Gian Piero de Bellis

Sull'inesistenza della Questione Meridionale

Il Mezzogiorno d'Italia : dati statistici

(1978 - 1982)

 


 

Spesso ci parrà di andare su per la discesa
e giù per la salita

(Charlie Chan)

 

Secondo la ripartizione ISTAT delle circoscrizioni territoriali, sono comprese nel Mezzogiorno d'Italia le seguenti regioni :
Abruzzi - Molise - Puglia - Campania - Basilicata - Calabria - Sicilia - Sardegna.

I dati statistici esaminati fanno riferimento alle seguenti categorie socio-economiche :

A) Territorio
B) Popolazione
C) Occupazione
D) Produzione
E) Reddito
F) Consumi
G) Investimenti
H) Trasferimenti finanziari

Non si ha di certo la pretesa di offrire un quadro statistico onnicomprensivo della realtà meridionale ma solo di cogliere le caratteristiche dominanti, con riferimento, in particolar modo, all'accertamento dell'esistenza o meno di sfruttamento economico dall'esterno.

I dati, in quanto presentati in forma aggregata per l'insieme del Mezzogiorno, non danno chiaramente conto delle differenze, talvolta più che notevoli, tra le diverse aree.

Va infine tenuto presente che, per una serie di motivi che emergeranno nel corso della trattazione, i dati statistici in generale, ma soprattutto quelli relativi al Mezzogiorno d'Italia, vanno assunti con una certa cautela in quanto non sempre rappresentativi della realtà.

 


 

A) Territorio

A1) Superficie

Il Mezzogiorno si estende per 123.000 Kmq. coprendo il 41% del territorio italiano.

 

Italia
100
Nord-Centro
59
Mezzogiorno
41

 

Alla superficie terrestre va aggiunta la dotazione di acque territoriali in modo da offrire una valutazione più precisa delle risorse di spazio naturale a disposizione di ciascuna ripartizione.

Il Mezzogiorno ha una superficie di acque territoriali pari a 56.000 Kmq. (limite delle acque territoriali Km.10 per Km. 5.600 di coste) che rappresentano il 75 % del totale italiano.

 

A2) Clinometria

Le zone di pianura e di collina coprono il 71% del territorio meridionale contro il 60%  nel Nord-Centro.

 

 
montagna
collina
pianura
totale
Italia
35
42
23
100
Nord-Centro
40
34
26
100
Mezzogiorno
29
53
18
100

 

Da un punto di vista puramente clinometrico e nell'ottica della produzione agricola e dell'allevamento che privilegia le aree pianeggianti e collinari, il Mezzogiorno non appare sfavorito come si è sostenuto e si sostiene tuttora da parte di molti.

A questo si aggiunga che il Mezzogiorno presenta una minore densità abitativa rispetto al Centro-Nord e quindi un migliore rapporto quantitativo tra terreni coltivabili e numero di abitanti.

 


 

B) Popolazione

B1) Abitanti

La popolazione residente nel Mezzogiorno si aggira intorno ai 20 milioni di abitanti (1980) che rappresentano il 35% del totale della popolazione italiana.

 

Italia
100
Nord-Centro
65
Mezzogiorno
35

 

B2) Densità (abitanti/kmq.)

A seguito delle forti emigrazioni che hanno caratterizzato la storia del Mezzogiorno, soprattutto all'inizio del secolo XX e anche in epoca più recente (anni '60), la densità abitativa risulta inferiore rispetto alla media italiana.

 

Italia (ab./kmq)
190
Nord-Centro
206
Mezzogiorno
165

 

Comunemente, una delle cause del mancato sviluppo di una società è individuata nell'eccessivo carico di popolazione gravante su un dato territorio.

Sia a livello generale (vedi il caso dell'Olanda) che, in particolare per quanto riguarda il Mezzogiorno, la fondatezza di questa tesi non appare comprovata. Perché possa assumere un qualche significato occorrerebbe sostituire al rapporto di densità quantitativa popolazione/territorio un rapporto di densità qualitativa tra capitale umano e risorse ambientali. Infatti, l'assenza di sviluppo non è un problema di eccesso di densità quantitativa rispetto alle risorse ambientali, quanto di mancanza di densità qualitativa nel senso di capitale umano, per cui una popolazione non è (ancora) capace di valorizzare e sviluppare autonomamente le risorse ambientali.

