Nell’Unione Sovietica, l’ex seminarista Joseph Vissarionovitch Djugachvili (ammissione 1894 - espulsione 1899), meglio conosciuto sotto il nome di Stalin, proseguì nella distruzione della Chiesa ortodossa iniziata sotto Lenin con l’esproprio delle proprietà della Chiesa e la condanna di qualsiasi sentimento e pratica spirituale. “Un decreto del 15 Maggio 1932 annuncia la completa scomparsa di tutte le dottrine, confessioni, comunità e sette religiose.” Nei termini burocratici del decreto “a partire da Maggio 1937 nessuna Chiesa deve esistere nell’intera Unione Sovietica. Dio sarà espulso come un retaggio medioevale dal territorio delle Repubbliche Socialiste dell’Unione Sovietica.” (Adolf Keller, 1936).
- In Italia, la dottrina del Fascismo, come presentata dal filosofo Giovanni Gentile, indicava chiaramente che il Fascismo era una nuova religione: “Il fascismo è una concezione religiosa, in cui l'uomo è veduto nel suo immanente rapporto con una legge superiore [la Legge dello Stato], con una Volontà obiettiva [la Volontà dello Stato] che trascende l'individuo particolare e lo eleva a membro consapevole di una società spirituale [lo Stato come Entità Spirituale]. (Giovanni Gentile, Enciclopedia Italiana, 1932). Questo è il motivo per il quale lo scontro tra le organizzazioni del movimento Fascista e quelle della Chiesa Cattolica (come l’Azione Cattolica) era inevitabile. Per quanto riguarda l’esproprio delle proprietà della Chiesa, questo era già stato compiuto da liberali e radicali all’indomani dell’unificazione.
- In Messico, la legge Calles (Giugno 1926), dal nome del presidente Plutarco Elías Calles che la promosse, restringeva grandemente la sfera di azione del clero. Ad esempio, l’indossare abiti talari in pubblico (cioè al di fuori degli edifici di culto) era sanzionato con una multa pesante di 500 pesos (circa 250 dollari del tempo); un prete che criticava il governo poteva essere rinchiuso in prigione per 5 anni; nessun prete poteva esercitare il suo ministero senza una licenza statale. Per indebolire ulteriormente la resistenza della Chiesa a quella legge, Calles ordinò la confisca delle proprietà della Chiesa, espulse tutti i sacerdoti stranieri, e ordinò la chiusura di monasteri, conventi e scuole religiose. “Una rivolta armata di ‘Cristeros’ (contadini cattolici che furono così chiamati perché si radunavano al grido di ‘Viva Cristo Re!’) scoppiò in parecchie province, ma fu soppressa con una brutalità inaudita.” (Sidney Z. Ehler and John B. Morrall, eds., 1954). Nel 1929 un accomodamento del problema fu trovato tra i governanti dello Stato messicano e le gerarchie della Chiesa Cattolica. A seguito di ciò, come “vendetta su ‘combattenti per la libertà’ cattolici,” “500 capi dei Cristeros e 5000 persone comuni di fede cattolica furono ammazzati nelle loro case, davanti ai loro familiari.” (Brian Van Hove, 1994).
- In Spagna, durante la Guerra Civile, si è attuata una vasta persecuzione dei Cattolici. Secondo una ricerca dello storico cattolico Antonio Montero Moreno, le cifre, accettate anche da altri storici, parlano di 6.832 appartenenti al clero che furono assassinati durante la guerra, di cui 4.184 preti, 2.365 monaci e frati, e 283 suore. (Wikipedia, Persecución religiosa durante la Guerra Civil Española). A queste cifre va aggiunta l’eliminazione fisica di 10.000 membri delle associazioni cattoliche e la distruzione di circa 20.000 chiese, incluse alcune cattedrali con i loro archivi storici.
L’appropriazione della ricchezza temporale e dell’autorità culturale
della Chiesa
Indebolire ed emarginare la Chiesa (o sopprimerla se possibile) è stata
la prima fase della strategia statale. Il passo successivo è consistito
nell’appropriarsi non solo delle sue risorse ma anche della sua autorità
culturale di modo che una nuova religione secolare potesse rimpiazzare
l’antica religione spirituale. Le imitazioni, consapevoli o inconsce, da
parte degli ideologi dello stato, dei simboli e delle forme della religione
spirituale, sono notevoli. Qui possiamo citare solo alcuni casi, senza
scendere troppo nel dettaglio. Abbiamo, ad esempio, le seguenti similarità:
- I poveri della Chiesa Cattolica sono stati sostituiti, nel mondo occidentale, dai proletari; e come i poveri avevano bisogno di assistenza dal clero spirituale, così i proletari necessitavano di una guida da parte di intellettuali e capi partito che hanno assunto il ruolo di un clero laico. Quei capi ispiravano una reverenza che era uguagliata in passato solo da figure altamente spirituali (si veda Roberto Michels, 1925). Ed essi usavano un vocabolario che rammentava pienamente una religione messianica, quando, ad esempio, ad un pamphlet che sosteneva l’uso della violenza, era dato il titolo di Catechismo Rivoluzionario (Sergey Nechayev, 1869). Il fascismo ha addirittura dato vita (1930) ad una Scuola di Mistica Fascista (vedi: Wikipedia) con l’obiettivo di forgiare i futuri sacerdoti del regime. Nelle regioni del mondo cosiddette sottosviluppate, il sacerdote-laico era l’uomo bianco (l’amministratore statale, il magistrato, l’ufficiale dell’esercito, l’economista) con la sua missione civilizzatrice (“il fardello dell’uomo bianco”) che giustificava qualsiasi ingerenza e imposizione sulla vita delle persone (annessione territoriale, sfruttamento delle risorse, introduzione di leggi, ecc.).
- Il clero laico ha preso il posto del personale ecclesiastico in quasi tutte le sfere della vita sociale, nell’istruzione come nell’area dell’assistenza e della cura. L’istituzione dello stato assistenziale (welfare state) è stato il modo per espropriare non solo la Chiesa di una funzione importante svolta durante lunghi secoli, ma anche le comunità volontarie di qualsiasi capacità e volontà di badare in maniera autonoma ai propri bisogni. Persino il prete confessore che assisteva l’essere umano con i suoi problemi morali di peccato e di colpa, è stato rimpiazzato dallo psicanalista e dallo psicologo. Il confessionale, nel quale la persona non vede la faccia del confessore, fu sostituito dal lettino dello psicanalista, dove il paziente chiudeva i suoi occhi e apriva la sua anima al nuovo sacerdote.
