L'educazione come pratica di vita (^)

Nel corso della storia gli esseri umani hanno generalmente appreso dall'esperienza pratica, vale a dire attraverso:
    -  l'osservazione e l'imitazione di comportamenti utili, convenienti o accettabili;
    -  la sperimentazione e l'invenzione, ad esempio procedendo per tentativi e arrivando alla scoperta di nuove forme di comportamento.

  Una volta non esisteva la distinzione tra vivere e apprendere e non vi era nemmeno l'idea che questi due aspetti potessero essere tenuti separati.
  Per la grande maggioranza delle persone questo è stato il caso per parecchi secoli, anche quando in alcune ricche località taluni individui hanno iniziato ad offrire i loro servizi come insegnanti e le prime scuole sono state fondate in Egitto e a Babilonia.

  E anche quando l'immagine delle scuole come centri privilegiati di apprendimento si è installata nelle menti di quasi tutti, l'apprendere dalla pratica di vita e l'apprendimento come un processo che dura tutta una vita sono concetti che non sono mai venuti meno.
  Gli Inglesi, uomini e donne, che dal XVII fino all'inizio del XX secolo intrapresero il "Grand Tour" vale a dire un lungo viaggio di scoperta di alcuni paesi Europei e della civiltà Greca e Romana, sono un vivido esempio di questa concezione e di questa pratica.

  Al tempo stesso è necessario aggiungere che molti di loro, compiendo questo viaggio, non facevano che continuare un percorso di studio che aveva precedentemente incluso anche la permanenza in qualche istituzione scolastica.
  L'apprendimento attraverso la scuola pur sorgendo in epoca posteriore rispetto all'apprendimento dalla pratica di vita è nondimeno un fenomeno abbastanza antico.

 

L'educazione come scolarizzazione (^)

  L'invenzione e la diffusione della scrittura unitamente alle altre capacità connesse quali il leggere e il calcolare, favorirono la fondazione di scuole, prima in Egitto e a Babilonia e poi in Grecia.
 In Grecia, Socrate divenne l'esponente famoso di un modo di educare, chiamato maieutica, in cui colui che è disposto ad apprendere viene aiutato, attraverso una serie di domande e risposte appropriate, a portare alla luce consapevolmente quello che si riteneva fosse già presente, in una forma latente e poco sviluppata, nella sua mente e nei suoi sensi. E questo è ciò che la parola stessa "educazione" significa dal punto di vista etimologico e cioè e-ducere (portare fuori) vale a dire stimolare e agevolare la piena espressione delle energie e delle qualità dell'individuo.

  In contrasto con questa concezione e pratica educativa, una nuova schiera di istruttori emerse nell'antica Grecia che avrebbe rappresentato un modello per la maggior parte dei futuri insegnanti: i sofisti. Il metodo adottato dai sofisti consisteva nell'insegnare elementi collaudati dell'arte della persuasione (dialettica) e dell'espressione (retorica) di modo che i figli dei ricchi Ateniesi potessero prevalere nelle contese oratorie contro i loro avversari politici.
  Il metodo sofistico assegna una importanza enorme alla capacità di servirsi delle parole e alla loro disposizione formale, aspetti che influenzeranno la maggior parte dell'insegnamento scolastico nel corso dei secoli.

  La separazione tra scuola e vita che questo modo di insegnare e di apprendere non poteva non favorire, emerse anche a Roma. Ed è proprio contro questo aspetto negativo dell'educazione Romana che si levò il famoso monito di Seneca: "non scholae sed vitae discimus" [impariamo non per la scuola ma per la vita].
  Dopo la caduta dell'Impero Romano e la decadenza delle città, le scuole diminuirono di numero e quasi scomparvero e l'educazione ritornò a svolgersi soprattutto in famiglia e attraverso le attività quotidiane. Con la ripresa urbana (intorno all'anno 1000) e con lo sviluppo delle produzioni e dei commerci, riapparvero insegnanti ed istituzioni educative per soddisfare le esigenze dei figli delle nuove famiglie aristocratiche e dei ricchi artigiani e mercanti.

 

La ripresa e la diffusione delle scuole (^)

  Nel corso del Medio Evo, la Chiesa si assunse il compito di preservare le opere di autori greci e romani salvandole dalla scomparsa e dall'abbandono. Gli ecclesiastici divennero quindi gli elementi della società più dotati di istruzione, praticamente i soli in grado di leggere e scrivere e in possesso di conoscenze provenienti da età passate.

  Per questo motivo non c'è da sorprendersi che la Chiesa fosse presente con una influenza dominante (se non esclusiva) nella istituzione e nella gestione di quasi tutti i centri e le attività educative del tempo, dall'insegnamento ai bambini alla fondazione di università.
  Essendo la Chiesa un potere universale, ricercatori e studenti potevano muoversi da un centro all'altro (da Bologna a Parigi a Oxford) liberi da qualsiasi barriera politica o restrizione culturale, usando il latino come lingua franca.

  I limiti all'apprendimento erano, in molti casi, di altra natura e consistevano negli stessi che avevano riguardato la pratica dei sofisti: la separazione tra le materie e i modi dell'insegnamento da una parte e le attività e i problemi della vita degli individui dall'altra. Aspetti formali, apprendimento a memoria, studio pedantico delle lingue greca e latina, questi divennero i pilastri fondanti di gran parte delle scuole medioevali. Lo studente era tenuto a familiarizzarsi in maniera pedissequa con i testi degli autori classici come se essi fossero le vette insuperate e insuperabili della cultura. Questa visione, condivisa da molte persone istruite in varie parti d'Europa, avrebbe improntato fortemente le finalità e le pratiche di quasi tutte le future istituzioni scolastiche, confinandole alla pura e semplice trasmissione di precedenti conquiste culturali.

  L'educazione classica basata sullo studio del latino era allora ritenuta essenziale per entrare a far parte delle più alte professioni quali l'avvocato, il medico, il teologo. Però, contemporaneamente, data la richiesta dei tempi, cominciarono ad apparire scuole di tipo professionale, indirizzate ai figli della classe commerciale in ascesa, nelle quali erano insegnate materie più attinenti alla vita pratica quali la matematica applicata al commercio e il leggere e scrivere in volgare.

  La presenza congiunta di vari tipi di scuole, promosse da categorie differenti di persone (ricchi mercanti, signori laici ed ecclesiastici, governanti cittadini, docenti itineranti, ecc.) mostra che, quando sorge un bisogno e non vi sono restrizioni (politiche, tecniche o di altro tipo) riguardo ai modi del suo soddisfacimento, ciò che molto probabilmente ne risulterà è l'offerta di una serie di possibilità, in questo caso una varietà di esperienze educative da parte di una serie di promotori educativi.

 Quest fatto sarà ancor più evidente in epoca posteriore, ai tempi della Rivoluzione Industriale, quando i miglioramenti generali nelle condizioni di vita, dovuti ad un notevole incremento della produttività, permisero di dedicare una sempre più ampia quota di tempo e di energie all'educazione formale dei bambini. Durante la prima metà del secolo XIX, una incredibile serie di iniziative di istruzione scolastica si sviluppo in Inghilterra che stava diventando il paese più avanzato d'Europa. Alle scuole cattoliche e protestanti si aggiunsero le scuole domenicali (Sunday schools) per i lavoratori occupati durante la settimana, le scuole serali per adulti, le scuole caritatevoli (charity schools or dame schools) per i poveri dei quartieri più derelitti delle città, le scuole di villaggio (village schools) sostenute da contributi volontari e da piccole quote di iscrizione, le scuole di fabbrica (factory schools) promosse da imprenditori lungimiranti come Robert Owen, gli istituti per la meccanica (mechanics institutes) sorti a seguito dell'impegno di George Birkbeck, le società di cooperazione educative (mutual improvement societies), gli istituti di studi letterari e filosofici (literary and philosophical institutes), le scuole per l'apprendistato (training colleges) e una serie di altri centri di istruzione e di università sorti con un lascito e finanziati soprattutto attraverso donazioni volontarie, fondi personali e contributi degli utenti. Il numero delle cosiddette scuole private (e cioè, quelle che basavano le loro entrate solo su quote e contribuzioni personali) passarono in Inghilterra da 688 nel 1841 a 3754 nel 1850 (Fonte: Censimento 1851), una crescita del  545% in soli dieci anni. Uno sviluppo simile poteva attendersi in altri paesi una volta che avessero avviato il loro processo di industrializzazione e intrapreso la strada del miglioramento delle condizioni di vita.

