Gian Piero de Bellis

I due volti dello statismo :
il liberalismo padronale & il socialismo autoritario

(Marzo 2013)

 


 

Premessa

Lo statismo (o statalismo) per sorgere e per consolidarsi ha avuto e avrà sempre bisogno di inventarsi l’esistenza di contrapposizioni, più o meno fasulle, alle quali lo stato porrebbe rimedio attraverso la necessaria imposizione di una “volontà generale” di cui esso sarebbe l’espressione massima.
Essendo lo statismo un fenomeno di manipolazione ideologica e di ruberie rese possibili attraverso la politica, le contrapposizioni sono di tipo:

  • ideologico, con le polarità contrapposte di liberalismo - socialismo
  • politico, con le polarità contrapposte di destra – sinistra.

Le differenze nelle concezioni sociali e nei modelli di vita sono state quindi trasformate in antitesi ideologiche e politiche che sono servite a giustificare l’esistenza dello stato come arbitro, conciliatore e fornitore indispensabile di sicurezza e di servizi. Nella realtà dei fatti, da lungo tempo, liberalismo e socialismo non sono altro che due foglie di fico ideologiche che servono a dare una parvenza di nobiltà intellettuale allo stato e a coprire gli esponenti politici delle due ideologie mentre rubano a piene mani, con la destra e con la sinistra, nascondendosi dietro un presunto "interesse pubblico".

Ma, come e quando è potuto avvenire che il liberalismo e il socialismo, entrambe concezioni che, almeno all’origine, si opponevano al potere, sono diventate le fonti e i puntelli del potere statale ?
Vediamo allora di offrire una analisi estremamente sintetica al riguardo incentrata su:

  • il liberalismo padronale (costruzione dello statismo)
  • il socialismo autoritario (consolidamento dello statismo)

 

Il liberalismo padronale

Il liberalismo classico, che ha avuto tra i suoi vari esponenti figure come Locke, Smith, Bastiat, de Molinari, de Puydt, Acton, si basa, tra le altre cose, su tre aspetti principali:

  • il lavoro inteso come attività produttiva e fonte di valore economico e sociale
  • la proprietà come possibilità di disporre del proprio corpo e dei beni della terra
  • gli esseri umani come individualità e socialità libere

C’è un filo che lega questi tre aspetti: il lavoro è alla base della proprietà e la proprietà permette l’autonomia della persona umana e il suo associarsi in comunità libere.
La trasformazione del liberalismo classico in liberalismo padronale è stato reso possibile attraverso il rinnegamento, nei fatti, di questi tre aspetti, a vantaggio della costruzione dello “stato liberale”. Abbiamo avuto quindi:

  • La svalutazione dei produttori manuali. La libertà (di impresa, di scambio) ha permesso ad alcune persone di emergere e di accumulare ingenti ricchezze. A quel punto, la concezione liberale che era servita per combattere i privilegi dell’aristocrazia, è stata utilizzata per tenere a freno la voglia di emancipazione dei nuovi ceti produttivi emergenti (i lavoratori manuali). Per cui qualsiasi richiesta di miglioramento delle condizioni di lavoro (riduzione dell’orario, ripartizione dei benefici, risanamento dei luoghi di lavoro, ecc.) è stata vista, dal padronato liberale come un attentato al libero gioco della domanda e dell’offerta e alle leggi di natura. Lo svilimento del lavoro e dei lavoratori come produttori di valore è andato di pari passo con l’esaltazione del capitale che, a un certo punto, è arrivato a dominare la scena economica in quanto capitale finanziario, in un rapporto reciproco di protezione e di foraggiamento con gli esponenti politici dello stato liberale.
  • L’esproprio delle proprietà altrui. Fin dal suo sorgere, lo stato liberale della borghesia laica si è caratterizzato per un dispregio assoluto delle proprietà altrui. I possedimenti degli aristocratici sono stati espropriati in Francia ai tempi della Rivoluzione Francese. La Chiesa ha subito furti colossali da parte degli stati in tutta Europa e proprio tali espropri hanno agevolato la nascita dello stato liberale. Anche la vendita di terre comuni e l’introduzione di ogni sorta di tasse (come quella sul macinato in Italia) hanno marcato la costruzione dello stato da parte dei liberali. L’imperialismo, in quanto occupazione di territori non propri, è una delle manifestazioni più evidenti del disprezzo delle proprietà altrui da parte dei ceti dominanti liberali. Non va poi passato sotto silenzio il fatto che campioni del liberalismo, come Thomas Jefferson, erano proprietari di schiavi e quindi negavano ad altri di poter disporre liberamente della propria persona.       
  • Lo svilimento della persona autonoma. La costruzione dello stato liberale, unitario, centralizzato, laico, è potuta avvenire perché i corpi intermedi, le comunità autonome, le particolarità regionali e locali, sono state eliminate attraverso una omogeneizzazione universale che ha creato l’individuo come atomo indifeso di fronte alla potenza dello stato liberale. I liberali fautori della laicità hanno promosso la scuola di stato come mezzo per asservire anche il cervello degli individui. E poi liberali come Beveridge hanno completato, con la costruzione dello stato assistenziale (welfare state) l’assoggettamento degli individui, divenuti oramai incapaci di cavarsela da soli o di aiutarsi a vicenda, liberamente e volontariamente.     

