Gian Piero de Bellis

Saggi sul post-statismo

Sulle Scienze Sociali come Imbroglio e sugli Scienziati Sociali come Contastorie

(2006)

 


 

Presentazione

L'approccio scientifico
La successiva realtà storica
La divisione delle scienze
Il divario delle scienze
Lo scontro delle scienze
L'individuazione del problema
Riferimenti

 


 

"Le scienze naturali hanno sviluppato una enorme attività e hanno accumulato una massa crescente di materiali di studio. La filosofia, invece, è estranea a tali scienze come esse sono estranee alla filosofia."
(Karl Marx, Manoscritti Economico Filosofici del 1844)

L'approccio scientifico (^)


L'essere umano è, fondamentalmente, un osservatore curioso e una persona volta ad analizzare tutto ciò che lo circonda e che avviene intorno a sé. Attraverso osservazioni attente e riflessioni critiche emergono tentativi volti a spiegare la natura e l'origine dei fenomeni.
Nel lontano passato il filosofo, vale a dire l'amante (filos) della conoscenza intesa come saggezza (sofia), era interessato alla totalità della realtà. Aristotele era in grado di meditare e scrivere riguardo ai fenomeni del mondo fisico e intellettuale in cui l'essere umano viveva e da cui era coinvolto.
Nel corso della storia, la Chiesa Cattolica dopo aver raggiunto una posizione di preminenza nel mondo Occidentale, assorbì e integrò nella sua dottrina e nel suo insegnamento gli scritti di Aristotele e, durante vari secoli, questi furono considerati come il credo definitivo per descrivere e spiegare la realtà.
Tale fu la situazione fino al XV e XVI secolo quando Copernicus, Keplero e Galileo minarono le basi della cosmologia Aristoteliana.

Copernicus (1473 - 1543) : De Revolutionibus Orbium Coelestium (1543)
Keplero (1571 - 1630) : Astronomia Nova (1609)
Galileo (1564 - 1642) : Dialogo sopra i massimi sistemi (1632)


Questo fu possibile attraverso:

- osservazioni più precise grazie all'invenzione di nuovi strumenti quali il cannocchiale;
- sperimentazioni più produttive condotte secondo metodi più rigorosi.

La gerarchia della Chiesa Cattolica riteneva che la libertà di osservazione e di sperimentazione avrebbe potuto compromettere la dottrina e specialmente il potere ecclesiastico di sanzionare ciò che è vero e ciò che è falso.
Questa paura di perdere il predominio sulle menti delle persone rappresentò il motivo principale che condusse al processo di Galileo e al forzato abbandono dei suoi convincimenti.
Il potere dominante dell'epoca (la Chiesa Cattolica) si era in tal modo schierata dalla parte di credenze tradizionali erronee invece di porsi in prima fila verso la scoperta di nuove verità scientifiche.
Così facendo condannò sé stessa a un lungo processo di decadenza intellettuale che risultò, a tempo debito, nel declino della sua autorità morale e del suo potere materiale.

Quasi intorno alla stessa epoca (la fine del XVI e l'inizio del XVII secolo), in un'altra società più liberale, in cui il potere della Chiesa non era così vasto e invadente, Francis Bacon (1561-1626) poteva condurre indisturbato i suoi esperimenti; di lì a poco, a indicare l'ulteriore sviluppo della libertà di ricerca, la "Royal Society per il miglioramento della conoscenza della natura" era fondata (Londra, 1660), Isaac Newton pubblicava i “Philosophiae Naturalis Principia Mathematica” (1687) e le idee e i metodi della scienza moderna finalmente iniziavano ad essere accettati in circoli sempre più ampi.
Quindi, a partire dal XVII secolo gli scienziati si svincolarono da costrizioni rappresentate non dalle loro convinzioni religiose o dalla credenza in un Dio (condivisa da Galileo, Cartesio, Pascal, Newton, Leibniz, e molti altri) ma dal controllo esercitato dalla gerarchia ecclesiastica sulla libera investigazione della realtà.
Così facendo, non solo misero da parte concezioni obsolete imposte dall'alto ma approfondirono e ampliarono la conoscenza del mondo fisico e iniziarono un viaggio in cui lo sviluppo del sapere divenne quasi un processo dinamico che si auto-sosteneva e si auto-indirizzava.
Il metodo scientifico, liberato dalle interferenze opprimenti di qualsiasi potere esterno e animato dalla tensione interna degli scienziati come cercatori di conoscenza, consentì di produrre un fiume continuo di scoperte impressionanti.