 Ma in altre parti d'Europa ci si stava già muovendo in una direzione diversa, con lo stato che assumeva sempre più il controllo dell'educazione, ed anche l'Inghilterra sarebbe stata coinvolta, a tempo debito, da questa corrente di idee e di azioni.

 

La nascita della scuola di stato (^)

  L'ascesa dello stato a un a posizione di dominio nel campo della scuola è preceduto da un lungo periodo di preparazione durante il quale la Chiesa e i centri di educazione che essa aveva istituito iniziarono ad essere sviliti e combattuti; questo fatto contrastava con il periodo precedente in cui la Chiesa era stata considerata un alleato dello stato a cui potevano essere affidati compiti educativi in quanto propri alla sua missione.
  Infatti, nel 1547 il vicere di Spagna aveva incoraggiato il coinvolgimento dei Gesuiti nell'educazione e nella fondazione di scuole invitando Ignazio di Loyola (il fondatore della Compagnia di Gesù) a mandare in Sicilia, nella città di Messina, alcuni appartenenti al suo ordine al fine di svolgere attività caritative e di insegnamento.

  Nel 1759 il vento aveva cambiato totalmente di direzione. In quell'anno la Compagnia di Gesù venne espulsa dal Portogallo. Nel 1764 fu bandita dalla Francia e di lì a poco, nel 1767, dalla Spagna. Le scuole da essa fondate furono o chiuse o affidate ad altre istituzioni.
  A partire dalla fine del XVIII secolo molte edifici e proprietà della Chiesa furono confiscati in vari paesi europei (innanzitutto nella Francia della rivoluzione) minando non solo il potere della Chiesa ma anche, in alcuni casi, la possibilità di svolgere attività caritative quali l'insegnamento gratuito ai poveri.

  Nel 1763 Louis-René Caradeuc de la Chalotais, magistrato capo della Bretagna, scrisse un "Saggio sull'educazione nazionale" avanzando l'idea di un sistema educativo promosso dallo stato. Egli era motivato da due principali obiettivi:

    - Controllare l'accesso all'educazione. Il de la Chalotais era estremamente preoccupato dal fatto che "mai prima di allora vi fossero stati così tanti studenti ... persino le persone che svolgono lavori manuali vogliono studiare."; "i Fratelli della Dottrina Cristiana chiamati gli Ignoranti stanno attuando una politica disastrosa; essi stanno insegnando al popolo a leggere e a scrivere mentre costoro dovrebbero apprendere solo a fare schizzi e a maneggiare la pialla e la lima ma si rifiutano di sottoporsi a questi lavori."
    - Controllare il contenuto dell'educazione. Al fine di porre fine all'influsso della Chiesa, in particolare quella dei Gesuiti, sulle menti delle giovani generazioni, il de la Chalotais voleva che venissero istituite scuole statali in quanto "i figli dello stato devono essere allevati dai membri dello stato". A tal fine egli sollecitava il re a formare una commissione per lo studio del problema dell'educazione nazionale, per definirne gli scopi e per approntarne gli strumenti necessari (ad esempio, i libri di testo).

  In Prussia, che va considerata assieme alla Francia come la culla della scuola di stato, i "Regolamenti generali delle scuole" emessi nel 1763 sotto Federico II decretarono l'obbligo scolastico per tutti i ragazzi dai cinque ai tredici anni di età. Nello stesso periodo (1768), Johann Bernhard Basedow stava formulando la sua proposta di un Consiglio supremo della Pubblica Istruzione che fu poi formato (Oberschulcollegium) nel 1787 sotto Federico il Grande. Nel 1794 tutti gli istituti educativi furono posti sotto la supervisione dello stato, una decisione che venne riaffermata nel 1803 nel Codice Giuridico Prussiano in cui si dichiara espressamente che "le  scuole e le università sono istituzioni dello stato."

  Nel frattempo in Francia, B. G. Rolland, presidente del Parlamento di Parigi, produceva un rapporto sull'educazione nazionale (1768) in cui invocava l'intervento dello stato attraverso un sistema nazionale gerarchico, centralizzato nella capitale, che controllasse tutte le scuole locali.
  Le fondamenta teoriche e pratiche della scuola di stato furono dunque poste nella seconda metà del secolo XVIII, pronte per essere utilizzate dai protagonisti della Rivoluzione Francese e dai ceti dirigenti degli altri stati europei, testimoni invidiosi e timorosi del fascino politico e dei successi militari dello stato centralizzato francese.

 

Il consolidamento della scuola di stato (^)

  In Francia la Rivoluzione, con la sua mitizzazione dello stato presentato come il protettore dei cittadini, preparò la strada al dispotismo imperiale di Napoleone.
  Nel 1802 con il decreto Fourcroy lo stato mentre lasciava la scuola elementare all'iniziativa locale, prendeva sotto la sua tutela l'educazione secondaria imponendo un corso di studi controllato dal centro. Napoleone vedeva nell'educazione di stato un mezzo per produrre amministratori preparati e ufficiali dell'esercito a lui obbedienti. A tal fine istituì i Licei statali, il cui tratto distintivo era rappresentato da una disciplina di tipo militare. A partire dal 1804 lo stato si arrogò il diritto di nominare gli insegnanti e nel 1806 venne costituita la Università Imperiale (integrata da ulteriori decreti attuativi nel 1808). Essa era una sorta di Ministero dell'educazione preposto al controllo di tutto il sistema scolastico e dell'apparato di insegnamento della Francia.

  Il ruolo dello stato nell'educazione venne esteso, dopo la caduta di Napoleone, quando nel 1833 con la legge Guizot si obbligò ogni comune in Francia a istituire una scuola elementare statale. Ma fu sotto il ministro dell'educazione Jules Ferry (durante gli anni 1880) che l'educazione di stato ricevette un forte impulso, diventando il monopolio statale a cui l'élite di governo aspirava fin dall'inizio del secolo. Una serie di leggi ridussero notevolmente e in alcuni casi eliminarono addirittura la presenza delle scuole cattoliche, introducendo la proibizione di insegnamento da parte del clero. Il curriculum delle scuole di ogni ordine e grado fu elaborato centralmente e espurgato a fondo di ogni riferimento o tema religioso. Venne deciso di finanziare le scuole di stato attraverso il prelievo fiscale e quindi la loro frequenza divenne apparentemente gratuita pur essendo i costi pagati da tutti seppure in maniera diversa, indiretta e quasi nascosta.

  In Prussia, l'esempio della Francia e del crescente ruolo che lo stato vi stava assumendo come guida suprema della nazione in tutti i campi, contribuirono all'emergere di una corrente di idee (rappresentata soprattutto da Hegel e Fichte) in cui la missione dell'educazione consisteva nella formazione di cittadini fedeli e devoti allo stato.

  Seguendo l'esempio della Francia e della Prussia, molti stati Europei assunsero il controllo dell'educazione, espropriando coloro che avevano svolto in passato un ruolo di educatori ed elminando nuovi potenziali concorrenti che non avrebbero mai potuto competere in una situazione in cui la scuola di stato è finanziata obbligatoriamente da tutti.

  Da quei primi inizi nella seconda metà del secolo XVIII, la scuola di stato si è diffusa dappertutto e ha assunto il controllo dell'educazione a tal punto che l'educazione stessa ha finito per essere identificata con la scuola e per scuola si intende quasi implicitamente la scuola di stato.
  Occorre quindi focalizzare l'attenzione un po' più a fondo sulla scuola di stato, presentando brevemente le giustificazioni offerte per la sua introduzione e le funzioni, le caratteristiche, i protagonisti e gli effetti che caratterizzano la sua esistenza.

 

Le conclamate ragioni per l'introduzione della scuola di stato (^)

  La ragione principale a sostegno dell'introduzione della scuola di stato è consistita in considerazioni di tipo egalitario e umanitario.
  Gli elementi radicali presenti in Francia e in Inghilterra, in unione con filantropi, agitatori sociali e riformatori politici, videro nell'intervento dello stato nel campo educativo la strada per migliorare la condizione dei diseredati e per ridurre, se non abolire, le disparità culturali e gli scompensi sociali.

  In altre parole, secondo i fautori dell'intervento statale, solo lo stato, in quanto rappresentante dell'intera comunità nazionale, poteva e doveva occuparsi dell'educazione di tutti al fine di formare cittadini liberi dall'ignoranza e una società libera dalle disuguaglianze.
  In realtà, in molti paesi una gran parte dell'élite di governo non condivideva affatto questa prospettiva di emancipazione degli individui attraverso la diffusione dell'educazione promossa dallo stato. Infatti, l'alfabetizzazione delle masse veniva considerata come una possibile causa di ribellioni e di disordini. Secondo questa visione, un individuo appartenente alle classi subordinate il quale fosse capace di leggere o un lavoratore manuale istruito rappresentavano una contraddizione e una fonte di scontento che avrebbero messo a repentaglio l'ordine costituito.

