Gian Piero de Bellis

La magia delle parole

(Giugno 2011)

 


 

Tra i tanti appellativi con cui si definisce la società in cui viviamo attualmente vi è quello di Società dell'Informazione. In effetti, noi siamo continuamente bombardati (questo è il termine solitamente utilizzato) da informazioni a meno che non spegniamo il computer, la televisione, la radio, non andiamo a comperare il giornale e ci avviamo per una lunga passeggiata tra i boschi, da soli. Perché, nel caso fossimo con qualcuno, ci sarebbe conversazione e quindi scambio di informazioni.

Essendo noi tutti esseri più o meno sociali, il bisogno di informazione è parte costitutiva della nostra vita. C'è di più. Come il nostro corpo ha bisogno di cibo per crescere e funzionare, così il nostro cervello ha bisogno di informazioni per svilupparsi e operare (cioè, per riflettere, valutare, decidere). Chiusi in una stanza, senza stimoli informativi, faremmo la fine di coloro che, abbandonati o reclusi in tenera età, hanno perso non solo il loro cervello ma anche il loro potenziale di umanità.

In sostanza l'informazione è un motore essenziale per la nostra esistenza come esseri individuali e esseri di relazione.
Ma in cosa consiste l'informazione?

L'informazione è un insieme di dati di forma differente (suoni, immagini, segnali, simboli, ecc.) che vengono trasmessi da un emittente (animato o inanimato) a un ricevente (animato o inanimato). L'esempio può essere quello di un semaforo che segnala, attraverso i vari colori; chi può attraversare la strada o chi deve attendere.

Nel 1948 uscì dai laboratori Bell lo scritto in cui Claude Shannon formulava la sua Teoria Matematica della Comunicazione, chiarificata successivamente con un linguaggio più semplice da un saggio di Warren Weaver (1949).

Nella Teoria della Comunicazione di Shannon-Weaver, il processo di comunicazione presenta problemi a tre distinti livelli:

    - Livello A: Problema Tecnico : accuratezza nella trasmissione del messaggio
    - Livello B: Problema Semantico : ricezione del significato esatto del messaggio
    - Livello C: Problema di Efficacia : utilizzo pratico appropriato dell'informazione ricevuta.

Al fine di produrre una buona comunicazione che risulta poi in un suo uso appropriato (Livello C) l'emittente dell'informazione (Livello A) e il ricevente l'informazione (Livello B) devono possedere le capacità di:

    - codificare-trasmettere in maniera efficace il messaggio;
    - decodificare-comprendere in maniera efficace il messaggio.

Questa capacità può essere limitata, in misura più o meno grande, da due fattori:

    - il rumore tecnico [technical noise] (ad esempio una linea telefonica disturbata);
    - il rumore semantico [semantic noise] (vale a dire la distorsione nel significato che può originare dall'emittente o risultare nel ricevente; ad esempio, incapacità di esprimersi in maniera precisa da parte di un docente e carenza di strumenti adeguati di comprensione da parte del discente).

A questo riguardo Shannon e Weaver introducono due concetti estremamente importanti:

    - la ridondanza: che è quella parte del messaggio che convoglia verso il ricevente informazione a lui estremamente familiare;
    - l'entropia: che è quella parte del messaggio che convoglia verso il ricevente informazione nuova o di cui è poco o nulla familiare.

Shannon e Weaver affermano che, al fine di conseguire una effettiva comunicazione (riduzione del rumore tecnico e semantico), è necessario trovare un equilibrio appropriato tra ridondanza ed entropia. Se la ridondanza è notevole, il messaggio viene recepito ma l'informazione è praticamente nulla in quanto si tratta di informazioni di cui il ricevente era già al corrente. Se l'entropia è notevole il messaggio viene ignorato in quanto lo sforzo per decodificare l'informazione è troppo grande rispetto alle capacità del ricevente. Un appropriato equilibrio, ad esempio dati nuovi espressi in maniera familiare, rende possibile la comunicazione, permette cioè una trasmissione efficace dell'informazione.

Coloro che vogliono comunicare nuove idee devono essere estremamente consapevoli di questa dinamica altrimenti rischiano di sprecare le loro energie in quanto il loro messaggio altamente innovativo potrebbe essere o totalmente ignorato o totalmente frainteso. In entrambi i casi il risultato è quello di assenza di comunicazione.

Come è stato allora possibile che talune nuove idee si siano imposte in passato, cioè che nuove informazioni siano state recepite con successo?

Questo è avvenuto perché:

1. le nuove idee rappresentavano esigenze profondamente sentite dalla stragrande maggioranza di una popolazione ed erano rappresentative di una situazione giunta a maturazione;

2. le nuove idee sono state presentate utilizzando parole estremamente familiari ed estremamente attraenti per la stragrande maggioranza di una popolazione.

