Gian Piero de Bellis

Il prêt-à-penser

(Agosto 2015)

 


 

A partire dalla metà dell'ottocento, con la nascita della grande industria e lo sviluppo della meccanizzazione, si è arrivati a produrre beni standardizzati su larga scala per soddisfare un numero crescente di consumatori.

In seguito, con l'introduzione dell'organizzazione scientifica del lavoro (taylorismo), il lavoro stesso viene standardizzato e ridotto a compiti elementari e a procedure semplici che "specificano non solo quello che si dovrà fare, ma anche come dovrà essere fatto, e stabiliscono esattamente il tempo assegnato per l'esecuzione". [1911, Frederick Winslow Taylor]. Anche questo contribuisce all'innalzamento della produzione.

Per cui, nei primi decenni del novecento, si trovano riunite le condizioni materiali e culturali che permettono e rendono accettabili una produzione di massa e un consumo di beni standardizzati.

Nell'abbigliamento, gli abiti fatti in serie sono il risultato di molteplici fattori ed esperienze. Tra questi la necessità di vestire un esercito di coscritti con uniformi standard a basso prezzo; e la diffusione dei grandi magazzini di vendita (department stores) che offrono vestiti di misure fisse a prezzi accessibili al grande pubblico. Nasce così il prêt-à-porter (ready-to-wear) che è poi diventato, anche per gli stilisti di moda, un mezzo per incrementare le loro vendite.

Nel cibo, il confezionamento di prodotti alimentari fatti in serie è reso possibile dalla scoperta di tecniche di conservazione e inscatolamento (ad es. carne in scatola). Per quanto riguarda la preparazione e la vendita di un pasto più o meno completo, già a partire dalla metà dell'ottocento, si possono comprare in Inghilterra “fish and chips” già pronti. Ma, perché ciò diventi un fenomeno di massa, dobbiamo attendere la seconda metà del secolo XX con la diffusione esponenziale dei “fast food”. In Inghilterra, nel 1984, nasce il primo locale che porta espressamente il nome “Prêt-à-manger”.

Nel turismo, i pacchetti-vacanze sono una sorta di “prêt-à-partir” che elimina molti fastidi legati alla necessità di prenotare voli, riservare alberghi, scegliere itinerari. E il prezzo è spesso estremamente vantaggioso perché l'organizzatore del pacchetto è riuscito a strappare, a ristoratori e compagnie di trasporto, condizioni di favore per via del gran numero di clienti.

In complesso, i vantaggi derivanti dagli acquisti di un prodotto standardizzato sembrano essere di gran lunga superiori agli svantaggi dell'uniformità. Questi ultimi poi possono essere facilmente superati indirizzandosi, in molti altri casi ed occasioni, a fornitori di beni e servizi personalizzati.

Ma l'aspetto più importante della produzione standardizzata e in serie nelle società del secolo scorso ha riguardato non beni materiali (indumenti, cibo) e servizi (turismo) ma entità non visibili di tipo culturale e cioè le idee. E in questo caso gli svantaggi sono stati di gran lunga superiori ai vantaggi.

Nel corso del XX secolo, con la diffusione della stampa (giornali a grandissima tiratura) e con l'invenzione di strumenti di comunicazione di massa (radio, televisione) si è creato un mercato per la vendita delle idee di tipo standardizzato, confezionate sotto forma di pacchetti (ideologie). Possiamo chiamare ciò il "prêt-à-penser".

Come il prêt-à-manger è cibo preparato da altri che si consuma per soddisfare, facilmente e in modo conveniente, la fame, così il prêt-à-penser è nutrimento culturale preparato da altri che serve per saziare rapidamente dubbi conoscitivi e soddisfare convenientemente la fame di certezza.

