Gian Piero de Bellis

Utili nemici e utili ingenui

(Settembre 2013)

 


 

Nella scienza Fisica, il terzo principio della dinamica recita così : Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria.

Questo principio è rinvenibile, pur con modifiche talvolta importanti, anche nell'ambito delle scienze sociali, cioè di quelle che studiano i comportamenti di relazione tra gli individui.
La differenza principale consiste nel fatto che le azioni dell'individuo sono conseguenza anche (e spesso soprattutto) di un apparato culturale e di un tessuto di civiltà che guida il modo in cui l'individuo reagisce ad una azione che lo riguarda.
In linea generale si può dire che la natura umana, non affetta da patologie, è spinta a reciprocare: se qualcuno ci aiuta siamo portati a ricambiare l'aiuto, se qualcuno ci sorride ci viene quasi istintivo sorridergli.

Al tempo stesso, se uno subisce violenza, è portato a rispondere alla violenza con altrettanta o maggiore violenza, a meno che non intervengano
(a) forti meccanismi personali (cultura, religione, personalità forte) che spingono ad un diverso corso d'azione (ad es. allontanarsi dal violento, perdonare, fino al caso estremo di porgere l'altra guancia);
(b) forti meccanismi sociali (agenzie di protezione, reazione istintiva del gruppo a difesa della persona attaccata) che rendono non necessaria una reazione violenta del singolo.

In mancanza di ciò è prevedibile che, di fronte ad una azione violenta subita, ci sarà prima o poi, talvolta anche per interposta persona, una reazione violenta espressa.

Esaminiamo due casi che illustrano ciò di cui stiamo parlando.

Azione. Il 7 Maggio 1898 una dimostrazione ebbe luogo a Milano. Il generale Fiorenzo Bava Beccaris, comandante della piazza di Milano, proclamò lo stato d'assedio e dette l'ordine di sparare a vista sui dimostranti. Furono usati anche i mortai che fecero 80 morti e 450 feriti tra i civili. Dopo il fatto, Bava Beccaris telegrafò al re, Umberto I, comunicandogli la notizia che Milano era stata “pacificata”. In seguito a ciò, il re inviò al “pacificatore” un telegramma di felicitazioni e gli concesse la Croce dell'Ordine Militare di Savoia “per i preziosi servigi resi alle istituzioni e alla civiltà.”

Reazione. Il 17 Maggio 1900, l'anarchico Gaetano Bresci salpò dal porto di New York diretto in Italia. Aveva una missione da compiere. Il 20 Luglio 1900, a Monza, egli sparò tre colpi di rivoltella contro il re Umberto I, uccidendolo. I morti di Milano erano stati vendicati. A Bresci questo era apparso come l'unico modo per rendere giustizia dal momento che la “giustizia” ufficiale mai sarebbe intervenuta a chiedere conto dell'eccidio di Milano né a Bava Beccaris né tantomeno al re. L'uccisione del re avrebbe poi scatenato una ulteriore reazione: Gaetano Bresci sarebbe stato trovato morto nella sua cella il 22 Maggio 1901, probabilmente “suicidato” dalle guardie carcerarie su ordini dall'alto.

Vediamo adesso un episodio più vicino a noi nel tempo.

Azione. Nel 2006, in Somalia, una coalizione di Islamici, stanchi delle violenze perpetrate quotidianamente dai signori della guerra che dominavano il paese, ottenne il favore popolare e restaurò un certo livello di ordine. Come riportato da David Keen nel suo libro Useful Enemies (2012) molti Somali “sembrano aver salutato con sollievo l'instaurazione dell'Unione delle Corti Islamiche come baluardo contro i soprusi dei padroni della guerra.” Ma il governo degli Stati Uniti la pensava diversamente in quanto era alleato con alcuni di questi signori della guerra. Per cui, truppe di vari paesi africani tra cui l'Etiopia, sostenute dall'aviazione americana, intervennero militarmente e installarono al potere un Governo Federale di Transizione. Tale governo si rivelò ben presto profondamente violento e corrotto. In un rapporto dell'International Crisis Group del Febbraio 2011 si afferma che “il livello di impunità con cui opera questo governo e manipola il sistema ai suoi fini di rapina è notevole.” Tutto ciò poteva avvenire con il pretesto della guerra al “terrorismo islamico”. Nell'Ottobre del 2011, truppe del Kenya intervennero a sostegno del governo di transizione somalo (quello dell'impunità e della rapina) per annientare la resistenza del movimento Al-Shabaab nel sud del paese.