  Per questo motivo dobbiamo correggere, qualora necessario, l'opinione diffusa che lo stato sia stato il vero promotore dell'educazione e l'iniziatore dell'alfabetizzazione di massa.
  In realtà, dalla fine del secolo XVIII la diffusione dell'alfabetismo stava già avvenendo nonostante e contro l'opposizione dello stato, se si tiene conto che persino una élite di governo liberale come quella Inglese aveva introdotto tasse sulla carta per scoraggiare la diffusione della lettura e della scrittura tra i meno abbienti. Nonostante ciò, l'ampia circolazione di documenti rivoluzionari come "Rights of Man" (1791-1792) di Thomas Paine o "Enquiry concerning political justice" (1793) di Richard Godwin, rappresentavano un segno che la capacità di leggere si stava diffondendo anche senza l'intervento dello stato e nonostante gli ostacoli posti dallo stato. E non appena la tassa sulla stampa venne abolita nel 1855, diciassette nuovi giornali di provincia vennero fondati, una indicazione ulteriore della presenza consolidata di capacità di lettura tra la popolazione inglese in generale, molto prima di qualsiasi scolarizzazione di stato in Inghilterra.

  Una ulteriore giustificazione per l'intervento dello stato sotto forma di frequenza scolastica obbligatoria per tutti i ragazzi fino ad una certa età, si basava sulla volontà di porre fine al loro sfruttamento da parte di genitori snaturati e di padroni avidi che li costringevano a lavorare nelle miniere e nelle fabbriche. Questa è, ancora una volta, una ragione molto encomiabile ma si basa su una generalizzazione che è molto lontana dal vero.

  Infatti, mentre è vero che un numero ristretto di genitori non si comportavano in maniera umana nei confronti della loro prole, la maggior parte di essi compiva ogni sforzo per assicurare ai loro figli un futuro migliore. Come riportato da James Mill nella Edinburgh Review dell'Ottobre 1813: "Ci è capitato di incontrare famiglie nelle quali, per settimane di seguito, non si era consumato altro cibo che patate, eppure era stata accantonata, per ogni figlio, la sudata somma occorrente per mandarli a scuola." ["We have meet with families in which, for weeks together, not an article of sustenance but potatoes had been used; yet for every child the hard-earned sum was provided to send them to school."]

  E a scuola o a frequentare corsi vari di istruzione essi andarono in numero crescente se facciamo riferimento alla situazione in Inghilterra. Durante la prima metà del secolo XIX (1818-1858), quando l'intervento dello stato inglese nell'educazione era praticamente nullo, la popolazione studentesca passò da 675.000 a 2.500.000 individui, con un incremento annuo del numero degli alunni doppio rispetto all'incremento della popolazione (1965, E.G. West,  Education and the State). Al tempo stesso la grande maggioranza dei lavoratori si era già alfabetizzata o attraverso un impegno personale o tramite l'assistenza generosa di altre persone. Per cui, il ritratto convenzionale che mostra, prima dell'intervento statale nell'educazione, uno scenario di analfabetismo generalizzato e di abbandono e sfruttamento minorile, è nella maggior parte dei casi o invenzione letteraria o pura propaganda necessaria per giustificare l'entrata dello stato in un nuovo campo di intervento (presentandosi come il fornitore provvidenziale di un servizio altrimenti non disponibile per tutti) e installarsi in una posizione di totale supremazia.

 

Le nascoste motivazioni per l'introduzione della scuola di stato (^)

  Le ragioni avanzate per giustificare l'intervento dello stato nell'educazione sono davvero estremamente convincenti e hanno suscitato il favore di molte persone di idee sinceramente progressiste e umanitarie. Comunque, anche se accettiamo che esse siano ragioni valide per sostenere la promozione dell'educazione da parte dello stato (ad esempio finanziando e facilitando in molti modi ogni tipo di attività educativa), le stesse ragioni non portano necessariamente a diventare fautori della scuola di stato e del controllo generale dell'educazione da parte dello stato.

  È quindi chiaro che, dietro uno schermo di filantropismo e di egualitarismo che ha davvero animato molti riformatori e attivisti sociali e ha giustificato l'intervento statale nell'educazione, si nascondono altri motivi sostanziali che hanno condotto all'instaurazione del più pervasivo e intrusivo tipo di intervento: scolarizzazione obbligatoria in scuole di stato.

  Questo va molto al di là e in una direzione opposta a ciò che molti sostenevano. Infatti, essere in favore dell'educazione delle classi meno abbienti, in vista della loro emancipazione, non si identifica con la frequenza obbligatoria della scuola di stato, se solo si considera quanti altri modi esistono per promuovere e accedere all'educazione. Nonostante ciò, senza tener conto di indicazioni pedagogiche contrarie, in alcuni paesi, a partire dall'inizio del XIX secolo, la scuola di stato ha rappresentato l'unica strada prescelta per l'educazione a discapito di molte altre esperienze. Questa scelta è il risultato di taluni eventi che hanno suggerito ai governanti statali di intraprendere un simile corso di azione.

  In quel momento storico l'intera Europa si trovava sotto l'influsso di Napoleone che stava esportando in ogni paese le idee della Rivoluzione Francese e del nuovo stato che ne era sorto; tra le misure "rivoluzionarie" che erano state adottate vi era quella di un sistema educativo centralizzato (1802).

  Le ripetute vittorie delle armate francesi in varie parti d'Europa e soprattutto la sconfitta dei Prussiani a Jena nel 1806 ebbero l'effetto di suscitare sentimenti di rivalsa nazionale. Se i successi di Napoleone erano dovuti ad uno stato forte e ad un sistema centralizzato di educazione che produceva sodati obbedienti ed efficienti, quel modello andava imitato. E così si instaurò l'idea di instillare un senso di orgoglio nazionale e di dedizione alla patria attraverso un sistema di educazione nazionale sotto l'egida dello stato. Il documento che meglio rappresenta questa concezione è il "Discorso alla Nazione Tedesca" (1808) di Johann Fichte.

  Il sistema di educazione statale già presente in Prussia fu quindi ulteriormente perfezionato su basi ancora più nazionaliste a tal punto che le scuole divennero uno degli strumenti più efficaci dell'arsenale politico dello stato. Il successo nella produzione di fedeli soggetti statali fu tale che, dopo la caduta di Napoleone, la Prussia era incamminata a diventare la nuova massima potenza dell'Europa continentale. Questa ascesa verrà sancita da due eventi:
    -  la vittoria dell'esercito Prussiano sull'esercito Austriaco a Königgrätz (Sadowa) nel 1864;
    -  la vittoria dell'esercito Prussiano sull'esercito Francese a Sedan nel 1870.
  Nelle parole del ministro prussiano della guerra, "il vero vincitore della battaglia di Königgrätz era il maestro di scuola prussiano".  Le stesse parole potrebbero essere ripetute e applicate con riferimento alla vittoria militare contro i Francesi.

  L'esperienza Prussiano-Tedesca mostrò che "le scuole sono strumenti di politica statale, come l'esercito, la polizia e gli esattori delle imposte" (1960, Elie Kedourie, Nationalism). E praticamente tutti i governanti statali, a tempo debito, appresero la lezione.

  Il primo stato ad assorbirla fu quello che era già meglio posizionato al riguardo e cioè la Francia. Dopo la sconfitta del suo esercito, nuovi uomini politici erano emersi per i quali il rinnovamento della nazione sotto uno stato forte costituiva una assoluta priorità. Tra di essi spicca la figura di Jules Ferry che, come abbiamo già visto, fu  l'artefice di un sistema scolastico statale (leggi del 1882 e del 1886) rigidamente controllato dal centro e da cui ogni influsso esterno allo stato (ad es. la Chiesa, la comunità, i genitori) era metodicamente eliminato o emarginato. Questo è il sistema che sarà adottato in molti paesi (ad esempio l'Italia) e che sopravviverà, con taluni aggiornamenti e modernizzazioni di facciata, durante quasi tutto il corso del secolo XX.