 


 

C) Occupazione

C1) Occupati (1980)

I dati sull'occupazione lavorativa (Istat 1980), soprattutto per quanto riguarda il Mezzogiorno, non rendono conto interamente della effettiva realtà anzi, talvolta ne offrono una immagine distorta.

Vi sono, ad esempio, situazioni in cui la persona statisticamente classificata come disoccupata svolge varie attività produttive e quella definita occupata non offre alcun contributo utile. Ciò dà un'idea di quanto male si applichino a talune realtà le categorie classiche della contabilità nazionale.

In una situazione siffatta, la significatività reale dei dati statistici appare come un evento del tutto casuale. Ne consegue che, ai dati ufficiali sull'occupazione attribuiamo scarso valore indicativo.

 

Italia
100
Nord-Centro
70
Mezzogiorno
30

 

La natura non convenzionale del mercato del lavoro meridionale emerge con chiarezza dai dati (Svimez 1980) sul lavoro non istituzionale (cioè non registrato) e sul doppio lavoro, percentualizzati sul totale degli occupati nelle rispettive circoscrizioni.

 

Nord -Centro
Mezzogiorno
lavoro non istituzionale
10,1
17,5
doppio lavoro
4,8
7,5

 

Se teniamo in conto le difficoltà di rilevazione di queste realtà occupazionali, ne scaturisce la convinzione che, se i dati sono errati, lo sono per difetto.

Per quanto riguarda il doppio lavoro nel Mezzogiorno, esso cresce passando dal 6,9% (1979) al 7,5% (1980) degli occupati nel Mezzogiorno, in una congiuntura economica in cui gli occupati risultano in seppur lieve diminuzione percentuale sul totale nazionale, passando dal 30,3% (1979) al 30% (1980).

Sulla compresenza di questi due fenomeni, per di più con dinamiche antitetiche (decremento dell'occupazione - incremento del doppio lavoro), vi sarebbe ampia materia di ricerca e di riflessione, per distruggere forse alcuni luoghi comuni e per offrire immagini del mercato del lavoro meridionale più rispondenti al reale.

 

C2) Occupati per settore (1980)

 

agricoltura
industria
servizi
Italia (100)
14
38
48
Nord-Centro (100)
10
42
48
Mezzogiorno (100)
24
27
49

 

Dai dati sull'occupazione ripartita per settori emerge con chiarezza il peso eccessivo rivestito nel Mezzogiorno dal terziario (vedi burocrazia), in relazione alla scarsa consistenza del settore industriale.

A conferma di ciò si ha che, mentre nel Centro-Nord l'occupazione nel settore industriale sul totale nazionale supera in percentuale quella nei servizi (industria 78% - servizi 69%), nel Mezzogiorno avviene esattamente l'opposto (industria 22% - servizi 31%).

 


 

D) Produzione

D1) Prodotto interno lordo

Il P. I. L. (prodotto interno lordo) è rappresentato dal valore finale dei beni e servizi prodotti più le imposte indirette al netto dei contributi statali alla produzione.

I dati (Istat 1979) indicano che il P. I. L. del Nord-Centro è più di tre volte superiore a quello delle regioni meridionali.

 

Italia
100
Nord-Centro
76
Mezzogiorno
24

 

Per operare un confronto tra circoscrizioni occorre però mettere in rapporto la produzione con la popolazione. Da ciò ricaviamo un indice generale del livello di produttività di una circoscrizione.

Tale indice mostra che il livello di produttività complessiva è, nel Mezzogiorno, poco più della metà rispetto al Centro-Nord.

 

P.I.L. / ab.
Italia
100
Nord-Centro
118
Mezzogiorno
66

 

D2) Valore aggiunto (prodotto netto) per settore

Il valore aggiunto è la differenza tra il valore dei beni e servizi prodotti e posti sul mercato e quello dei beni e servizi acquistati per produrli.

I dati sul valore aggiunto (Istat 1979) ripartiti per settore offrono il seguente prospetto:

 

agricoltura
industria
servizi
Italia (100)
7
40
53
Nord-Centro (100)
6
43
51
Mezzogiorno (100)
13
31
56

 

Va tenuto presente che, nel settore terziario, per quanto riguarda i servizi non destinabili alla vendita (es. amministrazione statale) il valore aggiunto viene calcolato attraverso la somma dei redditi percepiti dagli occupati nel settore e rispecchia quindi la quantità (numero) dei prestatori dei servizi e non la qualità (valore) dei servizi prestati.

