Gian Piero de Bellis
Capitalstatismo & Socialstatismo
(Dicembre 2012)
Nella parte antica della città di Zurigo c'è una stradina che è giustamente
famosa: la Spiegelgasse.
Qui, al numero 1, nel febbraio del 1916, Hugo Ball ed altri artisti diedero
vita al Cabaret Voltaire, primo atto di quel movimento Dada che,
sbeffeggiando la guerra e dissacrando le istituzioni, avrebbe cercato di
indirizzare il mondo artistico e gli esseri umani verso sentieri più razionali
e gioiosi del vivere civile. Questo mentre le organizzazioni criminali,
note sotto il nome di stati europei, stavano mandando al macello gli individui
in quella immane carneficina che è stata chiamata la Grande Guerra. La Prima
Guerra Mondiale fu anche l'occasione, in Russia, per il crollo del potere
zarista e per l'instaurazione del socialismo di stato sotto la guida di
un nuovo zar: Vladimir Ilyich Ulyanov Lenin.
Poco oltre, al numero 14 della Spiegelgasse, il visitatore che alzasse gli
occhi verso il primo piano dell'edificio, leggerebbe questa targa: "Hier
wohnte, vom 21. Februar 1916 bis 2. April 1917 Lenin, der Führer der Russischen
Revolution" (Qui abitò, dal 21 Febbraio 1916 al 2 Aprile 1917 Lenin,
il leader della Rivoluzione Russa).
Il destino ha quindi voluto che due personalità del tutto antitetiche come
Hugo Ball e Ulyanov Lenin si trovassero a poche decine di metri di
distanza a produrre idee e progetti.
Se menzionassimo in una conversazione i due nomi, quello di Hugo Ball sarebbe
sconosciuto ai più. E questo perché lo spirito dei tempi, quello che in
tedesco si chiama lo Zeitgeist, era del tutto sbilanciato verso
le idee del socialismo e dello stato che si sarebbero poi realizzate attraverso
la Rivoluzione Russa e attraverso tutti i sommovimenti e cambiamenti (Fascismo,
Nazionalsocialismo, New Deal, ecc.) che hanno caratterizzato il secolo XX.
Questo spirito aleggia ancora oggi, seppure in progressiva ritirata, presso
i nostalgici del passato.
Se c'è un filo che lega tutto quanto è successo nel secolo scorso, dalla
Prima Guerra Mondiale al crollo del Muro di Berlino, questo ha un nome:
lo stato, e una ideologia: lo statismo.
Questa ideologia è stata talmente forte che ha trovato realizzazione in
contesti sociali ed economici del tutto differenti, nella Germania industrializzata
degli anni '30 (con il nazional socialismo) e nella Russia Sovietica ancora
da industrializzare (con il leninismo prima e lo stalinismo poi).
Quindi sotto il cappello generale di statismo possiamo catalogare due forme
che presentano profonde somiglianze e talune differenze:
- il capitalstatismo: lo statismo delle economie industrializzate
- il socialstatismo: lo statismo delle economie arretrate.
Le differenze.
Il socialstatismo Russo è stato instaurato in un paese che stava uscendo
dal feudalesimo e si avviava faticosamente verso l'industrializzazione.
Quando i bolscevichi conquistarono il potere, si sentirono investiti del
compito dell'industrializzazione, in assenza quasi totale di un tessuto
di imprenditoria diffusa. Essi quindi colmarono un vuoto, ponendosi come
stato imprenditore; al tempo stesso, non vollero assolutamente che altri
soggetti, al di fuori dello stato da essi controllato, riempissero quel
vuoto.
Il capitalstatismo che prese piede in Italia, in Germania e negli Stati
Uniti, per citare solo i casi più evidenti, poteva invece già contare su
una base imprenditoriale, abbastanza o addirittura largamente diffusa, che
si trattava solo di guadagnare alla causa dello statismo, dando agli imprenditori,
già operanti, sicurezza e protezione in cambio di obbedienza e adesione.
Il New Deal americano e i passi che lo hanno preceduto (ad es. le leggi
protezionistiche come la Dingley Tariff del 1897 e l'istituzione della Federal
Reserve, nel 1913) sono state le manifestazioni evidenti della fine del
capitalismo del libero scambio e della libera impresa esistente nella società
Americana.
