Gian Piero de Bellis
Sull'inesistenza della Questione Meridionale
Il Mezzogiorno d'Italia : dati statistici
(1978 - 1982)
Spesso ci parrà di andare su per la discesa
e giù per la salita
(Charlie Chan)
Secondo la ripartizione ISTAT delle circoscrizioni territoriali, sono comprese nel Mezzogiorno d'Italia le seguenti regioni :
Abruzzi - Molise - Puglia - Campania - Basilicata - Calabria - Sicilia - Sardegna.
I dati statistici esaminati fanno riferimento alle seguenti categorie socio-economiche :
A) Territorio
B) Popolazione
C) Occupazione
D) Produzione
E) Reddito
F) Consumi
G) Investimenti
H) Trasferimenti finanziari
Non si ha di certo la pretesa di offrire un quadro statistico onnicomprensivo della realtà meridionale ma solo di cogliere le caratteristiche dominanti, con riferimento, in particolar modo, all'accertamento dell'esistenza o meno di sfruttamento economico dall'esterno.
I dati, in quanto presentati in forma aggregata per l'insieme del Mezzogiorno, non danno chiaramente conto delle differenze, talvolta più che notevoli, tra le diverse aree.
Va infine tenuto presente che, per una serie di motivi che emergeranno nel corso della trattazione, i dati statistici in generale, ma soprattutto quelli relativi al Mezzogiorno d'Italia, vanno assunti con una certa cautela in quanto non sempre rappresentativi della realtà.
A) Territorio
A1) Superficie
Il Mezzogiorno si estende per 123.000 Kmq. coprendo il 41% del territorio italiano.
Italia |
100
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Nord-Centro |
59
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Mezzogiorno |
41
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Alla superficie terrestre va aggiunta la dotazione di acque territoriali in modo da offrire una valutazione più precisa delle risorse di spazio naturale a disposizione di ciascuna ripartizione.
Il Mezzogiorno ha una superficie di acque territoriali pari a 56.000 Kmq. (limite delle acque territoriali Km.10 per Km. 5.600 di coste) che rappresentano il 75 % del totale italiano.
A2) Clinometria
Le zone di pianura e di collina coprono il 71% del territorio meridionale contro il 60% nel Nord-Centro.
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Italia |
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Nord-Centro |
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Mezzogiorno |
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Da un punto di vista puramente clinometrico e nell'ottica della produzione agricola e dell'allevamento che privilegia le aree pianeggianti e collinari, il Mezzogiorno non appare sfavorito come si è sostenuto e si sostiene tuttora da parte di molti.
A questo si aggiunga che il Mezzogiorno presenta una minore densità abitativa rispetto al Centro-Nord e quindi un migliore rapporto quantitativo tra terreni coltivabili e numero di abitanti.
B) Popolazione
B1) Abitanti
La popolazione residente nel Mezzogiorno si aggira intorno ai 20 milioni di abitanti (1980) che rappresentano il 35% del totale della popolazione italiana.
Italia |
100
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Nord-Centro |
65
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Mezzogiorno |
35
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B2) Densità (abitanti/kmq.)
A seguito delle forti emigrazioni che hanno caratterizzato la storia del Mezzogiorno, soprattutto all'inizio del secolo XX e anche in epoca più recente (anni '60), la densità abitativa risulta inferiore rispetto alla media italiana.
Italia (ab./kmq) |
190
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Nord-Centro |
206
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Mezzogiorno |
165
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Comunemente, una delle cause del mancato sviluppo di una società è individuata nell'eccessivo carico di popolazione gravante su un dato territorio.
Sia a livello generale (vedi il caso dell'Olanda) che, in particolare per quanto riguarda il Mezzogiorno, la fondatezza di questa tesi non appare comprovata. Perché possa assumere un qualche significato occorrerebbe sostituire al rapporto di densità quantitativa popolazione/territorio un rapporto di densità qualitativa tra capitale umano e risorse ambientali. Infatti, l'assenza di sviluppo non è un problema di eccesso di densità quantitativa rispetto alle risorse ambientali, quanto di mancanza di densità qualitativa nel senso di capitale umano, per cui una popolazione non è (ancora) capace di valorizzare e sviluppare autonomamente le risorse ambientali.
