Gian Piero de Bellis
Scarsità e insicurezza
(Settembre 2016)
Fin dai tempi più remoti, il potere, qualsiasi potere, ha messo radici e si è propagato, attraverso la presenza, reale o fittizia, di due fattori: la scarsità e l’insicurezza.
L’importanza, per il potere, di questi due fattori deriva dal fatto che le persone diventano sottomesse e possono essere manipolate solo o soprattutto quando vivono o avvertono uno stato di bisogno e di profonda incertezza riguardo al loro futuro.
Nel corso della storia, allorché un popolo si trovava in situazioni di benessere materiale e poteva contare su notevoli risorse produttive, il potere ne approfittava per dare libero corso alle sue voglie di conquista (guerre, invasioni, occupazioni). In tal modo ricostituiva quelle situazioni di scarsità e di insicurezza che sono ideali per il rafforzamento del potere stesso.
I decenni a cavallo tra il secolo diciannovesimo e ventesimo sono, a questo riguardo, estremamente illuminanti. Un periodo di scoperte tecnologiche e di crescente produzione e benessere materiale, tale da essere definito da taluni la belle époque, è stato caratterizzato dall'imperialismo delle grandi potenze e, alla fine, dallo scoppio della prima guerra mondiale che, re-introducendo scarsità e insicurezza, ha rafforzato a dismisura il potere degli stati nazionali che avevano generato tale sconquasso.
Le guerre infatti, questo farmaco prodigioso atto a ridare forza al potere degli stati, sono state sempre grandi produttrici di scarsità e di insicurezza.
A partire dalla fine della seconda guerra mondiale però, una situazione nuova si è venuta a creare nel mondo occidentale. Se facciamo riferimento all’Europa occidentale, conflitti e atrocità hanno avuto luogo alla periferia (ad es. nei Balcani, in Cecenia, in Ucraina) ma nessuna guerra tra i grandi stati del vecchio continente è scoppiata dal 1945 ai giorni nostri.
Questa situazione non faceva e non fa presagire nulla di buono per il potere, politico ed economico.
Ecco allora che dei sostituti andavano creati ad arte per rafforzare la convinzione o generare almeno la sensazione che scarsità e insicurezza siano due aspetti fondamentali e inevitabili nell'esistenza del genere umano.
Per cui, a partire dagli anni ’50, la cosiddetta guerra fredda tra una potenza cosiddetta capitalistica e una cosiddetta comunista ha fatto da sostituto idoneo della guerra vera e propria, combattuta con aerei e carri armati. Per dare poi una impressione più realistica, conflitti veri e propri tra i due campi sono stati combattuti, anche qui, alla periferia degli imperi (Corea, Vietnam). Nei centri dominanti la vita continuava a svolgersi regolarmente. Sussisteva però sempre il timore di una possibile scarsità di beni materiali e di possibili immani sconvolgimenti del proprio modo di vita se fosse scoppiato un conflitto nucleare vero e proprio. Da qui la necessità di essere sempre all’erta e sempre docili sotto la guida del potere statale, il benevolo e rassicurante Padre-Padrone.
Sfortunatamente, per gli stati, il crollo di uno degli imperi ha eliminato questa costruzione, per molti versi artificiosa, che generava una tensione continua. Inoltre, la crescita costante della produzione a seguito della introduzione di continui miglioramenti tecnici, potrebbe far crollare tutto il castello di scarsità e insicurezze su cui si regge il potere degli stati. Era quindi assolutamente indispensabile trovare nuovi nemici che ri-creassero quelle situazioni di scarsità e insicurezza che gli stati tanto desiderano.
Ideologi di tutte le sette e di tutti i colori si sono dunque impegnati a trovare soluzioni che tenessero assolutamente in vita questi due fattori. Vediamo come hanno operato e come stanno operando al riguardo.
Scarsità
La scarsità diventa una realtà quando l’assorbimento dei beni è accelerato a tal punto che la produzione non può adeguarsi pienamente alla domanda. Al giorno d’oggi questo può avvenire, in occidente, solo per beni non di prima necessità la cui richiesta è fatta, simultaneamente a livello mondiale, da milioni di persone e per un preciso bene prodotto da una sola impresa (come l’ultimo modello di un iphone). E anche in questo caso, la scarsità dura solo alcuni giorni o al massimo qualche settimana. Per quanto riguarda un bene di prima necessità come il pane, ci sono macchinari che producono 15mila panini in un’ora. Se in ogni città si impiantassero dieci di questi macchinari che producono a ciclo continuo tutta la giornata, avremmo allora 3 milioni e mezzo di panini da vendere ogni giorno. L’idea di un assalto ai forni, a meno di guerre devastanti che distruggono i raccolti di grano, è quindi tema di un racconto di fantascienza o episodio di manzoniana memoria.
Per quanto riguarda un tetto sotto cui ripararsi, l’edilizia è stata promossa da decenni in quanto volàno dell’economia. I risultati sono la città "fantasma" nella provincia cinese di Hubei, con più di centomila appartamenti per soli 30 mila abitanti, il boom edilizio in Spagna nel decennio passato, il numero fenomenale di seconde case in molti paesi europei, e via discorrendo. Con i metodi attuali di prefabbricazione, una casa può essere costruita in pochi giorni (o anche in poche ore).
In sostanza siamo arrivati alla produzione di massa di beni di sostentamento e di rifugio.