 Per cui, il vero motivo dietro l'intervento dello stato nell'educazione è la sopravvivenza e la potenza dei suoi ceti dirigenti. Come sottolineato da un acuto osservatore, nel sistema scolastico dello stato nazionale "lo scopo dell'educazione ... consiste nel piegare le menti delle giovani generazioni al volere della nazione" (1960, Elie Kedourie, Nationalism), e cioè al volere dei governanti statali nazionali. O, per citare le parole di un rinomato storico francese (Ernest Lavisse) all'inizio del XX secolo "se lo scolaro non diventa un cittadino estremamente consapevole dei suoi doveri, e un soldato che ama la sua pistola, l'insegnante avrà sprecato il suo tempo."

 

Le funzioni della scuola di stato (^)

  Se il non confessato obiettivo della scuola di stato è quello di addestrare i sudditi per la promozione ed espansione del potere statale all'interno e all'esterno, chiaramente le sue reali funzioni non possono di certo essere quelle di liberare l'essere umano dall'ignoranza e di emanciparlo verso l'indipendenza critica nel pensare e nell'agire. Al contrario, gli obiettivi della scuola di stato, molto evidenti e pressanti in passato ma tuttora intrinsechi al suo modo di affrontare l'educazione, possono essere riassunti come:

    -  Indottrinamento delle persone. Indottrinamento significa, in questo ambito, la diffusione, forzata e pianificata dall'alto, di idee intese a creare una identità (cioè uniformità) nazionale sotto l'egida dello stato. La vera missione della scuola di stato non è quella di agevolare lo sviluppo di individui dotati di cognizioni e capaci di ragionamento ma quella di produrre docili sudditi statali tutti uguali tra di loro.  L'attuazione della sovranità territoriale da parte dello stato esige il controllo e la manipolazione delle attitudini mentali dei soggetti che vivono all'interno di quel territorio. Nelle parole di uno scrittore e patriota italiano, Massimo d'Azeglio, una volta fatta l'Italia, occorreva "fare gli italiani" alludendo con ciò alla formazione di una identità nazionale italiana, cioè di sudditi nazionali fatti in serie. E questo compito poteva essere realizzato al meglio solo attraverso l'istituzione e il continuo rafforzamento di un sistema scolastico statale finalizzato all'allevamento di una popolazione "devota alla Patria e al Re" (secondo le parole di una circolare del1886 del ministro dell'istruzione Michele Coppino) o, nel caso della Germania, "fedele al Kaiser, all'esercito, alla marina."  Lo stato era finalmente riuscito a sostituirsi alla Chiesa nella funzione di modellare le menti e stava rimpiazzando la vecchia religione con la nuova ideologia dello statismo.

    -  Omogenizzazione delle masse. Omogeneizzazione significa che tutti gli studenti devono passare attraverso lo stesso processo di istruzione, assorbendo in maniera uniforme le stesse nozioni e gli stessi atteggiamenti e comportamenti finalizzati a produrre lavoratori sottomessi al padrone e cittadini obbedienti alle leggi. Il processo è imposto dall'alto in maniera talmente uniforme che, verso la fine del secolo XIX, un Ministro dell'Istruzione in Francia, sembra si sia vantato di poter affermare quale parte del curriculum statale fosse svolta in ogni scuola del paese facendo semplicemente riferimento al giorno e all'ora. Le nozioni da ingurgitare fanno riferimento soprattutto a eventi e conquiste di civiltà anteriori, disposti su una linea storica di progresso che conduce, come realizzazione ultima, alla comparsa dello stato nazionale. Lo stato è subdolamente presentato come l'iniziatore o il realizzatore di tutto quello che, in base ad una visione di comodo, si sostiene essere stato tralasciato o malamente attuato in passato (amministrazione della giustizia, fornitura di servizi sociali, dotazione di infrastrutture, ecc.). Inoltre, ogni sistema scolastico nazionale sembra possedere la congenita tendenza a rappresentare il proprio paese come il faro della civiltà e di minimizzare le realizzazioni e i successi delle popolazioni di altri paesi attribuendoli, in alcuni casi, a pratiche di sfruttamento e di rapina da cui il proprio paese è magicamente immune. Non c'è quindi da stupirsi se questo tipo di manipolazione di massa ha preparato la strada a carneficine di massa allorché identità nazionali create ad arte si sono scontrate in una lotta per la supremazia.

 L'omogeneizzazione è solo una parte della funzione della scuola e si indirizza principalmente alle classi alla base della piramide sociale. Quando gli studenti provenienti da queste classi hanno assorbito le nozioni e i comportamenti di base, la loro vita scolare cessa mentre i figli delle classi dirigenti continuano i loro studi nei Licei (un'altra invenzione di Napoleone) e all'Università (o attualmenti in corsi post-laurea).

    -  Differenziazione delle classi. Differenziazione significa che la scuola è organizzata in gradi e ordini che riflettono la divisione della società in classi. La divisione principale è quella tra coloro che sono assegnati a svolgere lavori manuali  (esecuzione) e coloro che sono destinati alle attività intellettuali (direzione). La differenziazione inizia ai primi livelli scolari quando i figli dell'élite dirigente e delle famiglie benestanti frequentano scuole migliori (talvolta scuole statali in aree selezionate), scuole all'estero o persino scuole cattoliche o gestite da religiosi, se esse sono considerate di qualità superiore. Le altre scuole di stato, molte delle quali sovraffollate e gestite in maniera burocratica, sono per i figli della massa uniforme ed essi dovrebbero essere felici e riconoscenti per il fatto che sia loro concesso di andare a scuola, apparentemente gratis.

  A questo punto è necessario mettere in luce i tratti principali caratterizzanti la scuola di stato che i figli e le figlie della gente comune (ma non solo loro) devono frequentare.

 

Le caratteristiche della scuola di stato (^)

  Una conferma riguardo alle funzioni effettive della scuola di stato si ha osservando i tratti che ancor oggi, in molti casi, la caratterizzano fondamentalmente, e cioè:

    -  Finanziamento obbligatorio generalizzato (imposte). La scuola di stato è un servizio fornito in regime praticamente monopolistico considerato che è finanziato obbligatoriamente da tutti, non solo senza distinzione tra coloro che hanno o non hanno figli ma soprattutto, non tenendo conto se il contribuente tassato è a favore della scuola di stato o si rifiuta di utilizzarla, investendo tempo e risorse in esperienze educative alternative per i suoi figli (insegnamento a casa, scuole di comunità, utilizzo di esperti, corsi particolari, acquisto di materiali educativi, ecc.) .

     - Frequenza obbligatoria generalizzata (fino ad una certa età). La frequenza scolastica è imperativamente prescritta per legge (l'insegnamento in famiglia è permesso solo in alcuni paesi) e i ragazzi sono obbligati ad andare a scuola altrimenti lo stato interviene con la polizia e la magistratura.

    -  Irregimentazione degli insegnanti (formazione degli insegnanti e pratiche di insegnamento). Gli insegnanti sono addestrati sotto la supervisione dello stato e devono trasmettere nozioni che sono previste in un curriculum approntato dallo stato, utilizzando manuali approvati dallo stato, seguendo per lo più tecniche convenzionali di insegnamento (di solito la lezione cattedratica) approvate dallo stato.

    -  Irregimentazione degli studenti. Gli studenti sono suddivisi in base alla loro età cronologica (le loro capacità mentali o gli interessi personali non vengono minimamente presi in considerazione) e, in alcuni casi, in base al sesso, e sono collocati in gruppi di dimensioni variabili (secondo l'ammontare delle risorse disponibili) sotto il controllo e le direttive di uno o più insegnanti. Tutti gli studenti sono tenuti a seguire con attenzione, memorizzare e ripetere le nozioni trasmesse loro dagli insegnanti, senza mettere in discussione né la forma né il contenuto del processo di istruzione.

    -  Apprendimento a base nazionale. Le nozioni trasmesse fanno riferimento principalmente, in particolare nel caso delle scienze umane, alla cultura dell'élite nazionale dominante e a ciò che tale élite considera degno di essere assorbito e tramandato. La creatività e il cosmopolitismo non sono, in linea generale, nell'agenda educativa della scuola di stato.

    -  Cerificazione legale dei titoli di studio. Se gli studenti si sono mostrati soddisfacentemente docili e sufficientemente capaci nel loro sforzo di attenzione, memorizzazione e ripetizione di quanto è stato loro presentato, essi possono attendersi di ricevere un documento avente valore legale (un diploma) che (si spera) aprirà loro molte carriere nello stato o in settori collegati allo stato o in professioni regolate dallo stato.  Quel pezzo di carta è una chiave magica che, purtroppo, non sempre riflette ciò che le persone sono davvero capaci di fare. In tal caso esse impareranno sul lavoro, nel corso delle loro attività professionali. A questo proposito, "l'economista americano, Professor George J. Stigler, che ha calcolato il tipo di istruzione che porta ad un incremento nel potere di contrattazione salariale dell'individuo, è giunto alla conclusione che fino ai due terzi di tale capacità era acquisita non nel college o a scuola ma attraverso l'esperienza e il tirocinio all'interno della fabbrica o dell'ufficio." (1965, E. G. West,  Education and the State. A study in political economy). Se è ancora così, allora è come se fossimo tornati al punto di partenza, quando l'apprendimento aveva luogo attraverso le esperienze di vita. La sola differenza rispetto al passato, e non è qualcosa di cui essere fieri, è che adesso una quantità enorme di tempo personale e di risorse sociali sono sperperati senza motivi validi e senza risultati degni di nota.

