Gian Piero de Bellis

Entusiasmi

(Luglio 2013)

 


 

Alcuni anni fa, quando abitavo ancora ad Oxford (U.K.), ho collaborato per un certo periodo, con un docente del Politecnico, un architetto e urban designer. La sua idea era di dar vita ad una piccola agenzia commerciale che offrisse vacanze in una località dell'Umbria, mescolando turismo, arte e buona cucina. Come nome per la sua società aveva scelto quello accattivante di “Creative Holidays”.
Una mattina, sul tavolo dello studio dove operavamo ho trovato un regalo per me. Un libro, scritto da un famoso giornalista, Bernard Levin, intitolato: Enthusiasms.
L'architetto era un tipo strano, pieno di vita, ed entrambi eravamo entusiasti del progetto che stavamo sviluppando. Per cui, quel titolo era davvero appropriato per l'esperienza che ci apprestavamo a vivere.

Non molto tempo prima, leggendo Robert Pirsig, Zen and the Art of Motorcycle Maintenance, avevo scoperto l'etimologia della parola entusiasmo: in + theos, ispirato da dio o posseduto da una divina passione. Per Pirsig l'entusiasmo era ciò che spingeva una persona alla ricerca della qualità, nella propria vita e nelle relazioni con gli altri.

L'entusiasmo è un aspetto importante, se non addirittura fondamentale, nell'emergere di comportamenti che avviano trasformazioni profonde nella sfera personale e sociale. Senza entusiasmo non c'è impegno attivo, tenace e duraturo verso quella che alcuni hanno chiamato l'invenzione del futuro e che vuol dire la costruzione della propria vita al di fuori di schemi vecchi e di idee stantie. In mancanza di ciò vi è l'accettazione e reiterazione passiva del presente, anche quando esso è del tutto miserevole e inappagante.

E questo è quanto sta verificandosi nell'occidente, in crisi culturale più che economica. Vi è una pressoché totale mancanza di entusiasmo. La causa di questa assoluta passività vegetativa è da individuarsi, a mio avviso, nella assenza di una visione e di un progetto di costruzione del futuro per cui valga la pena entusiasmarsi. Si ripropongono vecchie ideologie e vecchie ricette, tutt'al più con una vernice terminologica nuova (libertarismo invece di liberalismo, anarco-capitalismo invece del semplice capitalismo). Ma, se si scava un po' a fondo, non c'è nulla di veramente nuovo ed entusiasmante.

Per quanto riguarda poi l'italia, la situazione è, per usare una famosa espressione, “disperata ma non seria”. Se usiamo le estremamente logore categorie di sinistra e destra (e purtroppo le dobbiamo usare perché se no la gente non capisce a cosa stiamo facendo riferimento), abbiamo:

a) Una cosiddetta sinistra, impersonata dal PD, che è, per lo più, una riedizione della vecchia DC, che cerca di barcamenarsi tra spinte diverse, distribuendo briciole di assistenzialismo con cui cercare di tenere, per quanto possibile, sotto controllo, una realtà disastrata. Un elettore del PD dovrebbe entusiasmarsi perché vecchi tromboni vengono proposti alla presidenza della repubblica, e, in mancanza di un accordo, un vecchio ottuagenario che è sulla scena politica da prima che io nascessi, viene riconfermato nel ruolo. Per quanto riguarda le proposte di cambiamento, l'entusiasmo dovrebbe scattare al sentire il termine “pubblico” (interesse pubblico) come se le persone potessero essere prese in giro in eterno con il semplice utilizzo di paroline magiche. Con riferimento all'altra componente della sinistra, Vendola e soci, qui siamo alla pura e semplice riproposizione di aria fritta sotto vuoto mentale. Uno si dovrebbe entusiasmare perché lo stato garantisce il matrimonio omosessuale quando gli anarchici volevano unioni libere senza alcuna intromissione da parte dello stato; e dovrebbe appassionarsi per il fatto che a molti viene concesso di diventare sudditi dello stato (nazionalità italiana) mentre gli anarchici aborrivano il concetto di nazione e si dichiaravano cittadini del mondo. In sostanza siamo alla farsa, cioè alla fiera del reazionarismo più becero presentato come rivoluzione sociale. Una persona razionale, che abita in italia e che conosce la storia delle idee dei movimenti rivoluzionari, o va in depressione o la fa finita attaccandosi alla canna del gas.

b) Una cosiddetta destra che si dice liberale (PdL) e federale (Lega Nord) che ha messo in atto o non si è minimamente opposta, nei lunghi anni in cui è stata al potere, all'introduzione di misure di restrizione della libertà, di controllo e pressione fiscale, di spionaggio e intercettazione delle comunicazioni, di centralismo burocratico spinto al parossismo e di indebitamento statale folle. Tutto nel nome di una lotta al socialismo statalista e contro Roma ladrona. Masse di individui avevano risposto entusiasticamente a quelle parole d'ordine e si sono trovate abbindolate. E molti di loro, adesso esausti, hanno perso qualsiasi barlume di entusiasmo. Brancolano alla ricerca di un altro padrone, o meglio di un altro messia che li traghetti verso il futuro, la terra promessa che non si sa bene cosa e dove sia.