- Le crociate del passato che erano promosse dalla Chiesa ma messe in atto entusiasticamente dai governanti secolari, sono state continuate dallo stato per conto suo, addirittura con maggior vigore e brutalità. Il ventesimo secolo è stato il secolo delle crociate ideologiche (comunismo, fascismo) iniziate e condotte dagli stati per imporre il marchio della loro ideologia totalitaria. Recenti crociate sono state organizzate per propagare il dogma della democrazia burocratica totalitaria e del “crony” capitalismo proprio delle conventicole finanziarie.
- La vendita delle indulgenze per la remissione dei peccati, è stata sostituita dalla vendita di promesse spesso illusorie: il voto (potere) in cambio di qualche ricompensa monetaria a spese della collettività. O, la riscossione di una determinata somme di denaro per la cancellazione di alcuni “peccati secolari” commessi da alcuni soggetti statali. I peccati possono essere reali, come nel caso della distruzione di talune risorse naturali; o artificiali (cioè stabiliti dallo stato), come nel caso del mancato trasferimento ai governanti statali di una certa quota del proprio patrimonio. In entrambi i casi, attraverso il pagamento di una ammenda o di una data percentuale della somma pretesa dal potere, il suddito può essere perdonato e assolto.
- Lo stato è riuscito anche a far credere alle persone che può compiere miracoli creando risorse dal nulla. Per fare solo un esempio, miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci impallidisce di fronte alla stampa di denaro in quantità straordinarie e alla crescita del debito statale a livelli mai visti. Ulteriori miracoli sono attesi per far sì che questo fenomeno meraviglioso continui all’infinito.
- La persecuzione delle minoranze è stata totalmente assunta in proprio dallo stato. Come sottolineato da Aldous Huxley, “a partire pressappoco dal settecento fino ai giorni d’oggi, tutte le persecuzioni in occidente sono state persecuzioni secolari e, si potrebbe dire, umanistiche. Per noi, il Male Radicale ha cessato di essere qualcosa di metafisico ed è diventato politico o economico.” (Aldous Huxley, 1952). Ad ogni modo, anche nel lontano passato, la persecuzione delle minoranze, come la messa al rogo delle cosiddette streghe, è stata, nel complesso, un fenomeno di isteria di massa, più che una realtà ispirata direttamente dalla Chiesa. Per questo motivo, è del tutto comprensibile il fatto che essa continuò sotto lo Stato come “caccia alle streghe” contro i cosiddetti sabotatori e dissidenti (nell’Unione Sovietica sotto Stalin) e contro comunisti e anarchici (negli Stati Uniti durante il Maccartismo).
- I santi e i martiri della Madre Chiesa sono stati sostituiti dagli eroi e dai soldati morti per la Madre Patria. Soprattutto dopo la Prima Guerra Mondiale, monumenti e statue che celebravano questi eroi e le loro eroiche gesta sono stati eretti dappertutto in Europa. In Italia c’è persino un Altare della Patria (1911-1925) che, dal 1921, conserva la tomba del Milite Ignoto presso cui è accesa una fiamma eterna. Le somiglianze con l’altare nella chiesa e la luce sempre accesa nel tabernacolo sono troppo forti per essere casuali.
- Le cerimonie, processioni, candele, stendardi, fanno parte di un insieme di forme e simboli ripresi dai movimenti statali, come il fascismo e il nazional socialismo. “Per i Nazisti il sostituto del battesimo era ‘la consacrazione del nome’ che si teneva in una stanza speciale al cui centro era posto un altare.” (George L Mosse, 1975). Le riunioni di massa miravano a ri-creare una atmosfera spirituale intorno al leader secolare (il Duce, il Führer). Denis de Rougemont descrisse con queste parole una cerimonia politica nella Germania nazional socialista: “Mi credevo ad un assembramento di massa, a una qualche manifestazione politica. Ma è il loro culto che essi celebrano! Ed è una liturgia che si dispiega, la grande cerimonia sacrale di una religione a cui non mi sento di appartenere, e che mi schiaccia e mi respinge con una forza ben più grande, anche fisica, di tutti questi corpi orribilmente tesi.” (Denis de Rougemont, 1938). Il modello originario era la Francia rivoluzionaria in cui “le vecchie processioni cattoliche erano sostituite da processioni attraverso le strade di Parigi precedute dalle statue della ‘trinità dei martiri rivoluzionari, Marat, Chalier e Le Peletier.” (Hugh McLeod, 1981).
- La transustanziazione del pane e del vino nel corpo e sangue di Cristo è assimilabile alla (pretesa) trasformazione di individui privati e di affari privati in pubblici ufficiali e pubblici interessi. E questo solo perché un certo numero di persone ha espresso un voto a favore di quelle persone. C’è allora da domandarsi come sia possibile che, assegnando notevoli poteri ad alcune persone (ad es. il potere di tassare e di spendere il denaro altrui), queste persone non siano indotte ad abusare della loro posizione. Se ciò non avviene, possiamo quasi parlare di miracolo. Tuttavia, poiché questo tipo di miracoli riguardanti il comportamento umano non sembra avvenire di solito, dobbiamo prendere in considerazione il fatto che la dose di credulità richiesta dallo Stato alla persona comune è maggiore della fede richiesta dalla Chiesa ai suoi membri. Tutto ciò è divenuto possibile perché, come indicato da uno studioso del diritto: “la mitologia del nostro tempo non è religiosa ma politica. E i suoi miti principali sembrano essere, da una parte, la “rappresentanza” del popolo e, dall’altra, la pretesa carismatica dei leader politici di essere in possesso della verità e di agire sulla base di conseguenza.” (Bruno Leoni, 1961).
