Gian Piero de Bellis
Viale del tramonto
(Agosto 2016)
Nel film di Billy Wilder "Sunset Boulevard" (Viale del tramonto) Gloria Swanson interpreta la parte di una famosa attrice del passato che non si rende conto che il suo tempo è finito e vive ancora nel ricordo e nell'illusione del passato splendore. Questo distacco dalla realtà la porta a crearsi un suo mondo fantastico e a non rendersi conto delle proprie azioni, frutto di istinti passionali e foriere di futura rovina.
Nel corso della storia, non solo individui ma anche intere popolazioni hanno effettuato talvolta scelte disastrose che li hanno portati sulla strada di un collasso improvviso o di una decadenza secolare. Pensiamo solo al voto dei rappresentanti del popolo tedesco (Reichstag) a favore dei crediti di guerra (Agosto1914) che avrebbe portato a tutta una serie di sciagure per arrivare fino a Hitler e alla Seconda Guerra Mondiale.
Talvolta i gruppi sanno rinsavire e riprendersi. In questo caso, la scottatura ha l’effetto benefico di creare una reazione istintiva contro una realtà estremamente spiacevole. Facendo sempre riferimento al popolo tedesco abbiamo avuto, ad esempio, la reazione contro qualsiasi provvedimento che porta ad una situazione di iper-inflazione come quella sperimentata negli anni venti del secolo scorso, quando un chilo di pane è arrivato a costare 400 miliardi di marchi (dicembre 1923).
In altri casi, un popolo giunge ad un progressivo esaurimento del suo patrimonio culturale e morale e risulta incapace di rinnovarsi. Inizia allora un processo di continua decadenza di cui non ci si rende nemmeno conto e, proprio per questo, non si pensa a intervenire per arrestarlo e rovesciarlo.
Questo mi sembra essere il caso della cultura anglo-sassone che ha dominato il mondo a partire dalla Rivoluzione Industriale e che ci ha dato la Società dell’Organizzazione (grandi imprese altamente produttive), la Rivoluzione Informatica e la Società dell’Informazione. In tutti questi casi la cultura anglosassone ha rappresentato un modello da imitare in quanto funzionante per il soddisfacimento di svariati bisogni dell’essere umano.
Adesso quella cultura sta attraversando una crisi profonda. Questo è soprattutto, ma non solo, il caso dell’Inghilterra. L’ipotesi che qui si avanza è che non siamo in presenza soltanto di uno sbandamento temporaneo della società e della cultura inglesi ma di un esaurimento definitivo dei pilastri su cui si basava e si basa il paradigma culturale anglosassone.
Quali erano e sono quei pilastri? Vediamoli.
a) Il dicotomismo. Il politico, il sociologo, il giornalista e anche l’uomo comune inglese hanno l’abitudine di vedere la realtà politica come composta da entità contrapposte. Il bipartitismo è una realtà politica talmente radicata nella vita inglese che è quasi impossibile modificarla nonostante le ingiustizie in termini di rappresentanza che esso genera. Nell’Ottobre del 1943, a seguito dei danni notevoli subiti dall’edificio della Camera dei Comuni e della necessità di una sua ricostruzione, Winston Churchill si dichiarò a favore di un mantenimento della sua forma rettangolare, con due formazioni politiche contrapposte, invece di una forma semi-circolare che avrebbe forse attenuato, anche visivamente, il modello antagonista su cui si basa la democrazia inglese. A quel tempo egli se ne venne fuori con la famosa frase: « we shape our buildings and afterwards our buildings shape us. »
b) il welfarismo. Una delle caratteristiche costanti della realtà inglese è l’azione a favore dei poveri, aspetto del tutto lodevole fino a quando si è trattato di interventi personali o effettuati da organizzazioni volontarie autonome (ad es. società di mutuo soccorso). Tutto cambia quando lo stato, all’inizio del secolo scorso, decide di intervenire e arroga a sé la funzione di Padre-Padrone che assiste i suoi figli, che essi lo vogliano o no. Chiaramente i figli, dopo una prima iniziale ritrosia (vedi l’opposizione della classe lavoratrice all’allora impopolare Legge sulla Assicurazione Nazionale del 1911, che rendeva obbligatoria l’assicurazione per 12 milioni di persone) finiscono poi per adattarsi e addirittura trovare conveniente che qualcuno si prenda cura di loro dalla culla alla bara. Si gettano così i semi di una crescente irresponsabilità e minorità di massa.