Le somiglianze
Queste differenze nei punti di partenza non possono certo nascondere le
profonde somiglianze tra i due fenomeni che non sono solo somiglianze
in quanto statismo (lo stato controllore e regolatore) ma anche somiglianze
del capitalismo e del socialismo nelle loro forme reali.
Infatti, il capitalismo e il socialismo come si sono realizzati nella realtà
storica (e non come appaiono nelle versioni idealizzate dei loro sostenitori)
hanno parecchi punti di contatto, quali ad esempio:
- L'espansione della grande impresa. Il gigantismo è una delle caratteristiche più spiccate del capitalismo anglosassone e, successivamente, del socialismo russo. La grande impresa che occupa migliaia e migliaia di persone è vista come lo sbocco ineluttabile sia dell'evoluzione del capitalismo che dell'affermazione del socialismo. Agli occhi dei capitalisti e dei socialisti di stato la grande impresa permette la pianificazione della produzione e l'attuazione di notevoli economie di scala. Con le grandi imprese divenute società per azioni abbiamo quello che Marx qualificò come “la soppressione del modo di produzione capitalistico nell'ambito dello stesso modo di produzione capitalistico.” [ Karl Marx, Il Capitale, vol. III, 1894]
- La diffusione del lavoro dipendente. Nelle grandi imprese i lavoratori dipendenti lavorano per la produzione capitalistica o per la costruzione del socialismo, in una dinamica operativa-organizzativa similare. Questo perché in entrambi i casi l'organizzazione scientifica del lavoro (chiamata anche taylorismo) è vista come l'unica e sola maniera di organizzare il lavoro e la produzione (the one best way). Lenin era un estimatore acceso del taylorismo visto come efficienza in azione. Poco dopo la sua morte, il suo successore compendiò il leninismo con queste parole: “Lo spirito pratico Americano è quell'indomabile forza che non conosce né vuole saperne di ostacoli; che spazza via tutti gli ostacoli con la sua perseveranza efficientistica; che continua un compito una volta iniziato fino al suo completamento finale, anche se si tratta di un compito minore; uno spirito pratico senza il quale nessun serio lavoro di costruzione può essere possibile … L'unione dello slancio rivoluzionario Russo con lo spirito pratico Americano è l'essenza del Leninismo.” (Joseph Stalin, Principi del leninismo, 1924)
- La generalizzazione dei rapporti mercantili-mercatisti. Il capitalstatismo è filiazione di quello che Adam Smith chiamò il Mercantilismo, dominato da strette regolamentazioni della produzione e del commercio, e espressione di quello che potremmo chiamare il Mercatismo, uno spazio commerciale regolato dagli stati (a livello nazionale o sovranazionale) in cui tutto diventa oggetto di compravendita. Attraverso il mercantilismo-mercatismo si stabilisce un rapporto malsano tra grandi imprese protette e sovvenzionate e lo stato capitalistico sanguisuga dei consumatori e dei piccoli produttori. Nel socialstatismo, dopo una prima fase di abolizione di qualsiasi possibile calcolo economico effettivo, già Lenin con la NEP (Nuova Politica Economica) reintroduce la possibilità di scambi mercantili. Successivamente, gli economisti del socialstatismo cercheranno di simulare il mercato creando meccanismi che offrissero indicazioni di prezzi reali a supporto di una pianificazione centralizzata rivolta soprattutto alle grandi imprese statalizzate.
In sostanza, le somiglianze economiche tra i due sistemi sono state sempre molto forti e si sono sempre più accentuate quanto più l'economia arretrata si industrializzava e cercava di raggiungere l'economia avanzata. Chiaramente, mettere in luce queste somiglianze non piaceva affatto ai sostenitori dei due schieramenti (quindi quasi a nessuno) che volevano invece accentuare le differenze e giocare sui contrasti ideologici come arma di propaganda e di ottenimento del consenso.