Volendo calcolare la produttività per settore, intesa come rapporto valore aggiunto/occupati, emerge il seguente quadro:

 

agricoltura
industria
servizi
Italia
100
100
100
Nord-Centro
124
105
108
Mezzogiorno
79
84
83

 

In tutti i settori la produttività nel Mezzogiorno è inferiore alla media nazionale, con un divario rilevante soprattutto nel settore agricolo.

 

D3) Quadro riassuntivo (popolazione - occupazione - produzione)

Il quadro riassuntivo mette chiaramente in luce la diversità-divaricazione tra il sistema economico del Mezzogiorno e quello del Nord-Centro (1979-1980).

Infatti, mentre nel Nord-Centro i numeri indici della popolazione, occupazione, produzione, calcolati sul totale nazionale presentano un andamento crescente, nel Mezzogiorno avviene esattamente il contrario.

 

popolazione
occupazione
produzione
Italia
100
100
100
Nord-Centro
65
70
76
Mezzogiorno
35
30
24

 


 

E) Reddito

E1) Reddito pro-capite

I dati sul reddito, per una serie di motivi che verranno esposti sinteticamente più avanti (vedi "Nota sul parametro reddito") si prestano a numerosi rilievi critici che ne inficiano o quanto meno ne attenuano notevolmente la significatività. Li si riporta perciò a titolo puramente indicativo di una parte della realtà.

Il reddito pro-capite inteso come P.I.L. per abitante risulta dalle statistiche ufficiali essere il seguente (Svimez 1980):

 

Italia
100
Lire 6.016.000
Nord-Centro
116
Lire 7.003.000
Mezzogiorno
69
Lire 4.141.000

 

Per rendere il dato sul reddito maggiormente significativo e adesivo alla realtà, si cercherà di integrarlo (vedi H1) con tutta una serie di notazioni e di dati supplementari concernenti entrate (trasferimenti e investimenti) e uscite (imposte e contributi) in modo da offrire elementi per un più veritiero quadro contabile.

 


 

F) Consumi

F1) Consumi complessivi

Il dato statistico sui consumi è scarsamente indicativo sia della reale quantità che della effettiva qualità dei consumi.

Per quanto riguarda la quantità, ad esempio, le statistiche non tengono conto delle produzioni alimentari non commercializzate (autoconsumo).

Per quanto concerne la qualità, il dato statistico, per sua natura, non offre alcuna chiarificazione al riguardo. Tenendo presenti queste limitazioni, esaminiamo i dati (Istat 1978) sui consumi complessivi (consumi delle famiglie + consumi collettivi).

 

Italia
100
Nord-Centro
72
Mezzogiorno
28

 

F2) Rapporto popolazione-consumi

Più interessante del dato assoluto è il rapporto tra popolazione e consumi che mostra, almeno dal punto di vista della rilevazione statistica, un livello dei consumi nettamente inferiore al Sud rispetto al Nord-Centro.

 

popolazione
consumi
Italia
100
100
Nord-Centro
65
72
Mezzogiorno
35
28

 

F3) Rapporto produzione-consumi

Un certo interesse rivela il confronto tra l'indice percentuale della produzione (P.I.L.) e quello dei consumi (Istat 1978).

 

produzione
consumi
Italia
100
100
Nord-Centro
76
72
Mezzogiorno
24
28

 

Per colmare il divario provocato dal prevalere dei consumi sulla produzione, concorrono da alcuni decenni importazioni nette di beni, pagati attraverso trasferimenti monetari dall'esterno. Secondo i dati della Svimez, nel 1980 tali importazioni hanno raggiunto la cifra di £18.700 miliardi, con un incremento in termini reali del 20% rispetto al 1979.

 


 

G) Investimenti

G1) Investimenti fissi

Gli investimenti fissi (Istat 1978) si ripartiscono tra le due circoscrizioni nelle seguenti percentuali:

 

Italia
100
Nord-Centro
70
Mezzogiorno
30

 

Gli investimenti effettuati nel Mezzogiorno dalle imprese manifatturiere a partecipazione statale assommano nel 1980 (Svimez) al 43% del totale nazionale degli investimenti nel Mezzogiorno, il che evidenzia il ridotto peso percentuale di intervento al Sud delle imprese a capitale non statale.

