Gian Piero de Bellis
Liberalismo & Socialismo : le truffe del secolo
(Giugno 2013)
Ci sono alcune cose che vanno dette e ridette, anche a costo di sembrare ripetitivi. E in questo caso riconosco in partenza di essere ripetitivo fino alla nausea, perché ho già trattato varie volte questo argomento.
La tesi che ho già sostenuto in passato è che liberali e socialisti sono stati i due protagonisti attivi della costruzione dello stato nazionale. Il liberalismo e il socialismo, una volta sfrondati dalle formulazioni altisonanti sulla libertà e sull’uguaglianza, sono state le due ideologie che hanno partorito lo stato centrale, con tutte le sue imposizioni e manipolazioni.
Il liberalstatismo ha dominato nel corso del XIX secolo e ha posto le
basi della costruzione statuale con la scuola statale, l’assistenza sanitaria
statale, la previdenza statale e via discorrendo, tutte misure che i socialisti,
in un primo tempo, avevano opposto in quanto, ai loro occhi, lo stato padronale
si voleva sostituire alle loro associazioni volontarie di mutuo soccorso.
Poi, quando sono nati i partiti socialisti su base nazionale, i capi socialisti,
per lo più avvocati e liberi professionisti provenienti dalla borghesia,
hanno visto che il potere statale era utilizzabile anche a vantaggio delle
masse e per il consolidamento della loro influenza sulle masse stesse.
Per cui, con l’allargamento del suffragio elettorale, nel XX secolo è prevalso
il socialstatismo, che ha rafforzato lo stato attraverso il controllo statale
dei mezzi di comunicazione, la nazionalizzazione di molte imprese e la
pianificazione economica.
Tutto ciò è avvenuto con la tacita intesa dei gruppi dirigenti liberali
e socialisti che, a parole facevano finta di combattersi come portatori
di due visioni differenti, ma che nei fatti differivano solo su chi avrebbe
prevalso momentaneamente nel controllo dello stato al fine di meglio foraggiare
i propri sostenitori.
Tutti infatti, liberali e socialisti, ritenevano e ritengono tuttora lo stato una entità indispensabile per la regolamentazione della società. Ciò è del tutto evidente considerando che, anche un liberale del prestigio di Ludwig von Mises ha affermato, in uno scritto sul liberalismo: "For the liberal, the state is an absolute necessity, since the most important tasks are incumbent upon it: the protection not only of private property, but also of peace, for in the absence of the latter the full benefits of private property cannot be reaped." [“Per il liberale, lo stato è una assoluta necessità dal momento che i compiti più importanti spettano a lui: la protezione non solo della proprietà privata, ma anche della pace, in quanto in assenza di pace tutti i benefici della proprietà privata non possono essere colti.” ] (Liberalism, 1927)
Adesso, nel XXI secolo, continuare questo gioco delle parti (antistatalisti
liberali contro statalisti socialisti) non dovrebbe essere più possibile.
Eppure molti ci provano ancora e mettono, ad esempio, in bella mostra il
loro anti-socialismo qualificandosi come liberali doc, di impronta classica,
quindi liberali autentici.
E, dopo anni di sbandamento a seguito del crollo dell’Unione Sovietica,
c’è da aspettarsi che anche i socialisti, paladini dell’uguaglianza e nemici
del privilegio, in presenza di un disfacimento dello stato, si ripresenteranno
come coloro che vogliono andare al di là dello stato padronale e che non
hanno quindi nulla a che vedere con le varie caste e camarille burocratiche.
Allora è bene chiarire che, anche nelle loro formulazioni originarie,
non affette da statalismo congenito, sia il liberalismo che il socialismo
possono essere qualificati come due enormi imbrogli commessi sotto il segno
dello stato. In effetti, potremmo definire queste due ideologie come le
truffe del secolo.
Vediamo brevemente come queste due truffe hanno potuto insinuarsi nel cervello
delle persone e presentarsi come due proposizioni apparentemente ragionevoli.
Lo stato minimo (liberalismo)
Il liberalismo classico sostiene che lo stato minimo, cioè lo stato avente
peso e raggio d’azione limitati, è una entità indispensabile per il mantenimento
dell’ordine e per garantire la sicurezza di tutti i soggetti statali.
Senza di esso ci sarebbe la lotta di tutti contro tutti e la proprietà
privata potrebbe non esistere o non sarebbe affatto protetta.
A questa tesi si può facilmente obiettare
- che il concetto di proprietà e di garanzia della proprietà esistevano ben prima dell’invenzione dello stato moderno e dei suoi codici;
- che uno dei massimi attentatori alla proprietà è stato proprio lo stato liberale con i suoi espropri delle terre comuni (i commons) e delle proprietà della chiesa.
