Gian Piero de Bellis

Bugie e Potere

(Giugno 2017)

 


 

Accade di sovente nella storia che persone e gruppi di opposto orientamento culturale e politico sostengano le stesse tesi menzognere se queste possono essere utili per nobilitare e giustificare il loro potere.
Questo avviene quando, pur in presenza di interessi divergenti riguardo all’esercizio del potere (ognuno lo vuole per sé), sussiste però una convergenza piena riguardo alla voglia di potere (entrambi i gruppi lo desiderano più di ogni altra cosa).
In questi casi si mette in atto una impostura cognitiva, profonda e duratura. Infatti una tesi menzognera risulta praticamente inattaccabile allorché è sostenuta da tutti o quasi tutti, simpatizzanti e avversari. Ci si trova, in sostanza, nella condizione di accettare di credere che il re indossi vestiti favolosi quando invece è nudo. E solo un bambino, essere ingenuo e semplice, può smascherare la truffa. Ma nessuno vuole passare per ingenuo o, peggio ancora, sempliciotto, e meno che mai coloro che si presentano come seri intellettuali e profondi studiosi.

Eppure, una menzogna non può sussistere all’infinito. A un certo punto o scompare come menzogna (finisce nel dimenticatoio) o viene smascherata con il senno di poi.

Per decenni due concezioni e aspirazioni, sorte l’una sulla base dell’altra, e divenute poi ideologie, l’una in opposizione all’altra, hanno instillato nel cervello di (quasi) tutti le seguenti equazioni:

- Liberalismo = capitalismo
- Socialismo = statismo.

Le persone, una volta accettate queste equazioni menzognere, sono state poi disponibili ad accettare le ulteriori sotto-menzogne sostenute e propagate dai due campi e cioè:

- Il capitalismo è un sistema economico animato dagli elementi più intraprendenti e creativi della società (i capitalisti) e i loro interessi coincidono sempre e comunque con gli interessi generali di tutti;
- lo statismo è una concezione politica e una pratica gestionale attraverso la quale una entità chiamata stato è vista come il portavoce dell’interesse generale della società e, in particolare, dei lavoratori produttivi e dei gruppi più indifesi (i poveri, i proletari).

Tutto ciò è vero solo raramente e in parte, spesso in minima parte, mentre è, nella stragrande maggioranza dei casi, solo una menzogna nuda e cruda. C’è quindi da chiedersi come sia stato possibile che simili flagranti menzogne abbiano avuto così successo e siano circolate così a lungo (e ancora circolino presso troppe persone) al di là dell’interesse specifico di chi le ha sostenute e diffuse. Le cause possono essere fatte risalire a:

(a) ambiguità e illusioni nelle formulazioni originali dei teorici di queste concezioni;
(b) opportunismi e deformazioni da parte dei loro epigoni e seguaci.


(a) Ambiguità e illusioni
I liberali classici, per contrastare l’assolutismo e il monopolismo del potere politico, si sono posti come paladini di un sistema economico in cui la libera concorrenza tra produttori avrebbe generato effetti benefici per tutti. Questa visione poggiava su tre implicite assunzioni e cioè:

- esistenza di piccoli produttori e commercianti (il macellaio, il birraio, il fornaio di Smithiana memoria)
- concorrenza su vasta scala (produttori e commercianti che avevano come teatro d’azione il mondo intero)
- ruolo inesistente dello stato nell’ambito economico (accettazione a livello universale del laissez-faire, laissez-passer)

Queste tre assunzioni si sono rivelate ben presto del tutto illusorie e quindi errate in quanto:

- sono sorti grandi complessi industriali e commerciali (oligopoli);
- il protezionismo su base nazionale o di blocchi economici è diventato un dato di fatto;
- lo stato, anche dietro la richiesta di aiuti e salvataggi da parte di grossi capitalisti e di sindacati operai (con il pretesto del too big to fail e della protezione del posto di lavoro), ha esteso enormemente il suo potere di intervento nell’economia (e non solo).

A seguito di questi cambiamenti parlare ancora di libera concorrenza al servizio di tutti ha costituito una colossale presa in giro. La concorrenza, intesa e praticata come emulazione tra un numero enorme di liberi produttori, e quindi assimilabile alla cooperazione in quanto tutti sono motivati, nel loro piccolo, a dare il meglio di sé perché solo così possono prosperare e progredire, è stata rimpiazzata dalla prevalenza dei più scaltri e privi di scrupoli nell’ambito economico in combutta con i più spavaldi e privi di senso morale nella sfera politica. Quindi il liberalismo dei classici non fa assolutamente rima con capitalismo.
Purtroppo anche Marx ed Engels sono stati vittime di questa illusione e hanno suffragato la visione di un capitalismo concorrenziale che avrebbe portato al paese di Bengodi del comunismo, in quanto la potente macchina produttiva messa in atto dai capitalisti avrebbe generato abbondanza materiale e benessere sociale per tutti. E invece abbiamo avuto le avventure imperialistiche, la prima guerra mondiale, la grande depressione, e poi la seconda guerra mondiale, seguita dalla guerra fredda, dalla guerra in Corea, da quella in Vietnam, la repressione a Varsavia, Budapest, Praga, ecc. e via fino al terrorismo degli stati e degli individui.
A parte questo, Marx ed Engels hanno anche commesso l'errore di offrire una patina di rispettabilità allo stato monopolista, come breve ma necessario passaggio verso il comunismo. Questo perché essi ritenevano che il modo di produzione capitalistico, nel suo punto di massimo sviluppo, avrebbe dato vita a poche imprese monopolistiche e lo stato, il sommo e ultimo monopolista, sarebbe stato solo lo sbocco inevitabile del sistema, prima della liberazione universale e della estinzione dello stato stesso.