E questo è spiegabile anche in base ai dati sul rapporto investimenti-produzione (vedi G2).

 

G2) Rapporto investimenti-produzione (valore aggiunto)

In tutti i settori il rapporto investimenti-produzione risulta sfavorevole al sud (Istat 1978). Ciò significa che il capitale fisso utilizzato nel Mezzogiorno produce un rendimento inferiore rispetto al Nord-Centro, a indicare ancora una volta l'esistenza, nelle due circoscrizioni, di dinamiche produttive del tutto differenti e divaricanti in tutti i settori della vita economica.

 

agricoltura
industria
servizi
investimenti
valore aggiunto
investimenti
valore aggiunto
investimenti
valore aggiunto
Nord-Centro
50
60
78
82
71
75
Mezzogiorno
50
40
22
18
29
25

 

G3) Quadro risparmi-consumi-investimenti

Il quadro seguente (Istat 1978) è anch'esso indicativo della completa diversità strutturale tra il sistema economico-sociale del Nord-Centro e quello del Mezzogiorno d'Italia, presi entrambi nel loro complesso.

La dinamica dei rapporti tra risparmi, consumi e investimenti appare infatti, nel confronto fra le due circoscrizioni, esattamente antitetica.

 

risparmi
consumi
investimenti
Italia
100
100
100
Nord-Centro
79
72
70
Mezzogiorno
21
28
30

 


 

H) Trasferimenti finanziari

Sotto la voce trasferimenti diamo conto di una serie di flussi monetari in entrata e in uscita riguardanti le regioni meridionali e attinenti per lo più al periodo 1950-1980.

Il quadro contabile che emerge, che non ha certo la pretesa di essere esaustivo di tutti i flussi finanziari relativi al Mezzogiorno, ci sembra fornisca elementi sufficienti per sciogliere dubbi e per formulare una valutazione in merito alla presenza o meno di sfruttamento economico dall'esterno, almeno per quanto concerne il periodo preso in esame.

Per la trattazione della materia si farà riferimento ai soggetti erogatori dei flussi e ai settori di erogazione (entrata) e di contribuzione (uscita).

 

Cassa per il Mezzogiorno

Istituita nel 1950, la Cassa per il Mezzogiorno ha avuto a disposizione nel trentennio 1950-1980 dotazioni finanziarie pari a circa 30mila miliardi (a prezzi correnti). Calcolando la dotazione finanziaria secondo il valore monetario dell'anno 1978, si avrebbe una somma pari a oltre 46mila miliardi così ripartiti nel tempo:

 

(in miliardi)
a prezzi correnti
a prezzi 1978
1950-1965
2200
9000
1966-1970
2800
6200
1971-1975
7100
13500
1976-1980
18000
18000
Totale 1950-1980
30100
46700

 

Ministero delle Partecipazioni Statali

Istituito nel 1956, il Ministero delle Partecipazioni Statali è intervenuto nel Mezzogiorno con stanziamenti che, nel periodo 1969-1980, sono ammontati a 15mila miliardi a prezzi correnti, pari a circa 30mila miliardi a prezzi 1978.

 

(in miliardi)
a prezzi correnti
a prezzi 1978
1960-1969
2600
10000
1970-1974
4800
12700
1975-1976
2300
3500
1977-1978
2200
2200
1979-1980
3100
2100
Totale 1960-1980
15000
30500

 

La percentuale media degli investimenti effettuati dalle Partecipazioni Statali nel Mezzogiorno sul totale nazionale è stata del 42% nel periodo 1960-1969 e ha raggiunto il 51% nel periodo 1970-1974.

 

Amministrazione Statale

Lo Stato, attraverso la Tesoreria Centrale, effettua trasferimenti monetari agli Enti Locali (Comuni, Province, Regioni).