Sulla base di tutto ciò non c’è quindi da stupirsi che i partiti socialisti, sorti in Europa nel corso del secolo diciannovesimo, hanno imparato la lezione e, attraverso un quasi identico processo di deformazione della concezione originaria, hanno puntato a conquistare e a consolidare la struttura statale attraverso quello che è qui definito come socialismo autoritario.

 

Il socialismo autoritario 

Il socialismo classico, che ha avuto tra i suoi esponenti personaggi come il visionario Charles Fourier,  l’imprenditore Robert Owen, l’uomo d’affari Friedrich Engels e il critico della società Karl Marx, è stato, da una parte, un prodotto ulteriore del pensiero liberale classico, e, dall’altra, della dinamica industriale e tecnologica. I socialisti classici erano:

  • favorevoli alla produzione industriale e al libero scambio
  • favorevoli al godimento della proprietà da parte di tutti
  • favorevoli all’emancipazione materiale e intellettuale di tutti gli individui.

Anche qui, come nel caso del liberalismo, il tradimento della concezione è avvenuto attraverso un rinnegamento totale di questi aspetti attraverso:

  • La svalutazione del lavoratore-produttore. Il partito socialdemocratico tedesco prima e i bolscevichi in seguito, pur esaltando i lavoratori manuali, li hanno assoggettati ad una vasta rete di burocrati di professione che hanno sfruttato i produttori molto più di qual si voglia proprietario d’industria. In effetti, nulla differenziava il lavoro in fabbrica nell’Unione Sovietica “socialista” da quello nell’America “capitalista” se non l’arretratezza degli strumenti di produzione. In entrambi i casi, nei primi decenni del ‘900, dominava il taylorismo con la rigida divisione tra lavoratori e dirigenti e con la parcellizzazione e meccanizzazione delle funzioni manuali.
  • La svalutazione della proprietà personale e comunitaria. La fine della proprietà esclusiva dei mezzi di produzione da parte di una classe privilegiata (la borghesia liberale collusa con il potere statale) diventa, sotto il dominio dei partiti comunisti, fine della proprietà tout court che viene monopolizzata da una entità che si presenta come pubblica (lo stato) ma che altro non è che l’ennesima cricca dei pochi che dominano i molti.   
  • La svalutazione dell’individuo autonomo. Il socialismo come regno della libertà (nelle parole di Marx) è, nella realtà della sua versione più estrema, un Gulag in cui l’individuo è proprietà del partito che controlla lo stato che domina la società. La libera circolazione è abolita, il libero scambio è proibito, e tutto è pianificato in maniera centralizzata. Tutti sono impiegati per la costruzione del socialismo che è solo un mito di comodo invocato per far accettare lo stato totalitario.   

Il socialismo autoritario non è solo una deformazione del socialismo ma la sua totale negazione. Il socialismo (al pari dell’anarchia) significa che le libere relazioni sociali rimpiazzano le relazioni imposte e regolate dallo stato. Per i teorici classici del socialismo lo stato è un macchinario superato che va buttato via e rimpiazzato dall’ordine spontaneo che nasce da relazioni tra esseri umani e comunità, libere e volontarie.

  

Conclusione

Ecco allora che quando le persone (al potere o che mirano al potere) parlano di liberalismo e di socialismo quello a cui fanno riferimento è il liberalismo padronale e il socialismo autoritario, due facce della stessa moneta che ha impressa, a lettere cubitali, la parola STATO.

È allora necessario, per tutte le persone oneste e accorte, rifiutare di accettare una moneta del tutto priva di valore. In sostanza, solo quando presunti liberali e presunti socialisti, saranno smascherati per quello che sono, falsari e imbroglioni della peggior lega, sarà possibile recuperare il nucleo eternamente valido di tali concezioni e farlo vivere nella realtà, senza neanche più bisogno di qualificarlo con una qualsiasi etichetta ideologica o posizione politica.

 


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