- Le preghiere sono anche un punto fermo della religione secolare, a partire dalla scuola materna, per instillarne l’abitudine: “Händchen falten, Köpfchen senken, still an Adolf Hitler denken.” [Congiungi le manine, inclina la testolina, e pensa in silenzio ad Adolf Hitler]. Ma non solo la consuetudine alla preghiera è copiata dalla religione cattolica; anche le parole, come nella preghiera che circolava tra gruppi di ragazze e ragazzi della gioventù Hitleriana: “Adolf Hitler, du bist unser grosser Führer, Dein Name macht die Feinde erzittern, Dein Drittes Reich komme, Dein Will sei allein Gesetz auf Erden. Lass uns täglich deine Stimme hören, und befehle uns durch deine Führer. Denen wir gehorchen wollen unter Einsatz Unseres eigenen Lebens. Das geloben wir. Heil Hitler.” [Adolf Hitler, tu sei il nostro grande condottiero, il tuo nome fa tremare i nemici, venga il tuo terzo Regno, la tua volontà sia unica legge in terra, facci sentire ogni giorno la tua voce, e comandaci per mezzo dei tuoi capi, ai quali obbediremo a costo della nostra propria vita. Questo ti promettiamo! Hitler Salvatore]. E prima dei pasti questa era la preghiera recitata: “Führer, mein Führer, von Gott mir gegeben, Beschütz und erhalte noch lange mein Leben. Hast Deutschland gerettet aus tiefster Not. Dir danke ich heute mein täglich Brot. Bleib lang noch bei mir, verlass mich nicht. Führer, mein Führer, mein Glaube, mein Licht.” [Führer. Mio Führer, mandatomi da Dio, proteggi e conserva la mia vita a lungo. Hai salvato la Germania dall’estremo bisogno. Ti ringrazio oggi per il mio pane quotidiano. Resta ancora a lungo con me, non abbandonarmi. Führer, mio Führer, mio Credo, mia Luce].
- La Chiesa come comunità (ecclesia) è stata sostituita dalla società in quanto Stato, attraverso un processo di secolarizzazione della società civile e di sacralizzazione del potere statale (Carlo Lottieri, 2011). La Trinità del Padre, Figlio e Spirito Santo sono diventati adesso i tre bracci del potere statale, Legislativo, Esecutivo, Giudiziario, tutti al lavoro, con le migliori delle intenzioni, per generare l’armonia sulla terra attraverso la produzione, attuazione e supervisione di leggi. Il riconoscimento dell’esistenza di leggi naturali e la lenta formazione di norme di civiltà che emergono dalle relazioni tra gli esseri umani sono realtà del passato. Adesso il nuovo Dio, lo Stato Nazione, crea e impone le sue leggi positive a tutti. Infatti, “con il rigetto della Chiesa e della giustizia trascendente, lo Stato rimaneva la sola fonte e sanzione della moralità.” (J. L. Talmon, 1952). Durante il ventesimo secolo tutte le norme etiche sono state norme statali sotto forma di leggi che difendevano e imponevano un certo tipo di moralità. Un esempio di ciò sono le leggi contro il consumo di alcolici, contro l’assunzione di certe sostanze, contro determinati comportamenti sessuali anche tra adulti consenzienti.
In sostanza, lo Stato come Creatore e Regolatore di ogni cosa (leggi,
strade, scuole, ospedali, sicurezza, servizi pubblici, moralità, relazioni,
costumi, abitudini, civiltà) era inteso come l’unica fonte e punto di riferimento.
Paradossalmente, intellettuali statalisti, che non credevano assolutamente
nel creazionismo divino, hanno generato, attraverso la distorsione artificiosa
del passato, e accettato ciecamente il creazionismo statale. Il creazionismo,
in riferimento al cosmo (che si suppone creato da un Dio benevolo), ha
almeno la giustificazione che in realtà noi non sappiamo come è sorto l’universo.
E il Big Bang potrebbe essere visto solo come una variazione secolare impersonale
del Big Master (Dio Onnipotente). Invece il creazionismo statale è un tentativo
disonesto di deformare la storia e ignorare il fatto che lo stato è l’istituzione
che si è appropriata di tutto e che non ha generato praticamente nulla.
Solo gli esseri umani, singolarmente o in comunità, hanno inventato e prodotto
ogni cosa in passato, e stanno ancora inventando e producendo ogni cosa
nel presente, contro tutte le difficoltà, create ad arte, dai governati
statali. Quindi, quello che è stato ed è davanti agli occhi di tutti nel
corso della storia, non è il creazionismo statale ma l’evoluzionismo (spontaneo)
degli individui e delle comunità.
Copiando e rimpiazzando lo spirituale con il secolare, i governanti statali sono riusciti a fare a meno della Chiesa come l’entità spirituale che giustificava e sosteneva il loro potere secolare. Per cui, “la Chiesa come veicolo secolare della Divinità è stata sostituita dalla Patria come strumento per la diffusione del nuovo Vangelo dei Diritti dell’Uomo.” (Arthur Koestler, 1945).
Dai tempi della Rivoluzione Francese, quando “trecento preti celebravano davanti all’altare della nazione eretto nel Campo di Marte (1790), indossando la striscia tricolore sui loro abiti talari e invocando la benedizione di Dio sulla Rivoluzione” (Wikipedia, Civil Constitution of the Clergy), siamo adesso arrivati al punto in cui il laicato può fare del tutto a meno dei preti di una Chiesa nazionale. Ed “è certamente vero che nel corso degli ultimi secoli vi è stato un trasferimento al governo di una parte considerevole della devozione che una volta costituiva il sostegno delle chiese.” (Walter Lippmann, 1929). I governanti nazionali sono diventati i supremi sacerdoti e la loro ideologia religiosa, basata su laicismo, patriottismo, sciovinismo, ha potuto reggersi sulle sue proprie fondamenta.
E tuttavia, è proprio nel momento in cui lo Statismo come Stateismo ha raggiunto il suo apogeo, che il bisogno, l’aspirazione e la possibilità di andare oltre lo Statismo incominciano ad apparire. È quindi necessario adesso concludere questa rassegna mostrando come è stato possibile, in passato, andare oltre il Chiesismo (e ciò ha rigenerato la comunità dei fedeli e il loro messaggio spirituale) e perché è ora appropriato e opportuno andare oltre lo Statismo (e come questo potrebbe rigenerare le società umane e le loro organizzazioni civili).
Oltre il Chiesismo e lo Statismo (^)
Sembra intrinseco alla natura dell’essere umano il desiderio di unirsi
- con una entità superiore (Dio o una figura divina)
- con entità similari (altri esseri umani).
