Gian Piero de Bellis

Anarchismo, Libertarismo, Idiotismo

(Ottobre 2015)

 


 

Nel suo Breviario di Estetica, Benedetto Croce definisce l’arte « un’aspirazione chiusa nel giro di una rappresentazione » e individua nell’unione di contenuto (sentimento) e forma (immagine) la caratteristica del prodotto artistico.
Tutto ciò potrà apparire a molti non solo condivisibile ma anche scontato. Eppure non lo è, considerato che, nel corso della storia, abbiamo avuto espressioni architettoniche che hanno privilegiato quasi solamente l’ornamento e la forma (barocco) e altre che hanno posto l’accento quasi esclusivamente sul contenuto e la funzione (brutalismo).

Anche nel discorso sociale vi sono stati e vi sono casi in cui la presentazione dell’idea (la forma) è del tutto trascurata ed altri in cui, in assenza di idee (il contenuto), la presentazione formale risulta costituire il tutto, al fine di mascherare il niente (niente di nuovo, di interessante, di concreto).
Abbiamo infatti avuto talune concezioni rozze e sgradevoli che si sono ammantate di una scenografia imponente per fare colpo ed essere accettate in maniera del tutto irrazionale dalle masse, con conseguenze finali rovinose. Il fascismo e il nazional-socialismo ne sono esempi eclatanti.

E abbiamo avuto anche concezioni tutto sommato affascinanti, presentate spesso in maniera sciatta, confusa se non addirittura obbrobriosa. Il caso più evidente è quello dell’anarchia, trasformata in anarchismo e cioè in una ideologia da far prevalere dappertutto e su tutti.
Già nel passaggio dall’anarchia come aspirazione e pratica personale all’anarchismo come ideologia generale abbiamo una prima sostanziale modifica, in negativo, del contenuto dell’idea. A ciò si è aggiunta, da parte di parecchi individui che dicevano di agire in nome dell’anarchia, una propaganda fatta di discorsi e atti del tutto insulsi e insensati. Abbiamo avuto allora:

- gli anarchici menefreghisti. Per taluni l’anarchia è semplice rifiuto delle regole ed esaltazione dell’io. Camillo Berneri ha offerto un ritratto di questo tipo di « anarchico » come colui « che vuole fumare anche se l'ambiente è angusto e senza ventilazione, infischiandosene delle compagne presenti e dei deboli di bronchi che sembrano in preda alla tosse canina » e che « alle osservazioni, anche se cordiali, risponde rivendicando la libertà dell’io. »

- gli anarchici intransigenti. Questo è il tipo più comune, fatto di duri e puri per i quali l’anarchismo è un rigido insieme di idee (spesso interpretate in maniera confusa e strampalata) da applicare in maniera che non ammette deviazioni. Berneri di nuovo li ha descritti come quei « cretini dell'anarchismo [che] hanno la fobia del voto anche se si tratti di approvare o disapprovare una decisione strettamente circoscritta e connessa alle cose del nostro movimento, [che] hanno la fobia del presidente di assemblea anche se sia reso necessario dal cattivo funzionamento dei freni inibitori degli individui liberi che di quell'assemblea costituiscono l'urlante maggioranza. » Per Errico Malatesta, questo cretinismo anarchico degli intransigenti si è manifestato tutte le volte che « si combatté ogni sorta di cooperazione e di intesa, ritenendo che l'associazione era l'antitesi dell'anarchia; si sostenne che senza accordi, senza obblighi reciproci, facendo ognuno quello che gli passa per il capo senza nemmeno informarsi di quello che fa l'altro, tutto si sarebbe spontaneamente armonizzato. »

- gli anarchici arrabbiati. Questo è il tipo che ha inferto il colpo fatale alla concezione anarchica perché ha permesso che fosse equiparata alla violenza insensata e terroristica. Un esempio tra tutti: Émile Henry e il lancio di una bomba al Café Terminus della Gare Saint Lazare a Parigi che uccise una persona e ne ferì altre venti. Octave Mirbeau, un romanziere di simpatie anarchiche, scrisse a questo proposito: "Un nemico mortale dell'anarchia non avrebbe potuto fare di meglio di questo Émile Henry quando lanciò la sua assurda bomba in mezzo a persone pacifiche e anonime che erano entrate in un caffè per bere un boccale di birra prima di andare a dormire …".
Purtroppo la lista dei falliti, romantici, scontenti, arrabbiati, delusi, che hanno giustificato le loro azioni assurde e criminali in nome dell’anarchia è abbastanza lunga.

A nulla sono valse le critiche e le condanne di veri anarchici a questa presentazione dell’anarchia fuorviante oltre che del tutto ripugnante. Infatti, a seguito di tutto ciò, l’idea anarchica e il suo movimento hanno subito una marginalizzazione continua. Per cui è ora difficile, se non praticamente impossibile, modificare la percezione che la gente comune ha del termine anarchia (e cioè disordine) e rimediare alla sostanziale irrilevanza di quanti si dichiarano attualmente anarchici.

