Gian Piero de Bellis

Maledetti italiani

(Gennaio 2015)

 


 

Nel 1956 Curzio Malaparte diede alle stampe un libretto che raccoglieva e integrava articoli scritti in precedenza. Sotto il titolo provocatorio Maledetti toscani l'autore offrì una descrizione gioiosa della sua terra e un ritratto impertinente ma affettuoso delle sue genti.

Quel titolo mi è tornato alla mente durante un breve soggiorno in Italia. Dopo esperienze assurde e idiote vissute interagendo con alcuni italiani in giro per il nord Italia, mi è venuto spontaneo pensare e dire tra me: Maledetti italiani.

Ma, nel mio caso, l'espressione non tradiva la gioia nel rivedere luoghi in cui ho passato alcuni anni della mia vita e l'affetto per i suoi abitanti. La mia era ed è tuttora il portato di una rabbia e di un disprezzo profondi per tutto un popolo.

Va comunque chiarito subito che io non ce l'ho con gli Esseri Umani, che pure esistono e vivono in Italia. Io ce l'ho solo con gli italiani, questa invenzione tutta statale che ha fatto sì che, dopo decenni di manipolazione omologante (attraverso la scuola di stato e i mezzi di comunicazione gestiti o foraggiati dallo stato) l'individuo che si riconosce come “italiano” non sia più un Umano ma una marionetta manovrata dall'alto.

È contro questa massa informe e inerte, inventata e prodotta diabolicamente dallo stato italiano attraverso la connivenza e acquiescenza di generazioni di zombi, che si rivolge la mia rabbia e il mio disprezzo.

La passività avvilente degli zombi italiani mi ha lasciato stavolta del tutto esterrefatto.
L'italiano è oramai un morto vivente, un non-essere moralmente marcio, culturalmente gretto, socialmente pusillanime

Questa massa informe di zombi si bea poi di credenze insulse e becere tipo: la costituzione più bella al mondo, il paese più bello al mondo, le eccellenze italiane, la creatività italiana, e via di questo passo. Una idiozia più grande dell'altra, creduta e proclamata con la massima serietà.

Purtroppo questa degenerazione nasce da lontano e forse non ha ancora fatto il suo corso fino in fondo.
Già ai suoi tempi, nel succitato libretto, Malaparte scriveva:

“O italiani grassi, che … vi credete virtuosi, e avete la bocca piena di libertà mal masticata, e pensate tutti a un modo, sempre, e non v'accorgete d'esser pecore tosate.
O italiani, che non amate la verità, e ne avete paura. Che implorate giustizia, e non sognate se non privilegi, non invidiate se non abusi e prepotenze, e una sola cosa desiderate: esser padroni, poiché non sapete essere uomini liberi e giusti, ma o servi o padroni.
O poveri italiani che siete schiavi non soltanto di chi vi comanda, ma di chi vi serve, e di voi stessi; che non perdete occasione alcuna di atteggiarvi a eroi e a martiri della libertà, e piegate docilmente il collo alla boria, alla prepotenza, alla vigliaccheria dei vostri mille padroni.”

Insomma, è storia vecchia. La differenza è che ora ci sono condizioni nuove in termini di circolazione di idee (a disposizione di tutti) e di strumentazione tecnologica liberatoria (alla portata di tutti). Si tratta solo di voler rendersi conto dell'esistenza di queste nuove opportunità che permettono di operare una svolta radicale che mandi definitivamente in soffitta questo obbrobrio nefasto e scellerato dell'Italia-Stato e dei suoi sudditi-zombi.

Taluni vorrebbero un ritorno al passato, (comuni), o un passaggio ad entità regionali o macro-regionali (ad es. nord-centro-sud). Ma non credo che, così facendo, si realizzerebbe quel cambiamento effettivo e radicale di cui ci sarebbe bisogno. Infatti, si riproporrebbero, in piccolo, tutti o quasi i difetti del grande stato nazionale. Passare dal macrofeudalesimo attuale al microfeudalesimo del passato-futuro potrebbe infatti avere solo l'effetto di generare un mondo fatto di signorotti-burocrati locali e di paratie stagno tra regione e regione. Qui i lombardi, là i veneti, più giù i toscani, e tutti a guardarsi in cagnesco e a rivendicare le loro “identità” per lo più fasulle e datate.

