Enrico Corradini

« Classi proletarie: socialismo; nazioni proletarie: nazionalismo »

(1910)

 



Nota

Questa è una parte della relazione di Enrico Corradini al congresso costitutivo dell'Associazione nazionalistica a Firenze (Dicembre 1910). È interessante notare l'uso del concetto di "nazione proletaria" che illumina chiaramente i punti di contatto tra socialismo e fascismo sotto l'egida del nazionalismo. Da qui si possono intravedere i futuri sviluppi dell'idea nella forma del nazional socialismo di Hitler, del comunismo in un solo paese di Stalin, fino ad arrivare alle numerose varianti di protezionismo, di dirigismo e di assistenzialismo degli stati a democrazia rappresentativa.

 


 

Dobbiamo partire dal riconoscimento di questo principio: ci sono nazioni proletarie come ci sono classi proletarie; nazioni, cioè, le cui condizioni di vita sono con svantaggio sottoposte a quelle di altre nazioni, tali quali le classi. Ciò premesso, il nazionalismo deve anzitutto batter sodo su questa verità: l'Italia è una nazione materialmente e moralmente proletaria. Ed è proletaria nel periodo avanti la riscossa, cioè nel periodo preorfanico, di cecità e di debilità vitale. Sottoposta alle altre nazioni รจ debile, non di forze popolari, ma di forze nazionali. Precisamente come il proletariato prima che il socialismo gli si accostasse.

I muscoli de' lavoratori eran forti com'ora, ma che volontà avevano i lavoratori di elevarsi? Erano ciechi sul loro stato. Or che cosa accadde quando il socialismo disse al proletariato la prima parola?  Il proletariato si risvegliò, ebbe un primo barlume sul suo stato, intravide la possibilità di mutarlo, concepì il primo proposito di mutarlo. E il socialismo lo trasse con sé, lo spinse a lottare, formò nella lotta la sua unione, la sua coscienza, la sua forza, le sue stesse armi, il suo nuovo diritto, la sua volontà di vincere, il suo orgoglio di stravincere, l'affrancò, lo portò a dettar la sua legge di classe alle altre classi, alla nazione, alle nazioni.

Ebbene, amici, il nazionalismo deve fare qualcosa di simile per la nazione italiana. Deve essere, a male agguagliare, il nostro socialismo nazionale. Cioè, come il socialismo insegnò al proletariato il valore della lotta di classe, così noi dobbiamo insegnare all'Italia il valore della lotta internazionale.

Ma la lotta internazionale è la guerra?
Ebbene, sia la guerra!
E il nazionalismo susciti in Italia la volontà della guerra vittoriosa.

È superfluo avvertire che la nostra guerra non è un precipitarsi alle armi, e che la nostra guerra vittoriosa non è un'ingenuità poetica, o profetica, ma un ordine morale. Noi insomma proponiamo un «metodo di redenzione nazionale» e con un'espressione estremamente riassuntiva e concentrata lo chiamiamo «necessità della guerra». La guerra è l'atto supremo, ma l'affermare la necessità della guerra comprende il riconoscere la necessità del preparare la guerra e del prepararsi alla guerra, cioè comprende un metodo tecnico e un metodo morale. Un metodo di disciplina nazionale. Un metodo per creare la ragione formidabile e ineluttabile della necessità della disciplina nazionale. Un metodo per creare la necessità inesorabile di ritornare al sentimento del dovere. Preme al cuore de' nazionalisti che le scuole e le ferrovie facciano il loro dovere. Un metodo per restituir credito soprattutto alle virtù e all'esercizio delle virtù (i mezzi del Giappone povero come noi) che i borghesi e la loro opinione pubblica e il loro buon senso e le classi dirigenti e gli uomini politici, o il parlamentarismo, come direbbe Vincenzo Morello, misero da banda per rispetto alla vita della nazione italiana. Un metodo finalmente per rinnovare un patto di solidarietà di famiglia tra le classi della nazione italiana. Un metodo per provare la necessità e l'utile di questo patto.

Per anni e anni fu predicato ai lavoratori italiani dal socialismo, nostro maestro e nostro avversario, che era loro interesse rendersi solidali con i lavoratori della Concincina e del Paraguay e rompere ogni solidarietà con i loro padroni e con la nazione italiana. Bisogna rinchiodare nel cervello dei lavoratori che hanno un maggiore interesse a mantenersi solidali con i loro padroni e soprattutto con la loro nazione e a mandare al diavolo la solidarietà con i loro compagni del Paraguay e della Concincina.

Insomma l'Italia, da quando è costituita in libertà e in unità, ha perduto due guerre e non ha risolta la questione del Mezzogiorno. Nella politica delle alleanze è giunta ad essere nemica de' suoi alleati e amica de' nemici de' suoi alleati, e senza credito presso gli uni e presso gli altri. Non ha sospettato neppure che si potesse imprimere all'emigrazione un moto verso una finalità nazionale ed ha ormai logore tutte le sue istituzioni ed esausti tutti i suoi partiti.

Vale a dire, il resultato della nostra politica estera e della nostra politica interna è cattivo.
Quali le cause? C'è bisogno d'un'opera di revisione generale.
Il nazionalismo si propone quest'opera.
C'è bisogno di mutar sistema, di trovare un miglior sistema d'uomini e di cose.
Il nazionalismo vuol trovarlo. Questa è la sua ragione d'essere.

 

 


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