  Infatti, se vi è qualcosa di certo è che la scolarizzazione di stato assorbe risorse enormi, che si indirizzano soprattutto verso gli addetti al sistema. È quindi necessario esaminare brevemente le figure professionali su cui poggia la scuola di stato.

 

I protagonisti della scuola di stato (^)

  Quando l'educazione era un portato delle esperienze di vita, tutti coloro che, all'interno o all'esterno della famiglia, erano dotati di particolari capacità diventavano insegnanti (diffusori di conoscenze) in maniera informale.
  Successivamente, individui letterati, appartenenti soprattutto a congregazioni religiose, dedicarono i loro sforzi all'insegnamento in maniera strutturata, mettendosi al servizio dei poveri o diventando precettori di ricche famiglie.

  Con la nascita dell'idea della scuola moderna, signore appartenenti a famiglie aristocratiche si impegnarono in istituzioni educative caritatevoli. Contemporaneamente, individui, spesso di umili origini, che avevano appreso a leggere e scrivere, iniziarono ad offrire i loro servizi educativi, diventando il primo nucleo di quella che sarà la schiera degli insegnanti; essi erano pagati dai genitori ed erano sotto l'occhio vigile della comunità locale o del clero da cui venivano impiegati.

  Le incertezze finanziarie della professione alla mercé di genitori e gruppi locali, e la dipendenza dalla Chiesa che controllava la maggior parte delle istituzioni educative, rappresentarono le ragioni principali per cui, nel corso del tempo un numero sempre più numeroso di insegnanti favorirono e accettarono di buon grado l'intervento dello stato nel campo educativo. Per essi ciò significava:

    -  una retribuzione regolare pagata dallo stato attraverso il prelievo fiscale invece della preoccupazione di raccogliere personalmente i contributi presso i singoli genitori.
    -  un padrone distante sotto forma del Ministero dell'istruzione avente la sua sede nella capitale, al posto del controllo continuo esercitato localmente dai genitori e dall'intera comunità.
    -  un curriculum più aggiornato che avrebbe eliminato una componente di pedante religiosità sostituendola con temi più concreti.
    -  una migliore considerazione personale presso la comunità locale e la società nel suo complesso in quanto rappresentanti educativi di un potere in ascesa (lo stato nazionale) a cui era stata assegnata una missione da compiere (la educazione/nazionalizzazione delle nuove generazioni).

  Non c'è quindi da stupirsi che gli insegnanti abbiano avuto un forte interesse personale alla diffusione della scuola di stato e nel diventare una sorta di agenti educativi dello stato. Una giustificazione accettabile consisteva nel fatto che, in tal modo, essi si svincolavano, in molti casi, dalla tutela soffocante della Chiesa. Quello che non veniva messo in luce era che, in cambio della sicurezza economica, essi si stavano ponendo sotto un'altre tutela, quella dello stato, che sarebbe divenuta, nel corso del tempo, non meno soffocante e avvilente.  Da quel momento in poi essi sono diventati i portavoce del potere, la cinghia di trasmissione dell'ideologia statista che è fatta di un miscuglio di assistenzialismo corruttore e di autoritarismo dirigista.

 A questo proposito è da notare il fatto che gli insegnanti delle scuole di stato sono membri di una categoria che include molti che sono stati e sono gli istigatori e propagatori diretti di ruoli statali impersonati dai loro alunni come guardie di campi di concentramento, torturatori, assassini agli ordini dello stato. Nelle parole di uno storico contemporaneo, "la camera per le torture e il campo di concentramento completarono semplicemente l'opera che la scuola aveva iniziato." (1999, Martin van Creveld, The Rise and Decline of the State).  E la sovrastruttura burocratica e autoritaria dello stato si sorregge, ancora al giorno d'oggi, soprattutto attraverso il lavoro di propaganda e di manipolazione (consapevole o no) di gran parte degli insegnanti delle scuole di stato.

 Altre categorie di persone che hanno accettato volentieri il sorgere e il diffondersi della scuola di stato sono stati tutti coloro che hanno trovato una occupazione in ruoli burocratici come ispettori scolastici o amministratori sia nell'ambito delle scuole che all'interno di un gigantesco apparato che, dal centro, dovrebbe guidare e modellare la macchina educativa.
  Attualmente, in alcuni stati, il Ministero dell'istruzione rappresenta il massimo fornitore di impieghi del paese, per cui l'ammontare di interessi acquisiti che lavorano per la perpetuazione del sistema è enorme anche quando e laddove i risultati sono scarsi o del tutto irrisori rispetto all'ammontare delle risorse impiegate.

  Vediamo quindi di esaminare brevemente quelli che sono stati e quelli che sono attualmente i risultati della imposizione/diffusione della scuola di stato.

 

Gli effetti della scuola di stato (^)

  La scuola di stato obbligatoria ha conseguito non meno di tre risultati negativi che non erano stati previsti da molti di coloro che erano favorevoli all'intervento dello stato nel campo dell'educazione:

    -  Ha svalutato i genitori. In base alle premesse che stanno alla base dell'intervento dello stato, la frequenza scolastica deve essere imposta ai genitori altrimenti essi non mostrerebbero alcun interesse nell'educazione dei loro figli. Questa generalizzazione priva di fondamenta, anche se vera in riferimento ad un ristretto numero di genitori, è stata applicata nei confronti di tutti i genitori con il risultato di eliminare il loro essere attivamente responsabili dell'educazione dei loro figli, attribuendo questo compito a un gruppo di figure professionali e di burocrati che prendono quasi tutte le decisioni al riguardo. Non c'è quindi da stupirsi se i genitori sono diventati davvero irrilevanti o marginali come figure pedagogiche, non più fonte di valori e di stimoli ma semplici dispensatori di denaro per i loro figli.

    -  Ha svalutato l'apprendimento. Un'altra premessa di base del modello della scuola statale obbligatoria consiste nel ritenere che l'apprendimento debba essere imposto ai ragazzi altrimenti essi non mostrerebbero alcun interesse e curiosità e rimarrebbero per sempre pigri e ignoranti. Questa è, ancora una volta, una generalizzazione priva di fondamenta, non presa nemmeno in considerazione dalla quasi totalità dei pedagogisti; in maniera paradossale, essa è valida solo laddove la motivazione personale ad apprendere è stata eliminata e rimpiazzata dalla costrizione. In tal caso, come in tutti i casi in cui si introduce la coercizione, qualsiasi esperienza che si suppone educativa perde del tutto il suo potere di attrazione e diventa una fatica noiosa da evitare per quanto possibile. L'apprendimento creativo cede il posto ad una memorizzazione forzata, subita solo per ottenere il necessario pezzo di carta chiamato diploma.

    -  Ha svalutato l'attività. L'approccio di base della scuola di stato consiste nel radunare i ragazzi in un luogo specifico (l'aula scolastica all'interno dell'edificio scolastico) dove a qualcuno è stato affidato il compito di presentare talune nozioni. In questo modo, il legame stretto (se non addirittura l'unione) tra apprendere e fare è spezzata del tutto. L'apprendimento appare come un qualcosa completamente staccato dall'agire, un lungo intervallo di tempo trascorso al di fuori della vita reale che riprenderà il suo corso una volta terminato il periodo scolastico. Questo modello deriva da una visione della società divisa tra attività manuali e attività intellettuali che dà origine alla divisione di classe tra governati e governanti. E la scuola di stato, attraverso il suo modo di operare, perpetua questa frattura sociale.