Coloro che, nonostante ciò, parlano ancora, con tutta serietà, di scarsità, fanno forse riferimento, senza dirlo apertamente, al fatto che non tutti possono permettersi rubinetterie d’oro, una Ferrari in garage e una manciata di diamanti nel cassetto. Per alcuni di questi beni, come i diamanti e anche le Ferrari, la scarsità è voluta altrimenti non sarebbero status symbol e il loro prezzo crollerebbe. Quindi, il cartello dei diamanti si dà da fare per ridurre la quantità di pietre preziose immesse sul mercato perché altrimenti esse cesserebbero di essere pietre preziose. Si tratta in sostanza di una scarsità voluta sia dai produttori che dagli acquirenti.
Se mettiamo da parte queste « scarsità » da nababbi, rimane il fatto che gli stati si trovano a dover generare scarsità vere per assorbire una produzione che cresce a velocità vertiginosa attraverso l’automazione e la robotica. Pagare le persone per scavare e riempire buche non è più una soluzione sufficiente. Arriverà il momento in cui tutti dovranno ricevere dallo stato la loro paghetta (reddito di cittadinanza, lo chiamano alcuni) e dovranno fare fino in fondo il loro dovere di bravi consumatori. Le imprese daranno una mano riducendo sempre più il periodo di utilizzo dei prodotti (usa e getta sarà la regola) e gli sprechi saranno la massima aurea per il funzionamento del sistema. Alla fine, sregolatezze e parassitismi a livello di massa, oltre allo stimolo continuo e generalizzato verso bisogni infiniti e abnormi, dovrebbero ristabilire quella condizione di scarsità che è così cara e necessaria al potere politico ed economico.
Insicurezza
L’esistenza dell’insicurezza è assicurata dalla presenza di un nemico, vero, inventato o prodotto ad arte. Con la fine del « comunismo » c’era bisogno, in occidente, di un nemico diffuso dappertutto e che non commettesse l’affronto di scomparire tutt’a un tratto, come fa uno stato ideologicamente alla bancarotta. Il terrorista diventa quindi il nemico ideale perché costringe a stare sempre all’allerta (può colpire ovunque e in qualsiasi momento, almeno questo vuole far credere il potere) e se ne possono fabbricare quanti se ne vuole: basta bombardare innocenti in qualche luogo per suscitare rabbia e odio indicibili che, prima o poi, troveranno sfogo, da qualche parte, in atti inconsulti. L’atto terroristico è, spesso, il prodotto della debolezza assoluta degli impotenti che devono trovare uno sfogo a seguito dell’uso massiccio della forza da parte dei potenti. L’obiettivo è, dalla parte degli impotenti, la morte eroica per vendicare un oltraggio subito o visto subire e, dalla parte dei potenti, la « guerra infinita » che consenta al potere di esistere indefinitamente quale presunto garante della sicurezza.
Un altro motivo di insicurezza creata ad arte sono le migrazioni provocate appunto da guerre e repressioni che producono milioni di rifugiati. Anche il migrante in cerca di una vita migliore in una località del tutto diversa da dove è nato, è equiparato ad un disperato che lo stato deve controllare e dominare (il dominio è chiamato integrazione). Sulla paura dello straniero il potere politico ha sempre costruito le sue fortune, alzando il vessillo patriottico dell’identità nazionale. Essendo però il monoculturalismo un prodotto dello stato nazionale centrale, coloro che lo rivendicano e ne vanno fieri sono, né più né meno, che i chierichetti dell’altare della patria.
L’insicurezza creata ad arte è poi anche uno strumento economico estremamente utile. Ha dato vita ad una industria della sicurezza che occupa centinaia di migliaia di persone (basti pensare agli apparati di sicurezza negli aeroporti di tutto il mondo) e che si ramifica anche nei cosiddetti centri di prima accoglienza in cui il migrante si trova rinchiuso e ridotto alla condizione di parassita, mentre ha le energie e la voglia per guadagnarsi autonomamente da vivere. Ma così facendo, aggraverebbe ancor più il problema dell’abbondanza di beni, mentre è molto meglio, per il potere politico ed economico, che rimanga un parassita e contribuisca, con il suo consumo, all’assorbimento della produzione.
Di fronte a questo scenario due aspetti vanno sottolineati:
1. Il coro infinito di coloro che proclamano l’esistenza, ora e sempre, della scarsità e dell’insicurezza, è il miglior sostegno per la perpetuazione del potere politico ed economico corrente. Ed è per questo che una entità corrotta, spregevole e obsoleta come lo stato, continua ad esistere. Anche coloro che vorrebbero scomparisse portano elementi che ne garantiscono la sopravvivenza. Per cui, fino a quando una persona sarà schiava mentalmente di vecchie ideologie, essa rimarrà serva del potere, qualunque siano le sue pretese e i suoi proclami.
2. Scarsità e insicurezza non sono condizioni insolubili e imprescindibili del genere umano. Sia in passato che ai giorni nostri, l’essere umano ha avuto ed ha gli strumenti per soddisfare tutti i suoi bisogni essenziali; quella che manca è la consapevolezza che un modo diverso di organizzazione sociale, senza sfruttatori e parassiti, è possibile. Occorre quindi far seguire, duecento anni dopo l’abolizione della schiavitù, la fine della servitù volontaria che è asservimento a ideologie oppressive oltre che a poteri opprimenti.
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