Gian Piero de Bellis

Gli opposti (identici) illusionismi

(Marzo 2015)

 


 

Molti anni fa, durante gli scontri violenti e talvolta sanguinosi tra opposte fazioni di destra e di sinistra, parecchie persone che si riconoscevano politicamente in un’area moderata di centro, erano use parlare di “opposti estremismi”. A ciò faceva seguito la condanna di entrambi in quanto espressioni di comportamenti similari insensati.
Questa condanna che accomunava idee e gruppi apparentemente antitetici veniva però rigettata anche da molti che pur non si riconoscevano nei metodi violenti impiegati. Per costoro, l’espressione “opposti estremismi” rivelava infatti un gretto qualunquismo.
Eppure, a ben vedere, approfondendo i travasi avvenuti nel corso della storia tra destra e sinistra e conoscendo la simpatia profonda, in entrambi i campi, per uno stato forte e onnipresente, l’accomunare i due fenomeni aveva una sua fondatezza in quanto le distinzioni erano, tutto sommato, più formali (di etichetta) che sostanziali (di contenuto).

In linea generale, anche al di là di eccessi ed estremismi, sinistra e destra sono state e sono le due facce ideologiche e prammatiche attraverso le quali si è manifestato il nazional-statalismo in Europa, e con le quali i padroni (culturali, politici, economici) hanno dominato i popoli.
Non dobbiamo stancarci di sottolineare e ripetere questo dato di fatto fino a quando i concetti di destra e sinistra saranno usati in politica come categorie atte a illudere e manipolare le masse.
A ciò bisogna aggiungere due altre categorie usate (in buona o cattiva fede) dai soggetti illusionisti (coloro che illudono) per manipolare i soggetti creduloni (coloro che sono illusi).
Queste categorie sono quelle di comunismo (o socialismo) e capitalismo. Il modo in cui sono presentate e vissute queste categorie illusorie rivela tali e tanti punti di contatto, come nel caso di destra e sinistra di cui ricalcano molti aspetti, che ci sarebbe da chiedersi se il tutto non sia altro che un abile gioco delle parti.

Per i comunisti di una volta (la categoria è da tempo in ribasso) il comunismo era una fede e, in quanto tale, non poteva essere messa in discussione. Infatti, qualsiasi tentativo di dibattito e di analisi critica, ad esempio sulla realtà del “comunismo” che si pretendeva realizzare in alcui paesi, era immediatamente bloccato sul nascere nella maniera più disarmante possibile e cioè attraverso l’enunciazione di caratteristiche astratte estremamente laudatorie del comunismo stesso che erano date per scontate (fine dei privilegi, fine dello sfruttamento). Dopo di che, non c’era più nulla da discutere. Anzi, se uno insisteva a voler continuare l’analisi formulando dubbi e distinguo, quella persona era vista come un oppositore insensato e stravagante di qualcosa di meraviglioso.
In quanto metodo perfetto di organizzazione sociale, il comunismo si rivelava il migliore anche quando soggetto a errori. Questi errori poi erano sempre il frutto di deviazioni commesse da elementi di orientamento borghese e di tendenza capitalista, del tutto estranei al comunismo (rinnegati, sabotatori). Taluni eccessi e durezze del comunismo (carri armati e Gulag inclusi) erano necessari solo per contrastare questi elementi reazionari nella società e nel partito. Il nocciolo su cui poggiava il sistema (ideologicamente e concretamente) era la proprietà pubblica (leggi : statale) dei mezzi di produzione. Questa era la soluzione magica che tutto risolveva.

Se questi erano, in maniera oltremodo sintetica, i pilastri su cui poggiava l’ideologia comunista, vediamo quali sono quelli su cui poggia l’ideologia capitalista.

