Gian Piero de Bellis
Il fascino discreto della confortevole insensatezza
(Giugno 2015)
Nel 1965, Alvin Toffler coniò l’espressione Lo Choc del Futuro per definire la tensione e il disorientamento che provocano in molte persone cambiamenti culturali e tecnologici rapidi e profondi. Alcuni anni dopo egli avrebbe esplorato il tema in un libro molto interessante che riprendeva nel titolo proprio quella espressione (Future Choc, 1970).
La tensione e il disorientamento derivano spesso dal fatto che, al cambiamento accelerato della realtà circostante, ad esempio degli strumenti tecnologici, non corrisponde un altrettanto rapido cambiamento degli strumenti culturali di interpretazione e conoscenza della realtà stessa. Per cui si crea quello che il sociologo William Ogburn ha definito un « cultural lag ».
Un « cultural lag » può avere anche origine dallo squilibrio tra cultura tradizionale e cultura moderna. Ad esempio, i figli degli immigrati si adattano, di solito, alla cultura della località in cui i loro genitori si sono trasferiti mentre i genitori rimangono spesso profondamente ancorati alla cultura di origine. E questo dà vita a forti tensioni familiari che possono arrivare fino al compimento di atti inconsulti (ad es. uccidere la figlia che non vuole saperne di un matrimonio imposto).
Per quanto riguarda le persone nate e cresciute in un paese, e che hanno avuto scarsi contatti con realtà differenti dalla cultura locale o nazionale e scarso interesse a rivedere e aggiornare la propria formazione, frutto degli anni della scolarizzazione, assistiamo ad una sorta di « cultural lag » che si manifesta in comportamenti caratterizzati da quella che si potrebbe definire come « confortevole insensatezza ». Allora le persone
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Ripetono sempre gli stessi comportamenti sperando che il risultato finale cambi.
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Reagiscono nel presente utilizzando unicamente e pedissequamente strumenti culturali del passato.
Esaminiamo brevemente queste due forme di insensatezza.
Ad alcune personalità di rilievo del passato, quali Benjamin Franklin e Albert Einstein, è attribuita la frase: Insanity is doing the same thing over and over again and expecting different results (Follia è fare sempre la stessa cosa e aspettarsi risultati differenti).
Se accettiamo che l'affermazione corrisponda al vero, occorre allora capire perché ciò avviene, vale a dire perché alcune persone ripetono sempre gli stessi comportamenti, attendendo ogni volta esiti che non arrivano mai.
Una risposta semplice e immediata è che la persona non conosce o non ha (ancora) elaborato alternative a quel comportamento ripetuto, per cui esso risulta il solo e il più facile da mettere in atto.
Ad esempio, perché l’ubriaco cerca la chiave sotto il lampione? Perché lì c’è luce, e non importa che la chiave sia stata probabilmente persa nel prato a cento metri dal lampione.
Allo stesso modo, perché molte persone continuano a votare anche se è accertato che le probabilità che il voto influisca sulla realtà sono quasi nulle, gli eletti non sono tenuti al rispetto del programma, cambiano casacca politica seguendo i loro interessi e umori (più di duecento lo hanno fatto nell’attuale Parlamento italiano), possono ribaltare in Parlamento i risultati di un referendum popolare, e via di questo passo? Risposta immediata: perché è quello che hanno sempre fatto.
L’ipotesi qui avanzata è che le persone ripetono gli stessi comportamenti perché non ne conoscono altri pertinenti, hanno e danno l’impressione di fare qualche cosa, pensano, in certi casi, di assolvere quello che è ritenuto un dovere sociale o di fare qualcosa di sensato, tranquillizzando così la propria coscienza. In sostanza praticano una « confortevole insensatezza » perché ne ricavano una seppur minima confortevole sicurezza psicologica.
Vediamo adesso il caso in cui le persone fisicamente vivono nel presente ma culturalmente e praticamente si comportano come se vivessero nel passato.
Nel 1974, il sottotenente giapponese Hiroo Onada ricevette dal suo comandante l'ordine espresso di cessare qualsiasi attività militare. La guerra era finita 29 anni prima ma il sottotenente Hiroo Onada continuava a combattere i nemici dell’Imperatore nella giungla dell’isola Lubang nelle Filippine. Egli non solo non si era reso conto della fine delle ostilità ma non voleva rendersene conto. Attendeva precisi ordini al riguardo.
Lo stesso, anche se non in maniera così estrema e drammatica, avviene per molte persone che vivono nel XXI secolo ma fanno del tutto affidamento a modelli culturali e quindi a pratiche comportamentali del XIX e XX secolo. La loro non è solamente una nostalgia del passato, ma una accettazione, voluta o inconsapevole, dei modi di pensiero e di vita del passato.