Ecco perché religioni (re-ligo = congiungere) spirituali e secolari
saranno sempre presenti tra di noi. L’intenzione, proclamata da alcuni,
di abolire la religione, ha mascherato sempre l’intento, inconscio o ingannevole,
di imporre una diversa religione.
In realtà, il termine religione nel suo significato comune (associato alla
spiritualità individuale e ai riti della Chiesa) è una invenzione relativamente
moderna, collegata all’emergere dello stato laico. Nell’antica Roma, il
termine “religione era del tutto indifferente alla dottrina teologica ed
era principalmente riferito ai costumi e alle tradizioni che costituivano
il collante per l’ordine sociale Romano.” (S. N. Balagangadhara in William
T. Cavanaugh. 2009). In altre parole, il termine “religione” indicava un
complesso di idee e di pratiche su cui si basava l’associarsi delle persone.
Una volta chiarificato il fatto della inevitabile persistenza della religione (spirituale e secolare) come risposta ad una esigenza umana fondamentale, è necessario focalizzare l’attenzione sulle due principali organizzazioni che hanno strutturato e amministrato quel bisogno:
- la Chiesa: l’autorità spirituale
- lo Stato: il potere secolare.
Per fare ciò dobbiamo concentrarci sulle rispettive concezioni ideologiche,
vale a dire il Chiesismo e lo Statismo, che hanno fornito le sistematizzazioni
e giustificazioni teoriche al dominio della Chiesa e dello Stato.
Lo scopo è quello di vedere se l’inevitabile presenza della religione è
necessariamente legata alla presenza del Chiesismo e/o dello Statismo.
Per fare ciò, passiamo di nuovo brevemente in rassegna alcuni punti e fatti
già presentati.
Come precedentemente tratteggiato, la religione cristiana si sviluppò in mezzo alle persecuzioni, e il suo maggior diffusore (San Paolo) era, all’inizio, uno dei suoi persecutori. In seguito, l’attrazione esercitata dalla concezione cristiana portò i governanti imperiali a prendere in considerazione e ad accettare che essa potesse essere un mezzo di unione e di rinnovato supporto per il potere. Da quel momento in poi, i governanti secolari, non avendo ancora elaborato le ragioni sociali, aggiornate ai tempi, del loro diritto a comandare, fecero affidamento alla religione spirituale e alla sua organizzazione terrena, la Chiesa, perché ne fornisse una. E la Chiesa, diventando una realtà riconosciuta di questo mondo, accettò i governanti secolari come suoi protettori e difensori.
Questo supporto reciproco, pur in presenza di inevitabili scontri, durò
molto a lungo in quanto esso rispondeva, come già detto, a esigenze reciproche:
la Chiesa aveva bisogno di un potere secolare che la proteggesse, e l’Impero
aveva bisogno di un potere spirituale che lo giustificasse.
Va comunque aggiunto che, nel corso dei secoli, le religioni spirituali
e secolari sono state concezioni e pratiche che andavano ben oltre i loro
più visibili rappresentanti: la Chiesa e l’Impero (in epoca posteriore,
lo Stato). Esse trovarono espressione, ad esempio, nei numerosi ordini
monastici e nei gruppi di devoti cristiani, come i fraticelli, che si unirono
a San Francesco nella sua vita quotidiana e nella sua predicazione. Ed
anche nel mondo secolare, troviamo molte realtà urbane e rurali a cui diedero
vita artigiani e mercanti che sarebbero stati i protagonisti di futuri
sviluppi.
Accadde poi che gli attriti sempre più ricorrenti tra la Chiesa e l’Impero fecero apparire entrambi detestabili e accrebbero la loro debolezza. A tempo debito, un rimescolamento avrebbe avuto luogo, a seguito del quale la Chiesa sarebbe uscita divisa e l’Impero sarebbe praticamente scomparso. Gli Stati emersero, alla fine, come poteri locali più forti rispetto all’Impero. Essi ebbero la meglio anche nei confronti della Chiesa. Ciò accadde perché la Chiesa:
- era priva del potere materiale di cui godeva lo Stato;
- aveva perso la superiorità culturale nei confronti dello Stato.
Lo scisma protestante e le cosiddette guerre di religione diedero alla Chiesa, già toccata da un processo di decadenza morale e incapace di riformarsi, un colpo durissimo, a seguito del quale il suo prestigio e la sua influenza furono gravemente scossi.
Gli eventi storici avrebbero potuto imboccare un cammino differente se
la gerarchia della Chiesa Cattolica Romana fosse stata capace di riformarsi
invece di persistere nei peggiori vizi di un governante temporale, pur
pretendendo di essere una autorità spirituale. In altre parole, se essa
fosse stata disposta e capace di esprimere tolleranza e umanità invece
di intolleranza e Chiesismo (potere monopolistico assoluto).
Una voce possente che indicava un cammino più appropriato per la Chiesa
fu quella di Erasmo da Rotterdam (1466-1536). Erasmo era un campione del
libero arbitrio e un forte sostenitore di quella che sarà chiamata la tolleranza
religiosa. Sfortunatamente, la direzione presa dai protagonisti di quella
fase storica fu, da una parte cercare di salvare il Chiesismo mettendosi
nelle mani dell’Imperatore (la Casa d’Asburgo); e dall’altra, piantare
i semi dello Statismo attraverso la Riforma Protestante che affidò ai principi
secolari la sopravvivenza e lo sviluppo della Chiesa riformata.
A partire da quel momento, il Papa è stato spesso in balia di potenti governanti. Per riferirci solo a un caso, i governanti di molti paesi che pur facevano parte del mondo Cattolico (Brasile, Portogallo, Francia, Spagna) riuscirono a espellere i Gesuiti (1750-1773) e addirittura forzarono il Papa (Clemente XIV) a sopprimere (1773) la Compagnia di Gesù vista come un centro di potere e di influenza culturale ed economica, e quindi un concorrente per essi indesiderato. “Ogni attività dei Gesuiti – le loro vaste missioni, i loro nobili collegi, le loro chiese – tutto è sottratto loro e distrutto. Essi sono scacciati, e il loro ordine soppresso, con dure parole di denuncia anche da parte del Papa.” (Catholic Enciclopedia, The Suppression of the Jesuits).
Dopo lo scisma protestante, la religione spirituale fu usata, in maniera
crescente, dai poteri secolari solo come pretesto per le guerre di supremazia
degli stati.