Per i capitalisti (fautori, simpatizzanti) il capitalismo è, se non una fede, quanto meno una convinzione fortissima che non è soggetta a discussione. Infatti, qualsiasi tentativo di dibattito e di analisi critica, ad esempio su cosa significhi “capitalismo” e chi siano e come agiscano i "capitalisti", è immediatamente bloccato sul nascere nella maniera più disarmante possibile e cioè attraverso l’enunciazione di caratteristiche astratte estremamente laudatorie del capitalismo stesso che sono date per scontate (libero mercato, libera impresa). Dopo di che, non c’è più nulla da discutere. Anzi, se uno insiste a voler continuare l’analisi formulando dubbi e distinguo, quella persona è vista come un oppositore insensato e stravagante di qualcosa di meraviglioso.
Come il comunismo, anche il capitalismo è visto come un metodo perfetto di organizzazione sociale, attraverso il meccanismo del mercato. E, anche in questo caso, il meccanismo è talmente perfetto che esso ha ragione (funziona) anche quando sbaglia (cioè non funziona).
Il nocciolo su cui poggia il sistema è la proprietà privata (leggi : padronale) dei mezzi di produzione. Questa è la magica soluzione che tutto risolve, sempre. E ciò che non funziona nel sistema ideale è attribuito a deviazioni (protezionismi, favoritismi, corporativismi, ecc.) che vanno sotto il nome di “crony" capitalismo. Queste deviazioni sono attribuite alla presenza di scorie socialiste, cioè di elementi anti-capitalisti intenti a manomettere il funzionamento del sistema.

Questa rappresentazione dei due schieramenti potrebbe apparire a taluni un po’ sommaria e caricaturale, ma non penso si possa onestamente sostenere che sia sostanzialmente falsa. Personalmente, troppe volte ho riscontrato l’impossibilità di un confronto serio e pacato (critico, approfondito) con i sostenitori dell’uno o dell’altro sistema. Troppo fissati sull’ideale, e per nulla interessati all’esame critico del reale, cioè di quello che sono diventati nel corso della storia il comunismo e il capitalismo. E per di più entrambi utilizzano i termini di comunismo e di capitalismo come se facessero riferimento a delle persone: il capitalismo ha fatto questo, il comunismo ha fatto quest’altro. Segno evidente di un convincimento ideologico basato sul fideismo e sull’illusionismo.

A sostegno del fatto che i simpatizzanti del comunismo e del capitalismo siano immersi in un illusionistico gioco delle parti basterebbe riflettere sulla storia italiana degli ultimi decenni.

Nella penisola italica, un capitalista (Silvio Berlusconi), prodotto doc del favoritismo statalista attraverso il socialista (Bettino Craxi), agente doc del clientelismo statalista, è diventato l'esponente di uno pseudo-liberalismo di marca prettamente statalista, in lotta contro un ipotetico “comunismo” di marca altrettanto statalista. E il bello è che, nonostante tali credenziali, questo capitalista ha trovato liberali (veri o finti) che lo hanno sostenuto a lungo, cullati e travolti da una serie infinita di illusioni.

In sostanza, sembra che due illusionisti siano necessari per far accettare, a persone che apparentemente la pensano in maniera diversa, la stessa illusione e cioè il fatto di cambiare tutto (a parole) per non cambiare nulla (nei fatti).
Nella realtà dei fatti appare quindi fondato sostenere che capitalismo e comunismo siano le due opposte ma identiche illusioni attraverso le quali si spaccia lo statalismo.

In particolare il comunismo-socialismo agisce nell'ambito politico come privatizzazione (centralizzazione) del potere e socializzazione (diffusione) dell'asservimento e il capitalismo-corporativismo agisce nell'ambito economico come privatizzazione (concentrazione) dei profitti e socializzazione (redistribuzione) delle perdite. Per fare solo un esempio "tremila istituzioni per il risparmio e il prestito ... fallirono negli Stati Uniti nel decennio 1980 con perdite a carico dei contribuenti americani superiori ai 100 miliardi di dollari." (Charles Kindleberger e Robert Aliber, Manias, Panics and Crashes, 2011). E quelli erano gli anni (1981-1989) in cui alla Casa Bianca era installato il pro-capitalista Ronald Reagan. Prova evidente che, attraverso la retorica capitalistica, si possono praticare i peggiori vizi dello statalismo.

Una volta appurato ciò, gli esseri razionali dovrebbero andare oltre gli illusionismi. Altrimenti si rischia di scivolare in puri e semplici cretinismi, di destra e di sinistra, targati capitalismo o comunismo. Che, apparentemente sembrano tanto diversi ma, sostanzialmente sono la stessa identica cosa.
Prendendo a modello l’espressione ironica di Jean-Baptiste Alphonse Karr “plus ça change, plus c’est la même chose” si potrebbe dire che, più uno ritiene di essere diverso dai (presunti) avversari, più gli assomiglia. Soprattutto quando entrambi sostituiscono alla realtà le illusioni e al pensiero critico una adesione fideistica, cieca e indiscussa, al loro tanto amato“ismo” ideologico.

 


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