La successiva realtà storica (^)

Nel corso del XVII e XVIII secolo la conoscenza della natura e le applicazioni pratiche sotto forma di strumenti tecnologici procedettero a passo sicuro soprattutto in Inghilterra, contribuendo alla nascita di quella che sarà chiamata la Rivoluzione Industriale.
Questa fu resa possibile dalla libertà di iniziativa e di sperimentazione prodotta dall'assenza di interferenza nelle vicende terrene da parte del potere religioso (la Chiesa), apertamente sottomessa sin da allora, in alcuni paesi dell'Europa settentrionale e centrale, al potere secolare. Il nuovo potere in ascesa (lo stato centrale) non solo non si opponeva allo sviluppo della scienza e della tecnologia ma era interessato a tale sviluppo per motivi di potenza militare e di superiorità economica.
Del tutto differente era però la situazione nel campo delle cosiddette scienze sociali o umanistiche. La visione cosmopolita dell'Umanesimo e del Rinascimento (dal XIV al XVI secolo) rianimata dall'Illuminismo (dalla fine del XVII al XVIII secolo) risultava sempre meno funzionale al nuovo Potere volto al territorialismo (sovranità territoriale) e al nazionalismo (omogeneità culturale).
Per questo motivo, mentre le scienze della natura e della materia traevano giovamento dal progressivo declino del potere della Chiesa Cattolica, lo stesso non si può dire per le scienze sociali e umane in relazione al potere in ascesa dello Stato Nazionale.

L'emancipazione e lo sviluppo delle scienze fisiche si contrappone quindi all'assoggettamento e al sottosviluppo delle scienze sociali attraverso un processo che può essere caratterizzato da tre aspetti:

- la divisione delle scienze
- il divario delle scienze
- lo scontro delle scienze.

La divisione delle scienze (^)

L'approfondimento e l'allargamento della conoscenza condusse alla formazione e al consolidamento di differenti aree di ricerca. Questo era quasi un risultato spontaneo di un processo di sviluppo del sapere mai visto prima, ma esso fu rinforzato in maniera artificiosa e portato a livelli insensati dalla concomitante formazione di un apparato istituzionale di scuole e centri di insegnamento nei quali ognuno era geloso della sua area di studio e voleva affermarne l'autonomia e la dignità in quanto disciplina separata e distinta.
Il risultato fu che, in alcuni casi, uno scienziato era occupato in una ricerca al termine della quale egli aveva accumulato sempre più conoscenze riguardo a sempre meno fino al momento in cui, qualcuno aggiunse in maniera sarcastica, egli sarebbe arrivato a conoscere tutto, di niente.

"Durante gli ultimi 100 anni [metà del secolo XIX - metà del secolo XX] vi è stata la tendenza per ogni scienza di tenere le altre a una distanza di sicurezza, pascolando all’interno dei propri campi delimitati e imparando sempre più intorno ad un numero sempre meno ampio di fenomeni. Sebbene ciò sia dovuto indubbiamente, in parte, al vasto accumulo di conoscenza empirica a cui abbiamo assistito in questo periodo, ciò rappresenta anche un preciso atteggiamento che ha esercitato effetti di rincretinimento."
(Ralph Linton, The Scope and Aims of Anthropology, in, The Science of Man in the World Crisis, 1950)


Nelle scienze naturali e della materia (biologia, fisica, chimica, ingegneria, ecc.) la divisione in differenti campi di studio è stata contrastata a partire dalla metà del secolo XX con collegamenti e incroci estremamente produttivi tra diversi settori di ricerca.
Nel corso degli anni 1950 e 1960 gli iniziatori della Cibernetica (Norbert Wiener) e della Teoria Generale dei Sistemi (Ludwig von Bertalanffy) hanno stimolato l'adozione di approcci integrati allo studio dei problemi.
Lo stesso non si può dire sia avvenuto all'interno delle cosiddette scienze sociali (sociologia, psicologia, economia, ecc.) e soprattutto per quanto riguarda il rapporto tra le scienze sociali e le scienze fisiche. In questo caso la divisione (separazione) è cresciuta a tal punto che appare appropriato definirla un divario (divaricazione).