  In generale, la scuola di stato ha fallito e fallisce tuttora in quella che molti, ingenuamente, pensano essere la sua funzione essenziale, e cioè elaborare e promuovere un sapere che permetta di affrontare nuove realtà. Questo non è possibile in quanto la scuola di stato privilegia:
     -  la ripetizione del passato rispetto alla costruzione del futuro;
     -  la trasmissione di nozioni a base nazionale rispetto all'esplorazione di una scienza universale;
     -  lo studio di teorie convenzionali rispetto alla sperimentazione di ipotesi originali.
  I risultati dal punto di vista sociale e psicologico di tutto ciò appaiono molto chiaramente se solo si esaminano le idee coltivate e trasmesse nel corso della maggior parte del secolo XX, vale a dire:
    -  il nazionalismo, lo sciovinismo e l'abbandono del cosmopolitismo;
    -  l'imperialismo, il militarismo e il disprezzo del pacifismo.

  Pensare che la scuola di stato non abbia nulla a che fare con tutto ciò significa essere mentalmente e moralmente ciechi, uno zombie degenere con un diploma in idiozia.
  Sulla base di questi risultati, la scuola di stato può essere annoverata, molto appropriatamente, tra le istituzioni statali totali come il carcere, l'ospedale psichiatrico, la caserma, condividendo con esse, seppur in maniera più sfumata e sottile, le caratteristiche di:
    -  reclusione (carcere)
    -  irregimentazione (caserma)
    -  repressione (ospedale psichiatrico).

 La scuola di stato è l'esempio perfetto di una società di massa in cui, persino l'educazione, diventa un processo uniforme pre-confezionato e gli studenti sono come macchine sulla catena di montaggio. O, per dare una immagine ancora più appropriata dell'intera sequenza, i ragazzi sono come polli in batteria, nutriti a forza al fine di produrre animali adatti per la casseruola dello stato burocratico, nel ruolo di docili lavoratori e alienati consumatori.

 Oltre a ciò le scuole sono diventate anche centri di rabbia, violenza, apatia e analfabetismo al punto che non solo l'educazione non ha luogo ma la diseducazione si diffonde rapidamente e ampiamente, con uno spreco immane di risorse, soprattutto di risorse umane.
 Molti avevano previsto fin dall'inizio gli effetti nefasti del fatto che lo stato assumesse il controllo dell'educazione. Per cui le obiezioni al monopolio scolastico statale sono state numerose soprattutto da parte di coloro che erano cresciuti in un ambiente e in un tempo in cui il peso dello stato era ridotto (XIX secolo); ulteriori obiezioni sono riapparse nella seconda metà del secolo XX e stanno crescendo a valanga all'inizio del secolo XXI.

 

Le obiezioni alla scuola di stato (^)

  Le obiezioni all'intervento dello stato nell'educazione sono emerse durante il XIX secolo sia in Inghilterra che in Francia.

  Pensatori come John Stuart Mill misero in guardia, non sempre in maniera coerente, riguardo ai rischi connessi all'affidare l'educazioni nelle mani dello stato. Nel saggio "On Liberty" (1859)  egli scrisse: "Una educazione generale statale rappresenta soltanto uno stratagemma per formare le persone una uguale all'altra" e "nella misura in cui ciò è portato a termine in maniera efficace e con successo, genera un dispotismo sulle menti che conduce, per tendenza naturale, ad un dispotismo sulle persone fisiche."  ["A general State education is a mere contrivance for moulding people to be exactly like one another" and "in proportion as it is efficient and successful, it establishes a despotism over the mind, leading by natural tendency to one over the body."]
  Nei "Principles of Political Economy" (1848) Mill affermò in maniera molto perentoria che "non è accettabile che un governo abbia, per legge o di fatto, un controllo totale sull'educazione delle persone. Essere in possesso di tale controllo, ed esercitarlo praticamente, equivale ad una situazione di dispotismo. Un governo che può formare le opinioni e i sentimenti della gente a partire dalla loro giovinezza in poi, può fare di essi ciò che vuole." ["It is not endurable that a government should, either de jure or de facto have a complete control over the education of the people. To possess such a control, and actually exert it, is to be dispotic. A government which can mould the opinions and sentiments of the people from their youth upwards, can do with them whatever it pleases."]

  Obiezioni simili furono espresse da Karl Marx allorché, criticando il programma del Partito Social-Democratico Tedesco (il Programma di Gotha) scrisse: "L'educazione delle persone da parte dello stato è un aspetto che va criticato in maniera estremamente vigorosa." "Il Governo e la Chiesa dovrebbero essere entrambi esclusi dall'esercitare qualsiasi influsso sulla scuola." (1875, Karl Marx)

  In Francia, Frédéric Bastiat, tra gli altri, si oppose per principio all'educazione di stato dichiarando che: "Lo stato, o più precisamente il partito, la fazione, la setta, l'uomo politico che si impadronisce in un dato momento, anche in maniera legale, del potere di influire sul governo, può dare all'insegnamento la direzione che esso vuole, e plasmare a suo piacere tutte le menti attraverso il solo meccanismo dei diplomi". ["L'Etat, ou pour mieux dire le parti, la faction, la secte, l'homme qui s'empare momentanément, et même très légalement de l'influence gouvernementale, peut donner à l'enseignement la direction qui lui plaît, et façonner à son gré tous les intelligences par le seul mécanisme des grades."] (1850, Baccalauréat et socialisme)

In Italia, Antonio Gramsci, in un articolo pubblicato nel 1918 sul giornale socialista Il grido del popolo affermava: «Noi socialisti dobbiamo essere propugnatori della scuola libera, della scuola lasciata all’iniziativa privata e ai Comuni. La libertà nella scuola è possibile solo se la scuola è indipendente del controllo dello Stato. (…) Noi dobbiamo farci propugnatori della scuola libera e conquistarci la libertà di creare la nostra scuola. I cattolici faranno altrettanto dove sono in maggioranza; chi avrà più filo tesserà più tela».

E Piero Gobetti, capovolgendo la logica viziata di coloro che vogliono imporre a tutti una educazione laica sotto il controllo dello stato scrisse che: "Solo uno stato teocratico può rivendicare il diritto del monopolio scolastico." (1924, La Rivoluzione Liberale)

  Altri rilievi critici sono state indirizzati all'irregimentazione e alla natura costrittiva della pratica educativa nelle scuole, nelle quali i ragazzi sono trattati come barili vuoti che devono essere riempiti di nozioni, che essi lo vogliano o no.
  Nonostante tutto ciò, il rispetto che ispirava, almeno nei tempi passati, la figura professionale dell'insegnante, appoggiato dalla Chiesa o, in periodi più recenti, dallo stato, ha fatto sì che le obiezioni fossero sempre meno incisive e capaci di effettuare un cambiamento delle pratiche educative. La sola opzione che rimaneva era quella di abbandonare la scuola qualora ciò fosse possibile e praticabile.

  Uno dei casi più famosi di rifiuto della scuola è quello che riguardò nel 1854 un bambino di sette anni di nome Thomas Alva Edison. Dopo una animata discussione con il direttore della scuola, disapprovando i rigidi metodi di insegnamento, la madre giudicò opportuno educare il figlio a casa. Grazie a questa decisione coraggiosa, la mente del piccolo Edison venne salvata dal conformismo e ad uno dei più geniali cervelli di tutti i tempi venne permesso di rifiorire.

  Non così fortunato per quanto riguarda la frequenza scolastica fu un altro genio come Albert Einstein, il quale, riandando con la memoria ai suoi trascorsi scolastici, scrisse le seguenti parole: "Uno doveva immagazzinare tutte quelle nozioni nel proprio cervello, che lo volesse o no. Questa costrizione ebbe un tale effetto deterrente che, dopo aver superato l'esame finale, per un anno intero provai un rigetto nell'affrontare qualsiasi problema di natura scientifica."

  Se questo è l'effetto che la scuola ha avuto su una mente curiosa e brillante come quella di Einstein, dovremmo essere terrorizzati dal pensiero di ciò che essa produce su studenti meno geniali. Purtroppo vi sono molti ragazzi bravi e accomodanti che sono incapaci di mettere in pratica la risoluzione di Mark Twain che dichiarò "Non ho mai permesso che la scuola interferisse con la mia educazione" ["I never let schooling interfere with my education"] e per questo essi sono marcati per sempre da un disgusto anche nei confronti di vere esperienze educative.

  Per molti critici del sistema scolastico i risultati educativi sono apparsi sempre più scoraggianti a tal punto che, a partire dagli anni 1960, una serie di libri sono stati pubblicati con titoli molto illuminanti quali "La diseducazione obbligatoria" ["Compulsory Miseducation"] (1962, Paul Goodman) o "Come fallire l'educazione dei bambini" ["How Children Fail"] (1964, John Holt).
  A questi saggi sono seguiti, all'inizio degli anni 1970, testi ancora più radicali che sostenevano la necessità di mettere la parola fine alla scuola. I loro titoli non erano meno espliciti: "La scuola è morta" ["School Is Dead" ] (1971, Everett Reimer) e "Descolarizzare la società" ["Deschooling society"] (1971, Ivan Illich).