Come è stato indicato in precedenza, “il grosso delle guerre di religione
concerneva Cattolici che uccidevano Cattolici, Luterani che uccidevano
Luterani, e l'esistenza di una collaborazione tra Cattolici e Protestanti.
Per citare solo un esempio: il Cardinal Richelieu e la Cattolica Francia
intervennero nella Guerra dei Trenta Anni dalla parte della Svezia Luterana,
e la parte finale della Guerra fu essenzialmente una lotta tra gli Asburgo
e i Borboni, le due grandi dinastie cattoliche d’Europa.” (William T. Cavanaugh,
2009). Per cui chiamarle “guerre di religione”, nel senso che avevano origine
da profonde differenze di religione spirituale, è un errore di denominazione,
per non dire di più.
L’autorità della Chiesa, infranta dallo scisma protestante e dal rigetto a seguito delle devastazioni causate dalle cosiddette “guerre di religione”, ricevette un ulteriore colpo quando la Chiesa, per salvare quello che rimaneva del suo potere, si mise sulla difensiva, contrastando e opponendo tutto ciò che sapesse di nuovo e di moderno. Quindi, quando arrivò la Restaurazione, dopo gli eccessi della Rivoluzione Francese e delle guerre Napoleoniche, le gerarchie ecclesiastiche erano convinte che, schierandosi dalla parte delle monarchie reazionarie d’Europa, sotto la supervisione diplomatica del conte Metternich, avrebbero potuto restaurare l’antico potere e prestigio della Chiesa.
In realtà, l’opposizione o la scarsa attenzione nei confronti di nuove
idee e nuovi fenomeni, sanzionarono un ulteriore declino culturale della
Chiesa, e con esso anche la fine definitiva del Chiesismo.
Dopo Erasmo, alcune voci che si levarono a favore della tolleranza e del
progresso erano già emerse al di fuori della Chiesa, ed esse erano anche
altamente critiche della Chiesa (Locke, Voltaire). Inoltre, il clima culturale
generale si stava volgendo contro la Chiesa e la religione spirituale che
erano fatte apparire come la sorgente di ogni atrocità e irrazionalità.
Molti settori legati allo Stato, erano attivamente impegnati a promuovere
una nuova visione, laica e anti-cattolica. La propaganda contro la Chiesa
Cattolica e la religione spirituale era, infatti, vista come un punto di
passaggio necessario per il successo della ideologia dello Statismo.
Attraverso questa propaganda:
- La Chiesa Cattolica era presentata come una organizzazione criminale, la sola responsabile nel corso della storia, di guerre, uccisioni, torture e altro ancora. Un caso famoso è quello della Leggenda Nera attraverso la quale storici di parte e dicerie popolari riuscirono, tra le altre cose, a presentare l’Inquisizione Spagnola non come un caso, tra molti altri, di repressione delle minoranze e di confisca dei loro beni a vantaggio dello Stato, ma come il Male Assoluto causato dalla religione e dal potere della Chiesa. Una visione più equilibrata avrebbe tenuto conto del fatto che “l’inquisizione era in tutti i casi uno strumento della politica del sovrano e rimase politicamente soggetta alla corona” (Henry Kamen, 1997); e che il numero di persone condannate a morte dall’Inquisizione Spagnola nel corso di oltre tre secoli ammonta, secondo alcuni storici, tra i 3000 e i 6000 individui. Questa è una cifra di gran lunga inferiore alle 17.000 persone condannate a morte dai tribunali della Francia rivoluzionaria nello spazio di due anni (1793-1794) e le oltre 120.000 persone che furono sterminate durante la repressione della Vandea (1793-1796). Chiaramente, ciò non giustifica le uccisioni perpetrate sotto l’Inquisizione che, anche se minori di numero, “sono del tutto imperdonabili”, come ribadito da uno studioso cattolico (Catholic Bridge, Catholic Inquisition). Ma qualificarle come male assoluto, peggio di qualsiasi atto mai commesso nella storia, appare come una distorsione della realtà.
- La religione spirituale era presentata come la sorgente concettuale e l’istigatrice effettiva di qualsiasi azione violenta e intollerante. Si equiparava la religione spirituale ad una credenza irrazionale e oscurantista; per questo motivo, tutto ciò che vi era di male e di odioso era ritenuto provenire da essa. Alcune vedute oscurantiste della Chiesa nel corso della sua storia potrebbero giustificare questo atteggiamento. Tuttavia, è necessario sottolineare il fatto che, in pratica tutti gli atti violenti, commessi da gruppi nel corso della storia, sono posti in essere perché certi pregiudizi e certi odi sono condivisi dalla massa della popolazione e non solo da una istituzione specifica. Questo è quasi sempre il caso quando si tratta di minoranze perseguitate, coloro, ad esempio, che la popolazione locale chiama devianti o stranieri. Un esempio classico fu rappresentato dalla caccia alle streghe nel passato. A questo riguardo, è degno di nota sottolineare il fatto che il famoso e famigerato testo, Malleus Maleficarum, contro le streghe, che circolava dappertutto in Europa, fu bandito dalla Chiesa nel 1490, appena tre anni dopo la sua pubblicazione. In sostanza, i membri della Chiesa sono stati spesso più illuminati della massa della popolazione.
In ogni caso, con la soppressione del potere temporale della Chiesa e il discredito in cui cadde l’ideologia che ne giustificava il pieno dominio, vale a dire il Chiesismo, il tempo era propizio per:
- una ripresa della Chiesa come ecclesia, vale a dire come comunità volontaria di fedeli;
- una sostituzione del Chiesismo con la concezione originaria universale di una religione spirituale liberamente scelta e professata dai fedeli.
Per cui, all’inizio del ventesimo secolo, eravamo già andati otre il Chiesismo in quanto la tolleranza delle varie religioni spirituali era accettata universalmente e praticata di fatto in Europa e altrove. Tuttavia, conflitti e guerre non scomparvero ma addirittura si intensificarono e si ampliarono su una scala mai vista prima. Questo indica chiaramente che il Chiesismo era solo parte del problema e che qualcosa di più e di profondamente diverso va attuato.
Il secondo passo da intraprendere è allora quello di andare oltre la
religione secolare totalitaria che l’entità che ha sostituito la Chiesa
come potere assoluto, e cioè lo Stato territoriale, ha voluto e tuttora
vuole imporre a tutti.
