Errico Malatesta

Sul fascismo al potere

(1922)

 



Nota

L'anarchico Errico Malatesta espone le sue idee sul fascismo da poco giunto al potere. Emerge qui il suo disprezzo per la borghesia liberale che ha barattato la conservazione dei privilegi con la perdita della libertà; ed anche il suo profondo scontento per i socialisti e tutte le forze di opposizione che si sono mostrate inette di fronte al diffondersi della violenza fascista. Un quadro che sarebbe ancora più desolante se Malatesta avesse immaginato che questo regime di malfattori sarebbe durato vent'anni.

 


 

Mussolini al potere

(Umanità Nova. anno III, n° 195, Roma, 25 novembre 1922)

 

A coronamento di una lunga serie di delitti, il fascismo si è infine insediato al governo.

E Mussolini, il duce, tanto per distinguersi, ha cominciato col trattare i deputati al parlamento come un padrone insolente tratterebbe dei servi stupidi e pigri.

Il parlamento, quello che doveva essere «il palladio della libertà», ha dato la sua misura.

Questo ci lascia perfettamente indifferenti. Tra un gradasso che vitupera e minaccia, perché si sente al sicuro, e una accolta di vili che pare si delizi nella sua abiezione, noi non abbiamo da scegliere. Constatiamo soltanto - e non senza vergogna - quale specie di gente è quella che ci domina e al cui giogo non riusciamo a sottrarci.

Ma quale è il significato, quale la portata, quale il risultato probabile di questo nuovo modo di arrivare al potere in nome e in servizio del re, violando la costituzione che il re aveva giurato di rispettare e di difendere?

A parte le pose che vorrebbero parere napoleoniche e non sono invece che pose da operetta, quando non sono atti da capo brigante, noi crediamo che in fondo non vi sarà nulla di cambiato, salvo per un certo tempo una maggiore pressione poliziesca contro i sovversivi e contro i lavoratori. Una nuova edizione di Crispi e di Pelloux. È sempre la vecchia storia del brigante che diventa gendarme!

La borghesia, minacciata dalla marea proletaria che montava, incapace a risolvere i problemi fatti urgenti dalla guerra, impotente a difendersi coi metodi tradizionali della repressione legale, si vedeva perduta e avrebbe salutato con gioia un qualche militare che si fosse dichiarato dittatore e avesse affogato nel sangue ogni tentativo di riscossa. Ma in quei momenti, nell'immediato dopoguerra, la cosa era troppo pericolosa, e poteva precipitare la rivoluzione anziché abbatterla. In ogni modo, il generale salvatore non venne fuori, o non ne venne fuori che la parodia. Invece vennero fuori degli avventurieri che, non avendo trovato nei partiti sovversivi campo sufficiente alle loro ambizioni e ai loro appetiti, pensarono di speculare sulla paura della borghesia offrendole, dietro adeguato compenso, il soccorso di forze irregolari che, se sicure dell'impunità, potevano abbandonarsi a tutti gli eccessi contro i lavoratori senza compromettere direttamente la responsabilità dei presunti beneficiari delle violenze commesse. E la borghesia accettò, sollecitò, pagò il loro concorso: il governo ufficiale, o almeno una parte degli agenti del governo, pensò a fornir loro le armi, ad aiutarli quando in un attacco stavano per avere la peggio, ad assicurar loro l'impunità e a disarmare preventivamente coloro che dovevano essere attaccati.

I lavoratori non seppero opporre la violenza alla violenza perché erano stati educati a credere nella legalità, e perché, anche quando ogni illusione era diventata impossibile e gli incendi e gli assassinii si moltiplicavano sotto lo sguardo benevolo delle autorità, gli uomini in cui avevano fiducia predicarono loro la pazienza, la calma, la bellezza e la saggezza di farsi battere «eroicamente» senza resistere - e perciò furono vinti e offesi negli averi, nelle persone, nella dignità, negli affetti più sacri.

Forse, quando tutte le istituzioni operaie erano state distrutte, le organizzazioni sbandate, gli uomini più invisi e considerati più pericolosi uccisi o imprigionati o comunque ridotti all'impotenza la borghesia e il governo avrebbero voluto mettere un freno ai nuovi pretoriani che oramai aspiravano a diventare i padroni di quelli che avevano serviti. Ma era troppo tardi. I fascisti oramai sono i più forti e intendono farsi pagare a usura i servizi resi. E la borghesia pagherà, cercando naturalmente di ripagarsi sulle spalle del proletariato.

In conclusione, aumentata miseria, aumentata oppressione.

In quanto a noi, non abbiamo che da continuare la nostra battaglia, sempre pieni di fede, pieni di entusiasmo.

Noi sappiamo che la nostra via è seminata di triboli, ma la scegliemmo coscientemente e volontariamente, e non abbiamo ragione per abbandonarla. Così sappiano tutti coloro i quali han senso di dignità e pietà umana e vogliono consacrarsi alla lotta per il bene di tutti, che essi debbono essere preparati a tutti i disinganni, a tutti i dolori, a tutti i sacrifizi.

