Gian Piero de Bellis

Dall'ordinaria follia alla straordinaria creatività

(Aprile 2011)

 


 

Se la follia è replicare continuamente gli stessi comportamenti pensando che il risultato possa essere diverso da quello che è sempre stato, allora, l'antidoto alla follia consiste, chiaramente e banalmente, nell'adottare una strategia del tutto differente che poggia su tre passaggi interconnessi:

- l'attuazione di comportamenti diversi dal passato

- la verifica dei risultati cha scaturiscono da questi nuovi comportamenti

- la messa in atto di nuovi comportamenti fino a quando i risultati che ne scaturiscono siano soddisfacenti.

In sostanza questo non è altro che l'applicazione alla vita di tutti i giorni della dinamica nota sotto la sigla TOTE (Test Operate – Test Exit) che Miller, Galanter e Pribram hanno per primi esposto nel loro classico lavoro Plans and the Structure of Behavior (Piani e la struttura del comportamento, 1960). Detto in maniera concreta:

1. testiamo mentalmente il problema formulando alcune ipotesi

2. operiamo e verifichiamo le ipotesi

3. continuiamo a testare fino a quando una ipotesi operativa risulti essere quella appropriata

4. usciamo dal test e assumiamo come nostra l'ipotesi appropriata e i relativi comportamenti.

A questo punto però si pone la seguente cruciale domanda: come stimolare, a livello generale, il passaggio dall'ordinaria follia a ciò che possiamo qualificare come una straordinaria creatività, cioè la voglia da parte di molti di sperimentare comportamenti differenti dal passato. Questo è l'impasse in cui si trovano tutti coloro che vogliono il cambiamento e che sono impediti dalla massa di quelli che, per una serie di ragioni (paura, indifferenza, ignoranza, interesse, etc.) costituiscono un corpo morto che blocca persino la sperimentazione di un possibile cambiamento. Domanda cruciale perché, se non si supera questo impasse, nessuna trasformazione sarà possibile.

A mio avviso, coloro che vogliono il cambiamento dovrebbero abbandonare una volta per tutte metodi e discorsi del tutto inadeguati che, in molti casi, altro non sono che la semplice riproposizione, con segno opposto e contrario, di tutto ciò che dicono e fanno i responsabili dell'immobilismo permanente.

Questa sconfortante identità di approccio è riscontrabile soprattutto in due aspetti fondamentali:

- Contenuto (la visione del reale): la realtà è vista da quasi tutti (immobilisti e fautori del cambiamento) come divisa in due opposti campi di battaglia e in due opposte visioni del mondo. L'obiettivo è quello di strappare quante più persone all'altrui campo per convincerle della bontà delle proprie convinzioni. Questo vedere il mondo in formato bianco o nero è un modo di porsi nei confronti della realtà piuttosto rozzo e del tutto inadeguato. Inoltre, dal momento che le scelte di campo sono, per la stragrande maggioranza delle persone, scelte estremamente emotive, è come cercare di convincere qualcuno a passare dal buddismo all'islamismo o, per essere più prosaici, dall'essere tifoso dell'Inter a diventare tifoso del Milan. In sostanza: missione (quasi) impossibile e (praticamente) senza senso.

- Forma (il linguaggio formale). Per attuare questa missione impossibile e senza senso si usa poi un linguaggio che è preso pari pari dalla parte avversa, solo con un segno e un significato che si crede o si vuole essere opposti. Quindi al termine pubblico si oppone il termine privato, a socialismo il termine capitalismo, a pianificazione il termine mercato e così via. Come ho già sostenuto più volte queste sono false antitesi che servono solo a logorare gli uni e a mantenere al potere gli altri. Inoltre, contrapporre come categorie generali mercato a pianificazione, come se l'imprenditore non attuasse una rigorosa pianificazione della produzione e delle vendite, vuol dire non avere la più pallida idea di cosa vuol dire produrre e commerciare un bene o un servizio.

Quello che invece è necessario per tutti non è sostenere il socialismo o il capitalismo, il pubblico o il privato, il mercato o la pianificazione, e così via, e il tutto sempre nell'ambito di una visione dicotomizzata della realtà, ma cercare di promuovere una sperimentazione libera a livello universale che faccia emergere le idee che sono più congegnali a ciascuno e lasciare poi ciascuno libero di adottarle nella sua pratica di vita.