I dati disponibili si riferiscono, con alcune intermittenze, al periodo 1952-1982 ed offrono il seguente quadro per quanto riguarda il Mezzogiorno:

 

 Mezzogiorno
Trasferimenti
Pagamenti
 
miliardi in val. ass.
% su totale nazion.
miliardi in val. ass.
% su totale nazion.
1952-1958
274
34,3
--
--
1959-1972
2506
35,3
279
23,7
1973-1977
--
--
--
--
1978-1982
41500
40,0
--
--

 

Focalizzando l'attenzione sul periodo 1959-1972 per il quale si dispone di dati esaurienti, si ricavano dalla tabella i seguenti flussi finanziari statali (trasferimenti e pagamenti) per circoscrizione:

 

1959 - 1972
Nord-Centro
Mezzogiorno
trasferimenti (entrate)
64,7
35,3
pagamenti (uscite)
76,3
23,7

 

Risulta quindi che, almeno nel periodo 1959-1972, il Mezzogiorno ha ricevuto trasferimenti di gran lunga superiori ai pagamenti, mentre l'opposto si è verificato nella circoscrizione Nord-Centro.

Questo trasferimento ordinario di fondi si somma a quello già consistente dell'intervento straordinario.

Per cui è corretto affermare che il trasferimento straordinario non è suppletivo ma aggiuntivo al trasferimento ordinario.

 

Comunità Economica Europea

La Cee interviene nel Mezzogiorno attraverso la concessione di contributi e prestiti.

La tabella seguente offre il prospetto degli interventi monetari in MUC (milioni di unità di conto) fino al 1975:

 

 

valore assoluto in MUC

% MUC su Italia

% abitanti su Italia

% MUC su CEE

% abitanti su CEE

Contributi
2929,31
55,9
35
11,3
7,5
Prestiti
2007,72
73,0
35
25,7
7,5
Totale
4937,03
60,7
35
14,4
7,5

 

Il totale delle MUC tradotto in Lire italiane (Gennaio 1978 : 1 ECU = 1069,90 Lire) dà una cifra di contributi e prestiti pari a circa 5300 miliardi.

Disaggregando i dati per fondo di provenienza nel periodo 1973-1975 e calcolando le unità di conto (U.C.) per abitante, si nota che l'intervento CEE nel Mezzogiorno è stato, in tutti i settori, a un livello quantitativamente superiore rispetto alla media delle regioni europee. Abbiamo infatti:

 

 

U.C. per abitante nel Mezzogiorno

U.C. per abitante paesi CEE

Feoga garanzia
64,8
46,6
Feoga orientamento
3,0
2,2
Fondo sociale
5,6
2,9
Prestiti BEI
31,7
7,5
Prestiti industriali
9,3
5,4

 

Istituti di credito

Nell'ambito dei flussi monetari occorre tener conto anche di talune risorse finanziarie attivate nel Mezzogiorno sotto forma di credito agevolato alle varie attività produttive.

Nel periodo 1975-1980 le quote percentuali di credito agevolato, in rapporto al risparmio, si sono così ripartite:

 

 
credito agevolato
risparmio
Italia
100
100
Nord-Centro
60
79
Mezzogiorno
40
21

 

Dal confronto credito agevolato-risparmio emerge che, anche in questo caso, ci troviamo di fronte a flussi monetari aggiuntivi provenienti dall'esterno.

 

Pensioni

Per ogni 100 Lire di contributi previdenziali versati nel 1975, le prestazioni ricevute hanno mostrato nelle due circoscrizioni il seguente andamento (Inps 1977):

 

 
contributi versati
prestazioni ricevute
Italia
100
114
Nord-Centro
100
98
Mezzogiorno
100
234

 

Questa situazione di squilibrio a vantaggio del Mezzogiorno è causata da una serie di fattori quali:

- il diffondersi delle pensioni di invalidità (229 di invalidità su 100 di vecchiaia nel 1975) per ottenere le quali è richiesto un periodo minimo di contribuzioni di 5 anni rispetto ai 15 anni per le pensioni di vecchiaia;

- l'esistenza di un'ampia quota di pensioni assistenziali che vengono concesse di diritto a persone di età superiore ai 65 anni sprovviste di reddito o con un reddito insufficiente e per le quali non è richiesta nessuna contribuzione;

- l'insufficiente peso contributivo di alcune categorie di lavoro autonomo (coltivatori diretti, mezzadri, coloni, artigiani, commercianti), dato comune a tutte le regioni italiane ma particolarmente rilevante nel Mezzogiorno per la maggiore presenza percentuale di tali categorie di lavoratori.