Eppure, negli anni '40 (con Bruno Rizzi e James Burnham – nella versione negativa della burocratizzazione) e negli anni '60 (con Jan Tinbergen e John Kenneth Galbraith – nella versione positiva della convergenza), si diffuse presso taluni intellettuali la convinzione di un avvicinamento e di un eventuale punto d’incontro tra i due sistemi. In effetti i due sistemi erano già per molti aspetti similari e le differenze erano attribuibili solo al diverso livello di partenza e di conseguente sviluppo e non, come pretendevano taluni, alla loro natura radicalmente alternativa.
L'ipotesi della convergenza vedeva nello stato (pubblico) il regolatore
di una economia in cui operavano vari soggetti imprenditoriali (privato).
Chiaramente, come era una invenzione campata in aria l'esistenza di un mondo
capitalista opposto a un mondo socialista, così era ed è una illusione fantasiosa
l'idea che lo stato centrale possa essere uno strumento efficace di regolazione
della produzione e di ripartizione equa delle risorse.
Gli intellettuali dipingevano infatti un quadro fantasioso e altamente propagandistico
in cui le istituzioni erano al servizio pieno dei cittadini e i cittadini
erano animatori convinti delle istituzioni, in un rapporto basato sulla
fiducia e sul rispetto reciproci. In realtà, con riferimento allo stato,
il binomio fiducia e rispetto si manifesta sempre più nel fatto che i cittadini
non hanno alcuna fiducia nello stato e lo stato non ha alcun rispetto per
i cittadini.
Ecco allora che da questa fine delle illusioni (lo stato sano, lo stato
onesto, lo stato minimo, lo stato liberale) un nuovo spirito del tempo (Zeitgeist)
sta nascendo, la cui impalcatura è data dalla tecnologia informatica e dalla
società dell'informazione che è sorta e si è diffusa negli ultimi decenni.
Se lo statismo (capitalstatismo & socialstatismo) è nato nel 1914 con
lo scoppio della Grande Guerra, il post-statismo ha anche lui una sua data
di nascita che può essere fissata nel 1989. In quell'anno tre fenomeni estremamente
importanti hanno avuto luogo:
- il crollo del muro di Berlino e la fine dei regimi totalitari dell'Europa dell’Est
- il massacro di studenti e cittadini nella Piazza di Tien-an-men a Pechino
- l'apparizione sulla scena del World Wide Web
Questi tre fenomeni sono stati segnali potenti che la lotta contro lo stato
è iniziata e che gli strumenti tecnologici per portarla a buon fine sono
là, anche se sconfitte temporanee e ritirate tattiche sono ancora inevitabili.
E tuttavia, lo spirito dei tempi è adesso contro lo stato e per il suo superamento.
Perché lo spirito dei tempi trovi attuazione nei mesi e negli anni a venire
occorre capire dove si annidano i falsi profeti e le false ricette, i seminatori
di divisioni e di contrapposizioni fasulle, che operano per la riproposizione
dello stato e dello statismo sotto altre forme e sotto altri nomi.
Perché il problema non è più tanto sapere se lo stato centrale sopravvivrà. Esso probabilmente scomparirà nel corso dei prossimi decenni, forse addirittura nel periodo 2014-2018, e se questo avverrà sarà la più degna anti-celebrazione del centenario degli orrori di quella Grande Guerra che è stato uno dei massimi crimini del potere statale.
Il problema invece è quello di agire perché l'individuo libero e responsabile della sua vita possa emergere nella maniera più completa possibile. E questo compito meraviglioso ed entusiasmante deve essere opera di tutti gli individui nei tempi a venire.
Per cento anni gli stati hanno fatto la guerra agli individui liberi. È
ora che gli individui liberi si ribellino e facciano guerra allo stato dichiarandone
la sua totale inutilità e assoluta nocività. Chiaramente guerra non vuol
dire combattimenti cruenti sfocianti in una vittoria sullo stato. Vuol dire
semplicemente l'estromissione dello stato dalla vita degli individui liberi,
e questo ad opera degli stessi individui liberi. Lo stato rimarrà per coloro
che lo vorranno e che se lo finanzieranno, senza però poterlo imporre più
a qualcuno.
In sostanza, per gli individui liberi è giunto il tempo di rottamare lo
stato e tutte le categorie parassitarie (le sanguisughe) che dallo stato
traggono il loro sostentamento.
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