C) Occupazione
C1) Occupati (1980)
I dati sull'occupazione lavorativa (Istat 1980), soprattutto per quanto riguarda il Mezzogiorno, non rendono conto interamente della effettiva realtà anzi, talvolta ne offrono una immagine distorta.
Vi sono, ad esempio, situazioni in cui la persona statisticamente classificata come disoccupata svolge varie attività produttive e quella definita occupata non offre alcun contributo utile. Ciò dà un'idea di quanto male si applichino a talune realtà le categorie classiche della contabilità nazionale.
In una situazione siffatta, la significatività reale dei dati statistici appare come un evento del tutto casuale. Ne consegue che, ai dati ufficiali sull'occupazione attribuiamo scarso valore indicativo.
Italia |
100
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Nord-Centro |
70
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Mezzogiorno |
30
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La natura non convenzionale del mercato del lavoro meridionale emerge con chiarezza dai dati (Svimez 1980) sul lavoro non istituzionale (cioè non registrato) e sul doppio lavoro, percentualizzati sul totale degli occupati nelle rispettive circoscrizioni.
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lavoro non istituzionale |
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doppio lavoro |
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Se teniamo in conto le difficoltà di rilevazione di queste realtà occupazionali, ne scaturisce la convinzione che, se i dati sono errati, lo sono per difetto.
Per quanto riguarda il doppio lavoro nel Mezzogiorno, esso cresce passando dal 6,9% (1979) al 7,5% (1980) degli occupati nel Mezzogiorno, in una congiuntura economica in cui gli occupati risultano in seppur lieve diminuzione percentuale sul totale nazionale, passando dal 30,3% (1979) al 30% (1980).
Sulla compresenza di questi due fenomeni, per di più con dinamiche antitetiche (decremento dell'occupazione - incremento del doppio lavoro), vi sarebbe ampia materia di ricerca e di riflessione, per distruggere forse alcuni luoghi comuni e per offrire immagini del mercato del lavoro meridionale più rispondenti al reale.
C2) Occupati per settore (1980)
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Italia (100) |
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Nord-Centro (100) |
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Mezzogiorno (100) |
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Dai dati sull'occupazione ripartita per settori emerge con chiarezza il peso eccessivo rivestito nel Mezzogiorno dal terziario (vedi burocrazia), in relazione alla scarsa consistenza del settore industriale.
A conferma di ciò si ha che, mentre nel Centro-Nord l'occupazione nel settore industriale sul totale nazionale supera in percentuale quella nei servizi (industria 78% - servizi 69%), nel Mezzogiorno avviene esattamente l'opposto (industria 22% - servizi 31%).
D) Produzione
D1) Prodotto interno lordo
Il P. I. L. (prodotto interno lordo) è rappresentato dal valore finale dei beni e servizi prodotti più le imposte indirette al netto dei contributi statali alla produzione.
I dati (Istat 1979) indicano che il P. I. L. del Nord-Centro è più di tre volte superiore a quello delle regioni meridionali.
Italia |
100
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Nord-Centro |
76
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Mezzogiorno |
24
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Per operare un confronto tra circoscrizioni occorre però mettere in rapporto la produzione con la popolazione. Da ciò ricaviamo un indice generale del livello di produttività di una circoscrizione.
Tale indice mostra che il livello di produttività complessiva è, nel Mezzogiorno, poco più della metà rispetto al Centro-Nord.
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Italia |
100
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Nord-Centro |
118
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Mezzogiorno |
66
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D2) Valore aggiunto (prodotto netto) per settore
Il valore aggiunto è la differenza tra il valore dei beni e servizi prodotti e posti sul mercato e quello dei beni e servizi acquistati per produrli.