Facciamo alcuni esempi:
Crescita economica
Nelle società occidentali dei secoli scorsi, la crescita economica era vista come un progresso perché permetteva ad un numero sempre maggiore di persone di uscire dalla povertà e di godere dei beni prodotti. Da molto tempo però in occidente (e non solo) si ha a disposizione un apparato produttivo talmente efficiente che, se fosse operativo a pieno regime, saremmo sommersi da una marea enorme di prodotti che sarebbe umanamente impossibile consumare. Per dare una idea, già nel 1872 la Joseph Dixon Company specializzata in matite, ne produceva 86.000 al giorno. Immaginiamo 100 di queste imprese e cosa se ne farebbero le persone di 8 milioni di matite prodotte giornalmente. Quindi, coloro che spingono ancora per la crescita generalizzata della produzione e dei consumi pensano e agiscono come se fossero rimasti fermi ai tempi delle carestie e delle ristrettezze, alla Lucania di Carlo Levi, dove « l’essere grasso è il primo segno della bellezza » perché « per raggiungere la grassezza, impossibile ai contadini denutriti, è necessario essere Signori e potenti. » (Cristo si è fermato ad Eboli, 1945). Il loro ideale parrebbe dunque essere l’uomo botte e la donna cannone, circondati da centinaia di merci e cianfrusaglie il cui acquisto serve « per far girare l’economia », per utilizzare una frase tipica dei fautori della « confortevole insensatezza ».
Lavoro e occupazione
L’introduzione di congegni automatici e robots che ha avuto luogo negli ultimi decenni ha modificato completamente i concetti di lavoro, reddito, occupazione. Ragionare ancora in termini di impiego a tempo pieno (otto o sette ore al giorno) e di piena occupazione, vuol dire non avere la più pallida idea del progresso tecnologico e dei suoi risvolti sul modo di produrre ed operare. Un esperto ha calcolato che nel 2010 esistevano già 8.6 milioni di robots nel mondo. Nel corso del solo 2013 il numero di robots nel mondo è aumentato del 12%. In un rapporto prodotto nel 2013 da ricercatori della Oxford Martin School’s si sosteneva che il 47% dei lavoratori in USA potrebbe essere sostituita nei prossimi 20 anni da congegni automatici. Che poi questo avvenga oppure no dipenderà anche dal peso che avranno i portatori della « confortevole insensatezza » come freno al progresso tecnologico e sociale.
Scuola e formazione
La quantità di informazione unita alla molteplicità ed economicità dei canali di comunicazione a disposizione delle persone potrebbe (e dovrebbe) far emergere uno scenario in cui molti processi formativi sono personalizzati e autogestiti dal singolo individuo attraverso una rete di esperti e risorse su richiesta (on demand). Coloro che vedono l’apprendimento unicamente o quasi come processo scolastico (iscrizione, frequenza, ottenimento di un diploma), per quante riforme possano apportare al meccanismo e per quante volte possano ripetere il mantra « la buona scuola » non fanno altro che rimanere all’interno della loro « confortevole insensatezza », ancor più insensata se per scuola intendono solo e soltanto quella fucina di propaganda e di manipolazione dei cervelli che è la scuola statale.
Politica e ideologie
Il villaggio globale in cui viviamo e l’individuo polivalente che ha a sua disposizione strumenti e risorse (di produzione, comunicazione, circolazione ed anche distruzione) senza equivalente nel corso della storia, sono realtà che le ideologie del passato non possono affatto contenere tranne che nelle loro linee generali, e solo nel caso in cui esprimano anch'esse valori universali ed eterni (libertà, equità, cura, ecc.). Battagliare ancora tra destra e sinistra, capitalismo e socialismo, laici e clericali, elemento nazionale ed elemento straniero, vuol dire essere rimasti e voler rimanere ai tempi dei Guelfi e dei Ghibellini. L’essere ideologizzato schiavo di queste contrapposizioni è l’espressione più chiara ed evidente della « confortevole insensatezza ». Senza le sue ideologie, i suoi miti, i suoi eroi e i suoi avversari, questo essere si sentirebbe ridotto ad un contenitore vuoto, il nulla del nulla. E dal momento che nessuno vuole essere o apparire come una nullità, eccolo lì a ripetere le formule magiche del passato, senza avanzare di un centimetro. E quando si lamenta di non riuscire a promuovere la diffusione di idee spesso decotte egli si comporta come l’uomo di Prèvert: Il se plaignait de ne pas avancer. Pourtant il suivait son idée. C’était une idée fixe. ("Si lamentava di non avanzare. Eppure seguiva la sua idea. Era un'idea fissa").
In sostanza, la « confortevole insensatezza » è il meccanismo attraverso il quale molte persone hanno addomesticato il loro cervello (o se lo sono fatto addomesticare) in modo da accettare senza problemi « confortevoli bugie ». Il comportamento che ne scaturisce è sovente da pazzi o rasenta la pazzia, anche se non lo si vuole riconoscere o addirittura si attribuisce la pazzia (o la dabbenaggine, o la disonestà mentale) agli altri che si comportano diversamente.
Continuando così le cose, le persone afflitte dalla « confortevole insensatezza » rimarranno a lungo in un manicomio territoriale a sovranità unica (chiamato italia o padania o veneto o …) a proporre le loro pozioni magiche (chiamate capitalismo o socialismo o liberalismo o …) che dovrebbero applicarsi a tutti, e i loro messaggi (sempre meno) ad effetto (tipo: scuola pubblica, scuola privata, padroni a casa nostra, libero mercato, crescita economica, diritto al lavoro, diritto di proprietà, ecc. ecc.) mentre il sangue pulsa nelle vene, la natura si trasforma, la tecnologia si perfeziona, e il mondo cambia.