Gian Piero de Bellis

Divide et Impera

(Novembre 2014)

 


 

Quasi tutti conoscono la storia della lotta tra Orazi e Curiazi agli albori di Roma. Invece di una guerra tra Roma e Alba Longa, i sovrani decisero di mettere in campo i rispettivi campioni : i tre fratelli Orazi (Roma) e i tre gemelli Curiazi (Alba Longa) per vedere chi fosse destinato a prevalere. Avvenne che, durante le prime fasi del combattimento, due Orazi furono uccisi e due Curiazi furono feriti. Il duello sembrava quindi volgere decisamente a svantaggio di Roma. Sennonché, il superstite degli Orazi decise di mettere in atto una singolare strategia. Si diede alla fuga. Sicuri del loro strapotere contro una persona che, scappando, faceva la figura del codardo, uno alla volta i Curiazi si lanciano dietro il fuggitivo per ucciderlo. Essendo in condizioni fisiche differenti, essi lo raggiunsero in tempi diversi, e furono così da lui uccisi uno alla volta.

Questo è rimasto uno dei casi storici più famosi a testimoniare che la strategia di dividere il nemico, per poi sopraffarlo, è vincente, soprattutto quando le forze dell'avversario sono superiori.

Nella storia della Rivoluzione Americana, è rimasta famosa la frase di Benjamin Franklin che invitava i compatrioti americani a rimanere uniti di fronte alle truppe inviate dal re d'Inghilterra. Giocando sui vari significati del termine hang, Franklin sostenne in una lettera redatta poco prima di sottoscrivere la Dichiarazione d'Indipendenza (1776) che "We must, indeed, all hang together, or most assuredly we shall all hang separately." (Dobbiamo davvero rimanere tutti uniti [hang together] o saremo certamente tutti impiccati separatamente [hang separately]).

Ecco allora ripresentarsi la scelta strategica tra unione e divisione e la consapevolezza, espressa da Benjamin Franklin, che la disunione è la strada sicura per essere sconfitti e asserviti.

Per cui non è da stupirsi se alla base di qualsiasi potere forte che vuole dominare gli altri c'è la massima “Divide et Impera”. Attuando questa strategia, un potere centrale, composto da una ristretta oligarchia, può dominare un numero enorme di persone. Oppure, una minoranza determinata che lotta per la sua libertà e che mette in atto una buona strategia unitaria può avere il sopravvento su un potere che può contare sull'acquiescenza di una maggioranza disorganizzata e senza idee.

La pratica che porta, nel caso di un potere centrale oligarchico, alla attuazione della strategia del “divide et impera” mirante al dominio su una popolazione, può essere sintetizzata con una parola: manipolazione.

La pratica della manipolazione avviene attraverso un percorso che può essere così tratteggiato.

Le persone riflettendo sulla realtà producono idee.

Le idee si possono classificare in:

    a) concetti scientifici (risultato dell'analisi empirica della realtà)

    b) costrutti mentali (risultato delle pulsioni emotive della volontà).

a) I concetti scientifici servono per conoscere-strutturare la realtà e per risolvere problemi. Se la spiegazione di cosa avviene nella realtà è inadeguata e non è porta alla risoluzione di un problema, allora il concetto scientifico è considerato inutile-falso e viene abbandonato.

b) I costrutti mentali sono narrazioni che colorano la realtà, la riempiono di passioni e di emozioni e muovono l'agire degli individui. Essi non sono falsificabili in alcun modo e cadono in disuso solo con il passare del tempo e con la trasformazione delle passioni.

L'essere umano è un misto di ragione e passione. Entrambi sono fattori necessari per l'esistenza e l'avventura umana. Senza la passione forse la ricerca scientifica non avrebbe luogo o si arresterebbe ai primi ostacoli. Senza la ragione l'essere umano commetterebbe sempre gli stessi errori perché tralascerebbe di confrontarsi con la realtà empirica.

La possibilità di effettuare manipolazioni avviene quando i concetti scientifici cedono totalmente il posto ai costrutti mentali. A quel punto i costrutti mentali vengono impacchettati dagli intellettuali come ideologie (intese come pregiudizi da accettare a scatola chiusa) e vengono contrapposti l'uno all'altro. Una ideologia non vive quasi mai di vita propria ma spesso solo in quanto si contrappone ad un'altra ideologia.