Succede però, e questo è il fatto sostanzialmente negativo, che, mentre accade raramente che qualcuno si nutra solo di fast food e di cibi precotti, evitando regolarmente di cucinare anche un piatto di spaghetti o una frittata, è invece assai corrente il fatto che, una volta accettato un determinato pacchetto mentale, le persone si cibino sempre alla stessa mensa (culturale) e cerchino continuamente bocconi (informazioni e idee) che si adattino a meraviglia al loro, semplice e familiare, pacchetto ideologico.

Questo atteggiamento-comportamento rappresenta però l'antitesi totale dell'approccio scientifico in cui il ricercatore è sempre attento a nuove idee originali e a individuare la presenza di indizi ed elementi che possano falsificare le sue convinzioni-teorie. Invece nell'approccio fideistico del prêt-à-penser si ruota sempre intorno alla solita cerchia di idee e di personaggi e si cercano esclusivamente dati che confermino e rafforzino il pacchetto ideologico prescelto. E si ignorano o addirittura sbeffeggiano tutti coloro che presentano dati e vedute non in sintonia con la propria visione.

Tutto ciò ha conseguenze estremamente negative, generando e rafforzando:

  • la chiusura mentale. Il ricercatore scientifico è una persona estremamente curiosa con la mente aperta. Solo così è per lui possibile trovare soluzioni a problemi vecchi e nuovi. Il consumatore del prêt-à-penser ha già tutte le risposte pronte che gli sono state fornite da un maître-à-penser e dal pacchetto ideologico di riferimento, confezionato e diffuso dalla setta dei propagandisti (intellettuali, giornalisti, opinionisti).

  • la povertà culturale. La chiusura mentale rende impossibile lo sviluppo della creatività che nasce invece dall'incontro di idee diverse in campi diversi, la cosiddetta cross-fertilization. Inoltre, volendo far prevalere se non addirittura imporre a tutti il pacchetto preferito, si finisce per volere una società e un essere umano ad una dimensione e cioè caratterizzati da un pensiero unico estremamente povero.

Per fortuna, nelle regioni sviluppate del globo, quasi tutti hanno ora a disposizione elementi e strumenti che permettono assemblaggi culturali plurimi. Il World Wide Web è come una miniera di nodi culturali che ciascuno può comporre in moduli vari e complessi, sulla base delle personali esigenze. Questa personalizzazione culturale (eclettismo creativo) segna la fine dell'uomo massa e del prêt-à-penser veicolato dal Grande Fratello attraverso i mezzi dell'indottrinamento di massa (scuola, giornali, TV). Chiaramente, tanti sono sbigottiti del cambiamento e utilizzano anche i nuovi strumenti alla vecchia maniera. Evitano cioè di esplorare criticamente il mare magnum dell'informazione planetaria, si limitano a visitare sempre e soltanto gli stessi luoghi, dove ritrovano idee a loro familiari, e si sentono per questo a proprio agio e perfettamente sicuri.

Niente male se a loro tutto ciò va bene perché li protegge da dubbi e paure.

Il problema sorge quando queste idee di formato standard essi le intendono e presentano come soluzioni universali che vanno bene a tutti e che quindi vanno applicate a tutti, che lo vogliano o no. Infatti il passaggio dal prêt-à-penser (pensiero culturale unico) al prêt-à-imposer (potere materiale unico) è spontaneo e quasi irresistibile. Questo può avvenire anche ad opera di persone animate dalle migliori intenzioni, attraverso l'utilizzo di un linguaggio estremamente accattivante. Comunque sia, si tratta sempre di pensieri fissi e di imposizioni inaccettabili.

Quello di cui abbiamo bisogno è invece un metodo e dei principi di valore universale (ad es. rispetto, non aggressione, ecc.) che prevedano e permettano l'espressione di qualsiasi idea e la manifestazione di qualsiasi comportamento purché non ingiuriosi o aggressivi o limitativi nei confronti delle altrui scelte e decisioni.

Solo così il prêt-à-penser di taluni può pienamente convivere con il prêt-à explorer e il prêt-à-expérimenter di molti altri.

E questo è necessario perché possano sorgere comunità volontarie composte da persone libere e responsabili.

 


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