Benedetto Croce

Destra e Sinistra in Italia alla fine dell'ottocento

(1927)

 



Nota

Questi passaggi di Benedetto Croce sulla Destra e sulla Sinistra in Italia negli ultimi decenni dell'ottocento sembrano raffigurare situazioni politiche esistite da sempre e perciò quanto mai attuali. Croce mette in luce il fatto che gli uomini di partito si differenziano e si contrappongono molto più per questioni di potere che non per concezioni e progetti diametralmente opposti; infatti, uomini politici con posizioni simili possono essere trovati nei due schieramenti che caratterizzavano a quei tempi, e caratterizzano tuttora, almeno in termini astratti, la vita politica italiana.

 


 

"... l'uno e l'altro partito, la Destra e la Sinistra, erano tutt'insieme conservatori e progressisti nel loro indirizzo generale, e ... il divario sorgeva solo su questioni concrete e particolari nelle quali ciascun componente di quei presunti partiti era in accordo o in dissenso coi suoi, in dissenso o in accordo con gli avversari; cosicché, nei particolari, ogni problema aggruppava e divideva diversamente gli uomini politici.

L'allargamento del suffragio era chiesto dal Cairoli e dal Crispi come suffragio universale, con l'accompagnamento del Senato elettivo, della indennità ai deputati, e, residuo del passato, l'ombra della Costituente; ma, nello stesso loro partito, di affatto diverso avviso era il Depretis, che pensava a un moderato allargamento, e il Nicotera, che forse avrebbe fatto a meno anche di questo, mentre tra quelli di Destra, il Sella gli era favorevole, e, del resto, quando alfine fu attuato non produsse nessuno dei disastri profetati, e la qualità degli elettori non solo non peggiorò, ma in generale divenne migliore. Sulla questione della tassa del macinato il Sella era rigido nel ritenerla indispensabile, ma il Minghetti inchinevole all'abolizione, e, quando si voleva abolirla in ogni parte troppo rapidamente, fu un ministro di Sinistra, il Grimaldi, quegli che si ribellò e si dimise, dichiarando che 'l'aritmetica non è un'opinione'.

Circa le relazioni tra stato e chiesa, laddove il Lanza e il Minghetti si attenevano alla formula cavouriana della chiesa libera nello stato libero, lo Spaventa era risolutamente per lo stato contro la chiesa, cioè per lo stato moderno contro lo stato antiquato o (se piace dire diversamente) per la chiesa moderna contro l'antica; e il Sella, giurisdizionalista, vedeva nella chiesa il 'pericolo immenso' della società moderna, temendo che lo stato si spogliasse troppo spensieratamente delle armi di difesa e offesa che ancora possedeva contro di essa, e approvava il disegno di legge del ministro di Sinistra, il Mancini, sugli abusi del clero.

Nella sempre riproposta e non mai affermata di proposito né risoluta questione del decentramento, quelli di Destra erano altrettanto discordi e perplessi quanto quelli di Sinistra.

Nelle questioni economiche, come in quella dell'esercizio delle ferrovie, liberisti che le preferivano affidate all'industria privata e monopolisti che le assegnavano ai compiti dello stato, si trovavano nell'uno e nell'altro campo.

Nella politica interna, il Nicotera, che mantenne il domicilio coatto e l'istituto dell'ammonizione e proibì comitati e celebrazioni repubblicane o semirepubblicane, e sciolse società operaie e mandò alle isole i promotori di scioperi, e poi il Crispi, davano dei punti ai più autoritari ministri della Destra, laddove lo Zanardelli, geloso della libertà di riunione e tenace nella massima del reprimere e non prevenire, non avrebbe discordato dal Ricasoli e da altri puri liberali di Destra, i quali, per altra parte, non potevano non plaudire al rispetto scrupoloso che quest'uomo di sinistra sempre dimostrò per l'indipendenza della magistratura. La domanda di garanzie contro le prepotenze dei governi di partito nell'amministrazione, che ebbe precipuo proponitore e sostenitore lo Spaventa, fu accolta e tradotta in un istituto, la quarta sezione del Consiglio di Stato, da niun altro che dal Crispi, che di essa volle presidente e ordinatore proprio lo Spaventa.