Ma l’obiezione principale allo stato minimo, che ci autorizza a qualificare
tale proposizione come una vera e propria truffa, è il fatto che nessun
organismo che ha un potere monopolistico su un territorio e i suoi abitanti
è mai riuscito (ed è improbabile che possa mai riuscire) a limitare il
suo raggio d’azione. Per cui, anche sotto i liberali, lo stato minimo ha
via via allargato la sua sfera di intervento fino a diventare lo stato
massimo che tutti conosciamo. E questo è avvenuto anche quando talune esperienze
(ad es. le privatizzazioni economiche) hanno portato i liberali a illudersi,
e a illudere molti altri, che lo stato stava ritirandosi, mentre, in realtà,
stava solo ristrutturandosi.
In sostanza, i liberali che credono allo stato minimo, indispensabile entità
benefica per tutti, sono come coloro che credono nella bontà del piccolo
tumore maligno come escrescenza benefica per tutto l’organismo. Poi, ad
avvenuto decesso, non si può fare altro che costatare che il piccolo tumore
maligno, non prontamente rimosso, è stato solo l’avvisaglia di uno sconquasso
totale del corpo.
Lo stato temporaneo (socialismo)
I socialisti, in primo luogo il famoso Ferdinand Lassalle, si sono presi
gioco di questa idea dello stato minimo qualificandola, con l’intento
di ridicolizzarla, con l’espressione di “guardiano notturno” (a night
watchman). Per essi invece, che si stavano raggruppando in partiti nazionali,
lo stato doveva assumersi compiti di giustizia sociale e ciò avrebbe
favorito la nascita di una società socialista.
Anche Marx ed Engels, che pur erano molto lontani dalla visione statalista
di Lassalle, hanno contribuito a costruire una immagine del socialismo
basata sulla crescita del ruolo dello stato. Essi vedevano la forma di
produzione capitalistica favorire le grandi imprese, per cui, in prospettiva,
solo alcuni grandi gruppi avrebbero dominato totalmente la scena economica
mondiale. In presenza di questa dinamica economica, il proletariato, cioè
la grande massa dei produttori, avrebbe dovuto puntare al potere politico
attraverso la conquista dello stato.
A quel punto, una grandiosa macchina produttiva creata dalla borghesia
capitalista invece di essere al servizio di una ristrettissima élite sarebbe
stata messa a disposizione di tutti. Gli espropriatori sarebbero stati
espropriati dallo stato che avrebbe controllato, durante una breve fase
di rivoluzione politica, tutte le leve del potere (fase del socialismo).
Una volta che il pericolo di una controrivoluzione fosse passato, lo stato
si sarebbe estinto in quanto fenomeno temporaneo non più necessario. A
quel punto si sarebbe entrati nel regno della libertà o comunismo, caratterizzato
dal benessere per tutti e dall’assenza di qualsiasi vincolo di subordinazione.
Chiaramente, anche in questo caso siamo in presenza di una truffa colossale, già ampiamente irrisa da tutti gli anarchici. L’idea che un organismo, che arriva a controllare tutto e tutti, decida poi di sopprimersi in quanto si riconosce come fenomeno temporaneo, non più necessario, è una eventualità che non sta né in cielo né in terra. Al massimo può crollare per impossibilità di funzionamento e fare spazio ad un organismo sempre monopolistico ma più snello che poi crescerà di peso, fino a quando non sarà ingovernabile e ….
Considerazioni finali
In definitiva, con lo stato minimo (che diventa poi massimo) e lo stato temporaneo (che diventa poi permanente), liberali e socialisti hanno preso in giro e pensano di continuare a prendere in giro, con le loro truffe secolari, un numero enorme di persone.
Adesso è arrivato il tempo di dire basta a queste idiozie. È arrivato
il tempo di lasciarsi alle spalle queste lotte e diatribe tra gruppi e
ideologie, tutti egualmente statalisti, e occuparsi seriamente della estinzione
dello stato monopolista attraverso concezioni, progetti e attività reali
che non hanno nulla a che fare con le ideologie e la politica.
Liberalismo e socialismo, fatti salvi alcuni principi che fanno parte del
patrimonio della civiltà umana (ad es. i principi di libertà e di equità)
e che non sono esclusivi né dell’uno né dell’altro, vanno abbandonati come
concezioni teoricamente superate e praticamente fuorvianti. Esse sono affette
da troppi vizi di fondo e da troppe ambiguità per poter essere recuperate e utilizzate
negli anni a venire.
Per cui, se sentirete qualcuno definirsi liberale o socialista, sostituite
quei due aggettivi con il termine più appropriato di statalista e tutti
gli equivoci verranno meno.