I dati sul valore aggiunto (Istat 1979) ripartiti per settore offrono il seguente prospetto:
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Italia (100) |
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Nord-Centro (100) |
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Mezzogiorno (100) |
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Va tenuto presente che, nel settore terziario, per quanto riguarda i servizi non destinabili alla vendita (es. amministrazione statale) il valore aggiunto viene calcolato attraverso la somma dei redditi percepiti dagli occupati nel settore e rispecchia quindi la quantità (numero) dei prestatori dei servizi e non la qualità (valore) dei servizi prestati.
Volendo calcolare la produttività per settore, intesa come rapporto valore aggiunto/occupati, emerge il seguente quadro:
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Italia |
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Nord-Centro |
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Mezzogiorno |
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In tutti i settori la produttività nel Mezzogiorno è inferiore alla media nazionale, con un divario rilevante soprattutto nel settore agricolo.
D3) Quadro riassuntivo (popolazione - occupazione - produzione)
Il quadro riassuntivo mette chiaramente in luce la diversità-divaricazione tra il sistema economico del Mezzogiorno e quello del Nord-Centro (1979-1980).
Infatti, mentre nel Nord-Centro i numeri indici della popolazione, occupazione, produzione, calcolati sul totale nazionale presentano un andamento crescente, nel Mezzogiorno avviene esattamente il contrario.
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Italia |
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Nord-Centro |
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Mezzogiorno |
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E) Reddito
E1) Reddito pro-capite
I dati sul reddito, per una serie di motivi che verranno esposti sinteticamente più avanti (vedi "Nota sul parametro reddito") si prestano a numerosi rilievi critici che ne inficiano o quanto meno ne attenuano notevolmente la significatività. Li si riporta perciò a titolo puramente indicativo di una parte della realtà.
Il reddito pro-capite inteso come P.I.L. per abitante risulta dalle statistiche ufficiali essere il seguente (Svimez 1980):
Italia |
100
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Lire 6.016.000
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Nord-Centro |
116
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Lire 7.003.000
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Mezzogiorno |
69
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Lire 4.141.000
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Per rendere il dato sul reddito maggiormente significativo e adesivo alla realtà, si cercherà di integrarlo (vedi H1) con tutta una serie di notazioni e di dati supplementari concernenti entrate (trasferimenti e investimenti) e uscite (imposte e contributi) in modo da offrire elementi per un più veritiero quadro contabile.
F) Consumi
F1) Consumi complessivi
Il dato statistico sui consumi è scarsamente indicativo sia della reale quantità che della effettiva qualità dei consumi.
Per quanto riguarda la quantità, ad esempio, le statistiche non tengono conto delle produzioni alimentari non commercializzate (autoconsumo).
Per quanto concerne la qualità, il dato statistico, per sua natura, non offre alcuna chiarificazione al riguardo. Tenendo presenti queste limitazioni, esaminiamo i dati (Istat 1978) sui consumi complessivi (consumi delle famiglie + consumi collettivi).
Italia |
100
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Nord-Centro |
72
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Mezzogiorno |
28
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F2) Rapporto popolazione-consumi
Più interessante del dato assoluto è il rapporto tra popolazione e consumi che mostra, almeno dal punto di vista della rilevazione statistica, un livello dei consumi nettamente inferiore al Sud rispetto al Nord-Centro.
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Italia |
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Nord-Centro |
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Mezzogiorno |
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F3) Rapporto produzione-consumi
Un certo interesse rivela il confronto tra l'indice percentuale della produzione (P.I.L.) e quello dei consumi (Istat 1978).
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Italia |
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Nord-Centro |
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Mezzogiorno |
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Per colmare il divario provocato dal prevalere dei consumi sulla produzione, concorrono da alcuni decenni importazioni nette di beni, pagati attraverso trasferimenti monetari dall'esterno. Secondo i dati della Svimez, nel 1980 tali importazioni hanno raggiunto la cifra di £18.700 miliardi, con un incremento in termini reali del 20% rispetto al 1979.