Una soluzione è stata quella di abbandonare il termine anarchia per quello non usurato e non compromesso di libertarismo. Purtroppo molti che si qualificano ora come libertari forse non conoscono la storia dell’anarchia e le cause del suo tracollo in quanto sembrano ripeterne pari pari gli errori. Usando la stessa tipologia delineata più sopra, abbiamo infatti:

- i libertari menefreghisti. Taluni libertari pensano che, per affermare la loro libertà, essi debbano poter discriminare, allontanare, sfruttare, impedire l’accesso, ecc. ecc., in sostanza, godere della facoltà di comportarsi nella maniera più sgradevole e ripugnante possibile, con la sola esclusione dell’aggressione violenta. Per loro, la cosa importante è che ognuno possa affermare sempre e comunque il proprio io, anche se ciò significa la negazione di qualsiasi standard di civile convivenza. L’esempio fulgido di libertarismo pare essere per loro la generalizzazione della concezione condensata dal Marchese del Grillo nella sua famosa frase: « Io so io e voi non siete un cazzo. »

- i libertari intransigenti. Il tipo più comune è anche qui, come nel caso degli « anarchici », quello degli intransigenti, che si atteggiano a maestri, a primi della classe, e sono pienamente convinti che la loro concezione è l’unica valida, sempre e dappertutto. Coloro che la pensano diversamente vanno quindi sottoposti ad una critica serrata e continua che può giungere fino al disprezzo e allo scorno. In sostanza, sulla base dell’economicamente corretto (perché tutto ruota intorno all’economia) si ammette solo una forma di espressione della libertà, e cioè quella approvata dai libertari. Tutti gli altri (ecologisti, vegetariani, vegani, nonviolenti, pacifisti, spiritualisti, buddisti, cattolici, fautori della decrescita, dell’igienismo, della cooperazione, ecc. ecc.) sono solo dei mentecatti che diffondono e impongono concezioni assurde e dannose.

- i libertari arrabbiati. Questo tipo di libertarismo è attualmente presente solo a parole. La violenza è, per ora, solo verbale. Ma azioni violente potrebbero manifestarsi in occasione di una prossima devastante crisi economica qualora alcuni disperati sfogassero la loro collera agendo in nome del libertarismo. Allora il destino del libertarismo sarebbe segnato come lo è stato quello dell’anarchismo. Lo stato, se esisterà ancora, renderà inservibile anche il messaggio libertario come ha reso inservibile il messaggio anarchico.

Se questo è uno scenario corrente e futuro reale e probabile, quali potrebbero essere i rimedi?
Chiaramente, una diffusione del pensiero libertario si gioverebbe molto di queste tre cose:

- una più invitante e non rozza presentazione del messaggio;
- una messa da parte degli sbeffeggiamenti nei confronti di chi la pensa diversamente;
- una ricerca di alleanze strategiche con persone che, in teoria, potrebbero e dovrebbero essere a favore della libertà.

Riguardo a quest’ultimo punto, si potrebbe dire che un libertario lucido e ben preparato, metterebbe in crisi marxisti presunti e socialisti d'accatto se solo fosse capace di far vedere loro, testi e dati alla mano, che lo stato è, da sempre, l’amico e il protettore dei parassiti e degli sfruttatori, e che, appunto per questo, Marx e i socialisti classici erano per l’estinzione dello stato e la formazione di comunità volontarie di produttori di beni e servizi (ad es, attraverso le società di mutuo soccorso).
Invece, per pigrizia, ignoranza o celato interesse, molti libertari continuano a confondere il socialismo classico, fondamentalmente anti-statalista e volontarista, con il « socialismo » da caserma detto altrimenti fascismo, sostanzialmente statalista e dirigista. Una chiarificazione costante su questi punti, invece della ripetizione banale e noiosa di falsi stereotipi e della partecipazione a un logoro gioco delle parti, servirebbe a scompigliare le carte e a mandare davvero all’aria i bari e le loro tresche.

Per fare ciò sarebbe però necessario sviluppare:

- una capacità di comunicazione: la presentazione pacata e precisa delle proprie idee evitando critiche inutili e condanne feroci che servono solo a rafforzare le contrapposizioni e i pregiudizi;
- una capacità di cooperazione: la presa d’atto che non ci sono nemici ma solo forme diverse di attuazione della libertà; e che c’è posto per tutti purché nessuno, libertari inclusi, voglia imporre agli altri la sua concezione e le sue pratiche;
- una capacità di costruzione: la messa a fuoco delle cose da fare invece di sprecare il tempo a elencare le cose da criticare e da condannare. Molto meglio far circolare informazioni su progetti nuovi e interessanti che puntare il dito contro assurdità vecchie e deprimenti.

Purtroppo, incattiviti e divisi, i libertari di adesso sembrano la copia degli anarchici incattiviti e divisi di un tempo, incamminati forse anche loro verso il medesimo destino: la pura e semplice irrilevanza dell’idiota che, da solo, vorrebbe cambiare tutto ma finisce per combinare poco o nulla.

Per fortuna la libertà avanza sulle gambe della tecnologia e lo stato, per quanto alcuni non l’abbiano ancora percepito, sta diventando sempre meno necessario e sempre più obsoleto.
Forse è così che deve avvenire la trasformazione.
Le concezioni diventate ideologie non hanno più alcun ruolo reale nella società mentre i progetti diventati pratiche tecnologiche e sociali sono il motore vero del cambiamento.
Se è davvero così, allora ci dovremmo occupare sempre meno di anarchia e libertarismo e sempre più di esplorare la tecnologia, sviscerandone tutte le implicazioni pratiche, personali e sociali.
E così avanzeremo davvero verso la liberazione.

 


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