Questa religione secolare si chiama Statismo.
Abbiamo già visto che, da tempo immemorabile, lo stato ha intrattenuto legami con la religione, come sottolineato da Fustel de Coulanges:
“L’État était étroitement lié à la religion; il venait d’elle et se confondait avec elle. C’est pour cela que dans la cité primitive toutes les institutions politiques avaient été des institutions religieuses.” [Lo Stato era strettamente legato alla religione; nasceva dalla religione e si confondeva con essa. È per questo che, nella città primitiva, tutte le istituzioni politiche erano state in precedenza istituzioni religiose.] (Fustel de Coulanges, 1864)
E anche in seguito, questo collegamento e mescolamento, è rimasto. Per cui, se esaminiamo a fondo qualsiasi misfatto commesso o attribuito alla Chiesa nel passato, troviamo quasi sempre lo stato come iniziatore, complice, o esecutore.
Ad esempio, noi tutti rabbrividiamo al solo pensiero di Giordano Bruno
bruciato al rogo e di Giulio Cesare Vanini a cui fu tagliata la lingua
per avere bestemmiato contro Dio, ma pochi arrivano a riflettere sul fatto
che Giordano Bruno venne consegnato all’Inquisizione Romana dagli illustrissimi
signori della Repubblica di Venezia e Giulio Cesare Vanini fu torturato
e bruciato su ordine del parlamento di Tolosa. E si potrebbe continuare
con streghe e preti (come Urbain Grandier) bruciati al rogo (sempre ad
opera del braccio secolare), apparentemente per motivi di religione spirituale,
per poi scoprire il potente di turno a cui faceva comodo utilizzare la
credulità popolare per eliminare nemici o persone scomode (si veda: Aldous
Huxley, 1952).
In altre parole, la Chiesa da sola, era, in generale, del tutto impotente
a mettere in atto una qualsiasi misura repressiva.
Per cui, per molti secoli, lo Stato, rimanendo spesso sullo sfondo, ha utilizzato la Chiesa ed è stato a sua volta utilizzato da essa in quella che successivamente sarà chiamata l’alleanza tra trono e altare. In seguito, durante il ventesimo secolo, lo Stato ha svolto il ruolo di unico potere dominante, avendo messo in atto un apparato composto esclusivamente da laici (la burocrazia statale) e avendo elaborato o assorbito concezioni culturali (liberalismo di stato, socialismo di stato) nelle quali le religioni spirituali e persino Dio erano stati messi da parte in quanto strumenti non più utili al potere statale.
Possiamo far partire lo spiegamento del dominio pieno ed esclusivo dello Stato e dello Statismo dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale.
“Prima della guerra era quasi possibile, nei paesi europei veramente democratici, che un essere umano autonomo ignorasse lo Stato e conducesse la sua propria vita.” (Adolf Keller, 1936).
O, nelle parole dello storico A.J.P. Taylor :
“Fino all'Agosto del 1914 un cittadino inglese giudizioso e rispettoso della legge poteva trascorrere la sua esistenza quasi senza rendersi conto dell'esistenza dello stato, a parte la presenza dell'ufficio postale e del poliziotto. Egli poteva vivere dove e come volesse. Non aveva nessun numero di riconoscimento né carta di identità. Poteva viaggiare all'estero o lasciare per sempre il suo paese senza un passaporto o qualsiasi tipo di autorizzazione di alcun genere. Poteva cambiare il suo denaro in qualsiasi altra moneta senza restrizioni né limiti. Poteva acquistare merci provenienti da qualsiasi altro paese del mondo alle stesse condizioni dei beni prodotti nel proprio paese. A questo riguardo, uno straniero poteva passare tutta la sua vita in questo paese senza dover richiedere alcun permesso e senza dover informare la polizia.” (A.J.P. Taylor, 1965).
Tutto cambiò a partire da quella fatidica estate del 1914. Se corrisponde al vero l’affermazione che “lo stato fa la guerra e la guerra fa lo stato” come nella spesso citata formulazione dello storico Charles Tilly (1985), è appropriato dire che la Prima Guerra Mondiale è stata LA GUERRA che ha alla fine prodotto LO STATO Onnipotente, Padre, Padrone, Padreterno. E mentre in passato i governanti statali avevano bisogno di coprire la loro sete di potere e di ricchezza che li spingeva alla guerra, con il mantello della difesa dei principi della religione spirituale, nel corso del ventesimo secolo essi hanno continuato a promuovere la guerra facendo riferimento ad altri “principi” che sono stati confezionati e ordinati sotto forma di religioni secolari (la nazione, la patria, il popolo, la democrazia, ecc.).
L’ingenua aspettativa che, con la fine del dominio della Chiesa e del Chiesismo, la violenza e l’oscurantismo sarebbero scomparsi per lasciare il posto a relazioni sociali armoniose guidate dalla ragione, è stata del tutto disattesa durante il secolo ventesimo, il secolo delle “ideologie assassine” (Robert Conquest, 1999) e dei piani di sterminio totale.
Per di più, ora tutto sembrava permesso sotto il pretesto di realizzare il paradiso sulla terra, o almeno, quel tipo di paradiso che era nella mente dei governanti statali. Ciò era reso possibile anche dal fatto che lo Stato adesso poteva ignorare del tutto i limiti imposti da una religione spirituale che, per quanto malamente realizzata e spesso disattesa anche dalla Chiesa, faceva pur sempre riferimento alla esistenza di leggi naturali inviolabili. Per fare un esempio, alcuni settori della Chiesa Cattolica accettarono e addirittura promossero taluni cattivi comportamenti nei confronti degli Ebrei come punizione per l’uccisione di Gesù, anche se il Papa Callisto II promulgò, intorno all’anno 1120, una Bolla generale di Protezione degli Ebrei (Sicut Judaeis) e la “formulazione di Callisto venne riaffermata dalla maggior parte dei Papi dal dodicesimo al quindicesimo secolo.” (Jewish Virtual Library). Ma alcuni stati hanno espressamente approvato leggi per la discriminazione e persecuzione degli Ebrei e hanno messo in essere piani per il loro sterminio (la “soluzione finale”). E lo stesso è avvenuto nei confronti di altre minoranze (religiose, etniche, politiche).