Il divario delle scienze (^)

Nel 1956 Charles P. Snow, un fisico e romanziere, tenne una conferenza all'università di Cambridge in Inghilterra il cui titolo estremamente significativo era “Le Due Culture."
Nel suo discorso Snow evidenziò il fatto che un enorme "divario di reciproca incomprensione - talvolta ostilità e antipatia, ma per lo più mancanza di comprensione" si era instaurato tra "gli intellettuali letterati da una parte [e] dall'altra gli scienziati, in particolare coloro che più rappresentavano la scienza e cioè i fisici."
Non solo essi erano incapaci di comunicare gli uni con gli altri ma essi non erano neanche desiderosi di farlo, comportandosi come se l'altro non esistesse.
Anche il fatto che tuttora ci si riferisca a coloro che operano in diversi campi di ricerca utilizzando termini differenti, rivela apertamente il divario esistente: intellettuali sono chiamati i letterati e coloro che si occupano del settore umanistico, mentre scienziati sono coloro che si occupano dei fenomeni fisici, tecnologici e biologici.

All'inizio del XXI secolo il divario è ancora presente e, nella realtà dei fatti, essendo esistito per un periodo così lungo, è cresciuto a tal punto che adesso fa parte di uno scenario del tutto normale della vita contemporanea. La permanenza di questo divario è un fatto ancor più straordinario considerato che siamo attualmente immersi in un mondo tecnologizzato a causa delle innumerevoli scoperte degli scienziati ma, al tempo stesso, continuiamo ad utilizzare (o siamo costretti ad utilizzare) metodi e strumenti di analisi e di organizzazione sociale propri di un passato feudale.

"La conoscenza scientifica e la padronanza tecnica dei fenomeni naturali conseguono ogni giorno nuove vittorie senza precedenti. Ma nella vita pratica e di relazioni dell’essere umano la sconfitta del pensiero razionale sembra essere completa e irrevocabile. In questo campo si suppone che la persona moderna dimentichi tutto ciò che ha appreso nello sviluppo della sua vita intellettuale. Essa è spinta a ritornare ai primi rudimenti della cultura umana."
(Ernst Cassirer, Il mito dello stato, 1946)

Sebbene molti continuino a non riconoscerlo o a non rendersene conto, il divario è diventato ora uno scontro la cui natura e le cui conseguenze devono essere non solo esaminate ma anche prese seriamente affrontate.

Lo scontro delle scienze (^)

Quello che stiamo vivendo e di cui siamo attualmente testimoni, all'inizio del nuovo millennio, non è uno scontro di civiltà ma uno scontro di culture all'interno della civiltà; più precisamente uno scontro tra il progresso tecnologico e l'opulenza materiale da un lato e la stagnazione sociale e la decadenza morale dall'altro.
Questo è il risultato di un impressionante progresso nella cultura scientifica e tecnologica a cui non ha fatto riscontro un progresso similare nella cultura umanistica. Al contrario, le cosiddette scienze umane e sociali sono impantanate in dibattiti che appartengono ad epoche passate (feudalesimo, mercantilismo, assolutismo) che apparirebbero assurdi a chiunque, se non fosse che la nostra stessa realtà personale e sociale è ancora caratterizzata da così tanti aspetti propri di quelle epoche.
Il problema sorge in quanto una situazione sociale presente di tipo prevalentemente feudale e una pseudo-scienza sociale fallimentare coesistono accanto ad un realtà tecnologica futuristica e ad una scienza della materia notevolmente dinamica.
Il risultato è che ci troviamo in una situazione schizofrenica in quanto siamo, al tempo stesso, giganti tecnologici e pigmei sociali.

Siamo giganti tecnologici, o meglio esseri umani resi potenti dalla tecnologia, in quanto poggiamo sulle spalle di esseri altamente creativi, e cioè di tutti gli scienziati e tecnici delle cui scoperte ci avvaliamo ampiamente.
Siamo pigmei sociali (con riferimento alle scienze sociali e alla pratica sociale) perché siamo sotto l'influsso o sotto il tallone di tanti dispotici piccoli contastorie, epigoni di passati maestri (Marx, Durkheim, Weber, Freud, Jung, ecc.) dei quali essi hanno spesso distorto e annacquato il pensiero, riducendolo a formule magiche che ripetono servilmente e noiosamente.