Di fronte a questi due mostriciattoli (sinistra-destra) che fintamente si oppongono ma che inciuciano e intrattengono rapporti incestuosi all'interno dei palazzi del potere, abbiamo una costellazione di schegge che sono disgustate del presente ma che non sembrano avere alcuna idea di come costruire il futuro.
In moltissimi casi poi, il futuro che auspicano assomiglia maledettamente all'attuale presente, salvo alcune lievi pretese migliorie. Ci si batte, ad esempio, con le parole d'ordine : meno tasse, meno stato. E ciò dovrebbe suscitare l'entusiasmo delle moltitudini. Come se uno potesse accendersi di passione al grido: meno furti e meno mafia. Se lo stato è come un tumore maligno, immaginatevi l'entusiasmo che può avere il malato a cui il medico propone di toglierne solo una parte. Il poveretto sa che, a meno di una estirpazione totale, il tumore ricomincerà ad espandersi e i suoi giorni (o mesi) di vita sono contati.

Altre parole d'ordine che dovrebbero suscitare l'entusiasmo delle masse sono la famosissima (e famigerata) coppia sempreverde di aggettivi contrapposti: pubblico o privato. Acqua pubblica o acqua privata, trasporti pubblici o trasporti privati, banche pubbliche o banche private, e via di questo passo. Il fatto è che, dietro il pubblico e il privato, si trovano le solite oligarchie padronali che si spartiscono il potere e che usano l'uno o l'altro termine sulla base della popolarità e della necessità contingenti. Nell'ottocento andavano di moda i padroni privati mentre nel novecento i padroni pubblici hanno trovato maggior seguito. Può darsi che nel ventunesimo secolo ritorneranno in auge i padroni privati nel caso l'anarco-capitalismo riuscisse a conquistare vasti consensi. Ma sempre di padronato si tratterebbe, e pensare che ciò possa suscitare grandi entusiasmi mi sembra una idea peregrina. Io non riuscirei mai a intrupparmi in un corteo che ha scritto sul suo stendardo la parola: PRIVATIZZAZIONI, perché mi sembrerebbe di agevolare una situazione in cui un ladro (in questo caso lo stato) vende ai suoi compagni di pappatoia (le oligarchie finanziarie) beni non suoi. Si dovrebbe allora parlare di ricettazione e non di privatizzazione. A meno che non si trasferisca la proprietà statale di una impresa a lavoratori e utenti, e in tal caso si dovrebbe fare riferimento alla autogestione e alla socializzazione.

Anche le parole d'ordine a favore degli evasori fiscali non mi suscitano alcun entusiasmo in quanto non si fa alcuna distinzione tra coloro che vorrebbero fuoriuscire dallo stato e dai suoi servizi (o meglio disservizi) e coloro che intendono semplicemente evadere il pizzo e, al tempo stesso, continuare a utilizzare sevizi e finanziamenti concessi dallo stato. Inoltre con questo obiettivo si abbandona nel vuoto assoluto quella grandissima massa di persone che si vedono sottrarre il denaro alla fonte. L'entusiasmo per questa proposta suscitato in queste persone, ignorate e considerate men che zero, è quindi pari a zero.

In sostanza, non solo la rivoluzione in italia non si intravede nel lontano orizzonte, ma neanche appare un benché minimo sommovimento perché mancano due elementi centrali:
a) un insieme di idee e di valori universali (non settoriali e padronali) che siano fatti propri, cioè siano profondamente sentiti e condivisi, da una vastissima schiera di persone;
b) un entusiasmo contagioso, suscitato da tali idee e valori, che spinga verso progetti, obiettivi e azioni concrete di cambiamento.

L'insistere ancora sulle vecchie contrapposizioni (destra-sinistra, pubblico-privato) fa il gioco del potere statale e non suscita, giustamente, il benché minimo entusiasmo. Dopo le illusioni e le batoste del passato la gente si chiede: perché dovrei mettermi in azione o al seguito di coloro che mi offrono la solita minestra riscaldata?
Per questo in italia le uniche cose che avanzano sono il disimpegno, il menefreghismo, il particolarismo, lo sciovinismo ecc. ecc. Il tutto condito da dosi sempre più grandi di rabbia sotto forma di piagnistei che trovano una valvola di sfogo sulle reti sociali.

Quella che manca è la scintilla che genera l'entusiasmo e che mette in moto il cambiamento.
Abbiamo invece il borbottio e le urla continue che generano confusione e accrescono il rincitrullimento.

In sostanza, nulla di buono, di nuovo e di entusiasmante sotto l'italico cielo.

 


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