G) Investimenti
G1) Investimenti fissi
Gli investimenti fissi (Istat 1978) si ripartiscono tra le due circoscrizioni nelle seguenti percentuali:
Italia |
100
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Nord-Centro |
70
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Mezzogiorno |
30
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Gli investimenti effettuati nel Mezzogiorno dalle imprese manifatturiere a partecipazione statale assommano nel 1980 (Svimez) al 43% del totale nazionale degli investimenti nel Mezzogiorno, il che evidenzia il ridotto peso percentuale di intervento al Sud delle imprese a capitale non statale.
E questo è spiegabile anche in base ai dati sul rapporto investimenti-produzione (vedi G2).
G2) Rapporto investimenti-produzione (valore aggiunto)
In tutti i settori il rapporto investimenti-produzione risulta sfavorevole al sud (Istat 1978). Ciò significa che il capitale fisso utilizzato nel Mezzogiorno produce un rendimento inferiore rispetto al Nord-Centro, a indicare ancora una volta l'esistenza, nelle due circoscrizioni, di dinamiche produttive del tutto differenti e divaricanti in tutti i settori della vita economica.
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Nord-Centro |
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Mezzogiorno |
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G3) Quadro risparmi-consumi-investimenti
Il quadro seguente (Istat 1978) è anch'esso indicativo della completa diversità strutturale tra il sistema economico-sociale del Nord-Centro e quello del Mezzogiorno d'Italia, presi entrambi nel loro complesso.
La dinamica dei rapporti tra risparmi, consumi e investimenti appare infatti, nel confronto fra le due circoscrizioni, esattamente antitetica.
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Italia |
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Nord-Centro |
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Mezzogiorno |
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H) Trasferimenti finanziari
Sotto la voce trasferimenti diamo conto di una serie di flussi monetari in entrata e in uscita riguardanti le regioni meridionali e attinenti per lo più al periodo 1950-1980.
Il quadro contabile che emerge, che non ha certo la pretesa di essere esaustivo di tutti i flussi finanziari relativi al Mezzogiorno, ci sembra fornisca elementi sufficienti per sciogliere dubbi e per formulare una valutazione in merito alla presenza o meno di sfruttamento economico dall'esterno, almeno per quanto concerne il periodo preso in esame.
Per la trattazione della materia si farà riferimento ai soggetti erogatori dei flussi e ai settori di erogazione (entrata) e di contribuzione (uscita).
Cassa per il Mezzogiorno
Istituita nel 1950, la Cassa per il Mezzogiorno ha avuto a disposizione nel trentennio 1950-1980 dotazioni finanziarie pari a circa 30mila miliardi (a prezzi correnti). Calcolando la dotazione finanziaria secondo il valore monetario dell'anno 1978, si avrebbe una somma pari a oltre 46mila miliardi così ripartiti nel tempo:
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Ministero delle Partecipazioni Statali
Istituito nel 1956, il Ministero delle Partecipazioni Statali è intervenuto nel Mezzogiorno con stanziamenti che, nel periodo 1969-1980, sono ammontati a 15mila miliardi a prezzi correnti, pari a circa 30mila miliardi a prezzi 1978.
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La percentuale media degli investimenti effettuati dalle Partecipazioni Statali nel Mezzogiorno sul totale nazionale è stata del 42% nel periodo 1960-1969 e ha raggiunto il 51% nel periodo 1970-1974.
Amministrazione Statale
Lo Stato, attraverso la Tesoreria Centrale, effettua trasferimenti monetari agli Enti Locali (Comuni, Province, Regioni).