È un dato di fatto che le religioni secolari del ventesimo secolo (fascismo, nazionalsocialismo, comunismo, maoismo, ecc.) hanno condotto persecuzioni di “eretici” e praticato genocidi che non hanno alcun parallelo con qualsiasi religione spirituale del passato. Lo Stato è risultato essere molto più pericoloso e omicida di qualsiasi Chiesa perché è riuscito a combinare, in quanto padrone esclusivo e totalitario, il potere di manipolazione della mente con il potere di costrizione del corpo.
Secondo il Professor R. J. Rummel, “se sommiamo il costo in termini di vite umane della guerra e degli stermini, il Potere ha ucciso più di 203 milioni di persone durante il ventesimo secolo.” Questa cifra è stata poi rivista al rialzo arrivando a 262 milioni di persone uccise dal potere statale. (R. J. Rummel, Twentieth Century Democide). Altre stime sul numero di persone che sono morte a seguito delle guerre, dei massacri, uccisioni e oppressioni del ventesimo secolo, variano da 167 a 226 milioni di esseri umani (si veda: Necrometrics). In ogni caso, cifre molto più elevate in confronto a tutti i secoli precedenti messi assieme (133 milioni di morti) (R. J. Rummel, Pre-Twentieth Century Democide).
Questo è dovuto non solo al perfezionamento degli strumenti per lo sterminio di massa, ma anche alla nascita e alla diffusione di ideologie assassine che i governanti statali hanno cercato di imporre a milioni di persone e che, a loro volta, milioni di persone hanno cercato di imporre a minoranze e a dissidenti (coloro che la pensavano in maniera diversa dal potere dominante).
Durante il periodo del loro pieno potere (20° secolo) i governanti statali e l’apparato statale hanno mostrato non solo una furia omicida ma anche un elevato livello di oscurantismo. Essi hanno commesso crimini spaventosi contro esseri umani persino nelle regioni del mondo che si supponeva fossero le più avanzate (si veda : Unethical human experimentation in the United States) con il pretesto della sperimentazione scientifica (compiuta su Ebrei, Neri, minoranze etniche). Essi hanno bloccato lo sviluppo della scienza quando si scontrava con le loro premesse ideologiche (come nel famoso affare Lysenko nell’Unione Sovietica). Inoltre, essi ritenevano l’organizzazione sociale basata sullo Stato come l’ultima e la definitiva forma di organizzazione sociale, e per questo hanno tentato e ancora tentano in tutti i modi di arrestare qualsiasi possibile alternativa che vada al di là della sovranità territoriale degli stati già esistenti e delle loro organizzazioni internazionali.
E tuttavia, gli stati territoriali e l’ideologia dello Statismo, essendo
fenomeni umani, come tutti i fenomeni, passano attraverso un processo di
nascita, ascesa, decadenza, a meno che non vi sia una continua rigenerazione
che trasformi quei fenomeni e li metta in sintonia con i tempi.
La parabola dello Statismo può essere punteggiata dalle seguenti date:
- 1789: distruzione delle mura della Bastiglia, la prigione di Parigi, e inizio della Rivoluzione Francese;
- 1870: distruzione delle mura di Porta Pia a Roma e soppressione finale di qualsiasi traccia del potere temporale dei Papi;
- 1989: distruzione del muro di Berlino e fine dell’illusione che lo stato è una entità superiore che può creare il paradiso sulla terra.
Quindi, dopo la fine del potere temporale della Chiesa e del Chiesismo
imposto a tutti, adesso è il tempo di andare oltre lo Stato come potere
territoriale e oltre lo Statismo come ideologia imposta a tutti.
Questo non significa la fine delle religioni (spirituali o secolari) intese
come concezioni e pratiche che uniscono (re-ligo) le persone.
L’affermazione che “le religioni governano il mondo” (Giuseppe Mazzini,
1860) è molto probabilmente corretta se applicata al passato, al presente
e anche al futuro. Anche un pensatore molto concreto come Herbert Spencer
sottolineò il fatto che “a religious system is a normal and essential factor
in every evolving society.” [un sistema religioso è un fattore normale
ed essenziale in ogni società in evoluzione.] (Herbert Spencer, 1896).
E tuttavia, quello a cui stiamo assistendo, con ogni probabilità, è la
fine di qualsiasi entità che si presenti come autorizzata a imporre la
sua volontà su tutte le persone che vivono all’interno di un certo territorio
e di una qualsiasi ideologia che sostiene questa pretesa.
Le Chiese, come ecclesia (comunità) e gli Stati come status (situazioni
sociali strutturate) rimarranno ma saranno totalmente trasformati, se questo
non è già avvenuto (come è stato il caso della Chiesa nel mondo occidentale).
La trasformazione della Chiesa negli ultimi secoli è un caso molto istruttivo
riguardo al cammino che dovrebbe essere preso.
In tutti i casi in cui la Chiesa agiva come un potere politico territoriale
o si basava su premesse di politica territoriale, le conseguenze sono state
disastrose per le persone coinvolte, sotto l’aspetto fisico e morale. Questo
sanguinoso passato è raffigurato molto lucidamente in questa descrizione:
“Non vi rammentate forse del tempo in cui ci si sgozzava l'un l'altro per la religione più di quanto non ci si sia mai sgozzati per questioni politiche? Allorché il divino creatore degli esseri era il Dio degli eserciti, il Dio vendicatore e senza pietà, nel cui nome il sangue colava a fiotti? Gli esseri umani di tutte le epoche si sono compiaciuti di prendere in mano la causa di Dio e di farlo complice delle loro passioni sanguinarie.”
“Il tempo in cui si urlava: ‘Massacrateli tutti! Dio riconoscerà i suoi adepti!’.” (Paul-Emile de Puydt, 1860)
E poi qualcosa accadde. Dopo così tanti eccidi e spargimenti di sangue,
le persone furono quasi costrette a riconoscere che tutti potevano vivere
in pace, l’uno accanto all’altro, anche professando fedi differenti.
Di nuovo, nelle parole di de Puydt:
“Che ne è di quell'odio implacabile? Il progresso dello spirito umano lo ha spazzato via come fa il vento d'autunno con le foglie morte. Le religioni, nel cui nome si approntavano un tempo i roghi e gli strumenti di tortura, convivono tranquillamente una accanto all'altra, sotto le stesse leggi, sovvenzionate dalla stessa fonte, e se ogni setta predica sempre la propria superiorità, è già tanto se essa maledice ancora la setta rivale.” (Paul-Emile de Puydt, 1860).
