Gian Piero de Bellis

L’immorale follia della redistribuzione statale

(Aprile 2009)

 


 

Parecchi anni fa, quando il Partito Comunista Italiano era una forza politica ragguardevole, con la possibilità di diventare il partito maggioritario, circolava questa storiella.

I dirigenti del Partito promettevano alle masse lavoratrici, sfruttate e angariate, che il giorno dopo le elezioni, se il partito avesse riportato la vittoria, i padroni sarebbero stati messi a spazzare le strade. Qualche giorno dopo le elezioni in cui il partito comunista ha riportato una clamorosa vittoria, un gruppo di netturbini si presenta alla sede centrale chiedendo ragione della promessa fatta, non essendo la loro vita cambiata dopo la vittoria. Netturbini prima, netturbini dopo. Viene chiamato un dirigente del partito il quale chiarisce subito il malinteso dicendo: Compagni, vi avevamo promesso che dopo le elezioni, se vincevamo noi, i padroni sarebbero stati mandati a pulire le strade. Abbiamo vinto, adesso siete voi i padroni. Compagni andate a lavorare, a pulire le strade, e non fatevi corrompere dagli estremisti.

Questa storiella mi è venuta in mente considerando l’aiuto massiccio che il potere statale, qualsiasi potere statale, sta dando ai suoi compari di merenda, banchieri e finanzieri. Molti non hanno idee in proposito in quanto oramai sono praticamente fusi, scoppiati, incapaci di qualsiasi reazione a qualsiasi avvenimento. Ma molti altri che si professano "progressisti di sinistra" protestano contro questo uso improprio del denaro pubblico.

Ebbene, costoro, fautori di uno stato interventista che ridistribuisce la ricchezza dai ricchi ai poveri dovrebbero semplicemente tacere e, nel silenzio più profondo, meditare sui guasti morali reali che ha causato e continua a causare la loro posizione.

Chiariamo la cosa. Secondo questi “progressisti” alla Robin Hood, lo Stato deve intervenire redistribuendo tra tutti le ricchezze. E difatti questo è quello che lo Stato sta facendo. In presenza del dissesto di banche e banchieri che non hanno più il becco di un quattrino, sono cioè poveri in canna, lo stato interviene in funzione redistributiva. Se così non fosse i banchieri fallirebbero e si ritroverebbero sul lastrico. Quindi lo stato sta aiutando dei veri poveri e lo fa, come sostenuto dai “progressisti” Robin Hood, redistribuendo la ricchezza. Nulla da eccepire, se la logica ha ancora un senso.

È a questo punto che, in presenza di tali sviluppi logici inattaccabili, una persona razionale e morale dovrebbe porsi finalmente la domanda: è giusto che lo Stato redistribuisca la ricchezza?

E la risposta è una sola, chiara, squillante, inappellabile:

NO, MILLE VOLTE NO!

E questo per tre motivi basilari.

Primo perché lo Stato non ha alcuna legittimità nell’espropriare ricchezza soprattutto quando essa è il risultato di impegno personale, creatività, ingegno, rischio e così via.

Secondo, perché nessuno può accampare un legittimo diritto su ricchezze prodotte da altri se non vuole confondersi con ladri e parassiti.

Terzo, perché la redistribuzione statale abolisce qualsiasi senso di responsabilità personale e viene goduta anche (e soprattutto) da coloro che la "povertà" se la sono voluta (attraverso speculazioni dissennate) o che la "povertà" se la vogliono (attraverso una vita di bevute massime e di impegno zero).

Allora, come mai quasi tutti, produttori inclusi, non obbiettano affatto a questa rapina e a questo sopruso? Il fatto è che sotto lo statismo i produttori sono molto spesso individui che si sono arricchiti ricevendo privilegi e denari dallo stato (protezionismo, sussidi a fondo perduto, denaro a tasso agevolato, commesse statali dietro pagamento di tangenti, etc.) quindi sono i primi a essere avvantaggiati dalla redistribuzione. Il progressista di sinistra che urla a favore della redistribuzione non è altro che l’utile idiota che serve a mascherare il fatto che coloro che hanno più guadagnato nel corso dei decenni dalla redistribuzione statale sono i padroni, quelli veri, quelli legati a doppio filo allo stato o diventati essi stessi potere statale.

Allora, quante idiozie si eviterebbero  se ci si fermasse un po’ a osservare, a riflettere, a ragionare anche su aspetti che appaiono, a prima vista, del tutto accettabili e benefici!

 

Ps. La fine della redistribuzione statale non significa affatto la fine dell’aiuto volontario da parte dei singoli nei confronti dei più bisognosi, della generosità personale verso i più poveri.

Frédéric Bastiat ha scritto:

"chaque fois que nous ne voulons pas qu'une chose soit faite par le Gouvernement, il [le socialisme étatiste] en conclut que nous ne voulons pas que cette chose soit faite du tout. Nous repoussons l'instruction par l'État; donc nous ne voulons pas d'instruction. Nous repoussons une religion d'État; donc nous ne voulons pas de religion. Nous repoussons l'égalisation par l'État; donc nous ne voulons pas d'égalité, etc. C'est comme s'il nous accusait de ne vouloir pas que les hommes mangent, parce que nous repoussons la culture du blé par l'État."
[tutte le volte che noi non vogliamo che una cosa sia fatta dal Governo, i socialisti statalisti ne concludono che noi non vogliamo che quella cosa sia fatta del tutto. Noi respingiamo l'istruzione gestita dallo Stato; allora non vogliamo l'istruzione. Noi respingiamo una religione di Stato; allora non vogliamo la religione. Noi respingiamo l'uguaglianza imposta dallo Stato; allora non vogliamo l'uguaglianza, e così via. È come se ci si accusasse di non volere che gli esseri umani si nutrano, perché siamo contro la coltivazione del grano da parte dello Stato.]
(La legge, 1850)

In sostanza, la fine della redistribuzione di stato vuol dire solo fine dell’imbroglio che fa sì che i potenti dominino e spennino tutti con la scusa di aiutare i più deboli.

 

 


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