  Le analisi e le diagnosi erano tutte molto simili: l'apprendimento non può essere basato sulla costrizione e sull'acquisizione e  ripetizione mnemonica, ma si sviluppa attraverso la libertà dell'individuo e la curiosità naturalmente insita in lui che lo porta ad osservare e scoprire e quindi a imparare.
  Sulla base di queste idee e come reazione al fallimento del sistema scolare dominato dallo stato, nuove esperienze sono apparse soprattutto nel corso degli anni 1980 e 1990 e si stanno moltiplicando all'inizio del XXI secolo.

 

Le alternative alla scuola di stato (^)

  Durante la fase di dominio della scuola di stato e anche all'interno del settore scolastico statale, alcune esperienze hanno avuto luogo che si pongono in posizione di contrasto con i dettami imposti dal centro.

  Mentre la scuola di stato era/è
    -  incentrata sull'insegnante
    -  basata su sussidiari e lezioni cattedratiche
    -  obbligatoria e irregimentata
  l'educazione progressista era/è
    -  incentrata sul discente (Maria Montessori)
    -  focalizzata sull'apprendimento attraverso le attività (John Dewey)
    -  libera dall'obbligo e dall'irregimentazione (A. S. Neill e l'esperienza di Summerhill).

  Ma queste esperienze sono state o isole in un mare di conformismo e di acquiescenza alle direttive statali o una spruzzata di novità nell'ambito di un approccio formulato in termini generalmente burocratici.
  Le inadequatezze del sistema scolastico statale sono dunque rimaste e sono state aggravate da una dinamica sociale e tecnologica che sta facendo apparire la scuola ancor più insignificante e lontana dai veri bisogni di chi vuole apprendere.
  Attualmente molti avvertono l'esigenza di passare da un ristretto numero di casi sperimentali a una varietà crescente di esperienze. E questo è ciò che sta avvenendo in alcune parti del mondo.

  Vi sono tre idee che, al tempo stesso, iniziano ad essere accettate da un numero crescente di individui e spingono verso la messa in atto di alternative alla situazione presente:

    -  la fine della identificazione della scuola con la scuola di stato. Lo scadimento delle scuole statali sotto il profilo pedagogico, reso ancor più visibile e acuto da episodi di violenza e di cattivo comportamento, ha stimolato alcuni individui e gruppi a intervenire entrando o espandendo la loro presenza nel campo dell'educazione. Negli Stati Uniti la fine della criminalizzazione operata dallo stato nei confronti dell'apprendimento a casa (homeschooling) ha consentito il fiorire di molte esperienze nelle quali i genitori hanno assunto la responsabilità diretta nell'educazione dei loro figli. Il numero di studenti che imparano a casa è passato negli Stati uniti da 350.000 nel 1990 a 1milione e 300mila nel 1998.
  Un altro campo di scuole non statali in crescita è rappresentata da scuole promosse da istituzioni religiose che mirano a trasmettere anche un forte insegnamento morale. Questo tipo di scuole sono scelte da coloro che attribuiscono una importanza speciale all'educazione etica e alla trasmissione di alcuni valori basilari. Abbiamo quindi scuole Protestanti, Cattoliche, Ebree, Islamiche, Quacchere, Mennonite e Amish, per citare le più note. (1997, Ronald E. Koetzsch, The Parent's Guide to Alternatives in Education)
  Accanto alle scuole di impronta religiosa, in molti paesi sono sempre esistite scuole non statali (chiamate in Inghilterra "public schools" e altrove "scuole private") promosse da individui e gruppi e finanziate attraverso le rette pagate dai genitori e contributi volontari. Nella fase attuale, la crisi finanziaria dello stato che è incapace di coprire con la sua presenza tutti i settori sociali, fa sì che queste iniziative siano ancora più necessarie. Per citare solo un caso, in Polonia dopo la caduta del comunismo di stato sono state aperte quasi 300 nuove università non statali, frequentate da metà della attuale popolazione di studenti universitari.
  Tutti questi sono solo esempi tra altri che mostrano che l'associazione mentale che si opera convenzionalmente tra stato e scuola come binomio indispensabile e necessario sta diventando sempre meno valida.

    -  la fine dell'identificazione dell'apprendimento con la scolarità. Oltre a nuove scuole, vi sono anche esperienze educative progettate a misura dell'individuo e strumenti di apprendimento che l'individuo può utilizzare per un processo di auto-insegnamento. Corsi ipertestuali al computer introducono lo studenti a un numero crescente di temi di interesse conoscitivo e consentono di effettuare percorsi di studio personalizzati, scegliendo il momento e il ritmo dell'apprendimento. In generale, l'elevata circolazione di informazioni e la quantità rilevante di risorse e di opportunità educative disponibili al di là della scuola, rendono l'ambiente stesso nella sua totalità un luogo di apprendimento e le scuole diventano solo uno tra i tanti centri (e nemmeno il più importante) che si occupano del conoscere.

    -  la fine della identificazione dell'apprendimento con uno specifico periodo della vita (gli anni di scuola) o con uno specifico luogo (l'edificio scolastico). L'apprendimento è, ed è sempre stato, un processo che dura tutta la vita. Ciò è tanto più vero adesso considerato il ritmo delle trasformazioni tecnologiche e sociali. L'idea che il processo conoscitivo si limiti al periodo scolastico all'interno dell'edificio scolastico e all'assorbimento di un curriculum imposto dal centro e aggiornato a distanza di anni, pone gli individui in una situazione del tutto svantaggiosa. Essi diventano incapaci di affrontare situazioni nuove, essere umani obsoleti come le nozioni il cui assorbimento è stato loro imposto.

 Per rimediare a questa situazione, corsi (brevi, lunghi, a distanza, introduttivi, avanzati, specializzati, ecc.) su quasi ogni possibile tema di interesse, tenuti da persone esperte, sono o dovrebbero essere disponibili e alla portata di tutti in qualsiasi momento nel corso della vita, offerti da una serie di nuovi e vecchi promotori (centri studi, associazioni locali, imprese produttive e di distribuzione, professionisti e specialisti, ecc.). Questa realtà è, nella maggior parte dei casi, molto lontana da quella formale della scuola ed è indirizzata a soddisfare i bisogni specifici e attuali dello studente; e questo è ciò che, in prima ed ultima istanza, rappresenta la motivazione per sviluppare un vero processo educativo.

  Tutte queste esperienze portano ad un nuovo paradigma dell'apprendimento oltre la scuola e soprattutto al di là della scuola di stato. Su questo nuovo paradigma educativo è necessario soffermarsi un po' più a fondo.

 

Dalla scolarizzazione all'apprendimento (^)

  Il superamento concettuale delle tre identificazioni precedentemente messe in rilievo costituisce la premessa necessaria per liberare la mente da una serie di false idee che sono state trasmesse per generazioni.
  La più errata di queste idee, diffusa dallo stato e non certamente dagli studiosi dell'educazione, è che l'apprendimento è una pena inevitabile che deve essere imposta come un obbligo, mentre è, in realtà, un'esperienza naturale e piacevole.

  Quello che è davvero una pena è l'essere confinati in un'aula, per molte ore del giorno, per molti giorni dell'anno, e per molti anni durante quello che è il periodo più attivo della vita di un essere umano, per ascoltare ed assorbire esperienze di seconda mano e nozioni che devono essere memorizzate e ripetute e pappagallo in modo da superare un esame che permette di iniziare ad ascendere la scala sociale. Dal momento che molti genitori sono passati attraverso questo percorso forzato, essi sono stati preparati (vale a dire, manipolati) ad accettare che i loro figli compiano lo stesso penoso e noioso itinerario solo perché c'è (o si spera che ci sia) un premio alla fine della sofferenza: la sicurezza economica e le gratificazioni materiali.

  Nei fatti, questa realtà non è altro che la riproposizione della vecchia concezione della Chiesa che presentava la vita terrena come pena ricompensata dalla felicità eterna dopo la morte. Sotto lo statismo gli anni di scuola rappresentano una lunga preparazione per una vita fatta di tensioni e di tedio, al fine di raggiungere una agiatezza materiale presentata come la vera fonte della felicità.

  Chiaramente tutto ciò non ha nulla a che vedere con l'apprendimento. Di sicuro talune nozioni utili possono raggiungere la mente dei giovani durante un così lungo periodo di confinamento forzato a scuola ma questi risultati così poveri non sono certo sufficienti per giustificare né i metodi impiegati né l'ammontare di risorse allocate.