I dati disponibili si riferiscono, con alcune intermittenze, al periodo 1952-1982 ed offrono il seguente quadro per quanto riguarda il Mezzogiorno:
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Focalizzando l'attenzione sul periodo 1959-1972 per il quale si dispone di dati esaurienti, si ricavano dalla tabella i seguenti flussi finanziari statali (trasferimenti e pagamenti) per circoscrizione:
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trasferimenti (entrate) |
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pagamenti (uscite) |
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Risulta quindi che, almeno nel periodo 1959-1972, il Mezzogiorno ha ricevuto trasferimenti di gran lunga superiori ai pagamenti, mentre l'opposto si è verificato nella circoscrizione Nord-Centro.
Questo trasferimento ordinario di fondi si somma a quello già consistente dell'intervento straordinario.
Per cui è corretto affermare che il trasferimento straordinario non è suppletivo ma aggiuntivo al trasferimento ordinario.
Comunità Economica Europea
La Cee interviene nel Mezzogiorno attraverso la concessione di contributi e prestiti.
La tabella seguente offre il prospetto degli interventi monetari in MUC (milioni di unità di conto) fino al 1975:
valore assoluto in MUC |
% MUC su Italia |
% abitanti su Italia |
% MUC su CEE |
% abitanti su CEE |
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Contributi |
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Prestiti |
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Totale |
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Il totale delle MUC tradotto in Lire italiane (Gennaio 1978 : 1 ECU = 1069,90 Lire) dà una cifra di contributi e prestiti pari a circa 5300 miliardi.
Disaggregando i dati per fondo di provenienza nel periodo 1973-1975 e calcolando le unità di conto (U.C.) per abitante, si nota che l'intervento CEE nel Mezzogiorno è stato, in tutti i settori, a un livello quantitativamente superiore rispetto alla media delle regioni europee. Abbiamo infatti:
U.C. per abitante nel Mezzogiorno |
U.C. per abitante paesi CEE |
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Feoga garanzia |
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Feoga orientamento |
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Fondo sociale |
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Prestiti BEI |
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Prestiti industriali |
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Istituti di credito
Nell'ambito dei flussi monetari occorre tener conto anche di talune risorse finanziarie attivate nel Mezzogiorno sotto forma di credito agevolato alle varie attività produttive.
Nel periodo 1975-1980 le quote percentuali di credito agevolato, in rapporto al risparmio, si sono così ripartite:
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Italia |
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Nord-Centro |
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Mezzogiorno |
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Dal confronto credito agevolato-risparmio emerge che, anche in questo caso, ci troviamo di fronte a flussi monetari aggiuntivi provenienti dall'esterno.
Pensioni
Per ogni 100 Lire di contributi previdenziali versati nel 1975, le prestazioni ricevute hanno mostrato nelle due circoscrizioni il seguente andamento (Inps 1977):
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Italia |
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Nord-Centro |
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Mezzogiorno |
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Questa situazione di squilibrio a vantaggio del Mezzogiorno è causata da una serie di fattori quali:
- il diffondersi delle pensioni di invalidità (229 di invalidità su 100 di vecchiaia nel 1975) per ottenere le quali è richiesto un periodo minimo di contribuzioni di 5 anni rispetto ai 15 anni per le pensioni di vecchiaia;
- l'esistenza di un'ampia quota di pensioni assistenziali che vengono concesse di diritto a persone di età superiore ai 65 anni sprovviste di reddito o con un reddito insufficiente e per le quali non è richiesta nessuna contribuzione;
- l'insufficiente peso contributivo di alcune categorie di lavoro autonomo (coltivatori diretti, mezzadri, coloni, artigiani, commercianti), dato comune a tutte le regioni italiane ma particolarmente rilevante nel Mezzogiorno per la maggiore presenza percentuale di tali categorie di lavoratori.
L'insieme di questi fattori ha portato nel Mezzogiorno ad uno squilibrio finanziario fra contributi versati e prestazioni ricevute, squilibrio che, in valore assoluto, si è tradotto nel 1975 in un trasferimento di risorse finanziarie verso le regioni meridionali pari a 1000 miliardi.
Rimesse degli emigrati
L'emigrazione dal Mezzogiorno, se ha rappresentato in molti casi una esperienza traumatica e dolorosa per quanti ne sono stati coinvolti, si è risolta, al tempo stesso, in una fonte di reddito per quanti sono rimasti.
