Gian Piero de Bellis

Perché lo stato è nato

(Dicembre 2013)

 


 

Nella Prefazione ai Lineamenti della Filosofia del Diritto Hegel fa la seguente affermazione:

“Ciò che è razionale è reale; e ciò che è reale è razionale.”

L’interpretazione che, a mio avviso, si dovrebbe dare, in questo caso, al termine “razionale” non è “secondo ragione” ma “secondo giustificazione”, nel senso che ciò che esiste ha precise giustificazioni (teoriche e pratiche) nel reale.

Nel caso dello stato, vediamo di individuare, in maniera molto sintetica, i fondamenti teorici e le fondamenta pratiche della sua nascita e espansione cioè della sua “ragione” di esistere. Occorre allora fare riferimento ai seguenti fattori:

  1. Culturale. Dopo secoli in cui la Chiesa, ha dominato l’elaborazione e la trasmissione della cultura, emergono scienziati e filosofi che rivendicano e conquistano la loro autonomia di ricerca e di studio. Questo permette, tra le altre cose, di svincolare il potere politico dalla subordinazione culturale al potere religioso che esisteva da quando la Chiesa, dopo la caduta dell'impero romano di occidente, era emersa come l’unica depositaria del sapere, in mezzo all’imbarbarimento generale. Segno di ciò sono le Accademie reali (ad es. The Royal Society istituita in Inghilterra nel 1660) che promuovono la scienza e la tecnica. Al tempo stesso, l’istruzione delle persone è sempre più sottratta al controllo della Chiesa fino all'istituzione di una scolarizzazione obbligatoria sotto il controllo dello stato.
  2. Tecnologico. Lo sviluppo della scienza nel corso del secolo XVII è la premessa per lo sviluppo della tecnologia nel corso del secolo XVIII. Le limitazioni feudali alla produzione e al commercio vengono soppresse anche in maniera violenta (la Rivoluzione Francese) e si crea un vasto mercato nazionale con confini delimitati per motivi essenzialmente politici (di potere). Il capitalismo nazionale dà allora origine allo stato nazionale (ad es. in Germania con lo Zollverein, l’unione doganale) o viceversa, lo stato nazionale permette al capitalismo nazionale di muovere i primi passi (ad es. in Italia con l’unificazione della penisola e le sovvenzioni statali alle imprese).
  3. Sociale. Le grandi dimensioni (territori, imprese, istituzioni) riducono il ruolo degli individui e fanno emergere le figure dei leaders (politici, economici, culturali) e delle masse. Il leader pone le masse sotto il suo controllo e sotto la sua protezione. Emergono allora tutti gli aspetti che caratterizzano la moderna società di massa: i partiti, le grandi imprese, i grandi mezzi di comunicazione, i trasporti collettivi, e via discorrendo. Il gigantismo diventa sinonimo di progresso per conservatori e progressisti (tranne che per alcune voci molto isolate). Lo stato appare quindi a tutti (tranne gli anarchici e alcuni liberali e socialisti anticonvenzionali) come l’unico potere in grado di gestire il gigantismo, di garantire la pace sociale e i diritti di proprietà, e di distribuire equamente le risorse all'interno del territorio nazionale.

Questi tre fattori rendono possibile l’emergere di alcune caratteristiche essenziali dello stato moderno, di cui le prime avvisaglie si erano avvertite quando si era imposta, sotto Louis XIV, la formula dell’assolutismo regio: “un roi, une foi, une loi”. Esse sono:

  1. La centralizzazione. Tutto il potere di regolamentazione-standardizzazione è concentrato nelle mani dei governanti statali che hanno il controllo esclusivo su un dato territorio.
  2. L’omogeneizzazione. Lo stato centrale elimina le particolarità locali delle lingue e dei costumi e crea una lingua e una cultura nazionale, gestendo la scuola e i mezzi di comunicazione di massa.
  3. L’espansione. Lo stato espande continuamente il suo potere all’interno (controllo sulle banche, statalizzazione delle ferrovie, partecipazione in imprese considerate strategiche per la nazione, ecc) e verso l’esterno (imperialismo).

In sostanza, l’ascesa della borghesia imprenditoriale e commerciale è strettamente collegata all’affermazione dello stato nazionale moderno. La borghesia ha bisogno di uno spazio dove operare (produrre, vendere) senza vincoli particolaristici; ha bisogno di norme sicure, promulgate dal suo Parlamento, che garantiscano la sicurezza delle sue proprietà e attività. Inoltre, mano a mano che si afferma a livello nazionale, sente il bisogno di espandersi e quindi diventa imperialista, non tanto per motivi puramente economici, quanto per creare lavoro e gloria per sé e per le popolazioni nazionali. 

Quindi, una forma istituzionale (in questo caso lo stato nazionale territoriale) nasce e si impone sulle altre perché viene fatta propria dai ceti più dinamici (le borghesie imprenditoriali e commerciali) che trascinano poi i ceti subordinati (i lavoratori che vengono inquadrati nei sindacati e nei partiti socialisti e comunisti a base nazionale). L'emergere con successo di uno stato nazionale territoriale (Francia, Inghilterra) agisce come un esempio potente da imitare da parte dei ceti dominanti in altre zone d'Europa. Per cui si avvia una dinamica che vede nuovi stati formarsi e riconoscersi tra di loro come i legittimi rappresentanti di un popolo su un territorio distinto. Abbiamo quindi il potere statale che certifica il potere degli altri stati e quindi anche il suo stesso potere. 

Verso la fine dell’ottocento l’economista tedesco Adolph Wagner arrivò a formulare una legge, “la legge della crescente espansione dell’attività statale” quasi a confermare che tutto ciò avveniva a causa dell’esistenza di fattori e di tendenze inevitabili. E Max Weber, all’inizio del secolo XX, descriveva il fenomeno della burocratizzazione crescente come se anche questo fosse il modo obbligato per amministrare la società industrializzata di massa.

Anche se questo fosse vero (lo stato nazionale territoriale come portato necessario di talune condizioni storiche), l’errore sarebbe di credere che la storia non presenti più nulla di nuovo e che la forma istituzionale storica degli ultimi duecento anni sia anche la forma definitiva e permanente di gestione delle società, tranne piccoli aggiustamenti verso l’alto (organismi sovranazionali) o verso il basso (decentramento regionale).

Invece, a partire grosso modo dal 1989, l’anno del crollo del muro di Berlino e della invenzione del World Wide Web, lo stato ha iniziato a perdere colpi anche quando ha cercato di espandersi.

Vediamo allora, anche qui in maniera molto sintetica, perché, sempre più, negli anni a venire, lo stato nazionale territoriale sarà visto e sarà, nei fatti, un qualcosa di finito, superato, spacciato.

 

 


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