  L'apprendimento è qualcosa di completamente diverso dalla scuola attuale poiché i suoi tratti sono antitetici ad essa. Infatti, un processo di apprendimento è caratterizzato dall'essere:
    -  libero non forzato
    -  piacevole non penoso
    -  creativo non ripetitivo
    -  motivato dagli interessi dell'individuo non diretto dall'esterno
    -  spontaneo non irregimentato
    -  personalizzato non massificato
    -  che dura tutta la vita non limitato nel tempo
    -  diffuso nello spazio non ristretto in un unico luogo.

  Per questi motivi, invece di destinare ancora energie  e risorse al vecchi sistema scolastico, dovremmo favorire progetti e attività che promuovono:
    -  l'apprendimento autogestito (apprendimento come esplorazione personale)
    -  gli ambienti di apprendimento (apprendimento come esperienza sociale).

 

L'apprendimento autogestito (^)

   L'aspetto centrale dell'apprendimento risiede nel fatto che esso è una esplorazione personale che porta ad uno sviluppo personale. Per questo motivo l'apprendimento è essenzialmente autogestito dalla persona e caratterizzato dalla seguente dinamica:

    -  Motivazione personale. L'apprendimento è iniziato dall'individuo che trova in esso il modo di soddisfare alcune inclinazioni naturali. La curiosità e un desiderio attivo di scoperta rappresentano tratti basilari di tutti gli esseri umani.
    -  Impegno personale. La curiosità e il desiderio di scoperte portano necessariamente l'individuo a impegnarsi personalmente in attività ricche di soddisfazioni e di significati che diventano esperienze di apprendimento. Vivere e apprendere rappresentano quindi una realtà unica.
    -  Sviluppo personale. Ciò che emerge dalla motivazione e dall'impegno è, con tutta probabilità, lo sviluppo di nuove qualità personali (atteggiamenti, capacità, vedute, ecc.). Questo fatto stimola e motiva l'individuo a impegnarsi in ulteriori esperienze di apprendimento, in un processo infinito in cui la persona trova sempre più soddisfazioni e appagamento quanto più procede nella sua esplorazione del mondo.

  Questa dinamica di apprendimento è spontanea e autogenerante e ha luogo all'interno di un quadro caratterizzato da:
    -  obiettivo primario: l'individuo diventa capace di apprendere ad apprendere;
    -  luogo/tempo: non vi sono né confini fisici né limiti temporali all'apprendimento;
    -  temi: non vi è né frammentazione né separazione tra campi di apprendimento.

  Essendo il processo di apprendimento incentrato sull'individuo e sui suoi bisogni, particolare attenzione va posta sulla libertà concernente i seguenti aspetti:
     - I temi di apprendimento. Con l'espressione temi di apprendimento si fa riferimento ai contenuti dell'apprendimento scelti dall'individuo sulla base dei suoi interessi e bisogni personali. Individui diversi si accosteranno a temi diversi che si incrociano e si rafforzano l'un l'altro, essendo tutti caratterizzati dal fatto di essere significativi, rilevanti e attinenti la vita dell'individuo.
    -  I tipi di apprendimento. Con l'espressione tipi di apprendimento si fa riferimento alle esperienze selezionate dall'individuo per entrare in contatto con i temi di apprendimento. Temi differenti richiedono esperienze diverse di apprendimento che pongono l'accento su qualità differenti (ad es. visive, motorie, logiche, ecc.) attraverso itinerari diversi di apprendimento.
    -  Gli stili di apprendimento. Con l'espressione stili di apprendimento si fa riferimento alla persona che apprende e al modo in cui essa affronta l'esperienza di apprendimento. Gli individui presentano differenze (di motivazioni, di interessi, di conoscenza, ecc.) che richiedono e si riflettono in differenze negli stili di apprendimento propri degli individui (ad esempio, maggior rilievo dato ad un approccio intuitivo rispetto ad un approccio analitico o viceversa).

  Nel complesso, al fine di soddisfare tutti questi aspetti e tutte queste esigenze, un processo educativo dovrebbe basarsi su:
    -  Individualizzazione: l'apprendimento è in stretta relazione con i bisogni, gli interessi e le motivazioni della persona;
    -  Personalizzazione: colui che apprende seleziona il percorso esplorativo, l'ambiente e il ritmo che più gli si adattano;
    -  Integrazione: i materiali oggetto di esplorazione non solo si legano l'uno all'altro ma anche si integrano con la precedente base conoscitiva dell'individuo e la allargano/approfondiscono.

 Un curriculum di studi, nel caso in cui esso esista come sequenza di apprendimento, è dettato/modellato dai temi, tipi e stili di apprendimento che sono strettamente connessi alla personalità dell'individuo; non può essere imposto dall'alto uniformemente da parte di un potere burocratico. Come sottolineato dallo psicologo Carl Rogers "l'apprendimento messo in moto dall'individuo e che coinvolge l'intero suo essere - le emozioni come pure l'intelletto - è quello che produce i risultati più duraturi e più profondi." ["self-initiated learning which involves the whole person of the learner - feelings as well as intellect - is the most lasting and pervasive."] (1969, Carl Rogers, Freedom to Learn).

  L'apprendimento, benché sia una esperienza e uno sviluppo personali, ha luogo attraverso una serie continua e una rete fitta  di interazioni e queste richiedono l'esistenza di ambienti di apprendimento.

 

Gli ambienti di apprendimento (^)

  Gli ambienti di apprendimento sono composti da comunità (individui interconnessi), spazi (centri risorse) e attività (esperienze significative) attraverso cui ogni essere umano può soddisfare i desideri innati di apprendimento. All'interno degli ambienti di apprendimento ognuno, in occasioni diverse, dà e riceve in base al sapere specifico che la persona ha padroneggiato.

  Quanto più elevata è la qualità e quanto più ampia è la varietà degli ambienti educativi, tanto maggiori sono le possibilità di apprendimento. Essere partecipe (come promotore e utilizzatore) di una rete di ambienti educativi validi pone le condizioni per una moltiplicazione cognitiva esponenziale della base di conoscenze di ogni persona coinvolta.

  A livello personale e inter-personale l'apprendimento diventa ciò che era e ciò che sarebbe dovuto essere sempre, vale a dire un impegno e una partecipazione nella
    -  Ricerca di problemi (Research)
    -  Progettazione di soluzioni (Design)
    -  Attuazione di decisioni (Planning)
  riguardanti l'esperienza totale della vita, in cui ogni fase è contenuta nelle altre.

  Il nuovo paradigma educativo (nuovo rispetto alle attuali pratiche convenzionali della maggior parte delle scuole statali) tende a far sì che ogni essere umano possa diventare un risolutore di problemi e un attuatore di soluzioni invece di essere una sorta di registratore che ripete il passato nel presente e in un futuro immutabile.

  All'inizio del XXI secolo la maggior parte delle scuole (statali o certificate dallo stato) producono ancora un numero considerevole di individui insoddisfatti, cloni sociali di un mondo  in decadimento, docili macchine pronte per la scalata sociale o gente rabbiosa e aggressive, disgustata  da quella che è stata loro presentata come istruzione: irregimentazione, omogeneizzazione, subordinazione, in una parola, pura e semplice alienazione.

  Gli individui e le comunità devono riprendere nelle loro mani il processo di apprendimento, abolendo il ruolo monopolistico dello stato sostenuto da una tassazione coatta, da una frequenza scolastica obbligatoria e da tutto un armamentario di gradi e diplomi come esche micidiali che aprono la via verso il denaro ed il potere.

 La separazione tra stato ed educazione è necessaria adesso come era necessaria ai suoi tempi la separazione tra stato e religione. Quest'ultima ebbe l'effetto di porre fine alle guerre di religione e introdusse la tolleranza nelle questioni religiose; l'altra, e cioè la separazione tra stato ed educazione, potrebbe mettere la parola fine alle guerre nazionali/tribali e di certo farebbe cessare le lotte politiche, introducendo non solo la tolleranza ma anche la saggezza.

 Noi dovremmo sostituire le scuole di stato con un insieme scintillante di esperimenti e di esperienze. Non vi sono limiti all'apprendimento e non vi dovrebbero essere limiti a ciò che può essere fatto nel campo dell'apprendimento.

  La scuola di stato, vale a dire la manipolazione statale delle masse, non ha futuro come la società di massa di cui la scuola rappresenta il prodotto peggiore. Focalizziamo quindi la nostra attenzione, di nuovo e per davvero, sull'apprendimento iniziato e gestito dalla persona.