c) il convenzionalismo. Con questo termine si fa qui riferimento a quello che alcuni chiamano « political correctness » e che caratterizza soprattutto i ceti dirigenti.. Chiaramente, essere corretti e giusti ha un suo valore ed è cosa altamente apprezzabile. Ma quando il perdente in un gioco viene chiamato il « runner up » (traducibile come « il quasi vincente ») o quando l’uso di certi termini viene deprecato perché l'assonanza con altre parole potrebbe urtare la sensibilità di certi gruppi (si veda la controversia sul termine niggardly) allora si ha l'impressione che siamo finiti dritti dritti nella società del Grande Fratello che controlla, censura e anestetizza, in maniera quasi automatica, pensieri e parole. Al soporifero formalismo dei ceti dirigenti si oppone il rozzo bullismo e sciovinismo dei ceti dipendenti-assistiti. Si crea allora una situazione in cui il coperchio perbenista potrebbe saltare e far esplodere la marmitta sciovinista-razzista alimentata a più non posso dalla stampa a sensazione che ci sguazza negli scandali di ordine sessuale, nelle piazzate tra opposte fazioni politiche e adesso anche nell’opposizione tra differenti identità nazionali e tra presunte fedi religiose.
Queste tre caratteristiche hanno preso talmente il sopravvento che hanno praticamente distrutto quelle che erano le qualità che facevano della società anglosassone inglese una società estremamente avanzata, piacevole, interessante, varia, in cui gli eccentrici, gli amanti della natura e le persone colte e tolleranti costituivano esempi ricorrenti e mirabili per tutti. Adesso, decenni di pratica del dicotomismo, welfarismo, convenzionalismo, stanno facendo emergere il minimo comun denominatore al livello più infimo: il populismo, il razzismo, l'isolazionismo, la paura del futuro, le contrapposizioni fasulle, il gretto economicismo, ecc. ecc..
La celebrata coppia Thatcher-Blair (celebrata a destra e a sinistra) ha forse svecchiato un sonnolento Regno Unito ma a prezzo di introdurre il peggio della cosiddetta modernità: la finanza al posto dell'industria, la glorificazione esclusiva del denaro e del potere, uno stato invadente per tutti e indulgente per alcuni in alto loco, lo sciovinismo e il bellicismo. L’arroganza del potere incarnata dalla suddetta coppia che ha dominato per 20 anni la vita politica inglese ha fatto sì che riemergesse in molti quel complesso di spocchiosa superiorità che faceva dire una volta agli inglesi che il Continente era isolato quando la navigazione era impossibile a causa di tempeste sulla Manica. Ma quelli erano altri tempi e un senso di superiorità poteva essere anche giustificato. Adesso, domina la paura che porta ad attribuire ad altri (l’Europa, gli stranieri) la causa delle proprie insufficienze. Quindi un finto complesso di superiorità che è soprattutto un atteggiamento difensivo e patologico.
Se questa è la realtà allora si impone la necessità di andare oltre una cultura che ha esaurito la sua funzione progressiva e che si sta ripiegando su sé stessa, destinata probabilmente ad un lungo processo di decadenza. Negli Stati Uniti, con Donald Trump, abbiamo, anche nell’assonanza del nome (trump - tramp), un presagio di quello che sta avvenendo. Una cultura all’avanguardia si sta trasformando in una cultura da barboni (tramp= barbone).
Per quanto riguarda l’Inghilterra, l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea non ha rappresentato il rigetto dell’euro-burocratismo come alcuni vorrebbero far credere (il Regno Unito aveva una situazione di privilegio all’interno dell’Unione e poteva bloccare, come tutti, qualsiasi decisione a lei sgradita) ma l’accettazione e il ripiegamento sullo stato nazionale, esaltando la Little England, contro gli stranieri, contro i diversi, contro il mondo globalizzato, contro la libera circolazione, in sostanza contro le nuove sfide del XXI secolo viste come pericoli.
Ecco allora imboccare il viale del tramonto perché si è incapaci di affrontare e padroneggiare un mondo in divenire. Per coloro per i quali invece le sfide sono il sale della vita, si pone l’esigenza di andare oltre le ideologie (liberalismo-socialismo), oltre un certo modo di produzione (capitalismo), oltre lo stato assistenziale, oltre il politicamente corretto, oltre le contrapposizioni fittizie, tutte realtà nate in Inghilterra e che fanno parte della cultura anglosassone. Una cultura che sembra non avere più molto da offrire nel mondo attuale.
È finito un ciclo, sta tramontando un paradigma culturale.
Passiamo ad altro, andiamo verso il futuro.
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