L'insieme di questi fattori ha portato nel Mezzogiorno ad uno squilibrio finanziario fra contributi versati e prestazioni ricevute, squilibrio che, in valore assoluto, si è tradotto nel 1975 in un trasferimento di risorse finanziarie verso le regioni meridionali pari a 1000 miliardi.

 

Rimesse degli emigrati

L'emigrazione dal Mezzogiorno, se ha rappresentato in molti casi una esperienza traumatica e dolorosa per quanti ne sono stati coinvolti, si è risolta, al tempo stesso, in una fonte di reddito per quanti sono rimasti.

Dai dati della Banca d'Italia risulta che, nel periodo 1950-1980 sono arrivate in Italia rimesse per un ammontare di poco superiore ai 16.000 miliardi a prezzi correnti, pari a circa 31.000 miliardi a prezzi 1978.

Poiché le collettività italiane all'estero sono formate per il 60% circa da emigrati meridionali, ipotizziamo un flusso di rimesse verso il Mezzogiorno dello stesso ammontare percentuale.

Abbiamo allora il seguente prospetto:

 

(in miliardi)
a prezzi correnti
a prezzi 1978
Italia
16.000
30.900
Mezzogiorno
9.800
18.900

 

Nel periodo 1950-1980 sono arrivate quindi nel Mezzogiorno rimesse per 9.800 miliardi a prezzi correnti, pari a circa 18.900 miliardi a prezzi 1978.

 

Evasioni tributarie e agevolazioni fiscali

Tra i flussi finanziari in entrata nel Mezzogiorno dobbiamo conteggiare anche i mancati flussi in uscita derivanti da carichi d'imposta ridotti o evasi e da agevolazioni fiscali e tariffarie.

Per quanto riguarda i versamenti di imposte (dirette e indirette), se effettuiamo un confronto fra incidenza d'imposta e P.I.L. (prodotto interno lordo) nel Mezzogiorno in percentuale sul totale Italia, ricaviamo il seguente prospetto che si riferisce a tre intervalli di tempo:

 

% su Italia
1951
1961
1971
Imposte dirette
10
8
18
Imposte indirette
11
9
13
P.I.L.
25
24
24

 

Come si può notare, nonostante l'incremento percentuale del prelievo fiscale operato nel 1971, il Mezzogiorno risulta godere di una situazione di favore per quanto riguarda il carico impositivo sopportato in rapporto al prodotto interno lordo.

Questa situazione di favore emerge con maggiore chiarezza dalla successiva tabella che esprime il rapporto percentuale tra imposte (dirette + indirette) e P.I.L. nelle rispettive circoscrizioni.

 

 Imposte/P.I.L.
1951
1961
1971
Italia
100
100
100
Nord-Centro
120
122
112
Mezzogiorno
39
29
63

 

Dai dati Istat sulla contabilità nazionale ripartita territorialmente ricaviamo inoltre che, nel periodo 1970-1978, a fronte di un valore aggiunto nel Mezzogiorno mediamente pari al 24% del totale nazionale, le imposte indirette sulla produzione e sulle importazioni sono state inferiori al 17%.

Questi punti percentuali in meno, pari a 6.200 miliardi a prezzi correnti, derivano in parte dalla diversa natura merceologica delle produzioni e dei consumi nelle due circoscrizioni, a cui corrispondono differenziazioni nelle aliquote I.V.A., ma in parte anche, è plausibile supporre, da evasione nei versamenti.

Alle mancate contribuzioni costituite da autoriduzioni (evasioni) fiscali, qui solo in piccola parte tratteggiate, si aggiungono le agevolazioni fiscali e tariffarie introdotte con disposizioni legislative o amministrative, per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno.

Esse riguardano sostanzialmente:

 - sgravi degli oneri sociali nella misura dal 10 al 30% per le imprese industriali e artigiane;

 - fiscalizzazione degli oneri sociali superiore del 2.45% nel Mezzogiorno rispetto al Nord-Centro;

 - riduzioni tariffarie nella misura del 25% nella fornitura di energia elettrica per usi agricoli e industriali con potenza sino a 30 KW.

Vi sono poi altre disposizioni in materia di agevolazioni fiscali per le imprese operanti nel Mezzogiorno, quali, ad esempio:

 - esenzione decennale ILOR ed esenzione ILOR per gli utili reinvestiti;

 - sgravio decennale IRPEG del 50%;

 - esenzione delle imposte di registro, ipotecarie e catastali per le operazioni di finanziamento a medio termine.