Già nel lontano passato, quando ancora non vi era traccia alcuna dello stato italiano, si rimarcavano difetti e manchevolezze di talune popolazioni che abitavano la penisola italica. Scriveva Benedetto Croce nella Storia del Regno di Napoli (1925):

“E allora, passando dalla particolare taccia d'incostanza a investigare nel generale la moralità delle popolazioni napoletane, si cominciò a porre in contrasto la bellezza naturale del paese meridionale, che si paragonava a un paradiso, con gli uomini che vi nascevano, 'di poco ingegno, maligni, cattivi e pieni di tradimento', e sorse il proverbio che ebbe corso nel cinquecento e anche dopo : che il regno di Napoli era un 'paradiso, ma abitato da diavoli'."

In ogni popolazione, è bene dirlo, troviamo diavoli che ambiscono al potere per dominare tutta una popolazione con la scusa di proteggerla. Il Grande Fratello, che si presenta come protettore al fine di avere mano libera come sfruttatore, è oramai una figura emblematica della storia, interiorizzata a tal punto dagli zombi che oramai i padroni non hanno più bisogno di imporsi con la forza in quanto sono eletti “democraticamente”.

Allora, riproporre su piccola scala questa farsa idiota, pensando che Veneto Stato o Padania Stato siano meglio di Italia Stato è cosa del tutto fuorviante se non addirittura demenziale.

Infatti, è molto probabile che si ricreerebbero caste padronali di politici locali e si riproporrebbe il gioco osceno delle maggioranze che “democraticamente” opprimono le minoranze. Inoltre, si deve sottolineare che, come non esistono gli italiani se non come identità inventata dallo stato centrale, così non esistono (o non esistono più) i lombardi, i veneti, i toscani, essendo la realtà molto più articolata a livello personale, locale, globale. E poi, una lingua, un dialetto e qualche tradizione in comune non fanno due persone uguali e nemmeno affini. Ci vuole ben altro.

Allora quale è la realtà profonda a cui si dovrebbe far riferimento?
Presto detto: gli esseri umani, gli individui con le loro caratteristiche personali e le loro scelte di vita, libere e volontarie.

E questi individui, come scelgono la propria professione, la propria abitazione, e formano la propria famiglia, senza imposizioni dall'alto, così possono e dovrebbero essere in grado di selezionare il gruppo o la comunità a cui vogliono associarsi, i servizi e i produttori di servizi che vogliono utilizzare, e quant'altro riguarda la propria esistenza, personale e di relazioni. E inoltre dovrebbero poter concordare con i membri di altre comunità la messa in atto di servizi od opere in comune (strade, ponti, protezione contro gli incendi, ecc.), come ci mostrano esperienze del passato.

In sostanza, si tratta di fuoriuscire dalla mentalità feudale che concepisce solo territori (piccoli o grandi) gestiti in maniera monopolistica da un padrone (lo stato) e concepire l'idea semplice e del tutto congegnale delle società parallele non-territoriali, delle comunità volontarie, dei club di iscritti, dei gruppi di affini, dei fornitori di servizi scelti dal consumatore, e via discorrendo.

Perché i monopoli, in qualsiasi campo (anche quello statale) generano privilegiati e parassiti, a danno di molti, mentre la competizione sviluppa la competenza e i competenti, a beneficio di tutti.

Allora, una volta che gli esseri razionali, portatori e sperimentatori del nuovo, si sono staccati dalla massa degli zombi, è probabile che alcuni (o tanti) zombi si stanchino di essere tali e fiutino un vento nuovo, per loro utile e benefico.

A quel punto potremmo passare dalla imprecazione rabbiosa, Maledetti italiani, alla costatazione appagante, Benedetti Esseri Umani.

 


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