Vittorio Emanuele

Ai popoli dell'Italia Meridionale

(1860)

 



Nota

Questo altisonante proclama di Vittorio Emanuele ai popoli dell'Italia Meridionale, di cui si riproduce la parte terminale, mostra la volontà di controllare, fin dall'inizio, qualsiasi tendenza che non fosse prettamente e grettamente nazionalistica. Inoltre, le promesse di essere fautore di libertà e contrario a qualsiasi imposizione, risulteranno ben presto parole vuote di fronte all'avanzata della piemontesizzazione da una parte e dello statismo dei ceti parassitari meridionali dall'altra.

 


 

In un momento solenne della storia nazionale e dei destini italiani, rivolgo la mia parola a voi, popoli dell'Italia Meridionale, che mutato lo Stato nel nome mio, mi avete mandato oratori d'ogni ordine di cittadini, magistrati e deputati de' municipii, chiedendo di essere restituiti nell'ordine, confortati di libertà, ed uniti al mio Regno.

[...]

Era cosa naturale che i fatti succeduti nella Italia Settentrionale e Centrale sollevassero più e più gli animi nella Meridionale.

In Sicilia questa inclinazione degli animi ruppe in aperta rivolta. Si combatteva per la libertà in Sicilia, quando un prode Guerriero, devoto all'Italia ed a me, il Generale Garibaldi salpava in suo aiuto. Erano Italiani che soccorrevano Italiani: io non poteva, non doveva ratternerli!

La caduta del Governo di Napoli raffermò quello che il mio cuore sapeva, cioè quanto sia necessario ai Re l'amore, ai Governi la stima dei popoli!

Nelle Due Sicilie il nuovo reggimento s'inaugurò col mio nome. Ma alcuni atti diedero a temere che non bene interpretasse per ogni rispetto quella politica che è dal mio nome rappresentata. Tutta l'Italia ha temuto che all'ombra di una gloriosa popolarità e di una probità antica tentasse di riannodarsi una fazione pronta a sacrificare il vicino trionfo nazionale alle chimere del suo ambizioso fanatismo.

Tutti gli Italiani si sono rivolti a me perché scongiurassi questo pericolo.

Era mio obbligo il farlo perché nella attuale condizione di cose non sarebbe moderazione, non sarebbe senno, ma fiacchezza ed imprudenza il non assumere con mano ferma la direzione del moto nazionale, del quale sono responsabile dinanzi all'Europa.

Ho fatto entrare i miei Soldati nelle Marche e nell'Umbria disperdendo quella accozzaglia di gente di ogni paese e di ogni lingua, che qui si era raccolta, nuova e strana forma di intervento straniero, e la peggiore di tutte. Io ho proclamato l'Italia degli Italiani, e non permetterò mai che l'Italia diventi il nido di sette cosmopolite che vi si raccolgono a tramare i disegni o della reazione o della demagogia universale.

Popoli dell'Italia Meridionale!

Le mie truppe si avanzano fra voi per raffermare l'ordine: Io non vengo ad imporvi la mia volontà, ma a far rispettare la vostra.

Voi potrete liberamente manifestarla: la Provvidenza che protegge le cause giuste, ispirerà il voto che deporrete nell'urna.

Qualunque sia la gravità degli eventi, io attendo tranquillo il giudizio della Europa civile e quello della Storia, perché ho la coscienza di compiere i miei doveri di Re, e di Italiano!

In Europa la mia politica non sarà forse inutile a riconciliare il progresso dei popoli colla stabilità delle Monarchie.

In Italia so che io chiudo l'era delle rivoluzioni!

 

(Ancona, 8 Novembre 1860)

 

 


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