Dai dati della Banca d'Italia risulta che, nel periodo 1950-1980 sono arrivate in Italia rimesse per un ammontare di poco superiore ai 16.000 miliardi a prezzi correnti, pari a circa 31.000 miliardi a prezzi 1978.
Poiché le collettività italiane all'estero sono formate per il 60% circa da emigrati meridionali, ipotizziamo un flusso di rimesse verso il Mezzogiorno dello stesso ammontare percentuale.
Abbiamo allora il seguente prospetto:
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Italia |
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Mezzogiorno |
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Nel periodo 1950-1980 sono arrivate quindi nel Mezzogiorno rimesse per 9.800 miliardi a prezzi correnti, pari a circa 18.900 miliardi a prezzi 1978.
Evasioni tributarie e agevolazioni fiscali
Tra i flussi finanziari in entrata nel Mezzogiorno dobbiamo conteggiare anche i mancati flussi in uscita derivanti da carichi d'imposta ridotti o evasi e da agevolazioni fiscali e tariffarie.
Per quanto riguarda i versamenti di imposte (dirette e indirette), se effettuiamo un confronto fra incidenza d'imposta e P.I.L. (prodotto interno lordo) nel Mezzogiorno in percentuale sul totale Italia, ricaviamo il seguente prospetto che si riferisce a tre intervalli di tempo:
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Imposte dirette |
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Imposte indirette |
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P.I.L. |
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Come si può notare, nonostante l'incremento percentuale del prelievo fiscale operato nel 1971, il Mezzogiorno risulta godere di una situazione di favore per quanto riguarda il carico impositivo sopportato in rapporto al prodotto interno lordo.
Questa situazione di favore emerge con maggiore chiarezza dalla successiva tabella che esprime il rapporto percentuale tra imposte (dirette + indirette) e P.I.L. nelle rispettive circoscrizioni.
Imposte/P.I.L. |
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Italia |
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Nord-Centro |
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Mezzogiorno |
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Dai dati Istat sulla contabilità nazionale ripartita territorialmente ricaviamo inoltre che, nel periodo 1970-1978, a fronte di un valore aggiunto nel Mezzogiorno mediamente pari al 24% del totale nazionale, le imposte indirette sulla produzione e sulle importazioni sono state inferiori al 17%.
Questi punti percentuali in meno, pari a 6.200 miliardi a prezzi correnti, derivano in parte dalla diversa natura merceologica delle produzioni e dei consumi nelle due circoscrizioni, a cui corrispondono differenziazioni nelle aliquote I.V.A., ma in parte anche, è plausibile supporre, da evasione nei versamenti.
Alle mancate contribuzioni costituite da autoriduzioni (evasioni) fiscali, qui solo in piccola parte tratteggiate, si aggiungono le agevolazioni fiscali e tariffarie introdotte con disposizioni legislative o amministrative, per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno.
Esse riguardano sostanzialmente:
- sgravi degli oneri sociali nella misura dal 10 al 30% per le imprese industriali e artigiane;
- fiscalizzazione degli oneri sociali superiore del 2.45% nel Mezzogiorno rispetto al Nord-Centro;
- riduzioni tariffarie nella misura del 25% nella fornitura di energia elettrica per usi agricoli e industriali con potenza sino a 30 KW.
Vi sono poi altre disposizioni in materia di agevolazioni fiscali per le imprese operanti nel Mezzogiorno, quali, ad esempio:
- esenzione decennale ILOR ed esenzione ILOR per gli utili reinvestiti;
- sgravio decennale IRPEG del 50%;
- esenzione delle imposte di registro, ipotecarie e catastali per le operazioni di finanziamento a medio termine.
Tutte queste disposizioni hanno come obiettivo di stimolare l'insediamento industriale nel Mezzogiorno.