Detto in altro modo, il potere tecnologico a disposizione degli individui, visibile soprattutto al giorno d'oggi nelle possibilità di informazione e di comunicazione che caratterizza gli esseri umani del nostro tempo, non è accompagnato da un rinnovamento intellettuale (ad es. un nuovo Illuminismo) che dovrebbe essere almeno stimolato dagli eredi di coloro che operarono a tal fine nel passato, e cioè i filosofi e gli umanisti (attualmente, gli scienziati sociali).

La dissociazione e lo squilibrio tra il potere tecnologico dell'individuo e la saggezza del suo agire sociale potrebbe quindi dar vita a miscele sgradevoli e letali quali, ad esempio:

- potere e alienazione: gli individui diventano estremamente apatici al punto da lasciarsi controllare e guidare dal Grande Fratello (verso le camere a gas, i campi profughi, l'ufficio dell'assistenza sociale o verso altri luoghi di morte fisica e morale);

- potere e rabbia: gli individui diventano estremamente violenti al punto da utilizzare la potenza tecnologica per distruggere ogni cosa e ogni persona che si frappone sulla strada delle loro (legittime o pazzesche) aspirazioni.

La situazione è estremamente seria in quanto coloro che dovrebbero avere una più precisa conoscenza della realtà (gli scienziati sociali) sono restii o incapaci di vedere il problema e di prospettare possibili soluzioni. Il motivo più probabile di ciò è perché, così facendo, gli scienziati sociali metterebbero sotto accusa proprio le loro concezioni e pratiche erronee (se non addirittura assurde).

L'individuazione del problema (^)

L'insieme di divisione-divario-scontro delle scienze non è il risultato di differenze intrinseche ai campi di ricerca qualificati con i termini di scienze sociali e scienze fisiche.
La scienza, e cioè la conoscenza organizzata della realtà, non è una esperienza contraddittoria delimitata da divisori e barriere, in cui ciò che è vero in un campo è falso in un altro e viceversa.
L'unitarietà della realtà, per quanto ricca e varia una realtà possa essere, non può che risultare nella unità della scienza-conoscenza e tutto ciò rappresenta una convinzione di base per coloro che sono interessati a esplorare il mondo in maniera metodica e rigorosa.

"Né il comune essere umano né il ricercatore scientifico percepiscono l’esistenza di passaggi da una sfera all’altra quando si impegnano in una attività di riflessione. Essi non riconoscono l’esistenza di due mondi contrapposti - la realtà da una parte e le idee puramente soggettive dall’altra; essi non si accorgono di passare alcun abisso profondo. Assumono l’esistenza di un passaggio ininterrotto, libero e fluido dall’esperienza ordinaria alla riflessione astratta, dal pensiero al fatto, dai fenomeni concreti alle teorie e viceversa. L’osservazione si fonde nello sviluppo di ipotesi; i metodi deduttivi si fondono nella descrizione del particolare; il risultato del riflettere si fonde nell’azione, senza che si avverta alcun senso di difficoltà tranne quelli che si riscontrano nel particolare compito da affrontare. Il dato fondamentale è la continuità.
Questo non significa che il fatto è confuso con l’idea, o il dato sotto osservazione con l’ipotesi scelta, la teoria con la pratica, al pari di un viaggiatore che non confonde la terra con il mare quando viaggia da un luogo all’altro. Significa soltanto che ogni entità è posta e utilizzata con riferimento al servizio reso da ognuna, e con riferimento al suo futuro impiego."
(John Dewey, Essays in Experimental Logic, 1916)

"Tutte le scienze, e non solo le scienze ma anche tutti gli sforzi di tipo intellettuale, sono un tentativo di vedere le connessioni all’interno delle gerarchie, di connettere la bellezza alla storia, la storia alla psicologia, la psicologia al funzionamento del cervello, il cervello agli impulsi nervosi, gli impulsi nervosi alla chimica, e così via, su e giù, da entrambe le parti."
(Richard P. Feynman, The Character of Physical Law, 1965)


Inoltre, il processo scientifico ha caratteristiche comuni in qualsiasi tempo e luogo esso si svolga, indipendentemente da quale sia l'aspetto sotto esame. Le caratteristiche comuni del processo scientifico sono che esso:

- inizia da un problema;

- impiega un insieme di metodi e di strumenti di ricerca, tutti indirizzati, come obiettivo teorico finale, alla produzione di affermazioni chiare e di argomentazioni coerenti;

- produce incrementi di conoscenza (basati su precedente conoscenza, e cioè su precedenti convinzioni consolidate e vere) che sono soggetti, in modi diversi, ai requisiti di onestà morale e giustificazione empirica da parte degli scienziati (replicabilità, verificabilità, falsificabilità, compatibilità con altre convinzioni vere);

- mira, abbastanza spesso con successo, alla soluzione di problemi.