La legge della perequazione fondiaria fu opera di un ministero di Sinistra, con la valida collaborazione del Minghetti e di altri della Destra. L'obiezione costituzionale, sollevata dallo Spaventa contro il Crispi sulla illegittimità di creare o abolire ministeri per decreto, fu accolta da altro governo di Sinistra e finì col diventare più tardi legge dello stato.

Così procedevano i fatti, per chi guardi ai fatti." (pp. 13-15)

"Uomini di Destra entravano in gabinetti di Sinistra, frazioni di Destra sostenevano siffatti gabinetti, frazioni della Sinistra si combattevano tra loro." (p. 16)

"... Destra e Sinistra si dividevano ormai non per diverso indirizzo di idee, ma per effetto di tradizioni e di uomini." (p. 17)

"In luogo delle denominazioni secondo gli ideali della conservazione e del progresso, i gruppi si designavano secondo i capi che si tenevano capaci di formare i ministeri, depretisini e crispini e nicoterini e zanardelliani e selliani, e simili; poco di poi, seguì la parola che dava la coscienza della dissoluzione avvenuta, una parola che parve brutta o addirittura vergognosa, e col senso di pudore e di ribrezzo correva per le labbra di tutti : 'trasformismo'. Con le elezioni dell'80 si era costituito il centro sinistro; con quelle dell'82 si ebbe la nuova maggioranza del Depretis, quella appunto del "trasformismo", che egli chiamava il 'grande nuovo partito nazionale'." (pp. 17-18)

"Certo, il ritmo della vita e della storia si svolge con quei due momenti, della conservazione e del progresso, e con la loro sintesi; ma, appunto perché quei momenti sono in ogni singolo atto e moto, non è lecito mitizzarli in due anime diverse e materializzarli in due programmi in ogni punto diversi e contrapposti." (p. 19)

"Il malessere della borghesia meridionale fornì ... la 'massa di manovra' alla Sinistra per rovesciare il governo della Destra; ma non poteva trovare in quel sollevamento elettorale il proprio rimedio e vi trovò, tutto al più, empirici e saltuari e individuali lenimenti, espressi dalla frase scherzosa, eppur tanto triste, del Depretis, che egli si guadagnava l'appoggio dei deputati meridionali con non altro compenso che la concessione di qualche spaccio di sale e tabacchi." (pp. 55-56)

"... quel che anche resta del passaggio dalla Destra alla Sinistra è l'allargamento del suffragio e un indirizzo alquanto più democratico in materia di tributi, che furono le parti del programma di Sinistra, con molti temperamenti, attuate; e nel rimanente, un'opera di governo che è impossibile dire che fosse di Sinistra piuttosto che di Destra, ed è difficile discernere fino a qual segno fosse effettuata dagli uomini di Sinistra e fino a qual segno da quelli di Destra, poiché gli uni e gli altri collaboravano, pur contrastandosi, nel parlamento e nel paese." (pp. 68-69)

"... Gabriele d’Annunzio, che in quegli anni (1900) era deputato, estetizzante deputato, chiamato dai suoi estetizzanti amici il 'deputato della Bellezza', e sedeva all’estrema Destra ma aveva quel fiuto del pubblico che mancava ai Pelloux e ai Sonnino, intervenne allora, a un tratto, in una riunione degli ostruzionisti, salutandoli con le parole: 'Oggi so che da una parte vi sono molti morti che urlano, e dall'altra pochi uomini vivi ed eloquenti. Come uomo d’intelletto, vado verso la vita!'; e, nella tornata della Camera del 27 marzo 1900, passò ostentatamente a occupare un posto nei banchi dell'estrema Sinistra." (p. 200)

 

(da Benedetto Croce, Storia d’Italia dal 1871 al 1915, Laterza)

 

 


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