Redditi occulti
Vi sono infine una serie di flussi monetari occulti controllati e gestiti da talune associazioni (mafia, 'ndrangheta, camorra) e derivanti da attività 'imprenditoriali' e 'commerciali' quali, ad esempio, il traffico della droga, i rapimenti e le estorsioni, il settore dell'edilizia e degli appalti pubblici. In tutti questi campi i guadagni sono elevatissimi.
Cifre molto approssimative relative all'inizio degli anni '80 portano ad ipotizzare un traffico della droga che coinvolge la Sicilia con un giro d'affari intorno ai 20mila miliardi e un ricavo netto sui 700 miliardi l'anno. Questo per quanto riguarda una sola regione (la Sicilia) e un solo settore merceologico (la droga).
Siamo quindi di fronte a ingenti masse monetarie in entrata nel Mezzogiorno, il cui ammontare complessivo è di difficile quantificazione.
Nota su spesa e resa
Il discorso fin qui svolto si è limitato a elencare, in maniera non certo esaustiva, i vari flussi finanziari che si dirigono verso il Mezzogiorno.
Vi sono però due aspetti che, pur senza mettere in discussione i dati fin qui esposti, vanno comunque tenuti presenti. Essi riguardano:
La quota di spesa interna sul totale delle somme disponibili
Non tutte le risorse finanziarie disponibili vengono effettivamente impiegate in quanto il livello di volontà e di capacità di progettazione e di realizzazione è talora inferiore al livello di disponibilità monetarie. Ad esempio, nel 1980 le regioni meridionali hanno accumulato residui passivi per £2195 miliardi (fonte Svimez da Bilanci Regionali).
Inoltre, non tutta la massa monetaria disponibile nel Mezzogiorno viene spesa in loco in quanto la mancanza di talune produzioni o la loro cattiva commercializzazione fanno sì che l'approvvigionamento di taluni beni sia un portato dall'esterno (con conseguente deflusso di risorse monetarie).
La qualità della resa in rapporto alla spesa
Non tutte le risorse finanziarie impiegate producono un beneficio generale tale da superare o quanto meno pareggiare il costo sostenuto. Un'analisi del rapporto costi-benefici avente per oggetto, ad esempio, gli investimenti nel Mezzogiorno, porterebbe a definire parecchie iniziative intraprese nelle regioni meridionali come uno spreco colossale di risorse in quanto caratterizzate da costi ingenti per benefici pressoché inesistenti, almeno per quanto riguarda la società nel suo complesso.
Questa notazione sulla quantità della spesa e sulla qualità della resa, pur importante, non deve però far passare in secondo piano l'oggetto di tutta l'analisi e cioè il fatto che, in base al quadro generale dei dati a nostra disposizione e con riferimento agli anni 1950-1980, non appare sostenibile la tesi dello sfruttamento economico del Mezzogiorno dall'esterno.
Anzi, il Mezzogiorno ha ricevuto una notevole massa di risorse finanziarie attraverso innumerevoli canali statali e non statali, italiani e internazionali.
Le motivazioni sottostanti a questi trasferimenti monetari poggiano sul soddisfacimento di due bisogni:
Consumo
Un reddito stimato insufficiente non permette l'esauriente soddisfacimento di taluni bisogni primari per cui, per motivi di giustizia sociale, si rendono necessari flussi monetari dall'esterno a integrazione del reddito.
Produzione
Una insufficiente accumulazione di risorse non permette il raggiungimento di adeguati livelli produttivi per cui si rendono necessari massicci investimenti dall'esterno verso i settori agricolo e industriale in modo da avviare un processo di crescita produttiva.
Per verificare la veridicità dell'esistenza di questi due bisogni (consumo e produzione) insoddisfatti o solo parzialmente soddisfatti, che motivano i trasferimenti monetari, si effettuerà una analisi descrittiva dei redditi e dei modi di vita degli abitanti di un comune Calabrese.
Si fa precedere questa analisi da un breve quadro statistico della Calabria e da alcune considerazioni sul parametro reddito.