Poiché non mancano mai di quelli che si lasciano abbagliare dalle apparenze della forza e hanno sempre una specie di ammirazione segreta per chi vince, vi sono anche dei sovversivi i quali dicono che «i fascisti ci hanno insegnato come si fa la rivoluzione».

No, i fascisti non ci hanno insegnato proprio nulla.

Essi hanno fatto la rivoluzione, se rivoluzione si vuol chiamare, col permesso dei superiori e in servizio dei superiori.

Tradire i propri amici, rinnegare ogni giorno le idee professate ieri, se così conviene al proprio vantaggio, mettersi al servizio dei padroni, assicurarsi l'acquiscienza delle autorità politiche e giudiziarie, far disarmare dai carabinieri i propri avversari per poi attaccarli in dieci contro uno, prepararsi militarmente senza bisogno di nascondersi, anzi ricevendo dal governo armi, mezzi di trasporto e oggetti di casermaggio, e poi esser chiamato dal re e mettersi sotto la protezione di dio ... è tutta roba che noi non potremmo e non vorremmo fare. Ed è tutta roba che noi avevamo preveduto che avverrebbe il giorno in cui la borghesia si sentisse seriamente minacciata.

Piuttosto, l'avvento del fascismo deve servire di lezione ai socialisti legalitari, i quali credevano, e ahimè! credono ancora, che si possa abbattere la borghesia mediante i voti della metà più uno degli elettori, e non vollero crederci quando dicemmo loro che se mai raggiungessero la maggioranza in parlamento e volessero - tanto per fare delle ipotesi assurde - attuare il socialismo dal parlamento, ne sarebbero cacciati a calci nel sedere!

 


 

La situazione

(Umanità Nova, anno III, n° 196, Roma 2 dicembre 1922)

 

Mussolini continua a troneggiare e il parlamento striscia più che mai ai suoi piedi.

I pieni poteri sono stati accordati colla premura di servi che gareggiano in bassezza. Mussolini aveva detto: «datemeli o me li piglio», e nessuno ha avuto la dignità di rispondere: Pigliateveli, ma non ci costringete a far la parte in commedia di padroni, quando noi siam servi e ci compiacciamo di esserlo.

Gli stessi socialisti non han capito che non possono restare dignitosamente in un'assemblea che funziona sotto il terrore del manganello, o della dissoluzione, e dove l'opposizione non può essere che una farsa.

La dittatura trionfa: dittatura di avventurieri senza scrupoli e senza ideali, che è arrivata al potere e vi resta per la disorientazione delle masse proletarie e per la trepida avarizia della classe borghese in cerca di un salvatore. Ma tutti sentono che la situazione è tale da non poter durare, e i conservatori più illuminati, pur facendo i dovuti omaggi ai padroni dell’ora e tradendo a ogni parola la paura che li domina, domandano la restaurazione dello «Stato liberale», cioè il ritorno alle menzogne costituzionali.

I detti conservatori comprendono certamente tutto l'umorismo che v'è nel domandare un regime di libertà, sia pure limitata, a gente che ha costume d'imporre la propria volontà col manganello, l'olio di ricino e peggio a persone fatte prima prudentemente disarmare; ma essi non si curano della libertà. Quello che vogliono è un regime, quale i regimi cosiddetti costituzionali, che riesca a far credere al popolo che esso è libero, e assicuri così ai proprietari e ai governanti il tranquillo godimento dei loro privilegi.

Il metodo col quale Mussolini è arrivato al potere non permette l'inganno; ed è questo che tormenta le anime candide dei conservatori.

Mussolini, se riesce a consolidare il suo potere, farà né più né meno quello che farebbe un qualsiasi altro ministro: servirà gli interessi della classe privilegiata ... e si farà pagare i suoi servizi. Ma non farà credere a nessuno ch'egli è arrivato al governo per volontà di popolo. La sua tirannide è troppo recente per poterne nascondere l'origine: forse per questo la sua torbida coscienza gli consiglia di fare appello a Dio!

Dei progetti e propositi, attuali o no, sinceri o meno, del nuovo governo non vogliamo occuparci. È sempre il solito rimasticamento di vecchie imposture, il vecchio tentativo di riparare una casa che crolla con una mano di pittura.

Per noi il solo cambiamento importante è questo: Eravamo nemici del governo perché il governo non è che il difensore armato di tutte le ingiustizie sociali, il creatore d'ingiustizie nuove, il nemico della libertà, l'ostacolo materiale sul cammino della civiltà. Ed eravamo nemici del fascismo perché è un movimento inteso a difendere i privilegi borghesi, a impedire l'ascesa proletaria, a soffocare ogni aspirazione verso una società più giusta e più libera, e si serviva per raggiungere i suoi scopi di mezzi brutali, feroci e vili.

Adesso governo e fascismo sono diventati la stessa cosa, e sono formati dallo stesso personale: non vi è dunque più possibilità di esitazione come quando quelle due forze di oppressione sembravano in contrasto tra di loro.

Situazione semplificata: tanto meglio. Tanto meglio se questo può servire a riunire tutte le forze di progresso nella lotta contro la barbarie trionfante.

 

 


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