Per cui, quello che è stato realizzato nella sfera della religione della Chiesa, dopo così tante guerre disastrose (come la Guerra dei Trenta Anni) e persecuzioni abominevoli (come quella contro i Catari), può benissimo essere realizzato nella sfera della religione di Stato, dopo i Trenta Anni della Guerra Mondiale (1914-1945) e le innumerevoli persecuzioni di minoranze e dissidenti.
“Ebbene, ciò che è divenuto possibile nei recinti oscuri e insondabili della coscienza, … non lo sarebbe a maggior ragione nel campo della politica, dove tutto dovrebbe essere chiaro, dove l'obiettivo si esprime attraverso una frase, dove la scienza si chiarisce in quattro parole?” (Paul-Emile de Puydt, 1860).
E tuttavia, per fare sì che ciò avvenga, dobbiamo andare oltre un paradigma mentale e una pratica materiale basati su:
- Dicotomismo. Le concezioni del Chiesimo in passato e dello Statismo nel presente sono basate su polarità esclusive: Noi e Loro. Noi, gli esponenti della corretta dottrina (ortodossia) e loro gli eretici, gli infedeli, i dissidenti, in una parola, tutti coloro che devono essere convertiti a forza o schiacciati senza pietà, per evitare che diffondano dappertutto il loro messaggio e le loro pratiche sciagurate. Il dicotomismo è solo lo stadio iniziale, il punto di partenza teorico per la promozione dell’antagonismo, cioè la individuazione e promozione del nemico.
- Antagonismo. Il filosofo e giurista Carl Schmitt dichiarò espressamente che “la distinzione specifica della politica, a cui si possono far risalire gli atti e le motivazioni politiche, è la discriminazione tra amico e nemico.” (Carl Schmitt, 1932 ). L’antagonismo politico può di sovente arrivare al punto in cui la guerra è ritenuta assolutamente necessaria per difendere i propri amici e distruggere i propri nemici, essendo la guerra una mera continuazione della politica. Nelle parole di von Clausewitz: “La guerra non è solamente un atto politico, ma anche uno strumento concreto della politica, una continuazione dell’interazione politica, una attuazione dello stesso fine attraverso altri mezzi.” (Carl von Clausewitz, 1918). E se i nemici, per una qualsiasi ragione, vengono meno, ad esempio quando le ideologie secolari e la politica diventano meno importanti nella mente e nella vita delle persone, allora possono essere inventati con accorgimenti politici artificiosi.
- Monopolismo. L’imposizione di questo dualismo che tende allo scontro (dicotomismo + antagonismo) è reso possibile dal controllo monopolistico che lo Stato è riuscito a esercitare su tutte le persone che vivono all’interno di un certo territorio. Questo monopolio è chiamato territorialismo o sovranità territoriale statale. Come indicato in precedenza, se in passato vigeva la formula "nulla salus extra ecclesiam" per cui coloro che si ponevano al di fuori o addirittura contro la Chiesa erano considerati quasi come dei non-esseri umani (cristiano era diventato sinonimo di persona), adesso la formula è che “non vi è sicurezza al di fuori dello stato” di modo che una persona senza stato (come gli Ebrei in passato) diventa una non-entità e come tale può essere fatta a pezzi. Il territorialismo (cioè il controllo monopolistico dello stato su un certo territorio) è per i governanti statali il modo di controllare il loro (preteso) gregge e scacciare, sfruttare, sterminare, la pecora nera o ogni altro essere vivente presentato come inferiore o infetto.
Andare oltre il dicotomismo, l’antagonismo e il monopolismo, significa
andare oltre idee false e realtà artificiose, popolate da invenzioni quali:
nemici, stranieri, eretici, minoranze, confini territoriali e quant’altro.
A quel punto sarà finalmente possibile superare il disordine politico attuale.
Per citare di nuovo de Puydt:
“Al giorno d'oggi, dove mai un governo esiste se non a patto di escludere tutti gli altri; dove un partito non domina che dopo aver schiacciato i partiti avversi; dove una maggioranza che governa non ha sempre al suo fianco una minoranza impaziente di governare; al giorno d'oggi quanto di più inevitabile che i partiti si odino e vivano, se non in guerra, quanto meno in uno stato di pace armata? E chi si stupirebbe di vedere le minoranze intrigare e rimestare senza posa, e i governi comprimere di fatto violentemente tutte le aspirazioni verso una diversa forma politica, anch'essa totalmente assoluta, di modo che la società si compone di ambiziosi inaciditi, che aspettano l'ora della vendetta, e di ambiziosi soddisfatti che si ingozzano sull'orlo del precipizio? I princìpi erronei non portano affatto a risultati giusti e la forza non produrrà mai né la verità né il diritto.” (Paul-Emile de Puydt, 1860).
Ora “immaginiamo che ogni servitù venga a cadere, che ogni cittadino adulto divenga e rimanga libero, non solo una volta, all'indomani di qualche rivoluzione sanguinosa, ma sempre e dappertutto, libero di scegliere nel dedalo delle realtà di governo, quelle che si adattano al suo spirito e al suo carattere o ai suoi bisogni personali; libero di scegliere, intendiamoci bene, ma non di imporre la sua scelta agli altri: e allora ogni disordine viene meno, ogni sterile conflitto diviene impossibile.” (Paul-Emile de Puydt, 1860).
La fine delle costrizioni significa la libertà e “la vera libertà, se potesse essere realizzata, contribuirebbe in misura rilevante alla fine degli odi.”(Bertrand Russell, 1916).
All’inizio del 21° secolo abbiamo gli elementi culturali e gli strumenti
tecnologici per rendere ciò possibile.
Il riconoscimento e l’attuazione del libero arbitrio, contro le passate
invadenze della Chiesa nella vita degli individui, deve adesso unirsi al
riconoscimento e alla realizzazione della libera scelta di associazione
a comunità volontarie da parte degli individui, contro l’invadenza oppressiva
dello Stato territoriale nella vita di tutti.
Cento anni (1914-2014) di statismo totalitario soffocante sono più che sufficienti.
È tempo adesso di sviluppare la libertà personale e di sperimentare le comunità volontarie.
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