(b) Opportunismi e deformazioni
Gli epigoni e i seguaci del liberalismo e del socialismo hanno utilizzato a loro vantaggio le illusioni e le errate valutazioni dei pensatori classici, e hanno fatto ciò sulla base del più indecente opportunismo.
L’imperialismo, ad esempio, è stato presentato come l’indispensabile missione civilizzatrice dell’uomo bianco o come tappa necessaria per l’espansione del capitalismo e quindi come anticamera del socialismo.
Il liberalismo, per smussare le asperità della libera concorrenza, si è trasformato in paternalismo attraverso l’assistenzialismo statale (ad es. con Lloyd George in Inghilterra). Quindi, lo stato si è sostituito alle società di mutuo soccorso e a tutte le associazioni di sostegno e di aiuto reciproco, al fine di legare e subordinare a sé quante più persone. Tutti i corpi intermedi tra l’individuo-atomo e lo stato-apparato sono stati spazzati via attraverso l’opera « benevola » di liberali e socialisti.

Una accelerazione è stata data dalla Rivoluzione Russa che ha installato lo stato come il deus ex machina della liberazione universale. Nel Luglio del 1917 Lenin è minacciato di arresto e si rifugia in Finlandia. Lì scrive Stato e Rivoluzione in cui afferma: "ogni stato è l'organizzazione speciale della forza per l'oppressione di classe. Di conseguenza, ogni stato è non-libero e non-popolare ». Passano pochi mesi, i bolscevichi, con a capo Lenin, si impadroniscono del potere (Ottobre 1917) e lo stato, quasi per incanto, è presentato come il difensore e il demiurgo del processo rivoluzionario verso il comunismo. Dopo questo capovolgimento totale di posizioni a nessuno, credo, si adatti, meglio che a Lenin, la qualifica di opportunista voltagabbana se non addirittura di maestro dei rinnegati.

Sulla scia della rivoluzione Russa, prima Mussolini e poi Hitler hanno appreso la lezione che un capo determinato e un gruppo compatto ed energico di seguaci può impadronirsi del governo centrale di uno stato. E questo è avvenuto, nel loro caso, con l’appoggio, aperto o tacito, di liberali, socialisti, uomini d’affari, imprenditori, proprietari agrari, che hanno preferito un dittatore da loro sovvenzionato e sostenuto ad uno creato dalle masse in subbuglio (non che il risultato in termini di oppressione degli individui sarebbe stato diverso). Per cui, all’interno del movimento fascista, troviamo ex-socialisti, ex-anarchici, ex-liberali, ex-sindacalisti rivoluzionari. Un nome per tutti: Nicola Bombacci, membro fondatore del Partito Comunista Italiano, prima a fianco di Lenin e poi accanto a Mussolini e fucilato assieme a lui a Dongo.


La realtà dei fatti
In sostanza, ambiguità e illusioni invece di essere accantonate e superate in modo da far emergere la realtà dei fatti, sono state utilizzate a fini di opportunismo di potere, dando luogo a colossali menzogne. Questo è avvento perché Liberalismo e Socialismo erano a suo tempo, e lo sono ancora per taluni, due etichette che esercitavano un notevole fascino e attrattiva. Per cui, appropriarsene ha fatto estremamente comodo ai padroni delle ferriere e della finanza e ai padroni dello stato e della burocrazia. Essi hanno fatto credere agli ingenui di essere su fronti opposti, con visioni differenti, mentre non erano altro, nei fatti, che compagni di menzogne e concorrenti, spesso solo apparenti, di mangiatioie. In questo sono stati appoggiati e coperti da intellettuali prezzolati che hanno ingigantito le differenze teoriche, coprendo o sottacendo le collusioni pratiche.

Un esempio tra tutti di collusione tra capitalismo e statismo: senza le enormi assegnazioni, per legge, di terre spesso espropriate agli indiani d’America, confinati poi in riserve, e senza la concessione di crediti enormi garantiti dallo stato, i padroni delle ferriere mai avrebbero potuto accumulare ingenti ricchezze e occupare posizioni di potere al Senato degli Stati Uniti d’America. E senza la mistica del capitalista imprenditore che si fa tutto da solo, inventata da intellettuali e giornalisti, gonfiando e generalizzando casi di individui eccezionali, queste deformazioni della storia non avrebbero potuto avere corso. Dall'altra parte abbiamo avuto la mistica del partito comunista rivoluzionario impegnato a portare la libertà e l’uguaglianza alle masse oppresse e sfruttate.


Una via d'uscita
Come se ne esce allora fuori da questa situazione:

- abbandonando le etichette (liberalismo, socialismo) specie se fasulle e menzognere e utilizzandone, qualora possibile, di più appropriate. Se lo stato tutto controlla e si vuole dare un nome a una simile situazione storica, molto più adatto l’impiego del termine statismo (étatisme) che non quello di socialismo. Se il padronato (industriale o finanziario) tutto decide e tutto dispone, chiamiamo ciò padronalismo o finanzialismo e lasciamo perdere il termine liberalismo perché qui la libertà non gioca alcun ruolo. Quanto al termine capitalismo esso non ha più, da un pezzo, alcun valore semantico (di significato) ma solo una funzione di propaganda.
- esaminando i fatti (accertati) in base ai valori (enunciati) e la loro reciproca corrispondenza. Solo allora l’approccio scientifico-sperimentale rimpiazzerà l’approccio soporifero-demenziale che tanti guasti ha fatto e sta facendo nel cervello delle persone.

A quel punto i compagni di menzogna e i concorrenti di mangiatioia rimarrebbero soli a credere alle loro bugie e finirebbero ben presto nel dimenticatoio della storia.

 


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