Gian Piero de Bellis

L'inflazione che tarda a venire (e che forse non verrà)

(Dicembre 2015)

 


 

Tutti i i governanti che si sono accaparrati il controllo della moneta ne hanno (quasi) sempre svilito il valore originariamente fissato. Nei tempi moderni lo stato si è comportato come una macchina stampasoldi-mangiasoldi, per far fronte a spese e sprechi crescenti.
Quando la produzione di beni e servizi non riesce a tenere il passo con la creazione di cartamoneta, il fenomeno che si presenta è quello della inflazione: un certo numero di compratori ha a disposizione una quantità di denaro superiore alla quantità di merci e servizi disponibili a un certo prezzo. Per cui i venditori possono aumentare i prezzi, senza grossi rischi di invenduto, al fine di garantirsi un guadagno reale costante (o addirittura superiore se essi innalzano i prezzi oltre una certa soglia).

Per combattere la crisi economica e rilanciare i consumi, la Banca del Giappone (a partire dal 2001), la Banca d’Inghilterra, la Federal Reserve Americana e la Banca Centrale Europea (a partire dal 2008) hanno introdotto nel sistema economico una quantità colossale di denaro, qualificando il loro comportamento sotto l’accattivante espressione di quantitative easing (agevolazione quantitativa).

La Banca del Giappone, nel periodo 2001-2004, ha immesso nell’economia delle banche 30 trilioni (miliardi di miliardi) di Yen (circa 300 miliardi di dollari). E ha ripreso a stampare moneta dal 2007 a tal punto che nel 2013 si prevedeva il raddoppio della massa monetaria esistente nell’economia.
La Federal Reserve americana, in tre ondate successive (QE1,2,3) dal 2008 al 2014, ha immesso nel sistema economico liquidità pari a 4.5 trilioni (miliardi di miliardi) di dollari.
La Banca d’Inghilterra dal 2009 al 2012 ha accresciuto la liquidità di un ammontare pari a 375 miliardi di sterline (più di 500 miliardi di euro al tasso corrente - Dicembre 2015).
La Banca Centrale Europea, a partire da Maggio 2015 ha dato vita a un piano di QE, che dovrebbe durare fino a Settembre 2016, per combattere la deflazione e dare una spinta inflazionistica. Si prevede l’immissione di almeno 1,1 trilioni di Euro.

Tutto ciò è ben visto dalla comunità affaristica, cioè da grossi finanzieri e imprenditori. A ogni annuncio di crescita della massa monetaria dappertutto gli agenti di Borsa reagiscono euforicamente, prevedendo una fiammata dei consumi, e i trafficanti in prodotti finanziari (Banche, Fondi Pensione e Fondi di Investimento) gioiscono pregustando nuovi azzardi speculativi con alti profitti (per loro) a rischio zero (sempre e solo per loro). Ad ogni immissione di nuovo denaro, il capitalstatismo basato sulla privatizzazione dei profitti e la socializzazione delle perdite continua, in sostanza, a celebrare i suoi fasti nefasti.

Questo scenario di enormi quantità di liquidità immesse nel sistema economico e di bassissimi tassi di interesse (se non addirittura tassi negativi) costituisce la classica miscela per una esplosione dei prezzi e cioè per una inflazione galoppante.
Ma, sorpresa sorpresa, al momento non vi è nessun accenno di inflazione, né tantomeno iperinflazione, neanche in Giappone, dove sono parecchi anni che la politica di moneta facile e bassi tassi di interesse (o interesse zero) è in vigore. La loro moneta, invece di svalutarsi notevolmente, è arrivata talvolta persino ad apprezzarsi.
Come si spiega la cosa? Mistero Mistero!
Non è dunque chiaro, a molti, perché la corsa al rialzo dei prezzi (inflazione) non si è (ancora) prodotta.

Tuttavia, in presenza di una situazione imprevista, l’unica cosa che dovrebbe essere chiara è che, osservare la realtà con i paraocchi e le lenti ideologiche proprie del secolo passato, impedisce di arrivare ad una spiegazione e costringe a brancolare nel buio più profondo. Un po’ come i marxisti dogmatici che attendevano la rivoluzione da un momento all'altro a causa del (secondo loro) progressivo impoverimento dei lavoratori. Ma i lavoratori non si impoverivano e, nonostante ciò, essi continuavano a predire e a sognare la catastrofe purificatrice. Adesso alcuni aspettano l’iperinflazione come preludio al crollo del sistema statale. Anche loro sembrano non rendersi conto di alcuni cambiamenti della realtà. Elenchiamoli in maniera sintetica:

1. Cina. Esiste attualmente un mastodonte economico capace di sputare merci tanto quanto la Federal Reserve sputa denaro.
2. Automazione e robotica. Il progresso tecnologico ha innalzato il produttivismo (produzione e produttività) a livelli mai visti nella storia.
3. Popolazione. Siamo in presenza, in molti paesi, di una diminuzione della natalità e di un invecchiamento della popolazione. Tutto ciò limita la crescita incessante dei consumi.
4. Saturazione. Nei paesi economicamente avanzati molti sono arrivati al rigetto dell’iper-consumo. L’ultimo modello di iPhone li lascia indifferenti.
5. Sharing-Reusing economy. Stanno emergendo nuovi modelli di consumo e di scambio. Prima certi oggetti marcivano in cantina o venivano buttati via. Adesso sono su eBay. E questo non è di buon auspicio per la produzione e il consumo di nuovi prodotti.

Di fronte a questa situazione quale è il piano messo in atto dallo stato su indicazione-pressione delle lobbies padronali? Detto molto schematicamente, lo stato opera su due direttrici:

a) Il rilancio dei consumi. Su questo vi è un consenso ampiamente diffuso. Alcuni possono criticare i mezzi (meno tasse invece di più redistribuzione) ma tutti o quasi (liberali, socialisti, imprenditori, lavoratori, ecc.) vogliono un aumento dei consumi perché questo è ciò che fa girare l’economia (frase senza senso che ha però un suo fascino irresistibile). A tal fine, la prossima, quasi inevitabile tappa nelle economie produttivistiche, è il reddito di cittadinanza (o qualcosa di simile). Le obiezioni a questa proposta saranno superate come sono state superate in passato quelle riguardanti la creazione del Welfare State.
b) Il rilancio delle tensioni. Nulla funziona così bene per il rilancio dei consumi come la distruzione e necessaria sostituzione di beni. L’intervento in molte guerre locali, spesso create ad arte, e una nuova guerra più o meno fredda contro un nemico, eterno e onnipresente (la guerra infinita al terrorismo), giustifica la creazione e lo stanziamenti di fondi e il rilancio di alcune produzioni (bombe e bombardieri) che anch’esse fanno girare l’economia, generando docili lavoratori e consumatori.

Questa sembra essere, in sintesi, la strategia delle economie dei paesi cosiddetti avanzati. Essa si basa su tre passaggi che i padroni (politici ed economici) si preoccupano di alimentare e rafforzare continuamente a livello di massa : produttivismo - consumismo - cretinismo.
Questa strategia del capitalstatismo che funziona da alcuni decenni potrebbe però andare in crisi ed essere spazzata via da realtà emergenti e da scelte personali che vanno in tutt’altra direzione. Ad esempio:

1. la diffusione a livello di massa di stampanti 3D che trasformano moltissime persone in produttori indipendenti, che non sono soggetti ad alcuna frenesia di produzione né ad alcuna frustrazione esistenziale da risolvere attraverso uno sfrenato consumismo;
2. la richiesta, da parte di molti lavoratori dipendenti, di una riduzione drastica dell’orario di lavoro di modo che la produzione ridiventa un mezzo per soddisfare bisogni e non la ragione di esistenza di gruppi e individui;
3. il passaggio al soddisfacimento di bisogni più elevati (vedi Abraham Maslow) che hanno a che fare con lo sviluppo della persona e dei rapporti interpersonali e non dipendono dalla continua crescita di bisogni materiali già ampiamente soddisfatti.
4. la formazione di una cultura del risparmio, del riciclo, del non-spreco che è già visibile in molti fenomeni quali l’esistenza di negozi e fiere dell’usato e del vintage, la cosiddetta sharing-economy, il fai-da-te, ecc. Un autore, Miura Atsushi, definisce questo come il quarto stadio della società dei consumi giapponese (The Rise of Sharing, 2014).
5. L’introduzione di mezzi di pagamento e di forme dello scambio (il dono reciproco, il baratto, l’investimento partecipativo diretto, ecc.) che accantonano la moneta statale a corso forzoso.

Il risultato di tutto ciò potrebbe essere una riduzione dei prezzi dei beni invece che una loro crescita esponenziale (inflazione o iperinflazione).
A livello più generale si otterrebbe un superamento del produttivismo - consumismo - cretinismo correnti e lo sviluppo di esseri umani e di comunità volontarie; e i concetti di inflazione e di deflazione saranno solo vocaboli di un passato che ci si è finalmente lasciati dietro le spalle.

 


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