A quel punto, l'ultimo passaggio consiste nel convincere gli individui ad aderire ad una o all'altra ideologia e per il potere il gioco è assicurato. Si potrebbe addirittura dire che, per la conservazione di un potere oligarchico, è relativamente poco importante quale ideologia prevalga. Infatti molti sono passati e passano da una ideologia all'altra (da destra a sinistra e viceversa) in maniera disinvolta. Prova ne è il fatto che parecchi quadri dirigenti del PCI nel dopoguerra avevano precedentemente militato nelle file del partito nazionale fascista o in organizzazioni fasciste.
Quello che importa è l'esistenza di una divisione-contrapposizione ideologica e la convinzione che la propria ideologia debba prevalere, un giorno, su tutte le altre. Solo così è possibile l'esistenza permanente di esseri bramosi di potere (i politici) e di esseri desiderosi di successo culturale (gli intellettuali in quanto costruttori o divulgatori di ideologie).

A questo punto è bene chiarire una cosa. Qui non si vuole sostenere che non ci possano essere contrapposizioni o che le contrapposizioni siano tutte artificiosamente create. Ma solo precisare che:

a) le idee centrali, in qualsiasi campo dell'avventura umana (la scienza, la filosofia, la spiritualità religiosa, ecc.), mostrano notevoli punti in comune in quanto esprimono il meglio della comune umanità di tutti gli esseri umani;

b) nei casi in cui esistono idee e stili di vita differenti (più che contrapposti), ciò non dovrebbe costituire alcun problema ma dovrebbe essere semplicemente accettato da tutti lasciando che ognuno applichi a sé stesso le idee e lo stile di vita che più gli si confà.

Così facendo è anche molto probabile che gli stili di vita più soddisfacenti in un dato momento si diffonderanno progressivamente, attenuando sempre più eventuali contrapposizioni.

Cosa che invece non avviene quando si tratta di contrapposizioni create ad arte a fini di manipolazione e di controllo. Infatti, così facendo, si creano anche sette di nemici e di amici il cui interesse (politico, economico, ideologico) è quello di perpetuare le divisioni-contrapposizioni.

La politica è infatti tutta basata sull'invenzione di nemici ideologici (i fascisti, i comunisti, gli anarchici, i liberali, i libertari, ecc.) e la formazione di sette di amici (i partiti, i gruppi di pressione, le corporazioni, ecc.). Anche lo stato nazionale può essere inteso come una setta di amici opposta alle altre sette nazionali viste come nemici. Tutto il secolo XX si è basato sulle lotte tra sette contrapposte in cui ideologie e nazionalismi hanno creato miscele esplosive di odio e di distruzione.

Le contrapposizioni tanto sbandierate dagli intellettuali nel corso del secolo passato erano fasulle in quanto le somiglianze (la bramosia di potere, i metodi usati per conseguirlo, le misure prese una volta al potere) sono state di gran lunga superiori alle millantate distinzioni (ad es. tra fascismo e comunismo o tra liberalismo e socialismo). È appropriato affermare che tutti gli antifascisti e anticomunisti sono o fondamentalmente statalisti o pedine inconsapevoli di supporto alla strategia dello statalismo del divide et impera (contrapponi e comanda).

Radicale è invece la differenza tra politica e attività scientifica. Il politico inventa nemici e offre illusioni; lo scienziato cerca problemi e suggerisce soluzioni. Le illusioni sono finzioni che la mente di molti prende per fatti reali ma che sono buone solo per accontentare e tacitare la gente nel breve periodo; le soluzioni sono proposte che devono funzionare anche nel lungo periodo altrimenti vengono rigettate dalla stessa comunità di scienziati i quali non hanno alcun interesse o affiliazione di tipo nazionale, razziale, ideologico e via discorrendo.

Per accantonare il potere oligarchico che, attraverso la manipolazione ideologica, genera negli individui una spinta alla servitù volontaria occorrerebbe:

  • evitare contrapposizioni per lo più fasulle.

  • concentrarsi su problemi e soluzioni reali (praticare il metodo e l'attività scientifica).

  • cercare l'unità nella varietà e/o la differenziazione senza la contrapposizione.

Gli aforismi e le esortazioni del senso comune suggeriscono di vivere e lasciar vivere perché la varietà è il sale della vita. Purtroppo nell'età dello statismo e della scuola di stato il senso comune (o buon senso) non è così comune come sarebbe auspicabile. Ma, nell'era di internet e del passaparola universale una sorta di buon senso comune planetario potrebbe di nuovo rifiorire.

È quello che vedremo negli anni a venire.

 


[Home] [Top] [Sussurri & Grida]