Tutte queste disposizioni hanno come obiettivo di stimolare l'insediamento industriale nel Mezzogiorno.

 

Redditi occulti

Vi sono infine una serie di flussi monetari occulti controllati e gestiti da talune associazioni (mafia, 'ndrangheta, camorra) e derivanti da attività 'imprenditoriali' e 'commerciali' quali, ad esempio, il traffico della droga, i rapimenti e le estorsioni, il settore dell'edilizia e degli appalti pubblici. In tutti questi campi i guadagni sono elevatissimi.

Cifre molto approssimative relative all'inizio degli anni '80 portano ad ipotizzare un traffico della droga che coinvolge la Sicilia con un giro d'affari intorno ai 20mila miliardi e un ricavo netto sui 700 miliardi l'anno. Questo per quanto riguarda una sola regione (la Sicilia) e un solo settore merceologico (la droga).

Siamo quindi di fronte a ingenti masse monetarie in entrata nel Mezzogiorno, il cui ammontare complessivo è di difficile quantificazione.

 


 

Nota su spesa e resa

Il discorso fin qui svolto si è limitato a elencare, in maniera non certo esaustiva, i vari flussi finanziari che si dirigono verso il Mezzogiorno.

Vi sono però due aspetti che, pur senza mettere in discussione i dati fin qui esposti, vanno comunque tenuti presenti. Essi riguardano:

 

La quota di spesa interna sul totale delle somme disponibili

Non tutte le risorse finanziarie disponibili vengono effettivamente impiegate in quanto il livello di volontà e di capacità di progettazione e di realizzazione è talora inferiore al livello di disponibilità monetarie. Ad esempio, nel 1980 le regioni meridionali hanno accumulato residui passivi per £2195 miliardi (fonte Svimez da Bilanci Regionali).

Inoltre, non tutta la massa monetaria disponibile nel Mezzogiorno viene spesa in loco in quanto la mancanza di talune produzioni o la loro cattiva commercializzazione fanno sì che l'approvvigionamento di taluni beni sia un portato dall'esterno (con conseguente deflusso di risorse monetarie).

 

La qualità della resa in rapporto alla spesa

Non tutte le risorse finanziarie impiegate producono un beneficio generale tale da superare o quanto meno pareggiare il costo sostenuto. Un'analisi del rapporto costi-benefici avente per oggetto, ad esempio, gli investimenti nel Mezzogiorno, porterebbe a definire parecchie iniziative intraprese nelle regioni meridionali come uno spreco colossale di risorse in quanto caratterizzate da costi ingenti per benefici pressoché inesistenti, almeno per quanto riguarda la società nel suo complesso.

Questa notazione sulla quantità della spesa e sulla qualità della resa, pur importante, non deve però far passare in secondo piano l'oggetto di tutta l'analisi e cioè il fatto che, in base al quadro generale dei dati a nostra disposizione e con riferimento agli anni 1950-1980, non appare sostenibile la tesi dello sfruttamento economico del Mezzogiorno dall'esterno.

Anzi, il Mezzogiorno ha ricevuto una notevole massa di risorse finanziarie attraverso innumerevoli canali statali e non statali, italiani e internazionali.

 

Le motivazioni sottostanti a questi trasferimenti monetari poggiano sul soddisfacimento di due bisogni:

Consumo

Un reddito stimato insufficiente non permette l'esauriente soddisfacimento di taluni bisogni primari per cui, per motivi di giustizia sociale, si rendono necessari flussi monetari dall'esterno a integrazione del reddito.

Produzione

Una insufficiente accumulazione di risorse non permette il raggiungimento di adeguati livelli produttivi per cui si rendono necessari massicci investimenti dall'esterno verso i settori agricolo e industriale in modo da avviare un processo di crescita produttiva.

Per verificare la veridicità dell'esistenza di questi due bisogni (consumo e produzione) insoddisfatti o solo parzialmente soddisfatti, che motivano i trasferimenti monetari, si effettuerà una analisi descrittiva dei redditi e dei modi di vita degli abitanti di un comune Calabrese.

Si fa precedere questa analisi da un breve quadro statistico della Calabria e da alcune considerazioni sul parametro reddito.