Molti, che pure sono portatori genuini di una volontà di cambiamento nel senso di una liberazione dall'oppressione e dalla manipolazione del potere, non sembrano rendersi conto che le idee, soprattutto quelle nuove, avanzano attraverso progetti concreti (punto 1) e attraverso parole che evocano nel profondo dell'animo un sentimento familiare e sentito di accettazione e di voglia di adesione (punto 2). Per quanto riguarda l'uso delle parole, questo è stato capito fin troppo bene da coloro che sono al potere o mirano al potere. La storia ci offre infatti una serie di casi di parole familiari e suadenti usate per fini di conservazione e di dominio.

Ad esempio, il termine liberale, che aveva un suo magico alone nel mondo anglosassone, è stato appropriato da coloro che sostenevano l'intervento dello stato nella vita economica. Ciò ha permesso di far passare talune idee che forse non sarebbero state accettate se si fossero usate altre parole (socialismo, statismo, interventismo, dirigismo, ecc.). Un altro termine utilizzato per promuovere l'ingresso dello stato in aree precedentemente lasciate al (quasi) libero gioco delle parti è stato quello di “progressivo”. Negli Stati Uniti la “progressive era” (1890-1920) è stata chiamata quella fase storica in cui si sono imposti i professionisti della politica e della cultura per gestire la vita di tutti in nome di ciò che essi presentavano come modernizzazione o, appunto, progresso. E chi poteva essere contro il progresso?

Progresso, democrazia, pubblico, diritti, sociale, e simili, sono termini estremamente familiari e profondamente sentiti e accettati da moltissime persone; quindi, colui che se ne appropria, può poi utilizzarli per comunicare e far accettare le sue idee che potrebbero anche non avere nulla a che fare con il significato genuino di tali termini.

Allora che cosa dovrebbe insegnare tutto ciò a coloro che vogliono un cambiamento vero (cioè un ampliamento della libertà per tutti) e non un uso strumentale propagandistico delle parole (libertà, liberale e libertario incluse).

Essi dovrebbero capire che lasciare che il potere abbia l'uso esclusivo e incontrastato dei termini suadenti e familiari, non solo perpetua l'inganno e trasforma l'informazione in disinformazione, ma soprattutto estende all'infinito la vita del potere.

Con riferimento alla teoria di Shannon-Weaver, colui che usa tali termini in maniera propagandistica si affida totalmente, nel suo comunicare, alla ridondanza (familiarità) ed elimina totalmente l'entropia (novità). Così facendo il suo messaggio viene accettato da molti, in quanto si basa su concetti estremamente comprensibili, ma l'ammontare di informazione trasmessa in vista della attuazione di nuove idee è praticamente zero. E questo è l'obiettivo del potere, di qualsiasi potere: “comunicare” attraverso l'uso di belle parole che sembrano dire tutto ma non dicono niente e, in termini pratici, non portano a nulla e non servono a niente.

Allora, se il potere si appropria di parole magiche che affascinano e muovono all'adesione anche quando dietro c'è il vuoto assoluto o l'imbroglio totale, la strategia da attuare non è quella di contrapporre altre parole meno suadenti (ad es. privato al posto di pubblico) con la speranza che vengano accettate dalla stragrande maggioranza delle persone in un futuro più o meno lontano. Una strategia più concreta e più promettente si basa invece su due azioni da perseguire in maniera costante e coerente:

- rifiutarsi di utilizzare la parola suadente in quanto portatrice di un significato distorto (ad es. pubblico = stato) e sostituirla con termini più precisi e appropriati;

- utilizzare la parola suadente (e anche appropriandosene) ma specificando ogni volta il significato ad essa attribuito (ad es. pubblico = pubblico di utenti che non hanno niente a che fare con le cricche statali).

È un vero peccato che coloro che si impegnano a favore della libertà, come gli anarchici in passato, siano poi spesso persone del tutto ingenue e sprovvedute riguardo ai meccanismi e alle dinamiche che permetterebbero al loro messaggio di andare oltre ristrette cerchie di persone. Eppure questo sembra essere il caso.

Per quanto riguarda poi i libertari che si presentano sotto la bandiera dell'anarco-capitalismo, si potrebbe dire che essi hanno molte difficoltà a presentare la loro “merce” (cioè le loro idee e le loro proposte) in modo tale da accrescere continuamente il numero di acquirenti/simpatizzanti. E, nel capitalismo, senza (molti) acquirenti o ci si accontenta di restare un produttore di nicchia o, nella peggiore delle ipotesi, prima o poi si chiude l'attività, logorati dallo sforzo e dalla stanchezza.

Sperare che così non avvenga è il minimo che si possa augurare. Ma allora un cambiamento radicale dei modi di comunicazione e delle forme del linguaggio è all'ordine del giorno per tutti gli amanti della libertà. E, per usare le parole di un amico che è anche un appassionato della libertà, riuscire ad “adottare un linguaggio ed un modo consoni a trasmettere il disagio di sottostare alla dittatura di un SISTEMA subdolamente invasivo e falsamente protettivo” (Carmelo Miragliotta).

 

 


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