"La scienza non inizia con i fatti, con le ipotesi, e nemmeno con un metodo, ma con un problema specifico. La scienza sociale non fa eccezione a questa regola."
(F. S. C. Northrop, The Logic of the Sciences and the Humanities, 1947)

"Non esiste una scienza pura e una scienza applicata - esiste solo la scienza e le sue applicazioni."
(Louis Pasteur, 1822-1895)


Purtroppo, le cosiddette scienze sociali falliscono, per molti versi, nel soddisfare le esigenze della ricerca scientifica, avanzando ogni sorta di giustificazione, la più comune delle quali consiste nella pretesa difficoltà a trattare i problemi dell'essere umano, il che pone le scienze umane in una categoria a parte, se non superiore, rispetto alle scienze fisiche.
Coloro che sostengono tale posizione sembrano ignorare la complessità con cui ha a che fare un biologo di fronte ad un ecosistema, un meteorologo che tenta di comprendere i cambiamenti climatici o un geologo che si occupa di prevedere terremoti. Inoltre, sostenendo questa posizione gli scienziati sociali sembrano anche sminuire l'essere umano raffigurandolo come un individuo capriccioso e imprevedibile. Al tempo stesso essi pongono sé stessi su di un piedistallo come intellettuali di alto rango che assolvono la sublime missione di discorrere (sfortunatamente invano) riguardo all'esperienza umana (senza mai raggiungere, occorre sottolinearlo, una visione comune, per non parlare di una soluzione precisa ad alcuni problemi basilari).

Infatti, il compito degli scienziati sociali dovrebbe essere quello di mettere in luce problemi e mettere alla prova soluzioni attraverso sperimentazioni sociali condotte in maniera volontaria, di cui essi potrebbero essere non solo i promotori ma anche i protagonisti, allo stesso modo in cui ogni scienziato conduce direttamente esperimenti (o analizza eventi naturali) e valuta i risultati.
In assenza di ciò, sarebbe più appropriato definire gli scienziati sociali come gli ultimi stregoni, assorbiti, come è la maggior parte di essi, nel ripetere incessantemente formule magiche (mantra) che non hanno alcuna connessione con la realtà attuale.
Sfortunatamente, e qui risiede il problema, questi stregoni pretendono e ottengono tuttora, con l'astuzia o con la forza, l'attenzione delle persone perché sono in sintonia con il potere e, per questo motivo, sono i soli contastorie ufficiali (ossessivi e onnipresenti), allo stesso modo in cui la Chiesa Cattolica era, un tempo, la sola voce esistente e ammessa.
È necessario quindi esaminare questa situazione, vale a dire la realtà delle scienze sociali e degli scienziati sociali, perché, solo lo svelamento del loro mondo fatto di miti e di superstizioni, può condurci al libero sviluppo del sapere, dappertutto e per tutti gli esseri umani che aspirano a ciò.

 


 

Riferimenti (^)

[1844] Karl Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844, Einaudi, Torino, 1970

[1916] John Dewey, Essays in Experimental Logic, Dover Publications, New York

[1946] Ernst Cassirer, The Myth of the State, Yale University Press, New Haven, 1974

[1947] F. S. C. Northrop, The Logic of the Sciences and the Humanities, The Macmillan Company, New York

[1950] Norbert Wiener, The Human Use of Human Beings, Eyre and Spottiswoode, London, 1954

[1950] Ralph Linton, The Scope and Aims of Anthropology, in, The Science of Man in the World Crisis, edited by Ralph Linton, Columbia University Press, New York

[1956] Charles P. Snow, The Two Cultures
http://sciencepolicy.colorado.edu/students/envs_5110/snow_1959.pdf

[1957] Ludovico Geymonat, Galileo Galilei, Einaudi, Torino

[1965] Richard P. Feynman, The Character of Physical Law, Penguin, Harmondsworth, 1992

[1968] Ludwig von Bertalanffy, General System Theory, Allen Lane The Penguin Press, London, 1971

[1970] Jean Charon, Cosmology. Theories of the Universe, Weidenfeld and Nicholson, London

[1988] René Dubos, Pasteur and Modern Science, Science Tech Publishers, Madison, USA