Reazione. Il 21 Settembre 2013, un gruppo di militanti di Al-Shabaab occupa un centro commerciale a Nairobi (la capitale del Kenya) e compie una strage (almeno 67 civili uccisi) per attirare l'attenzione su di sé, sulla propria lotta e per vendicare indirettamente i tanti morti somali per mano dell'esercito keniota intervenuto nel conflitto.

 

Considerazioni generali. La constatazione che ad una azione violenta da parte del potere faccia poi seguito una contro-reazione violenta da parte di coloro che si oppongono a quel potere non è qualcosa difficile né da accertare né da documentare. Ci sono decine di studi che attestano che un intervento violento presso una popolazione alimenterà la nascita di ribelli che si renderanno protagonisti, in un futuro indefinito, di reazioni violente (si veda ad es. Ivan Eland, Does U.S. Intervention Overseas Breed Terrorism? The Historical Record, Cato Institute, 1998).
Come sostenuto da parecchi studiosi con riferimento alla guerra in Vietnam, i bombardamenti a tappeto degli americani furono uno dei fattori più importanti nella creazione del nemico, i Vietcong.
Uno studioso ha recentemente affermato che “molti fattori chiave nella guerra al terrorismo condotta dagli americani hanno anche contribuito a riprodurre il nemico.” (David Keen, Useful Enemies, 2012)
E Robert A. Pape, professore di scienze politiche all'Università di Chicago, ha sottolineato che "lo scopo principale dei terroristi suicidi è ... costringere lo stato che essi attaccano a cambiare politica, soprattutto a fare sì che gli stati democratici ritirino le forze armate dai territori che essi vedono come la loro patria." (The Strategic Logic of Suicide Terrorism, 2003). In sostanza, come ribadito in una intervista dall'autore, quasi nulla a che vedere con il fondamentalismo e quasi tutto a che fare con il patriottismo.

Ma allora perché avviene tutto ciò?
La spiegazione più plausibile, anche sulla base di esperienze dirette di alcuni partecipanti ai conflitti e di studiosi del problema è, che le reazioni violente sono non solo previste ma quasi auspicate dal potere (lo stato) perché ciò giustifica il suo esistere (in quanto rafforza l'idea che lo stato sia una entità necessaria e insostituibile per garantire la sicurezza) e offre una opportunità di profitti enormi (per il complesso militare-industriale).

Quindi i nemici sono utili e nel caso essi venissero meno, come è avvenuto con il crollo del comunismo di stato, allora bisogna inventarli.
La produzione di “utili nemici” è possibile solo attraverso la produzione in contemporanea di “utili ingenui” (se non addirittura “utili idioti”) che accettano supinamente tutte le menzogne e le falsità fabbricate dal potere e diffuse dai mezzi di comunicazione di massa finanziati dal potere.
Infatti, solo un ingenuo rifiuta di rendersi conto che il sostegno dell'occidente a governi tirannici e corrotti è stato ed è tuttora il veicolo essenziale per alimentare il terrorismo. E che il terrorismo è quasi sempre la risposta degli impotenti nei confronti dei potenti, in presenza di una situazione di violenza e di sfruttamento subiti con rabbia crescente (vedi: Dying to Win, 2005).

E solo fuoriuscendo da qualsiasi potere territoriale monopolistico spezzeremo non solo la dinamica di azione-reazione violenti, ma anche la coppia "utili nemici-utili ingenui" dalla cui esistenza e continua riproduzione dipende la sopravvivenza di quella entità criminale nota sotto il nome di stato.

 


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