In altre parole, l'obiettivo di un movimento di liberazione consiste nel battersi per avviare quel processo di testare ipotesi e produrre nuovi comportamenti, di cui si parlava più sopra, che è la strada necessaria per uscire dalla pazzia di replicare sempre gli stessi comportamenti fallimentari e dalla folle illusione che essi costituiscano una risposta utile e obbligata ai problemi di ognuno.

A questo riguardo presento qui, in maniera molto sintetica, quattro campi su cui occorrerebbe riflettere e nel cui ambito sarebbe utile agire in maniera molto creativa. I campi sono elencati come se fossero posti su un continuum che va dal porre l’accento sulla emotività al porre l’accento sulla razionalità. Infatti, quello che occorre, per coinvolgere le persone è stimolare prima, in maniera onesta e critica, l'emotività dell'individuo per poi procedere verso la razionalità. Non per nulla l'aspetto emotivo costituisce un fattore iniziale di primaria importanza per qualsiasi processo cognitivo che si trasformi poi in un impegno volitivo e razionale.

Campi di intervento:

1. Arte. Noi dobbiamo sviluppare la capacità di fare arte utilizzando tutti gli strumenti che la tecnologia ci ha messo e ci sta mettendo a disposizione. Noi dobbiamo produrre arte, grafica, scenica, video, ecc. Noi dobbiamo criticare la realtà attuale attraverso l'espressione artistica, la frase graffiante, il gioco di parole insolente. Dobbiamo tutti diventare artisti di strada nel grande villaggio della rete planetaria.

2. Retorica. Noi dobbiamo imparare a usare le parole in maniera molto più accorta, smettendola di cadere come degli allocchi nelle trappole verbali del Grande Fratello per cui lasciamo agli altri l'uso esclusivo di termini suadenti come altruismo, compassione, interesse pubblico, ordine, sicurezza, regole, ecc. senza avere fatto chiarezza su ogni singola parola, avere smascherato l'uso strumentale che ne fa il potere e avere escogitato termini ancora più appropriati e più convincenti. La retorica come arte di presentare le idee è stata asservita alla propaganda di stato che fa leva solo sui bassi istinti e sulla credulità della gente; noi ce ne dobbiamo riappropriare e la dobbiamo utilizzare in quanto arte di presentare una solida argomentazione sulla base sia della emozione che della ragione.

3. Morale. Questa parola è uscita dal vocabolario di molti che pure sono critici della realtà corrente, come se fosse qualcosa adatta ai bigotti e alle vecchie beghine. Eppure qualsiasi movimento per il cambiamento si costruisce solo sulla base di una forte spinta morale. Quindi è probabile che riusciremo a smuovere le persone non sbandierando la legittimità dell'impresa capitalistica e del mercato ma la moralità delle libere scelte e delle libere relazioni. Il problema poi è di capire e far capire che l'essere umano può operare scelte morali solo in quanto essere libero. Per questo tutti i discorsi del potere come agente di imposizione della moralità devono essere denunciati come un segno della sua assoluta immoralità, e ad essi va contrapposta la morale degli esseri liberi.

4. Scienza. Il movimento di liberazione è un movimento di promozione e di avanzamento della scienza intesa come conoscenza solida e strutturata. Noi dobbiamo sviluppare dappertutto e in maniera metodica la contro-informazione che è la produzione e diffusione di dati che smascherano l'ignoranza, le menzogne e l'immoralità abissali del potere. Una organizzazione strutturata dei dati rappresenta informazione che è il mezzo per condurre azioni con cognizione di causa. La riflessione sulle azioni ci porta alla formulazione di conoscenze (ipotesi verificate); poi, sulla base delle conoscenze noi possiamo arrivare alla saggezza. Ed è cercando la saggezza che saremo esseri umani che vivono pienamente la loro esistenza e non attraversano semplicemente una vita che altri hanno manipolato, talvolta a nostra insaputa e quasi sempre a nostro danno.

Io spero che nei mesi e negli anni a venire questi quattro campi (Arte – Retorica – Morale – Scienza) diventeranno quattro pilastri su cui costruire la nostra liberazione. Altrimenti, come pazzi in una gabbia di pazzi, continueremo a trascinarci in mezzo ad una sporcizia morale e materiale nauseabondi.

 

 


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